• Non ci sono risultati.

La seconda questione importante a cui ho accennato nel paragrafo precedente riguarda cosa si intenda per idem factum.

Anzitutto occorre rilevare un’alternatività di concezioni inerenti ai fatti, una ricondotta ad una nozione “normativa” di res judicata, riguardante la fattispecie incriminatrice, ed una “storico-naturalistica”, che rinvia al fatto materiale concretamente realizzatosi.

                                                                                                               

152 Cass. SS. UU., n. 34655, 29 settembre 2005.

153 Il principio del ne bis in idem in ambito interno e internazionale, cit., p.4. 154 V. Cass. Sez. Un., 22 marzo 2000, Finocchiaro, rv. 216004. 155 V. Cass. Sez. Un., 23 febbraio 2000, Romeo, rv. 215411.

Nel mezzo ci sono varie soluzioni intermedie, che seguono un middle -of-

the-road approach156, che la maggior parte delle volte si determina nella

valorizzazione del bene giuridico leso dal fatto criminoso157.

Prima di affrontare il problema dal punto di vista internazionale, vediamo a quali risultati sono arrivate la giurisprudenza di legittimità italiana e la Corte europea dei Diritti dell’uomo.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ribadendo quanto già disposto dalle Sezioni Semplici, hanno definito l’identità del fatto «come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta oggetto dei due processi, onde il “medesimo fatto esprime l’identità storico- naturalistica del reato, in tutti i suoi elementi costitutivi identificati nella condotta, nell’evento e nel rapporto di causalità, in riferimento alle stesse condizioni di tempo, di luogo e di persona»158.

Ma parte della dottrina sostiene che se noi ci adeguassimo a questa interpretazione, finiremmo per pretendere troppo, in quanto se è vero che l’identità sussiste solo se tutti gli elementi del fatto tipico sono sovrapponibili, allora non avremmo reato ad esempio in quelli che sono i reati progressivi, oppure dovremmo tener distinti il delitto consumato dal mero tentativo159.

La soluzione a questa ambiguità di interpretazione attorno a questa locuzione, può essere risolta, internamente, leggendo direttamente l’art.

                                                                                                               

156 R. CALÒ, Ne bis in idem: l’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di

Schengen tra garanzia dei diritti dell’uomo ed istanze di sovranità nazionale, cit., p. 1149.

157 Il caso più noto di combinazione tra i due criteri naturalistico e normativo è quello

olandese, su cui cfr. A. KLIP-H. VAN DER WILT, Ne bis in idem, in Rev. int. de droit pénal, 2002, p. 1095 ss.: «the Dutch approach combines the historical facts with the legal qualification of the crime for which the accuse dis prosecuted twice. If a second crime based on the same historical facts protects entirely different values, then the accused may not enjoy the protection of Article 68».

158 Cass., SS. UU., 28 giugno 2005, P.g. in proc. Donati.

649 c.p.p., in quanto esso, stabilendo che la differenza di titolo, grado e circostanze non è determinante ai fini della medesimezza, ci fa comprendere come, ai fini della sua applicazione, sia sufficiente la identicità della condotta160.

Per quanto attiene invece alla posizione assunta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, questa non è stata molto chiara nella prospettazione che ha dato, nelle decisioni dei casi ad essa sottoposti, della concezione di idem factum.

Possiamo individuare proprio due concezioni distinte: una, più risalente nel tempo, che dava rilevanza all’identità della condotta, analizzando proprio il fatto concreto che ha portato alla realizzazione dell’evento; l’altra, più recente si sofferma sui rapporti intercorrenti tra le fattispecie incriminatrici, e, quindi, sulle identità delle qualificazioni giuridiche di un medesimo fatto storico161.

La Corte ha cercato di far chiarezza su queste posizioni contraddittorie, sostenendo che possiamo parlare di idem factum quando una persona è stata giudicata o punita per gli stessi fatti anche sulla base di fattispecie incriminatrici distinte, purché fra queste sussista un rapporto di continenza, dato dal fatto che una abbia al suo interno tutti gli elementi delle altre, con elementi aggiunti162.

Valutato e spiegato l’ambito di interpretazione nazionale dell’idem factum, soffermiamoci, invece, adesso sulla sua concezione internazionale. Si è già chiarito che, per quanto attiene l’identità soggettiva, è necessaria solamente quella che attiene al soggetto che è stato sottoposto a procedimento penale nei diversi stati membri, non interessa, invece,

                                                                                                                160 F. CORDERO, op.cit., p. 1224.

161 C. TRACOGNA, Il ne bis in idem e i conflitti di giurisdizione nello spazio di libertà

sicurezza e giustizia, 2010, p. 35.

quella che attiene all’autorità che esercita l’azione penale, in quanto ogni stato avrà la propria.

Per ciò che attiene invece all’identità oggettiva il discorso appare più complesso.

Parte della dottrina sostiene che per poter applicare il ne bis in idem è necessario che le condotte abbiano la stessa qualificazione giuridica, questa, tuttavia, rappresenta la tesi minoritaria.

