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Archeologia del pneu/ma: visioni e viaggi celesti

2.4 Lo “spirito” e l’estasi: storia di una visione

2.4.3 Archeologia del pneu/ma: visioni e viaggi celesti

Probabilmente preparato e guidato, quindi, da preghiere di invocazione e attesa o inni, forse anche da altri fenomeni di contatto con il divino in corso, Giovanni entra in quello stato che riconosce come e chiama pneu/ma. Se dobbiamo pensare al dei/pnon in un edificio chiuso come alla cornice liturgica dell’esperienza191, il trapasso (evgeno,mhn) nella nuova condizione si consuma in un radicale oscuramento della percezione dello spazio circostante: fenomeni auditivi, più o meno articolati e distinti (1, 10.17; 2, 1 – 3, 22) e apparizioni bianco-luminose, anche intense (1, 14- 16)192, si riorganizzano intorno ad un centro vagamente localizzato dietro il veggente e interpretato come “un simile ad un figlio d’uomo” in mezzo a sette lucerniere dorate, ognuna con un proprio to,poj (1, 10: ovpi,sw mou; 1, 12: kai. evpe,streya ble,pein th.n fwnh.n h[tij evla,lei metV evmou/( kai.

evpistre,yaj ei=don e`pta. lucni,aj crusa/j kai. evn me,sw| tw/n lucniw/n o[moion ui`o.n avnqrw,pou; 2, 5), e su di un suolo, una superficie alquanto indeterminata (1, 17: e;pesa pro.j tou.j po,daj auvtou/; 2, 1: o`

peripatw/n evn me,sw| tw/n e`pta. lucniw/n tw/n crusw/n). Percezioni ordinarie e non ordinarie si fondono inscindibilmente nel dare forma alla figura che è apparsa. Da una posizione possibilmente distesa o seduta193, Giovanni ricorda di aver sentito il proprio corpo – forse già “pneumatico” –

girarsi (1, 12) e poi crollare a terra (1, 17) e sperimentare sensorialmente la realtà altra che gli si è dischiusa, non ultimo anche per via tattile (ibid.: kai. e;qhken th.n dexia.n auvtou/ evpV evme,). L’improvvisa percezione della vicinanza del sacro e della sua vivida esistenza lo terrorizza fino all’impotenza e al collasso (ibid.).

190 Vedi anche Aune, Setting, in particolare, 178-179, e Thompson, Revelation, 71-73. Più esitante Norelli, Profetismo, 239.

191 Smith, Symposium, 176-177 e 181-187, e Horbury, Cena pura, in particolare, 242-250 e 258-261, argomentano convincentemente per la diffusione di questa pratica nelle evkklhsi,ai di Gerusalemme e della Giudea, Antiochia e Siria, Galazia, Frigia, Corinto, Africa e Roma. Per le attestazioni tra i gruppi di seguaci di Gesù in Asia Minore durante i primi due secoli, vedi At 20, 7.11; Ef 5, 18-19 e Col 3, 16, in parallelo con l’istruttiva interpretazione di Clemente Alessandrino in Paed. 2, 43, 1-3; Plinio, Epist. X, 96, 7; Ireneo, Adv.haer. 1, 13, 4. Tanto Ef e Col che Ireneo mettono più o meno esplicitamente in luce la frequenza di episodi estatici nello svolgersi del banchetto (cfr. Filone, De vit.cont., 83-88, e Plutarco, Quaest.Conv. 713a), su cui si rivelano utili anche le pagine di M.Klinghardt, Gemeinschaftsmahl und Mahlgemeinschaft, Soziologie und Liturgie frühchristlicher Mahlfeiern, Tübingen/Basel 1996 (TANZ 13), 200-216 e 343-351. Per l’Apocalisse stessa, il culto sacerdotale della Gerusalemme celeste e l’esperienza liturgica della visione del volto di Dio (22, 3-4; cfr. 19, 7-8 e 21, 2.9) realizzano il dei/pnon escatologico promesso a più riprese (cfr. 2, 17; 3, 20; 19, 9), segno evidente che, anche nell’immaginazione di Giovanni, le due forme culturali si sovrappongono e coincidono. Cfr. H.Lichtenberger, Die Mahlmetaphorik in der Johannesapokalypse, in C.Grappe (a cura di), Le Repas de Dieu. Das Mahl Gottes, Tübingen 2004 (WUNT 169), 227-252, in particolare, 244-250. 192 Cfr. F.D.Goodman, art. Visions, ER 15 (1987), 282-288, in particolare, 283, e Pilch, Visions, 20-21 e 71-72.

