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La cooperazione italiana non ha promosso direttamente programmi di

cosviluppo fino al 200866, ha però raccolto delle proposte progettuali

provenienti da diversi soggetti, come le organizzazioni non governative o le grandi agenzie internazionali, e le sostiene finanziariamente. In questo senso vi è una collaborazione molto intensa sulle tematiche della migrazione e dello sviluppo tra la Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che ha riguardato per esempio la nascita in Italia del programma di cooperazione allo sviluppo MIDA Ghana-Senegal con alcuni paesi africani. Come già affermavamo nel secondo capitolo, il MIDA, Migration for Development in Africa, è una strategia generale lanciata dall’OIM nel 2001 con l’obiettivo di favorire il trasferimento di risorse e competenze della diaspora africana verso i rispettivi paesi d’origine, e fa parte di un insieme di programmi proposti dalle organizzazioni internazionali formulati a partire dai presumibili benefici della migrazione circolare. Il MIDA è stato lanciato in diversi paesi europei con programmi diversi, diretti ognuno verso diversi paesi africani e con obiettivi specifici differenti. Avevamo messo in rilievo, nel caso del MIDA, l’intento di trasformare in maniera generalizzata le rimesse da espressione monetaria o materiale degli affetti e dei rapporti sociali dei

66 Nel paragrafo successivo verrà descritto il programma PLASEPRI, primo esempio di programma di

migranti in strumenti di valorizzazione del capitale e mezzi di allargamento del processo di circolazione ed accumulazione dello stesso.

Il programma MIDA Ghana/Senegal è promosso dall’OIM con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri, attraverso la DGCS. Esso si propone di stimolare l’interesse e le potenzialità degli immigrati provenienti da questi due paesi dell’Africa sub-sahariana in Italia per lo sviluppo dei loro paesi d’origine. La scelta dei due paesi è legata alla forte presenza in Italia della diaspora senegalese e di quella ghanese. Il programma ha fornito parte degli strumenti finanziari e operativi per la realizzazione di progetti di sviluppo orientati verso le comunità d’appartenenza dei migranti. Nel Convegno per la presentazione del primo bando del MIDA Ghana/Senegal,

tenutosi il 20 Novembre 2006 a Roma, Alain Giorgio MariaEconomides, in

qualità di direttore della DGCS, sottolineava che il programma costituiva la prima esperienza concreta di co-sviluppo italiano. Tana Anglana, responsabile del MIDA-Italia, afferma che il MIDA è un grande “contenitore” per progetti di cosviluppo, che riguardano ormai non solo i paesi africani: è in avvio il MIDLA, diretto ai migranti latino-americani, mentre è già in corso di implementazione un MIDA specifico per le donne africane, il MIDA forWomen.

Il programma è stato rivolto agli immigrati e alle loro associazioni, alle ONG, alle associazioni di categoria, alle amministrazioni locali italiane e africane, ai privati (soprattutto aziende italiane, africane e transnazionali), alle università e ai centri di ricerca, agli istituti finanziari. Svolto in collaborazione con i governi del Ghana e del Senegal, il programma ha identificato tra i settori prioritari d’intervento la trasformazione dei prodotti agricoli, il turismo sostenibile e le tecnologie dell’informazione e comunicazione.

Tra i suoi obiettivi MIDA Italia prevedeva di favorire la nascita di piccole e medie imprese in Italia e nel paese d’origine degli immigrati, promuovere join-ventures tra imprese o progetti italiani e africani con particolare attenzione alle attività di import/export, incoraggiare l’utilizzo di pacchetti finanziari favorevoli al trasferimento delle rimesse attraverso i canali formali, elaborare strategie per una migliore capitalizzazione dell’esperienza dei migranti, collegare le varie iniziative dei migranti presenti in Italia al fine di rafforzarle.

Questi obiettivi si collegano a quelli del Millennio per lo Sviluppo enunciati dalle Nazioni Unite. Le attività previste avrebbero dovuto essere sostenibili nel tempo e a carattere sociale; mobilitare risorse e capacità dei migranti e dei diversi soggetti presenti sul territorio, oltre a quelle pubbliche, al fine di ridurre la dipendenza da risorse esterne; costruire una massa critica significativa di risorse e capacità ed essere sostenute da campagne pubblicitarie d’impatto.