Coloro che invece sostengono la tesi maggiormente sostenuta, ritengono che per idem si intende l’identità dei fatti nella loro materialità concreta, nei loro connotati spaziali e temporali indipendentemente dalla qualificazione giuridica a loro attribuita dalle precettistiche degli altri stati membri163.

Tesi, quest’ultima, già sostenuta ampiamente anche in tempi meno recenti, quando già si sosteneva che l’identità̀ del fatto va apprezzata nella prospettiva della sua collocazione storica e con riferimento alla sua determinatezza quanto a tempo, luogo e persona, non rilevando per nulla l’eventuale diversità di qualificazione giuridica164.

La tesi estensiva è stata sostenuta anche da numerose Convenzioni, fra le quali merita di essere in sicuramente ricordata la Convenzione sull’applicazione dell’Accordo di Schengen, dove all’art. 54 CAAS, si parla di fatti, e non di reati.

La Corte di Giustizia è stata portatrice di numerosi apporti giurisprudenziali in materia, soprattutto con una sentenza del 9 marzo del 2006, in sede di cognizione e per rinvio pregiudiziale, con la quale ha

                                                                                                               

163 S. CIRILLO, Il ne bis in idem nello spazio giudiziario europeo, Roma, 2013, p. 43.

164 N. GALANTINI, Il principio del <<ne bis in idem>> internazionale nel processo penale,

preso chiaramente posizione sull’interpretazione della locuzione “medesimi fatti” di cui all’art. 54 CAAS165: la sentenza Van Esbroeck166.

Il caso de quo si occupava di un cittadino norvegese che era stato condannato dal Tribunale nazionale di Bergen a 5 anni di reclusione per l’importazione di sostanze stupefacenti. Dopo aver scontato parte della pena, liberato condizionalmente, era stato nuovamente tratto in giudizio in Belgio, per l’esportazione della stessa identica sostanza e nuovamente condannato. La condanna veniva confermata dai giudici di appello, mentre la Corte di Cassazione belga, successivamente adita, rimetteva gli atti alla Corte di Lussemburgo167.

Ciò che si chiedeva alla Corte di Giustizia era l’interpretazione da dare alla locuzione “medesimi fatti” ex art. 54 CAAS e, in particolare, se comportamenti illeciti consistenti nell’esportazione dal territorio di uno stato contraente e nell’importazione in un altro stato contraente degli stessi stupefacenti, che hanno portato ad iniziare un procedimento penale in entrambi gli stati, siano da ricondurre in tale nozione168.

La risposta dei giudici di Lussemburgo è stata chiara: la Corte è sempre stata persuasa dall’idea che il criterio per poter interpretare correttamente l’applicazione dell’art. 54 CAAS e, quindi, del suo dettato, sia quello dell’identità dei fatti materiali, da intendersi come l’esistenza di un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, indipendentemente

                                                                                                               

165 T. RAFARACI, Ne bis in idem e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di

libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione Europea, cit., p. 628.

166 Corte di Giustizia, 9 marzo 2006, causa C-436/04.

167 M. M. PISANI, Cooperazione giudiziaria in materia penale e ne bis in idem: recenti

orientamenti della Corte di Giustizia sulla nozione di idem factum, cit., p. 11.

168 T. RAFARACI, Ne bis in idem e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di

dalla qualificazione giuridica degli stessi o dell’interesse giuridico che tutelano169.

Alla luce di ciò, le condotte oggetto della sentenza in esame, quindi l’esportazione e importazione di sostanze stupefacenti, devono essere considerate come rientranti nei “medesimi fatti” e quindi nell’applicazione dell’art. 54 CAAS, anche se, comunque, la valutazione finale spetta ai singoli giudici nazionali, che devono valutare se l’insieme dei fatti concreti rappresentino quell’insieme inscindibile di fatti collegati nel tempo e nello spazio di cui abbiamo parlato poc’anzi.

Le argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza Van Esbroek sono state riprese poi dagli stessi giudici di Lussemburgo anche nella sentenza

Van Straaten170, con la quale si sono impegnati a sciogliere alcuni nodi

relativi ai confini dell’ idem factum, rimasti irrisolti.

Il caso di specie prendeva vita da un ricorso che il soggetto aveva presentato all’autorità giudiziaria olandese, ai sensi dell’art. 111, n.1 CAAS171, contro l’iscrizione del proprio nome nel Sistema Informativo

Schengen (SIS), conseguenza della condanna in Italia per possesso ed esportazione nei Paesi Bassi di 5 chilogrammi di eroina, essendo, inoltre, membro di un’associazione per delinquere.

