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L’esigenza di un coordinamento oltre i confini nazional

Come già abbiamo avuto modo di osservare nei paragrafi precedenti, l’applicazione concreta in ogni singolo Stato della regola espressa dal principio del ne bis in idem incontra sulla sua strada alcuni limiti, derivanti dalle singole legislazioni statali.

L’esigenza dirimente che, quindi, necessita di trovare una soluzione al più presto, è quella di un coordinamento tra le varie giurisdizioni degli Stati, volto a travalicare i confini nazionali.

Si aggiunga a questa la constatazione che, in ambito europeo, l’unico limite che impone un divieto di un doppio processo è rappresentato dagli artt. 54-58 CAAS, che in realtà, però, non sono in grado di prevenire né di risolvere un’eventuale sovrapposizione di più giudizi su un medesimo fatto; infatti, come abbiamo già evidenziato in precedenza, nel caso in cui non vi siano principi condivisi dagli Stati membri sull’attribuzione della giurisdizione, si applica la regola della priorità cronologica: la prima

decisione definitiva preclude il successivo giudizio ad opera di un altro Stato191.

La regola della priorità cronologica, però, risulta spesso essere aleatoria, dal momento che, per fare un esempio, potrebbe accadere che lo Stato che ha emesso la sentenza definitiva non sia quello in cui è avvenuto il fatto per il quale si procede: la lontananza dal locus commissi delicti e dalle fonti di prova potrebbe incidere sulla completezza dell’accertamento compiuto da chi ha emanato il primo giudizio.

Come abbiamo spiegato, l’art. 55 contiene una serie di eccezioni all’applicazione della regola della priorità cronologica sopra richiamata192,

ma tali eccezioni non permettono di poter eliminare del tutto la possibilità di due procedimenti paralleli o l’instaurazione di un secondo giudizio.

Anche per questo motivo è, perciò, necessario che i vari Stati siano tra loro coordinati, così che si possa pervenire agilmente alla risoluzione dei conflitti di giurisdizione che via via si creano.

I conflitti di giurisdizione sorgono soprattutto per il fatto che ogni Stato ha criteri diversi attraverso i quali attribuisce la giurisdizione di un determinato fatto; ma diversa può essere anche l’interpretazione di un criterio che risulta essere in comune fra più Stati.

Pensiamo, ad esempio al criterio del locus commissi delicti: per il nostro ordinamento, è sufficiente che parte della condotta si sia svolta in territorio italiano perché si possa affermare la giurisdizione italiana193.                                                                                                                

191 C. TRACOGNA, Il ne bis in idem e i conflitti di giurisdizione nello spazio di libertà

sicurezza e giustizia, cit., p. 88-89.

192 V. Infra. 2.1.

193 Ad esempio, nel caso in cui vi sia concorso di persone nel reato, è sufficiente che

una singola parte di condotta sia stata svolta sul territorio nazionale da uno dei concorrenti.

Affinchè lo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia riesca nella missione per cui è stato concepito, Consci di dover trovare una soluzione, gli Stati membri si sono rivolti all’Unione Europea, attribuendole la competenza ad adottare provvedimenti normativi volti a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione fra di essi, obiettivo già contenuto nel Trattato sull'Unione europea (art. 31, lettera d), ora 82, lett. b)) e confermato, poi, dalle disposizioni programmatiche contenute nel punto 2.3. del Programma del reciproco riconoscimento del 29 novembre 2000 e nel punto 3.3 del Programma dell’Aja del 4-5 novembre 2004, relativo al rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea194.

A detta delle Istituzioni europee, una disciplina condivisa sul riparto della giurisdizione è funzionale alla piena applicazione del principio del mutuo riconoscimento: infatti, il tema della prevenzione e risoluzione dei conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri è stato inserito dalla Commissione europea nell’agenda delle iniziative da realizzare nell’ambito del programma sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie penali195.

Tale programma sosteneva che riconoscere una decisione in materia penale significa assegnarle effetti anche al di fuori dello Stato in cui è stata adottata196.

La Commissione, tuttavia, rileva che, affinché questa «circolazione» di giudicati penali sia facilmente realizzabile, è anche necessario che si adottino regole comunitarie sulla «giurisdizione esclusiva»: di fronte a

                                                                                                               

194 T. RAFARACI, Ne bis in idem e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di

libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione Europea, cit., p. 621.

195 Comunicazione n. 495 del 26 luglio 2000 della Commissione sul «riconoscimento

reciproco delle decisioni definitive in materia penale ».

196 E. CALVANESE, G. DE AMICIS, La decisione quadro in tema di prevenzione e

regole, che siano condivise, che individuano preventivamente lo Stato competente per quel reato, gli altri Stati riconosceranno efficacia vincolante alle decisioni straniere con maggiore facilità rispetto al caso in cui ci siano più autorità da ritenere competenti sulla base delle loro singole legislazioni nazionali197.

Nella prospettiva seguita dalla Commissione, quindi, la perdita di sovranità subita dagli Stati membri nel riconoscere le decisioni di altri Stati membri verrebbe compensata con l'attribuzione di un ambito di competenza “esclusiva” in cui gli Stati hanno la facoltà di applicare le loro norme penali.

Anche la dottrina si è mossa in tal senso, promuovendo alcuni modelli ritenuti essenziali nel raggiungimento dell’adozione di norme vincolanti per gli Stati membri.