Il CeSPI, Centro Studi di Politiche Internazionali, ha svolto l’attività di ricerca relativa al programma, identificato gli attori coinvolti e monitorato le iniziative; l’OIM di Roma ha gestito il programma in collaborazione con gli uffici dell’OIM di Accra e Dakar.

Durante i primi sei mesi del programma sono stati animati degli incontri e dei seminari in dieci città italiane per comprendere l’interesse e le potenzialità delle associazioni dei migranti provenienti dal Ghana e dal Senegal. Accanto a questi hanno partecipato anche rappresentati di enti locali e ONG. In seguito ai bandi proposti la risposta è stata rilevante: 56 proposte di progetto sono pervenute da individui e/o associazioni senegalesi e 26 da ghanesi67.

Molti progetti presentati, il 59%, erano dedicati al settore agricolo, il 12% alla trasformazione di prodotti locali, il 10% alle nuove tecnologie, il 6% all’energia, il 4% all’educazione e il 5% allo sviluppo rurale; solo l’un per cento invece si concentrava nel settore delle costruzioni e altrettanto nel turismo (OIM, 2007). Tana Anglana sottolinea come molte di queste iniziative progettuali avessero dimostrato la capacità di mobilitare dei partenariati così come richiesto dal bando: in Italia, su 82 progetti erano stati istituiti 93 partenariati con enti locali, cooperative e organizzazioni della società civile, ONG e soggetti privati, nei paesi d’origine erano stati sottoscritti 135 partenariati con soggetti simili. Su 82 proposte di progetto, 5 sono state approvate per essere realizzate in Ghana e 7 in Senegal, e finanziate in media con 20.000 euro in forma di dono, garantendo l’assistenza tecnica per la definizione dei business plans e l’accompagnamento durante le fasi iniziali del progetto. Quasi tutti i progetti riguardavano l’agricoltura e/o la trasformazione di prodotti agricoli, anche se diversi hanno legato queste

67 I dati citati in questo paragrafo sono stati reperiti presso gli uffici dell’OIM di Roma, grazie alla

disponibilità della dott.ssa Tana Anglana; ancora non è stata effettuata nessuna valutazione ufficiale del programma MIDA Ghana/Senegal.

attività con il turismo o l’allevamento. Alle associazioni dei migranti e alle istituzioni locali partners era richiesto un cofinanziamento (almeno per il 15% dell’intero costo del progetto) ed altrettanto ai privati che partecipavano (anche in questo caso, per il 15% minimo). La cooperazione italiana ha sostenuto il programma MIDA mettendo a disposizione una parte dei 600.000 euro totali del programma.

I beneficiari del sostegno del MIDA sono migranti appartenenti alle due diaspore che risiedono al nord e al centro Italia: nessuna iniziativa proviene da migranti o loro associazioni presenti al Sud. Prima di iniziare le attività, il programma ha proposto due corsi di formazione di 10 giorni in Ghana (con 17 partecipanti) ed altrettanti in Senegal (con 18 partecipanti) per i beneficiari diretti e i loro partner locali incaricati della gestione dei progetti. Nonostante la breve durata, i corsi hanno trattato molte tematiche, relative alle procedure di avvio di un’impresa, lo sviluppo di un business plan, la mobilitazione di risorse, l’accesso al credito, la gestione tecnica e finanziaria, la sostenibilità d’impresa. Ad ogni partecipante è stato affiancato un tutor che ha continuato a seguire le pratiche per l’avvio dell’attività anche dopo la fine del corso.

Secondo David Appiah68, project manager per l’OIM di Accra, che ha

seguito lo sviluppo dei progetti in Ghana, ci sono stati alcuni problemi che hanno impedito alle iniziative di superare la fase di start-up.

