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U N APPROCCIO INTUITIVO ALLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE

III SUBLIME MATEMATICO E ASTRONOMIA.

F IGURA 3 V ISUALIZZAZIONE DELLA V IA L ATTEA DA DUE DI REZIO NI DIVERSE

3.4 L A GEOMETRIA DELLO SPAZIO E LA SUA VISUALIZZAZIONE

3.4.1 U N APPROCCIO INTUITIVO ALLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE

Per favorire una sorta di percezione, grossolana ma immediata, di queste geometrie conviene procedere alla loro costruzione grafica. Se limitiamo la nostra attenzione a una realtà bidimensionale, è agevole riconoscere i tratti propri di queste diverse geometrie, giacché ognuna è esemplificata da una chiara e distinta superficie bidimensionale.

Com’è generalmente noto, una comune lavagna rappresenta solo una parte di un infinito piano bidimensionale euclideo. Linee, cerchi, triangoli e così via, su un’ideale lavagna perfettamente piatta, soddisfanno tutte le relazioni imposte dalla geometria euclidea a due dimensioni.

Tuttavia, l’uso del senso comune ci permette di realizzare che sulla superficie di qualsivoglia sfera vige una diversa geometria. La sfera di per sé è un oggetto solido tridimensionale, posta nello spazio tridimensionale euclideo; ma non v’è dubbio che la superficie della sfera ha solo due dimensioni, come è ben attestato dalla circostanza che l’indirizzo di qualsiasi luogo sulla superficie del nostro pianeta - approssimativamente sferico - è individuato senza ambiguità fornendo solo due informazioni, la latitudine e la longitudine.

Ora, se guardiamo alla superficie sferica in analogia al piano piatto della lavagna, dove, come già notato, possiamo tracciare a piacimento gli enti geometrici euclidei, usiamo questa superficie sferica per dar forma a una delle geometrie non euclidee, precisamente a quella di Riemann, che vieta le rette parallele. Va da sé, che l’uso dell’analogia è possibile solo se precisiamo cosa vuol dire linea retta su una superficie sferica; e a prima vista, le cose sembrano mettersi in modo da escludere questa possibilità su una simile superficie. Infatti, se tentiamo di congiungere due punti posti sulla sfera mediante una linea retta, quest’ultima non giacerà sulla superficie ma penetrerà all’interno; e.g. trattando la Terra come se fosse una sfera perfetta - il che è in verità falso - e collegando con una linea retta i due Poli, Nord e Sud, tra di loro otteniamo l’asse di rotazione del pianeta che passa per il centro e non giace certo sulla superficie. Tuttavia, introducendo una appropriata definizione di linea retta, più generale di quella

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presente negli “Elementi” di Euclide, possiamo finalmente tracciare delle rette su una superficie sferica. La nuova definizione risulta del tutto comprensibile al senso comune; infatti chiameremo retta tra due punti quella che, restando sulla superficie, li congiunge tramite la minima distanza. Definita in questo modo la linea retta sulla sfera, chiamata geodetica dai matematici, ci si accorge subito che essa coincide con uno dei cerchi massimi della stessa sfera. Riferendosi sempre alla Terra si vede facilmente che la linea equatoriale è un cerchio massimo ovvero una linea retta nel senso sopra definito; e lo stesso accade per tutte i meridiani o linee di longitudine. (vedi figura A).

Infatti, ogni piano che passi attraverso il centro della sfera ne interseca la superficie tramite un “grande cerchio” che risulta, appunto, essere una geodetica. Si può facilmente verificare questo assunto utilizzando un filo di nylon teso tra due punti sulla superficie di un mappamondo. I paralleli di latitudine, equatore escluso, non sono, definitivamente, i cammini più corti, le linee rette sopra definite. Essi sono cerchi ma non “ grandi cerchi”. Di conseguenza, se un viaggiatore volesse viaggiare tra due località distanti poste sulla stessa latitudine gli converrebbe, non fosse altro che per risparmio energetico, seguire il percorso delineato da una geodetica, la così detta “rotta del grande cerchio”, divenuta familiare per via dei voli intercontinentali. Questa rotta non segue, conviene ripeterlo, il parallelo di latitudine bensì un cerchio massimo.

