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III SUBLIME MATEMATICO E ASTRONOMIA.

F IGURA 3 V ISUALIZZAZIONE DELLA V IA L ATTEA DA DUE DI REZIO NI DIVERSE

V. LA RICERCA SUL CAMPO 5.1 C ARATTERISTICHE DELLA RICERCA

5.4 P ROBLEMATICHE RISCONTRATE

Contrariamente a quanto si possa credere, non è sempre scontato trovare un riscontro positivo da parte delle istituzioni scolastiche, quando si tratta di proporre percorsi abbastanza inusuali.

Si è rivelato un compito arduo, nel corso degli anni, far apparire in un’ottica per così dire “astronomica” l’insegnamento delle scienze. Non solo, il normale metodo d’insegnamento usato per questa disciplina, spesso si riduce a un apprendimento mnemonico tutt’al più accompagnato da disegni o immagini riportate sul libro di testo o, quando va bene, ricavate dalla rete. Paradossalmente si è perduto anche l’antico metodo laboratoriale che – a mo’ di esempio sulla riproduzione delle piante- faceva reidratare un seme di fagiolo nell’ovatta per poi osservare la delicata nuova pianticella affacciarsi alla luce. Mi è capitato, in una classe quarta, di Fuscaldo, una cittadina affacciata sul Tirreno, in provincia di Cosenza, di dover ascoltare una lezione sulla composizione delle parti del fiore: un’alunna che a primo acchito sembrava padrona dell’argomento, alla richiesta di disegnare alla lavagna le parti menzionate (sepali, petali, pistillo ecc..) avesse un blocco totale, a dimostrazione del fatto che usualmente la lezione si impara a memoria dalle pagine di un libro, pur avendo ogni giorno sott’occhi i fiori variopinti della riviera tirrenica.

In quest’ottica credo sia facile comprendere che il nostro modo di fare scuola è totalmente agli antipodi rispetto a quello preso ad esempio.

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Le nostre attività, in un principio deweyano, sono tutte laboratoriali, non si fa “lezione” nel classico modo d’intendere il termine, non si sta seduti quasi mai, si osserva, possibilmente al microscopio trattandosi di una lezione di scienze – come ci è capitato a Cassano ionico, durante le fasi del nostro progetto “Dall’infinitamente piccolo, all’infinitamente grande”, si costruiscono prototipi, miniature, modelli, si usano tutti i materiali a disposizione, anche quelli più impensati, si ride, si gioca e si riflette su un fenomeno ma, soprattutto, non si sta chiusi in aula, se non nei momenti estremamente necessari.

Si scappa fuori, all’aperto, nel luogo scelto ad osservatorio, dove, sera dopo sera, si può scrutare il cielo sempre dallo stesso orizzonte che ci permette di avere gli stessi punti di riferimento.

Le problematiche vere e proprie le troviamo durante il nostro percorso: un cammino scientifico-astronomico presuppone, in vari momenti, la necessità di porsi da vari punti di vista, come accade ad esempio, nel movimento. E qui troviamo spesso il primo ostacolo. Il bambino della scuola primaria già “sa” che il Sole sta fermo e la Terra vi ruota intorno, in una concezione assolutamente contraria alla propria percezione sensoriale.

Alla domanda «Da dove sorge il Sole e dove tramonta?» alcuni bambini di una classe terza, scuola Primaria, di Corigliano Calabro, improvvisano una danza con le braccia, gesticolando, cercando di farmi comprendere il punto esatto con «da

qui» oppure «da lì sotto» o ancora «da lì dietro», indicando un approssimativo

luogo verso la spiaggia ed un altro dal lato opposto per ciò che riguarda il tramonto. Da ciò capisco che il bambino ha la percezione di vedere il Sole in punti diversi durante il giorno, che sorge “da un lato” e tramonta “dall’altro lato”, «…e allora si muove?!» chiedo io, con finta aria perplessa. Silenzio. Ho messo in discussione una loro certezza. I visi si rivolgono all’insegnante di classe: la verità, nel loro modo di pensare, ce l’ha sempre l’insegnante. «Ma no!» (non si mettono in discussione le parole dell’insegnante) «si…forse» ma non troppo convinti.

