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L’ APPROCCIO COGNITIVISTA DI J EAN P IAGET NELLA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO NEL BAMBINO

III SUBLIME MATEMATICO E ASTRONOMIA.

F IGURA 3 V ISUALIZZAZIONE DELLA V IA L ATTEA DA DUE DI REZIO NI DIVERSE

IV. IL CIELO STELLATO COME PEDAGOGIA DEL SUBLIME

4.4 L’ APPROCCIO COGNITIVISTA DI J EAN P IAGET NELLA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO NEL BAMBINO

Se si parla di epistemologia genetica o di approccio cognitivista, non si può fare a meno di citare, come abbiamo già visto, le ricerche di Jean Piaget. Possiamo trovare molti parallelismi tra l’educatrice italiana e lo psicologo ginevrino ma, nonostante abbiano in comune l’approccio cognitivista, vi sono alcuni contrasti.

103 J. Kiestead, Montessori and Dewey: A Comparison of Their Theory and Practice, articolo presentato al convegno annuale della Claremont Reading Conference (48 °, Claremont, CA, 16-17 gennaio 1981).

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Primo fra tutti l’idea dell’egocentrismo infantile, per cui, secondo Piaget, il bambino non ha alcuna idea indipendente dall’oggetto osservato fino agli otto mesi di vita: semplicemente chiudendo gli occhi egli cancella il mondo fisico e non ha alcuna idea che l’oggetto continua ad esistere ancora. Questo “egocentrismo intellettuale” – come lo definisce lo psicologo - si manifesta non solo in età prescolare, ma può durare per tutta la vita negli stati d’inerzia mentale.

Un classico esempio che avvalora questo fenomenismo e dimostra la difficoltà del bambino di osservare da diversi punti di vista lo stesso fenomeno, è quello della Luna riportato da Piaget in Il linguaggio e il pensiero nel fanciullo: viaggiando in automobile in una notte illuminata dalla Luna, il bambino, osservando l’oggetto celeste dirà, in una visione tolemaica, che esso segue l’automobile; non solo, alla domanda sul perché lo faccia, egli risponderà che è per illuminarci la strada. Questa teoria piagetiana dell’animismo è strettamente legata ad un antico modo di vedere e spiegarsi il mondo, una archetipale visione magica delle cose. Per il bambino in età prescolare – secondo Piaget - tutto è ugualmente vitale: gli astri, le nuvole, il fuoco e, a causa dell’egocentrismo, che tutto funzioni per portare un beneficio a lui stesso. Perché la luna ci segue?

Perché deve illuminarci la strada. Non vi è differenza, quindi, fra i suoi pensieri ed

il mondo, nel senso che anche la natura non umana e, più in generale, le cose, posseggono l’anima.

l’idea di chiedere ai fanciulli da dove vengano la luna, le stelle, le acque, i fenomeni meteorologici, fu suggerita al Piaget dalle domande spontanee dei bambini («Chi fa il sole? Chi ha messo le stelle?, Di cosa è fatta la Luna? Perché è rotonda?»)104

Nelle varie fasi di questa ricerca – in un umile tentativo di ripercorrere le tracce del grande psicologo- sono state riproposte queste stesse domande a bambini in età scolare e il risultato è che le risposte ricevute, non corrispondono agli stadi piagetiani in base al rapporto ètà dei dicenti/rappresentazione del mondo. Per fare un esempio: abbiamo chiesto ad un bambino di tre anni (scuola materna) «Perché il sole tramonta?» la sua risposta è stata che il sole tramonta perché va a

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J.Piaget, Dal bambino all’adolescente, la costruzione del pensiero, (passi scelti a cura di O. Andreani e G. Gorla) NI, Firenze, 1969.

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dormire nel mare (il bambino frequenta una spiaggia sul Tirreno); «…e perché

diventa rosso?»; risposta: «perché fa il bagno senza costume». Ora, secondo

Piaget, queste corrispondono ad un bambino di età compresa tra i tre e i sette anni (ma un bambino di quattro anni già risponderà in modo differente).

L’animismo non è una credenza sistematica, ma un atteggiamento mentale implicito, che trova le sue radici spontanee in tre gruppi di fenomeni: il finalismo, la precausalità, che si manifesta nei “perché” infantili fra i 3 e i 7 anni, e la confusione tra leggi fisiche e leggi morali, per cui, per esempio, il sole e la luna riappaiono regolarmente perché devono riscaldarci o illuminarci105.

Un bambino della prima classe della scuola Primaria (sei anni) sa benissimo che quando il Sole tramonta «va dall’altra parte del mondo». Queste osservazioni sono confermate dalle moderne scienze cognitive, secondo le quali già un bambino di due anni non è più nella fase egocentrica. In ogni caso, Piaget rimane il più grande psicologo infantile del Novecento e nella psicologia dello sviluppo non si può non partire dai suoi studi, per quanto si possano sollevare alcune critiche. Una delle maggiori difficoltà che presenta il suo metodo è, appunto, che il passaggio da uno stadio all’altro non può essere determinato in un preciso momento della crescita del bambino, perché è oramai accertato che ogni individuo ha i suoi tempi di crescita, per cui a seconda degli individui certe funzioni possono apparire prima o dopo. Inoltre, nella teoria dello psicologo ginevrino, non sono per niente tenute in conto le variabili ambientali e individuali, sulle quali si sono soffermati in modo approfondito gli psicologi neo- piagetiani. Non v’è dubbio, tuttavia, che egli si è conquistato una fama indiscussa per aver aperto il cammino a questi studi che sono determinanti per chi si occupa di educazione ed istruzione.

I primi libri di Piaget tradotti in italiano – come language et pensée chez l’enfant- hanno avuto un impatto sulla pedagogia ancor prima che sulla psicologia. Piaget vi presenta il bambino non come un uomo in miniatura, ma come un essere psichico autonomo dotato di una struttura interiore cognitiva ed affettiva. Questa immagine di un bambino protagonista del suo sviluppo e della sua crescita intellettuale, in maniera molto più accentuata di quanto fosse mai stato concepito in passato, è molto consonante con la tendenza della pedagogia italiana del XX secolo.106

105

Ibidem, pag 175. 106

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4.5C

IELO STELLATO

,

EMOZIONE

,

PAURA

:

LA PERCEZIONE DEL