Torniamo su Ap 1, 1-3. Nello spazio di pochi versetti, convergono sul testo di Giovanni più definizioni. L’Apocalisse è concepita, tra l’altro, come o` lo,goj tou/ qeou/ kai. h` marturi,a VIhsou/ Cristou/. La coppia è parallela e complementare, i due costrutti si richiamano e integrano a vicenda, e apre un discorso che coinvolge anche redazione e dettato del testo.
L’esperienza di Giovanni, in quanto essa stessa “parola di Dio”, si vuole collocare al culmine delle rivelazioni profetiche di Israele (cfr. 10, 6-7.11 e 17,17) e di queste si nutre fino nel tessuto narrativo e stilistico, in una dinamica di riprese e re-interpretazioni278. Ma l’Apocalisse si presenta anche come “testimonianza di Gesù Cristo”, di Colui con il quale il Logos divino stesso si identifica (19, 13), e che, per bocca del suo angelo, lo rivela e attesta (cfr. 22, 6 e 16)279. Non possiamo non aspettarci, allora, che affiori anche un registro più propriamente gesuano, quella stessa memoria che Giovanni conosce e trasmette: l’Apocalisse deve essere riconosciuta anche comunicazione di Gesù, la “rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede” deve nascere, in quanto “parole di profezia”, sul terreno delle scritture ebraiche e della predicazione di Gesù280.
o[sa ei=den, aggiunge Giovanni e chiarisce281. Non c’è differenza sostanziale tra interventi diretti dell’angelo e resoconto visionario, i due piani narrativi si intersecano e sovrappongono, anche bruscamente (cfr. 13, 9-10.18 e 16, 15). Tutto il testo è lo,goi pistoi. kai. avlhqinoi, (22, 6), tutto il testo è, allo stesso tempo, visione e rivelazione dell’angelo (22, 6.8.16)282. Il Gesù vivente parla, nel
J.D.G.Dunn, Jesus in Oral Memory: The Initial Stages of the Jesus Tradition, in SBL 2000 Seminar Papers, 287-326, e W.Kahl, Vom Ende der Zweiquellentheorie oder Zur Klärung des synoptischen Problems, in C.Strecker (a cura di), Kontexte der Schrift. Wolfgang Stegemann zum 60. Geburtstag, Stuttgart 2005, 404-442. Più in generale, Tambiah, Rituali, 145-154, con ulteriore letteratura.
277 Cfr., in questo senso, i tentativi di Borgen, John and the Synoptics, in id., Christianity, 121-157, e The Independence of the Gospel of John: Some Observations, ibid., 185-204; R.Bauckham, The Wisdom of James and the Wisdom of Jesus, in J.Schlosser (a cura di), The Catholic Epistles and the Tradition, Leuven 2004 (BETL CLXXVI), 75-92, in particolare, 78-90; J.S.Kloppenborg, The Reception of the Jesus Tradition in James, ibid., 93-141, in particolare, 116- 122.
278 Cfr. Mazzaferri, Genre, in particolare, 259-378; J.Fekkes, Isaiah and Prophetic Traditions in the Book of Revelation. Visionary Antecedents and their Development, Sheffield 1994 (JSNT.SS 93), 106-290; S.Moyise, The Old Testament in the Book of Revelation, Sheffield 1995 (JSNT.SS 115), in particolare, 45-84; Beale, Use, in particolare, 60-128; L.Arcari, La titolatura dell’Apocalisse di Giovanni: "apocalisse" o "profezia"? Appunti per una ri-definizione del genere apocalittico sulla scorta di quello profetico, Henoch 23/2-3 (2001), 243-265; Kowalski, Rezeption, passim; M.Jauhiainen, The Use of Zechariah in Revelation, Tübingen 2005 (WUNT 2.Reihe 199).
279 Karrer, Offenbarung, 96-106; Mazzaferri, op.cit., 304-313; Carrell, Jesus, 119-128; Roose, Zeugnis, 26-38.
280 Contro Kraft, Offenbarung, 16: “Die alttestamentliche Prophetie ist die einzige Quelle, auf die er sich bei seinen Weisungen stützt”.
