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Le ulteriori esperienze che hanno portato il riconoscimento del divieto del nuovo processo

2. L’evoluzione del principio: l’antica regola del bis de eadem re ne sit actio

2.4 Le ulteriori esperienze che hanno portato il riconoscimento del divieto del nuovo processo

La previsione del divieto di doppio processo nell’art. 54 CAAS e la svolta trasmessa dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, insieme alla chiara

                                                                                                                117 Infra 2.1.

118 Così definito da C. AMALFITANO, La discutibile inderogabilità del ne bis in idem in

virtù dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in Giur. merito, 2012, p. 1610B.

119 Sentenza del giudice delle indagini preliminari, caso Walz, Milano, 6 luglio 2011. 120 Sentenze del tribunale tedesco del 25 ottobre 2010, BGH 1 StR 57/10 e del 15

enunciazione del diritto a non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato nell’art. 50 della Carta di Nizza, hanno portato all’esigenza di un’accelerazione nella ricerca di un accordo in tema di conflitti positivi di giurisdizione.

In questo senso, nel corso degli anni, sono state formulate numerose proposte volte a incentivare e a coadiuvare gli Stati nel tentativo di trovare un accordo nella gestione dell’attività giudiziaria, come ad esempio il Libro Verde, che fu presentato dalla Commissione europea nel 2005, con il preciso intento di avviare “un’ampia consultazione delle parti interessate sulle questioni dei conflitti di giurisdizione in materia penale, compreso il principio del ne bis in idem. Esso individua i problemi che possono nascere dall’attuale situazione e propone eventuali soluzioni”121.

Si deve registrare che non sono mancate proposte che miravano all’inserimento del ne bis in idem internazionale nei documenti sovranazionali per la protezione dei diritti individuali122, sempre al fine di

incrementare un riconoscimento costantemente più esteso di questo fondamentale principio.

Per cercare di dare un assetto completo degli strumenti attraverso i quali si è sviluppata la cooperazione giudiziaria in questo senso, occorre richiamare quella che è, come abbiamo già dispiegato precedentemente123, la previsione contenuta all’interno dell’art. 4,

                                                                                                               

121 Così come presentato dalla Commissione nel documento ufficiale, LIBRO

VERDE sui conflitti di giurisdizione e il principio del ne bis in idem nei procedimenti penali, Bruxelles, 23.12.2005.

122 Cfr. Il Progetto di risoluzione della Quarta sezione del XVI Congresso

Internazionale di diritto penale.

Protocollo 7 CEDU124, sottoscritto il 22 novembre 1984 e rubricato

“diritto di non essere giudicato o punito due volte”.

Già da una prima lettura ci rendiamo conto come la disposizione si riferisca ad una fattispecie da sanzionare da un punto di vista penale (“nessuno può essere perseguito o condannato penalmente..”) e per questo motivo il primo problema che si pone agli interpreti è quello di individuare quando si possa attribuire carattere penale ad una sanzione al fine di applicare la regola in questione125.

Sul punto si è espressa la Corte di Strasburgo, ritenendo applicabili i c.d. criteri Engel, elaborati in una vecchia decisione del 1976 e progressivamente affinati, fino all’ultimo perfezionamento, avvenuto con la sentenza Grande Stevens contro Italia del 4 marzo 2014, di cui tratteremo più diffusamente nelle pagine seguenti.

Si è chiarito che, per poter parlare di “accuse in materia penale”, ai sensi della Convenzione stessa, occorre prendere in esame tre ordini di fattori.

In primis, occorre valutare quale sia la qualificazione che lo stato

convenuto ha dato all’illecito contestato, anche se, in ogni caso, questa avvertenza mantiene solo un valore formale, limitato, in quanto quello che la Corte deve effettivamente indagare è il carattere “penale” dell’accusa.

                                                                                                               

124 1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato

per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato.

2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge e alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta. 3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione.

125 A. GENISE, Divieto di ne bis in idem della CEDU e riflessi applicativi, 27 aprile 2015,

In secondo luogo, sulla scia di quanto appena detto, occorre dunque valutare la natura sostanziale dell’illecito commesso, per andare poi a considerare, in ultima analisi, il grado di severità della pena, poiché in una società di diritto appartengono alla sfera “penale” le privazioni della libertà personale suscettibili di essere imposte in veste di punizioni, ad eccezione di quelle che per la loro natura, durata o modalità di esecuzione, non possono causare un apprezzabile danno126.

Pertanto, in conclusione, due sono i criteri che alternativamente possono portare all’individuazione del carattere penale della sanzione: la qualificazione letterale che viene data dalla norma che la prevede o, altrimenti, la considerazione sostanziale della natura della violazione o della sanzione.

Questi due criteri, come ha in più di un’occasione affermato la Corte di Giustizia, possono essere usati anche cumulativamente nel caso in cui, analizzandoli separatamente, non si arrivi ad una conclusione chiara in merito127.

