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L A VALUTAZIONE DELLE IMMANI DISTANZE

III SUBLIME MATEMATICO E ASTRONOMIA.

3.1 L A VALUTAZIONE DELLE IMMANI DISTANZE

Comprendere la reale entità delle distanze, in Astronomia, richiede uno sforzo mentale che va ben oltre l’apprendimento delle diverse unità di misura. Rapportare queste distanze all’esperienza infantile comporta un registro il più possibile adeguato alle competenze dei discenti.

Le distanze - diciamo così- “brevi”, si esprimono tranquillamente in chilometri. Questo, nella nostra mente, conferisce alla misura una certa regolarità; ad esempio, se noi diciamo: «La Terra dista dalla Luna circa 380.000 km» questa distanza ci sembra ancora abbastanza familiare, anche se, a pensarci bene, si tratta già di una lontananza ragguardevole: circa 55 volte il percorso tra Roma e New York.

Per raggiungere il nostro Sole dovremmo percorrere più o meno 150 milioni di chilometri e, ancora, se volessimo “volare” sulla Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro Sistema Solare, dovremmo percorrere quasi 40.600.000 milioni di chilometri. Viste le “enormi” distanze degli spazi interstellari, gli astronomi hanno introdotto l’anno luce, che è la distanza che percorre la luce in un anno, viaggiando a 300.000 km al secondo. In realtà, anche nell’abitudine comune si misura la distanza con il tempo, una volta fissato l’oggetto che si muove. Per esempio si dice che Roma dista da Paola 4 ore di treno, intendendosi il viaggio tramite l’Euro star - perché con l’accelerato disterebbe 8 ore in più a seconda della crisi delle Ferrovie dello Stato.

Usando una diversa unità di misura appare, quindi, più semplice esprimere una distanza che Kant chiamerebbe “assoluta” come quella di Proxima Centauri in 4,3 anni luce.

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Potremmo continuare con altri esempi: un raggio di luce che parte dal Sole, impiega circa 8 minuti per raggiungere il nostro pianeta e perciò si dice che il Sole dista 8 minuti luce dalla Terra, la Luna è lontana circa 1 secondo-luce.

La distanza Terra- Sole è una di quelle misure considerate fondamentali in astronomia, giacché grazie ad essa si può valutare anche la distanza delle stelle. Per questo la chiamano Unità Astronomica (UA) ed equivale circa a 23.000 volte il raggio equatoriale della Terra.

Le stelle più vicine vengono stimate col metodo della parallasse, ovvero misurando la posizione della stella in due momenti diversi dell’anno (nell’intervallo di sei mesi), quando cioè la Terra si trova ai due lati opposti della sua orbita rispetto al Sole. In questo modo la posizione della stella sembra essere lievemente mutata rispetto a quella delle stelle più lontane. Questo effetto vale per qualunque oggetto osservato da due punti di vista contro uno sfondo fisso, come un albero contro l’orizzonte. Un oggetto abbastanza vicino da mostrare uno spostamento parallattico di un secondo di arco si trova alla distanza di un

Parsec il quale equivale a 3,26 anni luce78.(vedi fig)

Dalla distanza dalla Terra dipende anche la luminosità apparente di una stella (magnitudine). Questa grandezza fu introdotta da Ipparco di Nicea nel II secolo a.C. quando redasse il primo catalogo stellare, classificando circa 1000 stelle in sei classi di grandezza. Oggi, la convenzione fissa il rapporto tra le magnitudini apparenti in modo tale che una stella di magnitudine 1 è circa cento volte più

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luminosa di una stella con magnitudine 6. Ma, poiché la distanza di una stella influisce sulla luminosità con cui essa appare, la magnitudine apparente ha poca relazione con la quantità di luce che essa emette realmente, cioè con la sua magnitudine assoluta.

Quello che a noi preme però, nel nostro modo di guardare il cielo, è effettuare una valutazione delle distanze a partire dallo scintillio degli oggetti celesti e, dunque, ad occhio nudo.

Una sorgente luminosa, per quanto estesa sia la sua superficie e potente la sua emissione, posta a una distanza sufficientemente grande dall’osservatore, verrà percepita come puntiforme; di conseguenza l’occhio la vede scintillare poiché la turbolenza dell’atmosfera, e in particolare la presenza a livello del suolo di polveri pesanti che si interpongono tra l’occhio e il punto luminoso, nasconde e poi di nuovo permette la visione, nel giro di qualche frazione di secondo, provocando il caratteristico effetto per cui si vedono oggetti che brillano79 oppure, come scrive Leopardi, che “palpitano”.

Questa, d’altronde, non è una proprietà esclusiva del cielo; se osserviamo le luci dei lampioni del paese situato sulla collina di fronte al nostro punto d’osservazione, ci accorgiamo che la loro luce ci appare puntiforme, a differenza di quella proveniente da un lampione vicino la finestra di casa. E, d’altra parte, la superficie estesa fa si che la luce partita da diversi punti, arrivi comunque all’occhio. Così come la Luna non brilla e neanche i pianeti e questo rende possibile una valutazione grossolana, ma vera, delle distanze.

Altri oggetti lontanissimi come gli ammassi stellari, e.g. le Pleiadi, o le Nebulose, come quella posta in Orione, o le Galassie, ad esempio la Galassia di Andromeda, appaiono ad occhio nudo, come punti lattiginosi.

Introdotta, così, una valutazione delle distanze in termini di esperienza visiva; si può procede a un criterio più quantitativo. Per rendere comprensibili le distanze astronomiche, si può ricorrere ad alcuni decisivi esempi di similitudine come potrebbe essere la misurazione di una distanza in termini di “ore di volo”, ad

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Cfr. F. Piperno, F. Caputo et altri, Lo Spettacolo Cosmico, Deriveapprodi, Roma, 2006, pag 18 – “L’immane distanza come sublime.”

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esempio Roma dista da Milano un’ora di volo, allo stesso modo possiamo misurare le distanze in anni luce: Sirio dista otto anni dalla Terra, la Galassia di Andromeda oltre due milioni di anni e così via.

A un bambino di 10 anni, lo chiameremo Andrea, possiamo chiedere di immaginare di salire a bordo di una navicella per intraprendere un viaggio che dal Sole tocchi tutti i pianeti del Sistema Solare: il volo tra Sole e Mercurio dura tre mesi, dunque quando raggiungerà Mercurio Andrea avrà dieci anni e tre mesi. Quando Andrea avrà undici anni e sei mesi arriverà sulla Terra. A dodici anni e quattro mesi arriverà su Marte. A diciotto anni su Giove. Su Saturno compirà 25 anni e se vorrà continuare il suo viaggio, Andrea potrà toccare Urano a 40 anni, Nettuno a 56 anni e Plutone a 70 anni.

In conseguenza al carattere finito della velocità della luce e delle enormi distanze, l’occhio vede la stella non com’è nel momento dell’osservazione, ma com’era nel passato. La comprensione di questa proprietà dell’Universo può esemplificarsi con la similitudine di una lettera spedita – che so io – da Cosenza a Canberra, che informa sulla buona salute del mittente, la quale arriva a destinazione quando magari lui sarà già morto.

L’interiorizzazione di questa considerazione provoca, quasi sempre, una stupefatta emozione nello spettatore discente che ci sembra senz’altro assimilabile all’esperienza del sublime o comunque ad un’apertura verso di essa.