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Esempi di applicazione del ne bis in idem: la sentenza Walz Gordon + 2, GUP Milano, 6 luglio

Una sentenza che si occupa delle tematiche affrontate in queste pagine è la Walz Gordon + 2, emessa dal Tribunale di Milano il 6 luglio 2011. Con una motivazione particolarmente articolata, tale decisione affronta una quaestio iuris decisamente delicata per i suoi riflessi nell’ottica della certezza del diritto, ovvero la portata, alla luce del Trattato di Lisbona e del complesso delle disposizioni dell’Unione, del c.d. ne bis in idem

europeo301.

La pronuncia in esame costituisce, all’interno del panorama giurisprudenziale italiano, una delle prime decisioni che si sono occupate dei profili applicativi del principio del ne bis in idem internazionale, dopo l'adozione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea302.

Come è noto, con il Trattato di Lisbona, il ne bis in idem ha un ulteriore referente normativo, l’art. 50 della Carta appunto, in ossequio del quale “nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”.

                                                                                                               

301 F.M. FERRARI, “Bis in idem internazionale: quando la fiducia paneuropea prevale sulla

territorialità dello ius puniendi”, commento alla sentenza del GUP presso il Tribunale di Milano 6.7.11, Walz Gordon +2, in www.europeanrights.eu.

302 D. VOZZA, Verso un nuovo “volto” del ne bis in idem internazionale nell’unione europea?,

Abbiamo già trattato del problema della divergenza sotto il profilo testuale con l’art. 54 CAAS, soprattutto in materia di deroghe al principio stesso303.

La decisione de quo si riferisce ad un processo per omicidio volontario, sequestro di persona ed incendio doloso in danno di un cittadino italiano.

I fatti risalgono alla fine degli anni ’80 e furono commessi nella provincia di Milano.

Nel corso dell’udienza preliminare, la difesa degli imputati, con l’adesione della Pubblica Accusa, richiedeva, in sede di conclusioni, una pronuncia di non luogo a procedere, relativamente al reato di sangue contestato, nonché l’applicazione della prescrizione per i connessi delitti di incendio e sequestro di persona.

La richiesta della sentenza di proscioglimento, formulata per l’omicidio, prendeva le mosse dalla circostanza che i prevenuti, cittadini tedeschi, erano già stati giudicati, per il medesimo fatto, da una Corte di Assise tedesca, che, nel 1994, li aveva condannati alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione, interamente scontata304.

Pertanto, almeno per quanto concerne l’imputazione di omicidio, si rileva l’operatività del principio del ne bis in idem.

Vediamo meglio i fatti.

La mattina del 9 marzo 1989, nei pressi di Albairate, veniva rinvenuto il cadavere di Burulli Elvio, con evidenti segni di bruciature e di contusioni facciali, che furono individuate come cause della morte dello stesso. Questo omicidio fu commesso da tre cittadini tedeschi, Walz Peter, Walz Klaus e Walz Gordon, e un cittadino canadese, Rhoudius Clemente, in concorso fra loro.

                                                                                                                303 V. Infra 2.2.

304 D. VOZZA, Verso un nuovo “volto” del ne bis in idem internazionale nell’unione europea?,

In più, la stessa mattina dell’omicidio, fu trovata anche un auto bruciata, nei pressi del luogo, con, non molto distante, una tanica di benzina contenente residui di benzina. Si scoprì essere la macchina del defunto, una BMW con targa francese, incendiata dagli omicidi, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto al fine di conseguire l’impunità dallo stesso, avendo agito allo scopo di simulare un incidente stradale in danno del proprietario della vettura Evio Burulli.

Negli anni, Walz Klaus si suicidò, nel 1992, gli altri due, grazie alle testimonianza di Walz Peter, furono accusati dell’omicidio del signor Burulli, e furono condannati entrambi alla pena di 5 anni e 6 mesi di reclusione, che scontavano regolarmente in Germania.

Nessun procedimento veniva istaurato nei confronti del cittadino canadese per mancanza di giurisdizione dal momento che, da un lato era cittadino canadese e, dall’altro, l’omicidio era avvenuto in Italia e, nemmeno in parte, in Germania305.

