• Non ci sono risultati.

2.3 Il linguaggio della rivelazione

2.3.4 Una comparazione

Il formulario giovanneo, in tutta la sua densità, quasi criptica, non rimane una interpretazione o teoria culturale isolata. Alcuni paralleli, nelle loro corrispondenze, possono aiutarci a ricostruirne e ridefinirne la complessità. In 1 En 70, 1 – 71, 3 (siamo probabilmente intorno alla seconda metà del I sec.a.C.), “nome”, “io” e “il mio spirito” si alternano come soggetto della ascensione nei cieli: “e dopo queste cose accadde che il mio spirito fu portato via e salì su nei cieli. Io vidi i figli degli angeli camminare su fiamme di fuoco, e i loro indumenti bianchi, e le loro vesti e la luce del loro volto come neve. E vidi due fiumi di fuoco e la luce di quel fuocobrillava come giacinto e caddi sul

mio viso al cospetto del Signore degli Spiriti. E l’angelo Michele, uno degli arcangeli, mi prese per la mano destra e mi alzò e mi guidò […]. E caddi sul mio viso e tutto il mio corpo si sciolse e il mio spirito fu trasformato e gridai a gran voce nello spirito di potenza e benedissi e lodai ed esaltai. E

queste lodi che uscirono dalla mia bocca furono gradite al cospetto di quel Capo di Giorni” (71, 1- 3.11-12)140.

Nell’arco di circa tre secoli e mezzo dopo, tre testi, tre gruppi di seguaci di Gesù.

L’Ascensione di Isaia (seconda metà I – inizi II sec.d.C.) descrive la trance del profeta come innalzamento da lui dell’intelletto (probabilmente dialogismo,j, nell’originale greco perduto) o della sapienza di questo mondo (6, 10-11.17). Isaia, liberatosi temporaneamente dalla carne straniera (8, 11.14.27; 9, 5), viene preso per mano dall’angelo con cui ha il potere di parlare, nonostante la sua bocca taccia (6, 11 e 7, 3), e condotto fino al settimo cielo. La “gloria del suo volto” man mano si trasforma (7, 25), lui si spaventa e trema (9, 1), fino a giungere alla contemplazione di Dio: “e vidi una Gloria grande, essendosi aperti gli occhi del mio spirito” (9, 37)141.

Nelle Odi di Salomone (prima o seconda metà del II sec.d.C.), ad essere elevati si succedono il cuore, le membra rafforzate e il corpo guarito (18, 1-3), e l’“anima-io”, a mani stese (35, 7), oppure che passa davanti al volto di Dio, dopo aver rivestito un corpo di luce (lett. “e furono a me membra alla mia anima [o a me stesso]”), e senza essere ormai più afflitta da dolore, afflizione o sofferenza (18, 2-4.6; cfr. anche 11, 11-23; 36, 1-6; 38, 1-2)142.

L’Apocrifo di Giacomo (II-III sec.d.C.) si chiude sull’esperienza non completa di un viaggio celeste di Giacomo e Pietro: “Dopo che ebbe detto queste cose (scil. Gesù), se ne andò, ma noi

140 Traduco da S.Uhlig, Das äthiopische Henochbuch, Gütersloh 1984 (JSHRZ 5/6), 631-633.

141 Traduzione del testo etiopico di E.Norelli, in P.Bettiolo – A.Giambelluca Kossova – C.Leonardi – E.Norelli – L.Perrone, Ascensio Isaiae. Textus, Commentarius, Indices, 2 voll., Brepols – Turnhout 1995 (CC.SA 7-8).

142 Testo siriaco in H.H.Charlesworth, The Odes of Solomon, Missoula 1977 (TT 13; PS 7) (la traduzione è mia). Commenta D.E.Aune, The Odes of Solomon and Early Christian Prophecy, NTS 28 (1982), 435-460: “For the Odist [...] prophetic inspiration involves the (temporary) cessation of mortal weakness and corruption, a notion very similar to a very popular Greek theory of divine inspiration which viewed the physical body as a hindrance to the inherently prophetic powers of the soul” (438). Cfr. Plutarco, De def.orac. 431d-432f e Filone, De migr.Abr., 190-192.

piegammo le ginocchia, io e Pietro, e ringraziammo e inviammo il nostro cuore (hyt) su in cielo e

udimmo nelle nostre orecchie e vedemmo nei nostri occhi […]. E quando passammo oltre quel

luogo, inviammo la nostra mente (nouc) più su e vedemmo nei nostri occhi e udimmo nelle nostre

orecchie […]. Dopo queste cose, volemmo ancora inviare il nostro spirito (pneuma) in alto, ai piedi della Maestà ma quando salimmo non ci fu permesso di vedere o udire nulla” (15, 6-25)143.

