4.2 Il dibattito italiano sul cosviluppo 124
4.2.1 L’approccio italiano al win win 127
Nonostante i tentativi di alcuni, dunque, di vedere nel cosviluppo un modo per invertire la relazione sbilanciata tra territori del mondo, anche in Italia molti autori considerano il sistema della migrazione circolare, il quale prevede politiche tese a garantire che la migrazione si svolga secondo il percorso definito dalle tre erre, reclutamento, rimesse e ritorni, quello più adatto a assicurare un “win win”, dei benefici, cioè, ai migranti e ai paesi coinvolti nei processi migratori. Molte ricerche e progetti caratterizzanti il panorama italiano sono fondati su queste premesse, anche se dalla loro analisi risulta chiaro come le risorse e l’impegno maggiore vengano spesi lì dove i soggetti pubblici e privati italiani, in questo caso paese d’arrivo, hanno maggiori opportunità di beneficiarne.
Venturini (2008) affronta in uno studio economico la questione dei benefici derivanti dalla migrazione circolare tra paesi del mediterraneo. La studiosa afferma che questo sistema può essere utile in alcuni casi ma non necessariamente distribuire in modo equo i benefici, per cui suggerisce di sperimentarlo ma accanto ad altre politiche migratorie e di gestione della manodopera straniera: “[…] circular migration must be pursued by sending countries together with destination countries, but only as one among the many employment strategies implemented to increase demand, namely domestic job creation. And traditional “permanent” migration policy would also have to be supported.” (Venturini, 2009).
Anche se Venturini considera esclusivamente gli effetti economici della migrazione circolare, non tenendo conto delle questioni sociali e politiche, ella sottolinea che la migrazione circolare non può essere generalizzata come sistema di scambio di manodopera e gestione dei flussi migratori perché non necessariamente garanzia di benefici per i tre soggetti coinvolti, che cambiano in funzione di molti fattori. Per esempio, per garantire il funzionamento del sistema della migrazione circolare, la studiosa indica come necessari alcuni presupposti: l’efficienza delle agenzie di collocamento e di gestione della manodopera migrante, meglio se pubbliche; l’opportunità di garantire dei “premi” economici a chi fa ritorno nel proprio paese; la garanzia della “portabilità” della pensione; il riconoscimento della doppia cittadinanza per i lavoratori coinvolti.
L’esperienza italiana mostra che il concetto di cosviluppo è utilizzato strumentalmente come possibilità per collaborare con i migranti e con i paesi di origine per gestire la manodopera proveniente da questi ultimi nelle quantità e nei tempi necessari al mercato del lavoro italiano, e, in secondo luogo, come opportunità per internazionalizzare le aziende italiane e aprire nuove possibilità commerciali per i loro prodotti e per nuove opportunità di investimento.
Nasi (in Ambrosini, Berti, 2009), Piperno e Chaloff (2004), parlano per esempio dell’intervento della cooperazione italiana sul tema migrazioni e sviluppo, come strumento di gestione della domanda e dell’offerta di lavoro tra i paesi a forte pressione migratoria e l’Italia. L’esempio riportato dagli autori è quello del progetto IMIS, finanziato dalla cooperazione italiana e implementato dall’OIM. L’IMIS (Integrated Migration Information System), è un progetto dedicato alle migrazioni dall’Egitto verso l’Italia, per migliorare l’incontro nel mercato del lavoro italiano tra offerta e domanda di manodopera e lottare contro la migrazione irregolare. Tra i suoi obiettivi vi è anche quello di incoraggiare la diaspora egiziana ad intervenire nello sviluppo del paese di origine, migliorando le possibilità di invio delle rimesse e di investimento produttivo, nonché la circolazione delle competenze. Oltre che con l’Egitto, esistono degli accordi bilaterali simili tra l’Italia e l’Albania, la Tunisia, la Libia, basati soprattutto sulla gestione dei flussi migratori in arrivo in Italia, i rimpatri e la collaborazione tra le polizie di questi paesi.