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Questo è solo un esempio per far capire che esistono, in questo campo, ostacoli determinati da illusioni cognitive e problematiche didattiche. Le difficoltà di comprensione di alcuni fenomeni celesti sono legati, a fattori di percezione, a modelli sbagliati derivanti da ipotesi e teorie passivamente accettate per conformismo e a cui si associano difficoltà di osservazione che vanno dall’inquinamento luminoso, alla mancanza di strumenti adeguati, all’inerzia sociale secondo la quale “guardare il cielo non ha alcun vantaggio pratico”. Se la capacità di astrazione del bambino è limitata, nell’adolescente diventa una “necessità a scopo scolastico” e nell’adulto non esperto nel settore diventa alquanto inutile.

Le maggiori resistenze le ho riscontrate negli argomenti riguardanti le dimensioni dei corpi celesti e le rispettive distanze tra di essi, le caratteristiche relative ai loro movimenti, la natura della luce e la sua propagazione , ma soprattutto sulla capacità di concepire l’enorme distanza che ci separa da essi e, nondimeno, la percezione di essere – noi stessi- minuscoli esseri, su un pianeta non tanto grande, immerso in una galassia fra milioni di altre galassie.

Le grandi distanze e i tempi assai lunghi di osservazione degli eventi celesti ma anche le orbite dei pianeti, la loro danza nel cielo, non sono facilmente percepibili dall’alunno ma questo qualche volta, può essere utile al nostro scopo perché provocano nei discenti sentimenti contrastanti che vanno dalla naturale curiosità per un fenomeno misterioso, al porsi domande per esaudire il proprio bisogno di fare ipotesi e trovare soluzioni “normali” e universalmente accettate ad uno stato dubbioso di esitazione, tentennamento, insicurezza.

L’azione educativa, tenendo conto anche dell’attitudine creata dallo stato di incertezza, può fare nascere degli interrogativi o l’obbligo di accettare soluzioni la cui origine si riferisce ad un punto di vista diverso.

Nella letteratura pedagogico-scientifica troviamo un netto riscontro con quanto appena affermato e, d’altronde, anche le più recenti ricerche sul campo

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effettuate da studiosi di varie università, anche italiane, si trovano a dover confrontarsi con simili ostacoli.

Nicoletta Lanciano, professore all’università di Roma con il suo gruppo di ricerca sulla Pedagogia del cielo, ha effettuato notevoli studi che trovano assonanza con questa. La studiosa, (nella sua tesi di dottorato, presentata a Ginevra nel 1996) sostiene che «una pluralità d’ipostesi e di spiegazioni ci forzano ad accettare dei modelli differenti, da quelli più naїf e più incompleti legate solamente alle emozioni e a quello che noi vediamo. Per compensare la mancanza di logica intuitiva, bisogna aiutare a vedere almeno quanto a ragionare, tenendo presente che nei numerosi aspetti dell’astronomia, bisogna soprattutto lavorare con l’immaginazione, l’intuizione geometrica e il ragionamento. Ma è anche vero che negli alunni di fascia d’età studiati da me, una convinzione unicamente basata sul ragionamento non è ancora possibile, per quanto possa essere possibile negli adulti senza uno sforzo reale»117.

Ma pensare alla Terra e al suo posto nell’universo vuol dire cambiare continuamente punto di vista; questa problematica, propria dell’insegnamento dell’astronomia, riceve una risposta solo se si tiene conto di questa mancanza d’intuizione che può provocare un blocco nel processo di crescita cognitiva dell’alunno. Per cui, sono necessari: un confronto con la realtà e la sua osservazione, azioni e strumenti adeguati, continue operazioni mentali, rapportarsi sempre nel modo più chiaro possibile, usando un registro adeguato al pubblico con cui ci si trova a lavorare.

Di seguito, sono riportate solo alcune delle attività svolte durante la ricerca. Si noterà che il linguaggio è volontariamente molto fluente e discorsivo; questo perché il racconto è riportato direttamente dal diario di bordo redatto durante ogni incontro e alcune discussioni degli alunni sono trascritte dalle registrazioni effettuate.

117 N. Lanciano, L’analisi delle concezioni e l’osservazione in classe: strumenti per la definizione degli obiettivi educativi e delle strategie pedagogiche per l’insegnamento dell’astronomia nella scuola elementare in Italia, Tesi di Dottorato, Ginevra, 1996.

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Lo stile leggero e, forse, poco letterario, non è stato cambiato di proposito, per non perdere quella genuinità che altrimenti resterebbe nascosta sotto una brillante esposizione di termini ricercati.

5.5 S

TRUMENTI

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LABORATORIO E METODO

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