Egli rilevava che l’iscrizione non fosse valida in quanto, secondo quanto da lui sostenuto, il processo italiano sarebbe avvenuto in violazione dell’articolo 54 CAAS, dal momento che anni prima egli era stato già

                                                                                                                169 Ibidem.

170 Corte Giust., sent. 28 settembre 2006, C-150/05.

171 L’ art. 111 CAAS così prevede: «1. Chiunque può̀ adire, nel territorio di ciascuna

parte contraente, la giurisdizione o l’autorità competente in base al diritto nazionale, con un’azione, in particolare, di rettifica, di cancellazione, di informazione o di indennizzo, relativamente ad una segnalazione che lo riguarda. 2. Le Parti contraenti si impegnano reciprocamente ad eseguire le decisioni definitive prese dalle giurisdizioni o dalle autorità di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni dell’articolo 116”.

giudicato nei Paesi Bassi ed, pur essendo stato condannato per altre questioni, era stato assolto per insufficienza di prove dall’accusa di aver importato in quel paese 5 chilogrammi e mezzo di eroina; egli sosteneva che quest’ultimo fosse lo stesso fatto materiale per il quale era stato poi, in seguito, condannato in Italia e per questo lo riteneva lesivo dell’art. 54 CAAS172.

Riprendendo le argomentazioni che già aveva ampiamente dibattuto nella decisione sulla sentenza Van Erbroeck, la Corte si preoccupa di precisare che nell’ambito dei reati aventi ad oggetto sostanze stupefacenti non è rilevante che i quantitativi di dette sostanze corrispondano negli stati interessati, ne è richiesta un’identità dal punto di vista soggettivo dei soggetti partecipi alle operazioni173.

Tutto ciò, però, non esclude l’identità dei fatti materiali, che potrebbero ugualmente essere collegati inscindibilmente e quindi legittimare l’applicazione dell’art. 54 CAAS.

La Corte, poi, si occupa anche di approfondire la questione anche sotto il punto di vista del reato continuato, e lo fa in un’altra importante sua decisione che è quella relativa al caso Kraaijenbrink174.

La vicenda narrava di una cittadina olandese condannata nei Paesi bassi per ricettazione di somme di denaro che provenivano dal traffico di stupefacenti; la stessa, in un secondo momento, veniva poi condannata anche in Belgio per aver effettuato operazioni di cambio mediante somme di denaro che provenivano da un traffico di stupefacenti compiuto nei Paesi bassi.

                                                                                                               

172 T. RAFARACI, Ne bis in idem e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di

libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione Europea, cit., p. 629.

173 A. DAMATO, P, DE PASQUALE, N. PARISI, Argomenti di diritto penale europeo, II

ed., Torino, 2014, p. 114.

I giudici belgi erano partiti dal presupposto che i due reati, quello di ricettazione in Olanda e quello di riciclaggio in Belgio, dovessero essere tenuti distinti, per cui erano legittimi due giudizi distinti per quella cittadina.

Dal canto suo, invece, la cittadina olandese sosteneva che i due reati concernevano due fatti integranti gli estremi necessari per poter applicare il 54 CAAS e quindi il divieto di un doppio processo per il medesimo fatto, in quanto sosteneva che appartenessero allo stesso disegno criminoso.

In realtà, la Corte non valutò l’esistenza di un unico disegno criminoso come sufficiente a indicare un idem factum, ma piuttosto sostenne che era compito del giudice nazionale verificare se, nel caso concreto, le operazioni di riciclaggio condotte in Belgio avessero avuto per oggetto somme di denaro inscindibilmente collegate con quelle per le quali l’interessata era già stata condannata per ricettazione in Olanda.

Solo così vi sarebbe stato quel legame, spaziale e temporale, idoneo ad evitare un secondo giudizio175.

Numerose sono state le decisioni della Corte di Lussemburgo per chiarire il concetto di “medesimo fatto” ex art. 54 CAAS, e le sue conclusioni sono state poi riprese anche dalla Corte di Strasburgo, come si può notare, ad esempio, nella sentenza Zolotukhin v. Russia176.

In quella occasione, la Corte di Strasburgo ha dato una definizione di

idem, contenuto all’interno dell’art. 4 del Protocollo 7 CEDU, in linea

con quella data dalla Corte di Giustizia in riferimento alla nozione contenuta nell’art. 54 CAAS, nonostante ci sia un differenza non labile,

                                                                                                               

175 C. TRACOGNA, Il ne bis in idem e i conflitti di giurisdizione nello spazio di libertà

sicurezza e giustizia, cit., p. 45-46.

in quanto l’art. 54 CAAS parla di “fatti”, l’art. 4 del Protocollo 7 CEDU di “reati”177.

La Corte di Strasburgo si è pronunciata a favore di un’interpretazione estensiva che consenta al divieto di bis in idem di operare anche in presenza di un secondo «reato» originato da fatti materiali identici, con l’unica differenza, rispetto alla Corte di Giustizia, che la Corte EDU non richiede anche che tali fatti materiali siano inscindibilmente collegati tra loro.

Da questa lunga esegesi svoltasi tra le corti europee con il contributo della dottrina, emerge l’interpretazione ormai diffusa dell’idem factum in chiave d’identità di fatti materiali.

 

5. Il principio del ne bis in idem nell’ordinamento interno. Cenni.