In Italia, nel luglio 1994, il p.m. di Milano depositava, presso l’ufficio competente, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di tutti gli autori per i reati di incendio, omicidio premeditato e sequestro di persona. Nel corso delle indagini preliminari il giudice, su richiesta dell’accusa, emetteva delle ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di W. G. e W. P.

Nel corso dell’udienza preliminare, nel 1995, le posizioni di W. G. e P. venivano stralciate giacchè gli imputati risultavano detenuti in Germania in esecuzione di pena detentiva per lo stesso fatto di omicidio oggetto di procedimento penale in Italia.

W. G. e P., dopo aver scontato la pena, venivano rilasciati rispettivamente nel 1996 e nel 1998.

                                                                                                               

Nel frattempo il p.m. italiano procedente acquisiva informazioni in ordine alle condanne inflitte agli imputati e alla loro effettiva esecuzione in Germania. Il giudice milanese revocava, per assenza di esigenze cautelari e, quindi, non sulla base del principio del ne bis in idem, le misure cautelari.

In seguito, W. G. e P. venivano citati per l’udienza preliminare da celebrarsi in Italia: i difensori degli imputati chiedono l’emanazione della sentenza di non luogo a procedere in relazione al reato per operatività del principio del ne bis in idem o per intervenuta prescrizione nonchè l’esistenza di un ne bis in idem con la sentenza tedesca in relazione al reato di incendio e sequestro di persona306.

Alla successiva udienza, il pubblico ministero, aderendo all’eccezione preliminare avanzata dai difensori, chiedeva emettersi sentenza di non luogo a procedere in relazione al reato di omicidio aggravato per operatività del principio del ne bis in idem, con disapplicazione della norma interna di cui all’art. 7 l. n. 388 del 1993.

Chiedeva, inoltre, che venisse emessa la sentenza di non luogo a procedere in relazione ai reati di incendio e sequestro di persona perché estinti per intervenuta prescrizione307.

Il giudice, accogliendo le eccezioni di parte, pronunciava sentenza di non luogo a procedere nei confronti dei due imputati per tutti e tre i reati ascritti: per il reato di omicidio aggravato applicava il ne bis in idem internazionale mentre gli altri illeciti vennero definiti, invece, prescritti308.

Per quanto attiene al reato di omicidio compiuto dai soggetti di questa decisione, il p.m. e i difensori degli imputati avevano concordemente eccepito l’applicazione del principio del ne bis in idem, in quanto entrambi

                                                                                                                306 Ibidem, p. 2.

307 D. VOZZA, Verso un nuovo “volto” del ne bis in idem internazionale nell’unione europea?,

cit., p. 145.

gli imputati erano già stati giudicati per il medesimo fatto con sentenza del primo febbraio 1994, emessa dalla Corte d’Assise del Tribunale di Karlsruh ed entrambi avevano già espiato la pena loro inflitta.

Nel decidere su questa eccezione del p.m. e delle parti, il giudice ha richiamato una serie di fondamenti normativi 309: l’art. 11 c.p. che, pur

sancendo il rinnovamento del giudizio per fatti già giudicati all’estero, è attenuato nella portata operativa, da un lato, dall’art. 138 c.p. che prevede lo scomputo della pena sofferta all’estero e, dall’altro lato, da altre previsioni contenute in accordi internazionali310.

Per cui, nell’ordinamento italiano il principio contenuto nella norma di cui all’art. 11 c.p. asserisce in via generale l’irrilevanza del giudicato straniero per i reati commessi nel territorio dello Stato, con un’unica attenuazione del principio, quella dello scomputo della pena sofferta all’estero, prevista dall’art. 138 c.p.

Nel caso di specie, il giudicante correttamente parte dall’analisi dell’art. 11, comma 1, c.p., in base alla quale nel caso di reato commesso, interamente o in parte, nel territorio dello Stato ex art. 6 c.p., «il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato anche se sia stato giudicato all’estero». Infatti, nel caso de quo il reato di omicidio aggravato, è stato commesso da parte di cittadini tedeschi sul territorio italiano che sono stati già condannati dalle autorità tedesche ed hanno scontato la relativa pena in Germania.