Concezioni simili trovano spazio anche nelle istruzioni per intraprendere un viaggio celeste (ouvrano.n bai,nein) e ottenere un oracolo (crhsmo,j), contenute nel grande papiro magico di Parigi (PGM IV, 475-750; IV sec.d.C.). Queste dimostrano ancora una volta come sotto i testi letterari, a cui per lo più ci siamo limitati144, si possa e si debba intuire il profilo di pratiche diffuse che si traducono in interpretazioni culturali e linguaggio simili, quando non comuni: nel nostro caso, si prescrive una purificazione preparatoria perché, in uno stato temporaneo di santità th/j avnqrwpi,nhj yucikh/j duname,wj, la natura umana corruttibile stia ferma (evsta,nai). Solo così ciò che ad un mortale è proibito diventa realizzabile: non essere più in sé (ouvk evn seautw|/ e;sei: 725, di fatto costruzione corrispondente, via negationis, a evgeno,mhn evn pneu,mati!), salire nei cieli (sunanie,nai) e, bebeltiwme,noj u`po. kra,touj megaloduna,mou kai. dexia/j ceiro.j avfqa,rtou, dopo essere stato rigenerato nel pensiero (no,hma), contemplare (evp-/katopteu,w) il Principio immortale e l’immortale Aion, con lo “spirito immortale” (to. avqa,naton pneu/ma) e gli “occhi immortali” (ta. avqa,nata o;mmata) (504-535). Ad un certo momento dell’ascesa (538-541), in cielo si incontreranno delle porte chiuse: dopo aver pronunciato ancora una volta la parola “silenzio” (sigh,), prosegue immediatamente il papiro, “apri gli occhi e vedrai aperte le porte e il mondo degli dei che è dentro le porte, così che dal piacere della visione e dalla gioia il tuo spirito (to. pneu/ma, sou) corra insieme e salga (avnabai,nein)” (625-629). La somiglianza con Ap 4, 1-2 non dovrebbe a questo punto più stupire né tantomeno fare problema145.

143 Testo copto in F.E.Williams, The Apocryphon of James, in H.W.Attridge (a cura di), Nag Hammadi Codex I (The Jung Codex) – Introductions, Texts, Translations, Indices, Leiden 1985 (CGL 1), 13-53 (la traduzione è mia).

144 L’elenco potrebbe essere ancora più lungo, cfr. Filone, de op.mund. 70, 71; Rer.div. 69-70; de spec.leg, II, 44-45 e III, 1-6, dove si parla anche di to. th/j dianoi,aj (o th/j yuch/j) o;mma; Plut, De gen.Socr 590b-592e, e De ser.num.vind., 263d-f; Zostriano 4, 20 – 7, 22 (NHC VIII, 1); Corp.Herm. X, 25 e XI, 18-19; Anthol.Pal. IX, 577. Senza contare peraltro la parodia lucianea dell’Icaromenippo. Ulteriori materiali e discussione in W.Bousset, Die Himmelsreise der Seele, Darmstadt 1960 (Libelli 71; originariamente in ARW 4 (1901), 136-169 e 229-273); C.Colpe, Die Himmels- reise der Seele als philosophie- und religionsgeschichtliches Problem, in E.Fries (a cura di), Festschrift für Joseph Klein zum 70.Geburtstag, Göttingen 1967, 85-104; M.Himmelfarb, Heavenly Ascent and the Relationship of the Apocalypses and the «Hekhalot» Literature, HUCA 59 (1988), 73-100.

145 Cfr. anche i rispettivi prologhi, PGM IV, 475-485 e Ap 1, 1-3. L’incipit del papiro andrà allora aggiunto alla serie degli incipit di testi di rivelazione analizzati da Karrer, Johannesoffenbarung, 86-96.