Nella Risoluzione adottata nella fase finale del XVII Congresso dell’Associazione internazionale di diritto penale svoltosi a Pechino il 18 settembre del 2004, fu presentato un primo modello, confermando l’opportunità di elaborare regole generali per l’applicazione del principio del ne bis in idem198.

                                                                                                                197 Ibidem.

198 “(…) considerando che la giurisdizione universale dovrebbe essere uno degli

strumenti più efficaci per prevenire e punire i reati più gravi che riguardano la comunità internazionale nel suo complesso, e in particolare quelli definiti nello Statuto della Corte penale internazionale, aumentando la probabilità di incriminazione e punizione dei suoi autori, tenendo presente che l'esercizio della giurisdizione universale da parte degli Stati risulta necessaria al fine di evitare l'impunità per i crimini internazionali sopra menzionati, nonostante l'istituzione della Corte penale internazionale, consapevoli che la giurisdizione universale è uno dei temi più dibattuti del diritto penale, ricordando le precedenti risoluzioni AIDP su questo argomento (…) hanno adottato la seguente risoluzione:

1. La giurisdizione universale costituisce una base per la procedibilità dei reati commessi all'estero che non siano coperti da qualsiasi altro principio di competenza.

Il tema della composizione dei conflitti di giurisdizione continuava ad assumere, peraltro, un tale rilievo che nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004, si avvertì la necessità di inserire una specifica disposizione finalizzata ad introdurre una precisa base normativa in vista della futura adozione di uno strumento comunitario volto a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra le autorità degli Stati membri199: l'art. III-270, lett. b)200.

Le visioni fortemente innovative che si cercavano di introdurre attraverso questi strumenti richiamati, fra i quali è opportuno ricordare

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

2. Con l'obiettivo di garantire la tutela degli interessi fondamentali della comunità internazionale nel suo complesso e prevenire l'impunità, gli Stati dovrebbero istituire una giurisdizione universale per indagare, perseguire e punire i reati più gravi, che riguardano la comunità internazionale nel suo complesso e in particolare di quelli definiti nello Statuto della Corte penale internazionale.

3. La giurisdizione universale non dovrebbe essere istituita per fattispecie diverse dai gravi delitti di cui al comma 2.

4. I futuri strumenti giuridici internazionali che verranno adottati per reprimere i reati più gravi concernenti la comunità internazionale dovrebbero confermare l'applicabilità della giurisdizione universale. (…)”, in Risoluzioni approvate al XVIII Congresso Internazionale di Diritto Penale (Istanbul, 20-27 settembre 2009), Le principali sfide poste dalla globalizzazione alla giustizia penale, Sez. IV, Diritto penale internazionale.

199 E. APRILE, F. SPIEZIA, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione Europea prima e

dopo il Trattato di Lisbona, Milano, 2009, p. 99; A. DAMATO, P. DE PASQUALE, N. PARISI, Argomenti di diritto penale europeo, cit., p. 107.

200 “1. La cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione è fondata sul

principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei settori di cui al paragrafo 2 e all'articolo III-271.

La legge o legge quadro europea stabilisce le misure intese a: (…)

b) prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri; (…)”, in Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, 2005, p. 124.

anche il già citato Libro Verde del 2005 sui conflitti di giurisdizione201,

presentavano tutti delle limitazioni, delle questioni che non ne permettevano un agevole e risolutivo uso, soprattutto per le difficoltà che si incontravano nel modellare le diverse legislazioni e normative dei diversi Stati membri.

I lavori, solo dopo lunghi e complessi negoziati, terminarono nell’approvazione della decisione quadro del Consiglio sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, il 30 novembre 2009202, già ampiamente trattata nei

paragrafi precedenti203

Il primo dicembre 2009, poi, entrò in vigore il Trattato di Lisbona, che mantenne ferme le innovazioni previste dal Trattato - Costituzione e ne recepì in gran parte i contenuti.

Venne eliminata la struttura a tre pilastri designata dal Trattato di Maastricht, modificando così l’assetto istituzionale in materia di cooperazione giudiziaria penale, ora disciplinato dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e comunitarizzando la cooperazione penale stessa.

Questa è, infatti, inserita nella terza parte del TFUE, nel titolo V relativo alle politiche dell’Unione e azioni interne, collocazione che le comporta il superamento del metodo intergovernativo, a favore della disciplina propria dei settori tradizionalmente comunitari204.

Possiamo concludere affermando che il principio del ne bis in idem era originariamente rilevato solamente in una dimensione territoriale nazionale mentre oggi è divenuto un diritto fondamentale del cittadino

                                                                                                                201 COM (2005) 696.

202 Pubblicata in G.U.U.E. n. L 328 del 15 dicembre 2009, 42, decisione quadro

2009/948/GAI.

203 V. Infra 2.3.

europeo, che dispiega i suoi effetti nel territorio di tutti gli Stati membri dell’U. E..

Appare ormai ampiamente pacificamente riconosciuta la natura di fonte primaria della Carta dei diritti fondamentali (art. 50), che concorre, assieme alla previsione di altri diritti di pari rilevanza, a garantire la costruzione di un equo processo fondata sui principi di stabilità e certezza del diritto, nel rispetto del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie.

Interventi centrali e di fondamentale importanza sono stati poi quelli della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del principio del ne bis in idem, occupandosi di ridefinirne requisiti, margini e confini di applicabilità.

2. La sentenza Grande Stevens e altri vs Italia: le premesse fattuali