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Il mancato riconoscimento dei migranti e delle loro associazioni come possibili attori di sviluppo nella legge 49 del 1987 che disciplina la cooperazione italiana, impone a tali soggetti un eventuale ruolo di “beneficiari” di progetti di cosviluppo, pregiudicando di fatto una loro partecipazione alla definizione delle politiche di cooperazione, nonostante questa sia riconosciuta oggi come una grande opportunità (Nasi, in Ambrosini, Berti, 2009, Stocchiero, 2007b).

La cooperazione decentrata sembra però aver aperto nuovi spazi di azione per la società civile e dunque anche per i migranti; essa è riconosciuta come “l’azione di cooperazione allo sviluppo svolta dalle Autonomie locali italiane, singolarmente o in consorzio fra loro, anche con il concorso delle espressioni della società civile organizzata, attuata in rapporto di partenariato prioritariamente con omologhe istituzioni dei Paesi in via di Sviluppo, favorendo la partecipazione attiva delle diverse componenti rappresentative della società civile dei paesi partner nel processo decisionale finalizzato allo sviluppo sostenibile del loro territorio”52.

Le istituzioni locali e la società civile rappresentano anche in Italia gli attori più dinamici rispetto alle iniziative di cosviluppo, in cui anche i migranti e le loro associazioni possono trovare spazio. Ciò riflette un quadro disorganico del cosviluppo in Italia: talvolta gli enti locali si affiancano all’azione dei migranti, a volte sono essi a proporre ed orientare gli interventi di cosviluppo. Al nord, dove i migranti sono numericamente maggiori rispetto al sud della penisola, si osserva una maggiore predisposizione delle istituzioni nel prendere in considerazione il cosviluppo all’interno delle

52 Linee di indirizzo e modalità attuative dell'UCD (Unità di Coordinamento per la Coop. Decentrata),

politiche locali. Queste devono rispondere alle nuove esigenze provenienti da una popolazione eterogenea, composta anche da stranieri, e talvolta si accorgono delle potenzialità della presenza dei migranti sui loro territori. Il panorama che si apre dunque è ampio e vario, caratterizzato molto spesso dalla difficoltà finanziaria di portare avanti queste iniziative soprattutto da parte dei piccoli enti. In questi spesso non sono presenti le competenze necessarie per affrontare eventuali progetti di cosviluppo; molti enti non riescono quasi a rispondere alle questioni più urgenti legate alle migrazioni: accoglienza, mediazione culturale, assistenza legale, tutela diritti dei minori.

È ampiamente riconosciuto che, nonostante la crescita delle iniziative di cosviluppo in Italia, esse sono sporadiche e non legate tra loro, anche a causa dell’assenza di un quadro programmatico nazionale (Lazzari, in Ambrosini, Berti, 2009). Nasi (in Ambrosini, Berti, 2009) parla di limiti strutturali per queste iniziative: esse mancano di sostenibilità e continuità, a causa delle scarsissime risorse ad esse dedicate, e soffrono di eccessiva settorializzazione. Secondo la nostra esperienza è all’Unione europea che le istituzioni locali, le ONG e le associazioni si rivolgono, “bypassando” lo stato centrale, per ottenere finanziamenti, osservare cosa accade negli altri paesi, ricercare collaborazioni e partenariati internazionali, consultare gli orientamenti politici rispetto al cosviluppo.

Le regioni italiane che già da alcuni anni si occupano di progetti di cooperazione decentrata riguardanti le migrazioni e lo sviluppo sono il Piemonte, la Toscana, la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia. A queste si affiancano diverse città come Torino, Bergamo, Padova, Modena.

Uno degli esempi più rilevanti, secondo noi, è quello del comune di Milano. In diversi colloqui con Monica Dragone, una delle responsabili dell’ufficio S.O.C.I. (Servizio orientamento Cooperazione Internazionale) del Comune di Milano, l’esperta ha affermato che il dinamismo e l’interesse di chi lavora nella cooperazione decentrata assume un’importanza rilevante in Italia anche a causa di una continua diminuzione dei fondi nazionali assegnati sia a soggetti pubblici che privati, per iniziative legate alla cooperazione internazionale. Il comune di Milano prevede anche all’interno del suo statuto, risalente agli anni novanta, la possibilità di operare per la cooperazione europea e internazionale, e a questo scopo ha creato l’ufficio S.O.C.I., che oltre a costituire un esempio per molte altre istituzioni locali

italiane, negli ultimi anni interviene direttamente per sostenere le associazioni di migranti in interventi di cosviluppo. Grazie anche alla spinta della comunità senegalese in Lombardia il comune di Milano ha, per esempio, rinnovato il gemellaggio con la città di Dakar, segnale di un interesse per collaborare con i migranti a cavallo tra le due realtà, anche in vista dell’Expo 2015, che sarà ospitata nel capoluogo lombardo. Dal 2004 ha sostenuto il programma MIDA e lavorato con la comunità senegalese, ed in

seguito patrocinato il progetto “Fondazioni4Africa”53. Dal 2007 propone un

bando annuale per finanziare direttamente iniziative di cosviluppo, ispirato, secondo Ferro e Mezzetti (2008) dall’analisi delle esperienze di altri comuni europei come Parigi, Madrid e Rotterdam.