Per quanto riguarda il reclutamento dunque, l’Italia sembra essersi allineata ben presto alle restrittive politiche migratorie europee, elaborando una severa legislazione in tema, come è stato precedentemente descritto. Nonostante queste politiche si rivelino spesso inefficaci oltre che disumane e illegali nella loro forma peggiore (quella per esempio dei respingimenti50),
questo approccio è sostenuto anche nella letteratura: “E fondamentale sarà l’attenzione sul controllo dei flussi in ingresso, inteso come primo e indispensabile anello di un’azione volta a favorire un’ordinata e progressiva integrazione sociale dell’immigrato” (Lazzari, in Ambrosini, Berti, 2009:229). “Solo infatti con un
50 Si vedano le dichiarazioni di Laura Boldrini, portavoce della Commissione delle Nazioni Unite peri i
Rifugiati per l’Italia, contro la pratica dei respingimenti in mare messa in opera dal governo Berlusconi:
http://www.carta.org/campagne/migranti/diritto+di+asilo/18094; http://www.stranieriinitalia.it/attualita-
graduale non anarchico inserimento degli immigrati potrà ipotizzarsi una loro dignitosa integrazione, rispettosa dei loro diritti e anche dei loro doveri. […] senza per questo scambiare accoglienza per anarchia, tolleranza per pietismo, integrazione per laissez-faire, multiculturalismo per esasperazione/rinuncia delle proprie o altrui identità e differenze” (Lazzari, in Ambrosini, Berti, 2009:228).
Come affermavamo sopra, la difficoltà di entrare legalmente in Italia spinge molti migranti ad arrivare con un visto turistico per poi cercare di restare ottenendo un visto per lavoro, e anche chi è provvisto di competenze e titoli di studio deve accettare spesso di svolgere mansioni dequalificanti per restare sul territorio italiano in modo regolare. Questo sistema, non previsto in teoria, ma affermatosi nella pratica, va esattamente nella direzione opposta a quella indicata dalle politiche di reclutamento presenti nel paradigma win win. Non valorizza le competenze dei migranti né a beneficio del mercato del lavoro italiano né a beneficio degli stessi lavoratori. Insieme a ciò si deve considerare l’assenza, in Italia, di efficaci politiche di reclutamento di studenti e professionisti stranieri altamente qualificati, a differenza di quanto accade, per esempio, in Inghilterra o negli Stati Uniti (Black, 2004, Wets, 2004, Agunias, 2006).
Riguardo alle rimesse, l’attenzione dei ricercatori, del governo e degli istituti bancari sui flussi monetari che dall’Italia arrivano nei paesi di origine dei migranti, cresce progressivamente. Nelle banche italiane appaiono sempre più numerosi prodotti finanziari dedicati ai migranti, come il “doppio conto”, garantiti da accordi tra banche italiane e quelle dei paesi di origine delle comunità straniere più numerose in Italia. In alcuni casi sono proposti dei servizi dedicati esclusivamente alla clientela straniera con condizioni agevolate di trasferimento di denaro, come la carta pre-pagata, il bonifico internazionale, il trasferimento di rimesse, polizze sul rimpatrio della salma, sconti sui voli verso il paese d’origine, prestiti per il ricongiungimento familiare. Si parla, in questo caso, di social banking51, cioè
della nascita di iniziative finanziarie promosse non solo per aumentare la clientela delle banche, ma anche a favore di una maggiore integrazione economica dei migranti nel territorio d’arrivo. Secondo Ceschi questi strumenti costituiscono una base importante perché i migranti possano avviare attività di cosviluppo: “L’esistenza del doppio conto appare poi
51
particolarmente significativa anche in quanto traduce a livello di servizi finanziari la condizione esistenziale dei migranti, i quali esprimono un doppio livello di appartenenza, di identità e di richiesta di forme di cittadinanza.” (Ceschi, 2003).
Essendo la cosiddetta “bancarizzazione” dei migranti (Rhi-Sausi, 2005) un fatto piuttosto recente, permangono alcune problematiche, come la mancata diffusione di questi servizi su tutto il territorio nazionale, le difficoltà di interazione e di creazione di rapporti di fiducia con alcune comunità di migranti, un basso livello di internazionalizzazione del sistema finanziario in generale, con conseguenti impedimenti che possono sorgere nel rapporto con le banche e gli istituti finanziari dei paesi di origine dei migranti.
Tuttavia le pressioni provenienti sia dal lato della domanda che dell’offerta, sembrano crescere a ritmi elevati: se nel 2003 solo un terzo degli immigrati regolarmente residenti in Italia possedeva un conto corrente presso banche italiane, dopo due anni la proporzione si era quasi raddoppiata. Le previsioni rispetto al futuro sembrano dunque positive, per questo Rhi-Sausi (2005) parla di una crescente acquisizione di cittadinanza economica da parte dei migranti.
