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Questioni aperte: in particolare sulla possibilità di rinnovare un processo già celebrato in un paese non aderente al Trattato d

Schengen nei confronti di un imputato straniero per fatti di reato commessi nel territorio italiano

In una recente pronuncia, i Giudici di legittimità si sono pronunciati sulla possibilità di rinnovare un processo già celebrato in un Paese non aderente al Trattato di Schengen nei confronti di imputato straniero per fatti di reato commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato italiano329.

Ricordiamo come nel nostro ordinamento, il divieto di ne bis in idem vale per i procedimenti celebrati in Italia ed è espressamente previsto dall’art.

                                                                                                               

328 V. Sent. Trib. Milano, Ufficio G.I.P., 6 luglio 2011, cit., p. 26. 329 Cass. Pen., sez. I, 12 giugno 2014, dep. 08.07.2014, n. 29664.

649 c.p.p..

Ai sensi dell’art. 11 c.p., nel caso di reati commessi nel territorio dello Stato, il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all'estero.

Allo stesso modo, se il cittadino o lo straniero commetta all’estero un delitto politico o comune, e sia stato giudicato all'estero, è giudicato nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.

Tuttavia, apposite convenzioni internazionali hanno derogato in parte all’art. 11 c.p. così evitando duplicità di giudicati.

Pensiamo ad esempio alla Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi, resa esecutiva in Italia nel 1977, che ha stabilito il principio del ne bis in idem con riguardo a sentenze penali pronunciate in Europa e negli Stati tra i quali è intervenuta la ratifica bilaterale dell’accordo.

Ad essa hanno fatto poi seguito altre Convenzioni tra cui quella di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, resa attuativa in Italia con la L. 30 settembre 1993, di cui abbiamo già ampiamente parlato. Trova dunque applicazione il principio del ne bis in idem in ambito europeo per i paesi aderenti all’Accordo330.

Nel caso in esame, vi era un cittadino della Repubblica di Montenegro, imputato di omicidio aggravato, già condannato dal Tribunale di Podgorica, nel suo Stato.

Su queste basi la Corte d’Assise di Trieste dichiarava di non doversi procedere nei confronti del medesimo montenegrino. La Procura Generale, allora, ricorreva in Cassazione denunciando la violazione di legge sostanziale e processuale, richiamando giustappunto la norma di

                                                                                                               

330 A.P. ESPOSITO, Il principio di ne bis in idem internazionale (Cass. Pen. sez. I, 12

cui all’art. 11 c.p. e la non vigenza nell’ordinamento italiano del ne bis in

idem internazionale.

Ecco il punto che a noi più ci interessa: secondo la Procura, nemmeno è possibile, nel caso di specie, invocare l’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, dal momento che la sentenza è stata pronunciata in un Paese estero, la Repubblica di Montenegro, che non fa parte dell’Area Schengen né ha sottoscritto il trattato di adesione all’Unione Europea.

In altri termini, la Corte ritiene, in adesione all'opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza, che se pure in forza dell'articolo 54 CAAS, non si può più procedere in Italia, anche con riguardo a reati qui commessi, nei confronti di una persona che sia stata definitivamente condannata o assolta per lo stesso fatto in uno Stato dell'area Schengen. Resta tuttavia ferma l'irrilevanza del bis in idem internazionale con riguardo a sentenza penale deliberata in un paese, quale il Montenegro, che non è ancora membro dell'Unione Europea né quindi contraente del Trattato di Schengen331.

La suprema Corte di Cassazione afferma che “il principio di ne bis in idem

rispetto alle sentenze straniere non è principio generale di diritto riconducibile alla categoria delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, oggetto di ricezione automatica ai sensi dell’art. 10 Cost.”

Come affermato anche di recente da questa Corte, pertanto, «un processo celebrato nei confronti di cittadino straniero in uno Stato con cui non sono vigenti accordi idonei a derogare alla disciplina dell'art.11 c.p. non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, non essendo il principio dei "ne bis in idem" principio generale del diritto internazionale, come tale applicabile nell'ordinamento interno332.                                                                                                                

331 Cass., sez. I Pen., sentenza 12 giugno – 8 luglio 2014, n. 29664. 332 Sez. 1, n. 20464 del 05/04/2013.

Conclusioni

Nel corso dell’indagine è stata sottolineata l’importanza oramai fondamentale che sembra aver acquisito il principio del ne bis in idem, evidenziando tutte le sfaccettature che la portata della sua applicazione comporta.

Abbiamo visto, inizialmente, come il principio suddetto, prima dell’Accordo di Schengen, fosse spesso ignorato dagli ordinamenti interni.

Il cammino verso l’identificazione del principio come valore nazionale era, fino a quel momento, tortuoso ed in salita e la stessa giurisprudenza italiana dava contezza di queste difficoltà.

In particolare, l’art. 11 non era ritenuto in contrasto con l’art. 10 della Costituzione, dal momento che il principio in esso racchiuso non era da interpretarsi come norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta.

Il principio del ne bis in idem non violava, dunque, l’art.10 della Costituzione.

La Convenzione applicativa dell’Accordo di Schengen inverte definitivamente la rotta: l’art. 54 dello stesso consacra il ne bis in idem come principio di diritto internazionale generalmente riconosciuto, inducendo i giudici nazionali alla disapplicazione dell’art. 11 c.p..

Nel seguito della trattazione, ci siamo poi soffermati sull’esame delle pronunce giurisprudenziali che, in varie occasioni, hanno dovuto fare i conti con l’evoluzione del principio e l’obbligatorietà della sua applicazione.