L’art. 4 del protocollo in esame è stato ripreso dalla Carta di Nizza, all’art. 50, alla quale, come già abbiamo ampiamente dispiegato, con il Trattato di Lisbona del 2007, è stato conferito lo stesso valore degli altri Trattati UE.

Pertanto la domanda che sorge spontanea è la seguente: è quindi ora possibile per il giudice italiano disapplicare direttamente le norme in contrasto con l’art. 4 del protocollo 7 CEDU? Oppure si deve ancora attenere al procedimento dalla Corte con la decisione 348/2008?128

                                                                                                                126 Ibidem.

127 Iussila contro Finlandia n. 73053/2001; Grande Stevens contro Italia del 4 marzo 2014. 128 La quale premesso che la CEDU non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non

produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. …. e che essa è configurabile come un trattato internazionale multilaterale …da cui derivano obblighi per gli Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento giuridico in un sistema più vasto , da cui organi deliberativi

La Corte Costituzionale ha ritenuto, in una sua specifica decisione, che il recepimento dell’art. 4 Protocollo 7 CEDU da parte della Carta di Nizza (art. 50) non ha comportato una modifica dell’assetto precedente, dal momento che il Trattato di Lisbona, che ha adottato la Carta di Nizza, “non ha comportato alcun mutamento della collocazione delle disposizioni CEDU nel

sistema delle fonti, tale da rendere ormai inattuale la ricordata concezione di norme interposte”129.

Conseguentemente, quindi, il giudice non è competente a disapplicare le norme interne ritenute incompatibili con la CEDU stessa.

Su un altro versante, è ormai pacifico che il principio del ne bis in idem rivesta anche una fondamentale importanza per la garanzia del diritto alla libera circolazione delle persone, avendo quest’ultimo lo scopo di evitare, anche in questo frangente, che una persona, per il sol fatto di esercitare un diritto a lei spettante, ovvero quello della libera circolazione, sia sottoposta ad un secondo giudizio per i medesimi fatti per i quali era già stata giudicata in altro stato membro130.

Proprio per evitare, pertanto, che si crei un vulnus alla libera circolazione delle persone, diritto di pregnanza fondamentale, occorre prevedere meccanismi procedurali che si prefissino l’obiettivo di evitare che vengano avviati, di fronte ad autorità nazionali europee, processi penali paralleli in relazione ad uno stesso fatto e ad uno stesso soggetto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

possano promanare norme vincolanti … per tutte le autorità interne degli Stati membri, ha asserito che, nel caso di contrasto tra la norma interna e quella della CEDU, tale asserita incompatibilità tra le due si presenta come una questione di legittimità costituzionale, per eventuale violazione dell’art. 117, primo comma della Costituzione, il quale impone al legislatore il rispetto, nell’attività di produzione legislativa, degli obblighi internazionali, di esclusiva competenza del giudice delle leggi.

129 Corte Cost. 11 marzo 2011, n. 80.

130 E. APRILE, F. SPIEZIA, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione Europea prima e

Appare quindi correlato il problema della litispendenza che necessita di una soluzione.

La litispendenza d’altronde, come rileva attenta dottrina, costituisce il tassello finale per una piena operatività del divieto del doppio processo131.

Essa non è prevista né da Schengen, né da altre convenzioni che riguardano il ne bis in idem, ma piuttosto è contenuta in trattati di natura settoriale dedicati a precise fattispecie di reato e conclusi in un ristretto ambito internazionale132.

Le basi per una disciplina completa della litispendenza interstatuale sono state poste con la Proposta di decisione quadro del 2009, su iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica di Bulgaria, della Repubblica Ceca, del Regno di Danimarca, della Repubblica dell’Estonia, della Repubblica greca, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Romania, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia, sul trasferimento dei procedimenti penali133.

Più recentemente, poi, le basi, già in parte poste con la proposta sopra ricordata, sono state completate con la decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione

                                                                                                               

131 N. GALANTINI, Il ne bis in idem nello spazio giudiziario europeo: traguardi e prospettive,

cit., p. 4.

132 Da ricordare la Convenzione riguardante gli interessi finanziari delle Comunità

europee, Bruxelles, 26 luglio 1995, art. 6; la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, Parigi, 17 dicembre 1997, art. 4.

133 2009/C 219/03, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 12 settembre 2009,

dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali134.

In sintesi la decisione quadro 2009/948/GAI, definito il concetto di “procedimenti paralleli condotti in due o più stati membri per gli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona”, ricomprendente sia la fase preprocessuale che quella processuale (art. 3 lett. a)) della decisione quadro stessa) si pone l'obiettivo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’UE, attraverso l’introduzione di forme di consultazione, in modo da impedire che le autorità competenti di due o più paesi dell’UE conducano procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona135.

La medesima decisione stabilisce, inoltre, la procedura secondo cui le autorità nazionali competenti dei paesi dell’UE devono entrare in contatto quando hanno fondati motivi per ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE136.