                                                                                                                309 Ibidem.

310 Art. 11 c.p.: “Nel caso indicato nell'articolo 6 (reati commessi nel territorio dello

Stato), il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all'estero. Nei casi indicati negli articoli 7, (reati commessi all’estero) 8 (delitto politico commesso all’estero), 9 (delitto comune del cittadino all’estero) e 10 (delitto comune dello straniero all’estero) il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all'estero, è giudicato nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta”.

Si può ritenere, quindi, che l’art. 11 c.p. possa essere interpretato come l’espressione più chiara del principio di territorialità, che, in realtà, è attenuato dall’adesione del nostro Paese a numerosi strumenti convenzionali e pattizi che riconoscono, in forme diverse, effetti preclusivi al giudicato straniero311.

Se condividiamo questo punto di partenza del giudicante, non possiamo però condividere quella che viene considerata come unica deroga al principio, quella appunto dell’art. 138 c.p.

L’art. 138 si riferisce unicamente al ne bis in idem da un punto di vista esecutivo, in quanto, prevedendo lo scomputo della pena già espiata all’estero, non impedisce un secondo processo per lo stesso fatto, ma l’applicazione di molteplici sanzioni penali.

Nel nostro caso, in teoria, ove fossero stati applicati dal giudice soltanto gli artt. 11 e 138 c.p., gli imputati dovevano essere nuovamente giudicati dalle autorità giudiziarie italiane per il reato di omicidio aggravato, ma, nel caso in cui il giudicante li avesse ritenuti colpevoli, avrebbe dovuto, in sentenza, scomputare dalla pena applicata quella già scontata dagli stessi in Germania312.

Il giudice italiano ha poi richiamato anche altre regole per formare il quadro normativo di riferimento per la sua decisione: oltre all’art. 11 c.p., ricordiamo anche l’art. 649 c.p.p., che vieta un secondo processo per lo stesso fatto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano 313.

                                                                                                               

311 V. Sent. Trib. Milano, Ufficio G.I.P., 6 luglio 2011, cit., p. 6.

312 D. VOZZA, Verso un nuovo “volto” del ne bis in idem internazionale nell’unione europea?,

cit., p. 146.

313 Art. 649 c.p.p.: “. L'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto

penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345.

La norma è espressione del c.d. principio di consunzione, ne bis in idem sit

actio, secondo il quale non può essere nuovamente proposta l’azione

penale per lo stesso fatto e contro la stessa persona per i quali un processo sia stato già definito.

Il principio del "ne bis in idem" è un concetto giuridico fondamentale, indispensabile per qualsiasi sistema giuridico, la cui eventuale assenza determinerebbe una grave carenza in termini di certezza del diritto314.

Nell’ambito interno, l’art. 649 c.p.p. è stato oggetto di numerosi interventi interpretativi che volevano dare all’articolo stesso una portata più ampia di quella strettamente letterale.

Basti ricordare la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 28 giugno 2005, n. 34655, in merito alla pronuncia del 30.1.2004 con cui il Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, nel corso delle formalità di apertura del dibattimento, sentite le parti, a norma degli artt. 129 e 649 c.p.p., dichiarava di non doversi procedere nei confronti di Gi. An. Do. e di Gi. Ba., in quanto i reati loro contestati erano stati già oggetto di sentenza di condanna emessa il 15.5.2001 dallo stesso tribunale e contro la quale era stato proposto appello dagli imputati. Il tribunale giustificava la sua dichiarazione di improcedibilità rilevando che si era verificata una duplicazione del processo per il medesimo fatto contro le stesse persone e che, pur se la precedente sentenza non era ancora passata in giudicato, sussisteva una situazione di bis in idem sostanziale che rendeva applicabile la disposizione dell'art. 649 c.p.p., la cui portata deve considerarsi più ampia di quella risultante dal tenore letterale ed implica l'operatività del divieto di un secondo giudizio anche

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

2. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo”.

rispetto ad un procedimento definito con sentenza di primo grado non ancora irrevocabile”315.

Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Brescia ricorreva per Cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per violazione ed erronea interpretazione dell'art. 649 c.p.p., sul rilievo che tale disposizione subordina la dichiarazione di improcedibilità alla tassativa condizione della preesistenza di una decisione irrevocabile, in mancanza della quale la duplicazione del processo può trovare rimedio soltanto nella riunione dei due procedimenti pendenti nella stessa fase e nello stesso grado, ovvero, qualora questa non sia possibile, nella sospensione del nuovo procedimento in attesa che diventi irrevocabile la prima decisione.

La Seconda Sezione Penale di questa Corte ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite a norma dell'art. 618 c.p.p.316.

Le Sezioni Unite della Cassazione si sono espresse favorevolmente circa l'ammissibilità della pronuncia di non doversi procedere per impromuovibilità dell'azione penale nelle ipotesi di litispendenza, non attraverso la diretta applicazione della disposizione di cui all’art. 649 c.p.p., ma appunto in virtù di un principio più ampio il quale, anche in assenza di un provvedimento irrevocabile, “rende la duplicazione dello stesso

processo incompatibile con le strutture fondanti dell’ordinamento processuale e ne permette la rimozione con l’impiego dei rimedi enucleabili dal sistema”317.

Oltre a questi riferimenti normativi relativi agli artt. 11 c.p. e 649 c.p.p., il giudice richiama poi anche le norme che provengono da fonti pattizie internazionali che regolano il principio, quali le Carte internazionali per la protezione dei diritti dell’uomo (tra cui, gli artt. 4 Protocollo n. 7 allegato alla CEDU), la normativa dell’Unione Europea (tra cui, gli artt. 54 ss.

                                                                                                               

315 Cass. Pen., SS. UU., Sent. 28 settembre 2005, n. 34655. 316 Ibidem.

CAAS e 50 Carta dei diritti fondamentali), talune Convenzioni adottate in seno al Consiglio d’Europa e gli Statuti dei Tribunali Internazionali ad

hoc e della Corte Penale Internazionale.

Da tutti questi strumenti il giudice ha rinvenuto una tendenza alla costante limitazione dell’applicazione integrale del principio del ne bis in

idem, che infatti subisce deroghe, riconducibili talvolta alla riaffermazione

del criterio di territorialità, tal altra allo status particolare rivestito dall’autore del reato o dalla persona offesa, altre volte ancora alla tutela degli interessi essenziali dello stato318.

In ambito europeo, come già detto, il principio del ne bis in idem è stato oggetto di un’apposita Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee, adottata a Bruxelles il 25 maggio 1987 e ratificata da nove Stati membri, tra i quali l’Italia, con l. 16 ottobre 1989, n. 350, ma successivamente sostituita dagli artt. 54-58 CAAS.

Ricordiamo che l’art. 54 della Convenzione di Schengen consente che una sentenza definitiva, di assoluzione o di condanna, pronunciata dall’autorità di uno Stato membro eserciti un effetto preclusivo analogo a quello che può produrre la sentenza emessa da un giudice nazionale. L’art. 55 CAAS prevede, però, una serie di casi in presenza dei quali la parte contraente può, al momento della ratifica, accettazione o approvazione della Convenzione, dichiararsi non vincolata dall’art. 54 CAAS.

L’Italia ha esercitato tale facoltà, dichiarando, nell’art. 7 l. 388/1993, che l’art. 54 CAAS non si applica nelle ipotesi previste dall’art. 55, par. 1, lett.

a), b) e c).

La lett. a) dell’art. 55 CAAS richiama il caso in cui il fatto, oggetto della sentenza straniera, sia avvenuto in tutto o in parte nel suo territorio, cioè

                                                                                                               

318 D. VOZZA, Verso un nuovo “volto” del ne bis in idem internazionale nell’unione europea?,

dello Stato che non si dichiari vincolato all’art. 54 CAAS, nel caso di specie l’Italia, e purché non siano stati commessi in parte sul territorio della Parte contraente nel quale la sentenza è stata pronunciata, nella specie la Germania.

Sembrerebbe, quindi, che proprio in virtù di questa disposizione nel caso di specie della sentenza che stiamo trattando il giudice possa procedere nei confronti degli odierni imputati, cui vengono contestati i gravi reati descritti in rubrica, commessi proprio nel territorio italiano319.