281 Cfr. Aune, Revelation 1-5, 19, e Roose, op.cit., 147-149. 282 Meno precisamente Boring, Christology, 720-721.
suo angelo, anche dopo le lettere alle sette chiese in Asia, e mostra le sue parole in atto nelle visioni, le ri-visualizza. Di questo carattere totalizzante della sua “testimonianza” dovremo tenere conto, se, di fatto, nell’Apocalisse non esiste l’implicito e ogni allusione alla tradizione gesuana va riferita e attribuita, direttamente o indirettamente, all’angelo in quanto primo tramite di shmai,nein e deiknu,ein (1, 1 e 22, 6), e, risalendo di un grado la catena di autorità, a Gesù stesso, di cui l’angelo è portavoce e manifestazione283.
3.1.1 Un significato alle allusioni
Scrivevamo di allusioni, poche righe sopra. Giovanni non cita mai direttamente, ma costruisce la sua Apocalisse su una trama non espressa di corrispondenze intertestuali e richiami a tradizioni orali, che presuppone come noti a chi la leggerà e ascolterà: se non lo fossero, l’alludere stesso non sarebbe riconosciuto e non si attiverebbe come processo ermeneutico284. Il gioco intertestuale si orienta sull’Antico Testamento285, l’eco di tradizioni orali su fonti pagane286, materiali apocalittici “apocrifi”287 e detti attribuiti a Gesù288. Giovanni, dunque, entra in contatto con testi e tradizioni che
lo influenzano, ha le visioni, e, consapevolmente o inconsapevolmente che sia, sulla base di quegli stessi testi e quelle stesse tradizioni, le modella e redige l’Apocalisse289.
Nei suoi propri termini, egli si propone di testimoniare, per iscritto, la rivelazione di Dio e Gesù Cristo, a lui comunicata e mostrata dal loro angelo, e questo fa nel linguaggio, stile, immagini, messaggi divini e gesuani già familiari a lui e ai suoi destinatari. Se conosce e allude alle rivelazioni profetiche delle scritture ebraiche e alla tradizione gesuana, riportando direttamente la sua testimonianza a Gesù, tramite l’angelo, e a Dio, tramite Gesù (cfr. 1, 1-3), ai suoi occhi, in ultima analisi, Dio e Gesù parlano la propria lingua, citano e commentano sé stessi, chiarendo e interpretando, sviluppando e attualizzando le proprie parole, e anche svelandone o annotandone il compimento.
283 Pace Boring, Christology, 715 n.16.
284 Definizioni, classificazione e discussione critica dei criteri per l’identificazione di allusioni in S.Hylen, Allusion and Meaning in John 6, Berlin/New York 2005 (BZNW 137), in particolare, 44-75, con ampia bibliografia.
285 Vedi la letteratura citata supra, 69 n.278.
286 A.Yarbro Collins, The Combat Myth in the Book of Revelation, Missoula 1976 (HDR 9); P.Busch, Der gefallene Drache. Mythenexegese am Beispiel von Apokalypse 12, Tübingen 1996 (TANZ 19), in particolare, 67-85; M.Koch, Drachenkampf und Sonnenfrau. Zur Funktion des Mythischen in der Johannesapokalypse am Beispiel von Apk 12, Tübingen 2004, in particolare, 138-157. Critico nei confronti di questa linea esegetica, Lupieri, Apocalisse, 192-194. 287 K.Berger, Die Auferstehung des Propheten und die Erhöhung des Menschensohnes. Traditionsgeschichtliche
Untersuchungen zur Deutung des Geschickes Jesu in früchristlichen Texten, Göttingen 1976 (SUNT 13), in particolare, 22-101, e Lupieri, Esegesi, e id., Night; Glonner, Bildersprache, 260.
288 Vos, Traditions, 54-193, e Segalla, Memoria, 117-129. 289 Fekkes, Isaiah, 288-290, e Beale, Use, 65-67.
Riconoscere che Giovanni, seguace di Gesù, ha un contatto con il mondo soprannaturale (Dio, il Gesù vivente, il loro angelo) e a seguire “profetizza” rivela insomma i limiti del paradigma esegetico dell’allusione e la sua insufficienza a dar conto del rapporto complesso tra le sue “parole di profezia” e le parole di Gesù.