Le ricerche compiute in Italia (Frigeri, Ferro, 2006) mostrano una crescita continua del flusso di rimesse verso i paesi di origine dei migranti. Gli immigrati, infatti, in Italia sono mediamente giovani, hanno un’elevata propensione al risparmio, una spiccata vocazione imprenditoriale, un progetto migratorio di lungo termine che crea una domanda specifica di prodotti finanziari.
Per le banche l’interesse è certamente quello di gestire un volume di risparmi maggiore e soprattutto in continua crescita; alcuni sostengono che in seguito alla moltiplicazione e alla diversificazione dei servizi finanziari legati alle rimesse dovrebbe manifestarsi una maggiore concorrenza che garantirebbe benefici per i consumatori, in questo caso i migranti, in primo luogo grazie alla diminuzione dei costi di quei servizi.
Nell’ambito del Progetto InfoEaS “Migranti per lo sviluppo” del Laboratorio Migrazioni e Sviluppo e del Progetto MIDLA, Migration for Development in Latin America, dell’OIM è stato elaborato uno strumento per migliorare la fruizione dei servizi di trasferimento delle rimesse, il sito www.mandasoldiacasa.it, presentato nel novembre 2009 in occasione della Conferenza Internazionale sulle Rimesse organizzata dalla Banca Mondiale e
dal Ministero degli Affari Esteri sotto la Presidenza Italiana del G8. Finanziato dalla cooperazione italiana, il sito si rifà all’esempio di tanti altri – come l’inglese www.sendmoneyhome.org – ed è diretto alla clientela migrante, per permetterle di comparare costi e servizi offerti da banche, poste e operatori di trasferimento di denaro presenti sul territorio italiano.
Secondo Ferro (2010), il sito ha anche un senso didattico, oltre che immediatamente informativo, fornendo informazioni più approfondite sulle possibilità di gestione del risparmio, al fine di collegarlo con le possibilità di investimento attualmente esistenti in Italia e nei paesi di origine. Gli operatori inclusi nel sito sono stati identificati attraverso un’indagine condotta sia tra gli esperti e gli operatori, ma anche tra le comunità immigrate, sull’esempio della metodologia usata per la realizzazione del sito della Banca Mondiale – remittancesprice.org – arrivando ad includere quasi il 60% degli operatori presenti sul mercato, in totale 25 tra poste, banche e privati.
La questione del ritorno, infine, non occupa uno spazio centrale all’interno del dibattito italiano sul cosviluppo, almeno se comparato per esempio, con quanto è accaduto e accade in Francia. Ciò non significa che la letteratura non tenga in considerazione questo aspetto: esso è considerato al pari del reclutamento e delle rimesse come un passaggio indispensabile affinché nel gioco della migrazione non ci siano perdenti. Insito in una politica migratoria fondata sul controllo dei flussi e della sicurezza, anche in Italia il cosviluppo rappresenta uno strumento per giustificare misure di ritorno dei migranti in relazione ai bisogni del mercato del lavoro interno.
Secondo Maria Luisa Gentileschi (2009), però, il ritorno, lungi dall’essere considerato scelta comune a molti percorsi migratori, oltre che momento naturale della migrazione, ha assunto nella letteratura un’accezione solo negativa. Secondo Gentileschi, il progetto migratorio di molti lavoratori migranti, provenienti dall’est Europa e dall’Africa, prevede una permanenza esclusivamente provvisoria in Italia, funzionale a risparmiare un piccolo capitale da investire successivamente nel proprio paese di origine. La studiosa parla di “ritorno sostenibile”, sottolineando la necessità di prevedere anche nelle politiche di cosviluppo italiane l’opportunità di sostenere quei migranti che volontariamente scelgono di ristabilirsi nel paese di origine, ricordando l’esempio dei migranti italiani di ritorno che riuscirono a reintegrarsi con successo negli anni settanta in Friuli
Venezia Giulia. È evidente che ci sono delle differenze – storiche, economiche, politiche – tra quel contesto e quello con cui i migranti presenti in Italia e provenienti dai paesi in via di sviluppo si confrontano nell’investire nelle realtà d’origine; per superare i problemi relativi ai limiti delle aree d’origine, Gentileschi propone politiche di ritorno che sostengano i singoli migranti che decidano di investire non necessariamente nel proprio villaggio di origine, ma, per esempio, in un’area dello stesso paese caratterizzata da maggiori opportunità.