Così, per esempio, supponiamo che uno studente cosentino, per sfuggire al tedio brutio e alla dieta mediterranea - che sono a ben vedere la stessa cosa - voglia

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recarsi rapidamente a San Francisco da Lamezia: essendo entrambe le città situate grosso modo sulla stessa latitudine, la rotta seguita dall’aereo, posto che non sia della malconcia flotta Alitalia, sarà quella della minima distanza; sicché il nostro studente, o meglio, l’aereo su cui viaggia, non seguirà il 39° parallelo, ma un cerchio massimo che passa sopra la Groelandia a 62° di latitudine Nord, a mezzo tra il Polo ed il 39° parallelo – se il dubbio provocasse qualche trasalimento nei nostri quattro lettori, sarà sufficiente verificare l’affermazione usando il filo di nylon e confrontando le rispettive lunghezze dei due percorsi (vedi fig B).

Un altro modo ancor più spiccio di costatare che le linee di latitudine non assicurano il percorso più breve è di considerare due punti opposti su quella linea prossima ad uno dei Poli: appare ovvio che per andare da un punto all’altro non conviene seguire un circolo attorno al Polo ma è più ragionevole attraversarlo (vedi figura C).

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Una volta introdotta la linea retta come quella di minima distanza tra due punti, possiamo procedere a definire altri enti geometrici; in particolare le parallele, i triangoli, i cerchi e così via, tutti giacenti su una superficie sferica.

Così, sul piano, chiameremo parallele due o più linee rette che non si intersecano l’una con l’altra. Se, a fini euristici, sostituiamo la solita lavagna piatta con un pallone sferico sufficientemente grande da poter tracciare con un pennarello, sulla sua superficie, gli enti geometrici sopra menzionati avremo una visualizzazione della geometria sferica che ci permette intuitivamente di avanzare alcune conclusioni. Innanzi tutto non vi sono, su detta superficie, due rette parallele perché i cerchi massimi s’intersecano irrimediabilmente tra di loro - i meridiani di longitudine s’intersecano tutti ai due Poli, l’equatore tocca in due punti ogni meridiano, insomma ogni cerchio massimo interseca qualsiasi altro. Siamo qui di fronte ad una geometria che non ammette rette tra loro parallele, una geometria, appunto, non euclidea. Più in generale, i triangoli ed i cerchi disegnati sulla superficie di un pallone sferico presentano proprietà insolite rispetto a quelli che giacciono sul piano della lavagna.

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Così, se tracciamo un triangolo sulla sfera è agevole costatare che la somma degli angoli interni sarà superiore a 180°, in violazione aperta di quanto preveda la geometria euclidea per un triangolo che giaccia su un piano. Si vede anche che la somma degli angoli interni di un triangolo sulla superficie sferica dipende dalla sua grandezza; in altri termini se il triangolo è piccolo, la somma degli angoli sarà assai prossima a 180°, ma se il triangolo è grande, lo scarto può essere notevole –e.g. un triangolo costituito da due meridiani e dalla linea equatoriale compresa tra i due punti di intersezione, presenta una somma degli angoli che è assai maggiore di 180° dal momento che i due angoli all’incrocio tra l’equatore e i due meridiani sono due angoli retti (vedi figura D).

Ancora, se tracciamo un cerchio su una superficie sferica, il rapporto fra la circonferenza e il diametro non sarà c/d = π come nel caso del cerchio sul piano, ma c/d ≤ π – grossomodo perché il diametro per andare da Q a R è costretto a curvarsi per restare sulla superficie sferica (vedi ancora figura C).