L’autorità che viene contattata è obbligata a rispondere, entro il termine che è stato deciso dall’autorità contattante, oppure, in mancanza, senza indebito ritardo. Qualora l’indagato o l’imputato venga sottoposto a misura detentinva oreventiva o di custodia cautleare, allora la risposta deve essere comunicata con urgenza.

Da questo momento in poi, una volta appreso che vi è in corso un procedimento parallelo, entrambe le autorità sono tenute a procedere a consultazioni, al fine di pervenire ad una soluzione efficace sulla quale entrambe si trovino d’accordo.

                                                                                                               

134 In Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 15 dicembre 2009, L 328/42.

135 E. CALVANESE, G. DE AMICIS, La decisione quadro in tema di prevenzione e

risoluzione dei conflitti di giurisdizione nell’UE, pubblicato in Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa, 2010, p. 7.

136 Competenze in materia penale: prevenzione e risoluzione dei conflitti, decisione quadro

Sull’individuazione della soluzione più efficace, tuttavia, la decisione quadro non prende posizione direttamente, evitando così di affrontare l’aspetto saliente, ma anche maggiormente spinoso, della questione che aveva fatto naufragare le precedenti iniziative.

In merito alla litispendenza, il provvedimento si limita ad affermare che potrebbe consistere in qualsiasi azione che consenta un’efficiente e ragionevole gestione dei procedimenti, anche sotto l’aspetto della tempestività e potrebbe «eventualmente comportare la concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro» (art. 10)137.

Si lascia quindi ad ogni autorità la possibilità di scegliere, in un contesto caratterizzato dalla massima flessibilità, la soluzione che ritengono essere la più efficace e soprattutto compatibile con il proprio ordinamento, perché, infatti, nel preambolo si esprime chiaramente che «nessuno Stato membro dovrebbe essere obbligato a rinunciare o a esercitare la competenza giurisdizionale contro la sua volontà»138.

La decisione quadro si colloca, per un verso in funzione strumentale a garantire il diritto dell’accusato alla “unicità della persecuzione”139, per

l’altro cerca di rispondere al bisogno di coerenza giurisdizionale, già manifestato anche dall’art. 81 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale prevede come obiettivo dell’azione comune, fra gli altri, anche quello di prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra stati membri140.

                                                                                                               

137 E. CALVANESE, G. DE AMICIS, La decisione quadro in tema di prevenzione e

risoluzione dei conflitti di giurisdizione nell’UE, cit., p. 8.

138 Ibidem.

139 L. LUPARIA, La litispendenza internazionale. Tra ne bis in idem europeo e processo penale

italiano, 2012, cit. p. 81.

140 R. DEL COCO, E. PISTOIA, STRANIERI E GIUSTIZIA PENALE. Problemi di

L’obiettivo primario, quindi, della decisione quadro dispiegata è quello di risolvere i conflitti di giurisdizione, cercando di individuare i criteri di riparto della competenza tra i diversi Stati coinvolti.

La proposta di decisione quadro del 2009 aveva elaborato, all’art. 7, tutta una serie di criteri, proponendo una scala graduata di competenze che, classificando i criteri in base alle diverse esigenze del processo penale, lasciava comunque aperto il problema del controllo sulle scelte, se pure concordate, operate dalle autorità dei paesi legittimati a procedere141.

Viceversa, nella decisione quadro 2009/948/GAI, viene fatta solo una generica menzione di questi criteri, limitandosi a richiamare la relazione di Eurojust del 2003142.

Per quanto attiene alle conseguenze che potrebbero avere questi accordi atipici e rinunce alla giurisdizione sugli ordinamenti interni, si segnala che i problemi maggiori si sono posti in ordine al principio del giudice naturale e del criterio dell’obbligatorietà dell’azione penale.

In ordine al primo problema, la Corte Costituzionale ha ritenuto applicabile il principio del giudice naturale solo alla “disciplina delle

competenze dei giudici all’interno dell’ordinamento”143.

Per quanto concerne, invece, il principio di obbligatorietà dell’azione penale, ci sono state alcune precisazioni in sede comunitaria, come ad esempio quella espressa secondo il Libro Verde sui conflitti di competenza e il principio del ne bis in idem nel quadro dei procedimenti

                                                                                                               

141 G. DE AMICIS, Ne bis in idem, giurisdizioni concorrenti e divieto di azioni multiple

nell’UE: il ruolo dell’Eurojust, in Cass. Pen., 2006, p. 1180.

142 N. GALANTINI, Il ne bis in idem nello spazio giudiziario europeo: traguardi e prospettive,

cit., p. 5.

penali, secondo il quale il suo rispetto si misura sulla sua efficace approvazione da parte di uno degli stati membri144.

Sul punto, ancora la stessa decisione quadro del 2009 pocanzi menzionata, ha affermato che “nello spazio comune di libertà, sicurezza e

giustizia, il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, che informa il diritto processuale in vari stati membri, dovrebbe essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto quando ogni stato membro garantisce l’azione penale in relazione ad un determinato reato”145.

3. L’applicazione del principio: dal requisito della irrevocabilità