Secondo la sua esperienza, riferita dunque all’esperienza ghanese, il primo riguarda la difficoltà di accesso al credito per i piccoli imprenditori: anche se le associazioni si organizzano, non riescono a trovare in loco altri capitali necessari per continuare le loro attività, e ciò, secondo Appiah, ha pregiudicato il buon esito di molti progetti che l’OIM ha sostenuto. Le persone coinvolte nei progetti come controparte locale, inoltre, non si sono rivelate capaci di condurre le attività: ciò non dimostra necessariamente una mancanza di competenze, ma, in parte, una mancanza di esperienza, che non è stata colmata con i brevi corsi proposti dall’OIM. La popolazione locale, nonostante i diversi partenariati che i migranti avevano proposto, non è stata coinvolta nei progetti. Secondo l’addetto dell’OIM, ci sarebbe stato bisogno di uno staring committee, per coordinare i leaders locali e coinvolgere meglio le popolazioni in loco e le istituzioni, che in pratica sono rimaste al margine

delle iniziative, non collaborandovi, a scapito innanzitutto dei progetti stessi. Una collaborazione più stretta con i soggetti locali avrebbe potuto favorire una migliore presa in considerazione delle iniziative dei migranti nelle politiche locali e nazionali per lo sviluppo, ampliando il numero dei beneficiari.

Non possiamo ancora misurare con precisione gli effetti del programma MIDA Ghana/Senegal, a causa dell’assenza di una valutazione organica del programma e di dati esaustivi riguardanti i 12 progetti. Per quanto riguarda il Ghana, a parte Ghanacoop, Appiah ci ha riferito gli altri quattro progetti non sono riusciti a superare le fasi iniziali e proseguire le attività. Nel caso del Senegal invece, alcune delle sette iniziative sono ancora attive, per esempio Defaral sa Bopp dell’associazione Sunugal, le 3T dell’associazione Takku Ligey e Senitalia.

Neanche chi si è occupato in prima persona del programma, dunque, è convinto che questo sia riuscito a soddisfare gli obiettivi che si era posto, come mi hanno confermato Tana Anglana e David Appiah. Tra i suoi obiettivi vi era favorire la nascita di imprese sia in Italia sia nei paesi di origine, rendere queste iniziative sostenibili nel tempo e orientarle espressamente verso lo sviluppo economico e sociale delle comunità di appartenenza, sostenendo la formazione di capitale umano e riducendo la dipendenza da risorse esterne. Il programma avrebbe dovuto quindi almeno prendere in considerazione i problemi esistenti, come quello dell’accesso al credito e capire come coinvolgere fin da subito le popolazioni locali.

Secondo Pietro Bucci, ex coordinatore del GPSDF69 ed esperto di

cooperazione, il MIDA ha avuto scarsi risultati in Ghana. Nonostante gli obiettivi del programma fossero molto ampi ci sono stati alcuni errori nella sua gestione, come una scarsa rilevanza del ruolo della sede locale ghanese dell’OIM, che avrebbe dovuto essere il cuore del programma nel paese, a favore di una centralità di quella italiana. Il risultato, secondo Bucci, è il mancato coinvolgimento dei soggetti più importanti sul territorio ghanese: le istituzioni locali, i leader delle comunità, i giovani. Le risorse spese tra l’Italia ed il Ghana non hanno dato priorità alle necessità del contesto locale del secondo, i progetti sono stati avviati ma spesso non hanno avuto seguito perché non concepiti in modo da essere realmente radicati e sostenibili.

69 Il programma della cooperazione italiana in Ghana è descritto nell’ultimo paragrafo di questo

Dalle analisi portate avanti nella nostra ricerca, il programma è

riuscito a stimolare le organizzazioni delladiaspora ghanese e senegalese ad

intervenire nel proprio paese d’origine, ma nella maggior parte dei casi i progetti non sono riusciti a coinvolgere le comunità locali; non hanno avuto una capacità finanziaria sufficiente a superare i primi anni di attività né la capacità di mobilitare nuovi finanziamenti; non hanno prodotto un impatto in termini di risorse umane capace di assicurare il seguito delle iniziative e/o favorirne la nascita di nuove.

La comparazione delle due esperienze inserite nel MIDA, quella di Ghanacoop e di Defaral Sa Bopp, nei successivi capitoli, ci permetterà di cogliere altre considerazioni rispetto al programma.

4.6 Il PLASEPRI (Plateforme d’appui au secteur privé) e il GPSDF (Ghana