193 Sono queste le due posture normalmente previste dalle regole simposiali (cfr. Luciano, Symp. 13), vedi Lampe, Herrenmahl, 190-191, e, soprattutto, Smith, Symposium, 24-27 e 178.

Il meta. tau/ta di 4, 1 segna un primo stacco temporale194. Il punto di orientamento costituito dal “simile a un figlio d’uomo” scompare, le pareti si aprono, lo spazio già indistinto si dilata fino ad essere trasceso: sullo sfondo appare il cielo e una porta aperta, il mondo celeste che rivela e attira. Giovanni deve essere ancora “in spirito”, tanto più che l’audizione si ripete ed è la stessa voce di prima ad accompagnarlo fuori di sé. Eppure, come se già non lo fosse, entra di nuovo, euvqe,wj, scrive, evn pneu,mati, e sale al cospetto del trono divino (4, 1-2)195. Sospetto che qui Giovanni stia

cercando di descrivere una seconda fase, più profonda forse, della sua trance, in cui il passaggio nello stato di pneu/ma sia stato vissuto come immediata e netta percezione del proprio separarsi dal corpo e del salire in cielo, intrapreso in quella stessa dimensione o esistenza di pneu/ma ancora individuata come sé. Non penso a due esperienze separate e distanti, quanto piuttosto, sì, a due momenti successivi e progressivi della stessa. Si guardi ancora all’Ascensione di Isaia: dopo le parole di verità e di fede pronunciate da Isaia ed Ezechia, viene udita una porta aprirsi e la voce dello Spirito, che inizia a manifestarsi nell’ispirazione profetica di Isaia, seduto sul letto. Poi, improvvisamente, Isaia tace, ha gli occhi aperti, ma non vede, può solo respirare: sono subentrate trance, visione, ascesa (6, 6-14 e 7, 2-9). Così Giovanni: in un primo momento, il suo stato di dissociazione è più leggero, e Giovanni vede, ascolta, si muove evn pneu,mati, già quindi probabilmente ad un livello non fisico e comunque svincolato dalle funzioni corporee196, successivamente, nel varcare la porta aperta, il passaggio intravisto tra la realtà quotidiana e l’altra realtà, la trance acquista profondità197. Oltre la porta, i contorni di luce, incandescenza, candore, immensità che, nella immaginazione culturale di Giovanni, delineano il mondo divino e gli esseri che lo abitano e che incontrerà, sinesteticamente intrecciati ad audizioni di musica, voci, canti, inni che sfidano l’orecchio ed il linguaggio umani a coglierne ed esprimerne la grandezza (4, 2 e ss. e

passim)198. Nella loro “oggettività” e realtà, percezioni e figure (l’agnello sgozzato a sette occhi, il drago, la donna vestita di sole, la bestia che sale dal mare) continuano a sfumare tra ordinario e non

194 Meta. tau/ta e il suo equivalente meta. tou/to articolano qui come altrove lo snodarsi interno delle visioni (cfr. 7, 1.9; 15, 5; 18, 1; 19, 1), senza peraltro sembrar presupporre eccessiva soluzione di continuità tra l’una e l’altra.