Anche in questo caso, la discrepanza tra le due geometrie si accentua con la grandezza della figura. Se ad esempio, prendiamo come cerchio sulla sfera l’equatore e tracciamo il semi-cerchio meridiano che corre da un punto a quello opposto sullo stesso equatore, avremo chiaramente una situazione in cui c/d = 2. I matematici chiamano questa geometria che giace su una superficie sferica, geometria non euclidea a curvatura positiva.

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V’è, ancora, un’altra geometria a curvatura negativa, che è quella trovata da Lobachevsky e Bolyai. La visualizzazione di questa geometria si effettua considerando una superficie a sella o pseudo sfera, che presenta le proprietà di concavità. Qui, per ragioni di spazio, non entreremo nei dettagli e ci limitiamo a notare che con considerazioni del tutto analoghe a quelle fatte per la geometria di Riemann si può costatare che su una superficie a sella (vedi figura E) per un punto esterno ad una retta si possono tracciare infinite parallele; e ancora, che la somma degli angoli interni di un triangolo è inferiore a π, ed infine che il rapporto tra cerchio e diametro è tale che c/d ≥ π.

Abbiamo così presentato tre differenti geometrie con tre curvature: quella di Riemann positiva, quella di Lobachevsky negativa e quella di Euclide nulla92. Si noti che le proprietà sono risultate facilmente visualizzabili perché noi come osservatori siamo in uno spazio tridimensionale, ovvero possiamo guardare il piano, la sfera e la pseudo sfera dall’esterno (vedi figura F).

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Tuttavia, anche per degli esseri bidimensionali, che vivessero sul piano, sulla sfera o sulla pseudo sfera, sarebbe possibile stabilire il tipo di geometria del mondo in cui vivono disegnando dei triangoli e dei cerchi e procedendo alla misu ra della somma degli angoli e del rapporto c/d (vedi figura G).

Come ha scoperto Helmoltz, vi sono quindi due tipi di visualizzazione, una esterna e una interna e tutt’e due conducono agli stessi risultati93. Sicché, sempre seguendo Helmoltz, possiamo ottenere una visualizzazione interna di una superficie a tre dimensioni – questa visione deve essere necessariamente interna perché non è possibile osservare da uno spazio a quattro dimensioni.

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Non ci dilungheremo su questo argomento, limitandoci a concludere che è possibile usare la visualizzazione interna per intuire le proprietà di una superficie tridimensionale a curvatura positiva, nulla o negativa. Lo studio di geometrie diverse da quella euclidea può dare occasione, nelle scuole, di visualizzare la metrica dello spazio astronomico. Questo, non solo nel tentativo di situare a occhio nudo nel cielo notturno, la posizione periferica della Terra nella nostra Galassia; ma soprattutto di un’esposizione qualitativa e intuitiva della teoria del Big Bang (vedi figura H).

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L’idea è di riprodurre, come abbiamo già detto, attraverso l’uso di un grande pallone sferico sul quale sia possibile disegnare triangoli e cerchi, la narrazione del “Big Bang”, come accade per gli antichi miti; si potrà, così, visualizzare l’allontanamento reciproco di stelle e galassie come risultato intuitivo di una struttura geometrica, di tipo Riemann, in espansione (vedi figura I).

Altri risultati dell’astrofisica considerati bizzarri si lasciano intuire attraverso la rappresentazione grafica – e.g. secondo Einstein, la presenza di una stella massiva, modifica lo spazio attorno e, precisamente, lo incurva; si può intuire questo fenomeno a prima vista singolare semplicemente pensando ad un lenzuolo teso, al centro del quale venga posto un oggetto pesante (vedi figura L). In conclusione, abbiamo indicato dei modi di rappresentare alcune raffinate teorie astrofisiche attraverso l’uso intuitivo di geometrie non euclidee.

In fondo, così facendo, abbiamo ripreso l’antica lezione di Talete «che rappresentava con piccole linee le cose più grandi» - e questo tentativo apre quello stretto passaggio che prepara ad esperire il sublime.

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IV. IL CIELO STELLATO COME