In realtà, sappiamo che il Trattato di Lisbona ha introdotto una serie di novità, fra le quali l’aver conferito lo stesso valore dei Trattati alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, il cui art. 50, secondo il giudicante, ha modificato il volto del principio del ne bis in idem europeo.

Infatti, l’art. 50 della Carta di Nizza sancisce l’inderogabilità del principio del ne bis in idem internazionale in seno all’Unione ed è direttamente e immediatamente applicabile all’ordinamento giuridico italiano, poiché ha origine in una fonte di rango primario che è vincolante per tutti gli Stati membri dal 1 dicembre 2009, pur ricordando però che la Carta vincola gli Stati esclusivamente quando attuano il diritto dell’Unione, e già parte della giurisprudenza di legittimità italiana si è espressa in tal senso320.

Ne consegue, dunque, che l’art. 7 l. n. 388/1993, mediante il quale il legislatore italiano si è avvalso della possibilità di prevedere le deroghe sancite nell’art. 55 CAAS, non si applica dopo l’introduzione dell’art. 50 Carta di Nizza.

Venendo ora al caso in esame, occorre verificare se ricorrano tutti i presupposti per ritenere che possa trovare concreta applicazione la normativa profilata fino a qui solo in teoria.

                                                                                                               

319 V. Sent. Trib. Milano, Ufficio G.I.P., 6 luglio 2011, cit., p. 9.

320 R. DEL COCO, E. PISTOIA, Stranieri e giustizia penale. Problemi di perseguibilità e di

Abbiamo detto che i due imputati sono stati condannati alla pena di 5 anni e 6 mesi di reclusione dalla Corte d’Assise del Tribunale di Karlsruhe per il reato di concorso in omicidio del signor Burulli; la sentenza è passata in giudicato sin dal primo febbraio 1994, “a seguito della rinuncia all’impugnazione da parte degli imputati e del Procuratore”; Walz Peter e Walz Gordon hanno scontato la pena in Germania e sono stati definitivamente liberati il 9 agosto 1996 Walz G. e il 3 settembre 1998 Walz P.

Alla luce di tali elementi devono quindi ritenersi integrati tutti i presupposti normativi previsti per il riconoscimento della piena operatività del principio del ne bis in idem: Walz P. e Walz G. sono stati infatti condannati con sentenza tedesca che ne ha valutato nel merito la colpevolezza, sentenza definitiva e già eseguita321.

Inoltre si può dare per esistente anche l’altro necessario requisito della identità del fatto.

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha dettato, al riguardo, alcune regole di ordine generale: in particolare per “medesimo fatto” deve intendersi il fatto in senso naturalistico e non il fatto-reato in senso giuridico, sia perché la differenza tra le legislazioni dei vari Paesi difficilmente consente una compiuta definizione tra le varie figure criminose dei distinti ordinamenti, sia perché nell’ambito della stessa giurisdizione italiana l’inizio del procedimento con una data contestazione è situazione valutabile allo stato degli atti, e non obbliga il giudice ad una definizione conforme, potendo, nel corso del procedimento, operarsi qualificazioni giuridiche diverse322.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, di recente, hanno optato per una soluzione incentrata sul criterio della “identità del fatto”,

                                                                                                               

321 V. Sent. Trib. Milano, Ufficio G.I.P., 6 luglio 2011, cit., p. 23. 322 Cass. Sez. VI, 2 marzo 1995, Monteleone.

affermando, sia pure sul piano del diritto interno, che “ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona”323.

Non è neppure necessario, ai fini del riconoscimento, che il reato riceva analogo trattamento sanzionatorio nell’ordinamento italiano ed in quello straniero.

Deve quindi, in conclusione, dichiararsi il non luogo a procedere nei confronti di Walz G. e Walz P. in ordine al reato di omicidio per applicazione del principio del ne bis in idem, a norma degli artt. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e art. 6 Trattato U.E. versione consolidata dopo il Trattato di Lisbona, essendo stati gli imputati già giudicati per il medesimo fatto con sentenza definitiva emessa dalla Corte di Assise del Tribunale di Karlsruhe in data primo febbraio