Anche nel 2009, il comune di Milano ha emanato un bando per la presentazione di progetti di cosviluppo mettendo a disposizione di associazioni di migranti, di cooperazione e di volontariato presenti in Lombardia 1.500.000,00 euro. I fondi, assegnati ai progetti presentati dalle associazioni con provata esperienza sul campo rispetto alle migrazioni e lo sviluppo, sono stati destinati ai progetti di cosviluppo che prevedevano il protagonismo dei migranti (nella gestione del progetto ma anche nel contributo finanziario) un approccio transnazionale (intervenendo in Italia ma anche nei paesi di origine dei migranti) e un “denso” partenariato con soggetti istituzionali e no-profit a livello locale. Questo bando è il risultato del dialogo che gli stessi migranti presenti in Lombardia hanno intrapreso con le istituzioni locali che hanno riconosciuto le potenzialità presenti in loco. Anche gli obiettivi del bando, rivolti allo sviluppo comunitario, alla microimpresa, alla canalizzazione delle rimesse, al rinforzamento delle capacità associative dei migranti, rispecchiano in parte le istanze delle associazioni presenti nella regione.

Se fino al 2007 il comune di Milano aveva lavorato sul cosviluppo principalmente con la comunità senegalese, attraverso programmi europei o nazionali, il bando sul cosviluppo è ormai aperto a tutte le comunità di stranieri presenti in Lombardia. La risposta (Ferro, Mezzetti, 2008) al primo bando, tra il 2007 e il 2008, è stata massiccia da parte delle associazioni africane (Senegal 27%, Marocco, 6%, Somalia, 4%) affianco a quella delle associazioni latino-americane, tra cui spiccavano quelle peruviane, mentre

debole è stata la partecipazione delle comunità asiatiche, presenti tuttavia in modo rilevante in città e nella regione. Nel bando successivo si è cercato dunque di coinvolgere maggiormente queste comunità con incontri creati ad hoc. Un dato che ci sembra comunque importante da sottolineare è quello che riguarda i 10 progetti approvati: la metà di questi aveva come soggetto proponente una ONG o una associazione italiana. Questo dato non deve essere per forza interpretato in modo negativo, ma rivela se non altro una scarsa capacità delle associazioni dei migranti di organizzarsi attorno ad un progetto che possa rientrare nei criteri previsti in questo caso dal comune di Milano; le ONG, più avvezze nel presentare progetti e nel costruire dei partenariati di valore sono evidentemente più avvantaggiate, e il rischio è la strumentalizzazione delle associazioni dei migranti.

Rispetto a questo, Lacroix (2009) parla di marchandage du codéveloppement in Italia, Spagna e Francia, lasciando intendere un ruolo “ingombrante” delle Organizzazioni Non Governative come intermediarie tra le associazioni dei migranti e i poteri pubblici che erogano i finanziamenti per i progetti di cosviluppo; in parte ciò è dovuto, secondo l’autore, proprio alla debolezza delle associazioni dei migranti.

In particolar modo in Italia, egli suggerisce che ci sono diversi modi in cui le associazioni di migranti si inscrivono nelle iniziative di cooperazione, e queste differenze ne condizionano il protagonismo a favore di quello delle ONG: “Il existe trois grandes catégories d’acteurs : les individus investisseurs, les associations villageoises expatriées et les associations mixtes regroupant migrants et non migrants. L’insertion de ces dernières dans les dispositifs de cofinancement est généralement meilleure pour ces dernières étant donné la pluralité de leurs compétences et la qualité de leurs réseaux, ainsi que les garanties qu’elles offrent en matière d’objectif d’intégration. A l’inverse, les associations villageoises ont souvent un fonctionnement relativement fermé et sont moins à mêmes de mobiliser différents types de capitaux pour réaliser leurs projets. Le faible niveau d’organisation des associations de migrants apparaît donc comme une condition importante mais insuffisante pour expliquer cette intermédiation des ONG.” (Lacroix 2009 :34).