Se da un lato abbiamo visto come non sia stata affatto semplice la presa di coscienza della doverosità dell’applicazione del principio del ne bis in

idem di fronte a fattispecie analoghe addebitate in Stati membri diversi,

emerse negli ordinamenti nazionali, in particolare il nostro, quando ci si è trovati di fronte a medesimi fatti oggetti di diverse tipologie di sanzioni, amministrative e penali, il c.d. doppio binario sanzionatorio.

Le vicende italiane hanno rivelato proprio il difficile coordinamento che molto spesso si è venuto a creare tra le diverse tipologie di sanzioni e di addebiti che il legislatore nazionale ha voluto prevedere in occasione del medesimo fatto contestato.

Siamo giunti, pertanto, ad esaminare più dettagliatamente il sistema del doppio binario in materia di sanzioni avverso gli abusi di mercato, ovvero gli artt. 185, quanto alla fattispecie penale, e 187 ter, sul piano dell’illecito amministrativo, del D.lgs. 58/1998, la cui convivenza è stata oggetto di recente smentita ad opera della famosa sentenza Grande Stevens

e altri vs Italia.

Le pesantissime sanzioni amministrative che sono previste dal testo unico finanziario sono state qualificate come autentiche sanzioni penali, emanate in esito ad un procedimento sostanzialmente penale.

Premesso ciò, la Corte di Strasburgo ha dedotto che lo Stato che abbia già esercitato la propria pretesa sanzionatoria attraverso quello che è il procedimento amministrativo, non potrà iniziare un processo non solo sostanzialmente, ma anche formalmente, penale, sui medesimi fatti. Rimanendo sullo stesso crinale interpretativo, il procedimento finalizzato all’inflazione delle sanzioni amministrative dovrà rispettare gli standard essenziali dettati dal processo penale equo333.

D’altronde, il sistema del doppio binario era stato oggetto di critiche da parte della dottrina penalistica334 e dalla stessa suprema Corte335.

                                                                                                               

333 F. VIGANÒ, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione

dell’art. 50 della Carta?, 2014, p. 26.

334 Cfr. tra i contributi più significativi, A. ALESSANDRI, Un esercizio di diritto penale

Spetterà, ora, quindi, al legislatore intervenire, per adeguare il sistema di contrasto agli abusi di mercato alle indicazioni della Corte ed adempiere agli obblighi imposti dalla direttiva 2014/57/UE e dal regolamento 596/2014, aventi ad oggetto, appunto, gli abusi di mercato e le relative sanzioni penali.

A meno che la CONSOB non si astenga volontariamente dall’applicare sanzioni per gli illeciti amministrativi previsti dal TUF, tutti i procedimenti penali che riguardano fatti che già sono stati oggetto di un procedimento sanzionatorio da parte della CONSOB, finiranno prematuramente, a causa della fisiologica lentezza del processo penale: la sentenza definitiva sulla sanzione amministrativa arriverà invariabilmente per prima e il giudice penale non potrà far altro che arrestare il processo in ragione del ne bis in idem336.

Le conseguenze della sentenza Grande Stevens potrebbero andare ad investire anche il settore penale tributario, un settore anch’esso caratterizzato da un sistema di doppio binario di procedimenti amministrativi e penali.

Essendo questo un sistema complesso, non sono mancate le censure ai sensi dell’art. 4 Protocollo n. 7.

Pensiamo al delitto dell’art. 10 ter d.lgs. 74/2000, omesso versamento di IVA, di cui abbiamo trattato nei paragrafi precedenti.

Come è noto la Cassazione non ha ravvisato in tale sede alcun ostacolo contro il cumulo delle sanzioni per l’omesso versamento dell’IVA,

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

M. VIZZARDI, Manipolazione del mercato: un doppio binario da ripensare?, in Rivista italiana di diritto procedurale penale, 2006, p. 704 ss.

335 Cass., VI Sezione, 16 marzo 2006, n. 15199.

336 F. VIGANÒ, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione

valorizzando in sostanza il diverso termine di adempimento degli obblighi amministrativamente e penalmente sanzionati337.

Rispetto proprio a questo delitto, vale a pieno l’argomentazione circa la diretta applicabilità dell’art. 50 della Carta di Nizza. Una volta qualificato il procedimento tributario, ormai definitivamente concluso come procedimento nella sostanza penale, il giudice italiano dovrebbe anche in questo caso pronunciare sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, in diretta applicazione dell’art. 50 della Carta di Nizza.

Queste prospettive dovrebbero rendere evidente l’urgenza di un globale ripensamento ed una riforma di tutti i settori dell’ordinamento caratterizzati dalla presenza di un doppio binario procedurale e sanzionatorio338.

Il diritto penale è il settore dell’ordinamento che configura le fattispecie maggiormente lesive dei diritti fondamentali della persona e che, a ragione di ciò, offre il più elevato livello di garanzia, anche a costo di una minore prontezza ed efficacia della risposta repressiva.

Questa tempestività ed efficacia, sono, oggi, sempre più affidate alla sanzione amministrativa, che non tocca la libertà personale e che, per questo motivo, è di solito ritenuta compatibile con un minor livello di garanzie.

Ebbene proprio questa logica, compensativa, è oggi in crisi: la Corte di Strasburgo evidenzia giustamente l’incidenza delle sanzioni amministrative sui diritti fondamentali della persona e, quindi, richiede l’adozione di standard di garanzia identici a quelli che caratterizzano la materia penale, finendo così per appesantire il procedimento applicativo339.

                                                                                                               

337 Cass. Sez. Un. Pen. 28 marzo 2013, n. 37424. 338 Ibidem.

In conclusione, a chi scrive vien da chiedersi se valga la pena continuare sulla via del doppio binario, magari ripensato in modo da evitare un oggettivo cumulo di sanzioni per lo stesso fatto; o se piuttosto, convenga concentrare la pretesa sanzionatoria solamente su uno dei due piani.

                                           

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