195 Su questa strana ripetizione, le difficoltà che ha sollevato e le soluzioni proposte per risolverle, vedi rassegna e discussione in Aune, Revelation 1-5, 283-284.

196 Notevole come, nel suo racconto, anche Isaia tenda a sincronizzare il primo annuncio profetico e la visione dell’angelo, che lo prende per mano, ci dialoga e fa per condurlo attraverso i sette cieli, quando o ancora Isaia parla – eppure gli astanti non vedono nulla – o già tace e rimane immobile – eppure il popolo è ingannato da ciò che vede e pensa che il profeta sia morto (cfr. AI 6, 6-8.14 e 7, 2-5). Mi sembra chiaro che il discorso, per avere una logica, vada spostato e compreso su un piano non corporeo.

197 Cfr. le annotazioni di J.Clottes – D.Lewis-Williams, Schamanen. Trance und Magie in der Höhlenkunst der Steinzeit, Sigmaringen 1997 (ed.orig.: Les Chamanes de la Préhistoire. Transe et Magie dans le Grottes ornées, Parigi 1996),14-17 e 26-27, e Pilch, Visions, 18-19 e 69-77, con ampia bibliografia.

198 Nell’Ap, l’aggettivo me,gaj “come i termini a radice rb in certa letteratura mistica di area semitica, probabilmente definisce una qualità sovrumana, spirituale del sostantivo cui si riferisce. «Grande» indicherebbe l’estraneità dell’oggetto alla sfera della fisicità o dell’umanità” (Lupieri, Apocalisse, 114).

ordinario, gli spazi a ridefinirsi nella estensione stessa del ko,smoj199, il senso del tempo e delle sue connotazioni accelera vertiginosamente e sbiadisce nell’atemporalità200, scandita semplicemente dalle esperienze che si succedono ed estendono episodicamente: la ricorrenza di espressioni formulari, quali kai. shmei/on me,ga w;fqh evn tw/| ouvranw/| nelle sue varianti (12, 1.3 e 15, 1), e kai. avph,negke,n me evn pneu,mati (17, 3 e 21, 10), può segnalare non solo semplici cesure letterarie nella struttura del testo Apocalisse201. In linea con queste considerazioni, rimanderebbe piuttosto a una pluralità o intensificazione avvertita di “fatti”, che, dispersi temporalmente, la redazione compatta e re-innesta sul continuum interpretativo del progetto che la presiede202. Quantomeno significativi sembrano essere i due spostamenti di Giovanni sempre evn pneu,mati, il primo eivj e;rhmon (17, 3), il secondo evpi. o;roj me,ga kai. u`yhlo,n (21, 9), nell’esplorare anche la geografia terrestre della trance sull’isoletta dell’Egeo. Di pari passo con la familiarità con lo stato, cresce la presenza di Giovanni, ora parte integrante delle visioni, cresce la sua capacità di comunicare con gli abitanti dell’altra realtà, fino a scambiare battute (7, 13-14) o interagire direttamente con loro (10, 8-9), e la scala delle emozioni si fa ampia e variabile, dal pianto dirotto (5, 4: kai. e;klaion polu,) allo stupore grande (17,6: kai. evqau,masa ivdw.n auvth.n qau/ma me,ga), e di nuovo al timore, reverenziale questa volta (19, 10 e 22, 6), passando per le sensazioni, più “fisiche”, di intensa dolcezza (10, 10: w`j me,li gluku.) e amarezza di stomaco (ibid.: evpikra,nqh h` koili,a mou).

Sulle ultime parole dell’angelo, la rivelazione si chiude, Giovanni si limita ad aggiungere i saluti finali di prammatica nella stesura di una lettera (Ap 22, 20-21). Non sappiamo dopo quanto e come Giovanni sia ritornato in sé e abbia terminato la trance, il suo resoconto si interrompe non appena tutta l’informazione ottenuta è stata convogliata e comunicata per iscritto.