3.1.2 Parola “profetica” e tradizione gesuana: un modello di trasmissione
Nella sua analisi delle dinamiche sociali della “profezia”, Overholt approfondisce, in prospettiva comparativa, il ruolo svolto dai discepoli nel preservare e diffondere il messaggio del “profeta”. Il loro intervento può mediare la comunicazione ai destinatari, e occasionalmente rivelazioni a loro dirette integrano le parole del maestro e autorizzano la loro attività. Questa azione di filtro influisce sulla continuità del messaggio trasmesso, sviluppando, amplificando, alterando: “changes arise in response to the situation in which the disciple operated and the way in which he interpreted what he had originally heard”290.
Se la figura storica di Gesù di Nazareth è stata da più voci caratterizzata come afferente anche ad una tipologia “profetica” dell’esperienza religiosa291, ed è riconosciuta la frequenza dei fenomeni di
contatto con il divino tra i suoi seguaci292, si fa interessante verificare brevemente l’utilità del
modello su alcuni passi proto-cristiani di matrice rivelativo-“profetica”, appunto, composti tra I e II sec.d.C., per cercare di inquadrare storicamente anche l’interazione di Giovanni con la tradizione dei detti del Galileo. Partiamo con Paolo.
Nella prima lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo introduce nella sua argomentazione un lo,goj kuri,ou per confortare la comunità che aveva fondato (1Ts 4, 13-18). Si è dibattuto se questo sia in effetti un agraphon di Gesù293 o non piuttosto un oracolo ricevuto e pronunciato da un “profeta”, se
290 Overholt, Channels, in particolare, 44-51 (citazione 45). Cfr., più ampiamente, id., Prophecy, 309-33, e le analisi circostanziate di L.Arcari, Titolatura, 245-263, e Rapporti, 79-84, sull’interpretazione “visionaria” dei libri profetici in “testi apocalittici”.
291 Cfr. Aune, Profezia, 284-349; G.Theissen – A.Merz, Il Gesù storico. Un manuale, Brescia 1999 (BB 25), in particolare, 299-340; S.C.Mimouni, L’aspect charismatique des actions et des paroles de Jésus, in Filoramo, Carisma, 65-85, in particolare, 81-84. Ricche di spunti anche le brevi riflessioni di Overholt, Channels, 66-68.
292 M.Pesce, La caratteristica culturale principale dei primi gruppi di seguaci di Gesù, 169-185 (dispense), e A.Destro – M.Pesce, Continuità o discontinuità tra Gesù e i gruppi dei suoi seguaci nelle partiche culturali di contatto con il soprannaturale?, in L.Padovese (a cura di), Atti del nono simposio paolino. Paolo tra Tarso e Antiochia. Archeologia, storia, religione, Roma 2006, 21-43.
293 J.Jeremias, Gli agrapha di Gesù, Brescia 1965, 105-108; T.Holtz, Traditionen im 1.Thessalonikerbrief, in U.Luz – H.Weder (a cura di), Die Mitte des Neuen Testaments. Festschrift für Eduard Schweizer, Göttingen 1983, 55-78, in particolare, 59-66; D.Wenham, The Rediscovery of Jesus’ Eschatological Discourse, in id. (a cura di), Gospel Perspectives IV, Sheffield 1984, 335-353, in particolare, 89-91 e 304-306, e id., Paul. Follower of Jesus or Founder of Christianity, Grand Rapids 1995, 305; M.Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, Milano 2005, 501-502.
non addirittura da Paolo stesso (cfr. 1 Cor 13, 2 e 15, 51-52; 2Cor 12, 3-4; Rm 11, 25-27)294, fatto sta che, cercando di superare questa contraddizione, forse solo apparente295, si può riconoscere come gli elementi della discesa dal cielo del Signore, degli angeli, della tromba e della riunione degli eletti coincidano con la forma matteana di tradizioni “apocalittiche” gesuane (cfr. Mt 24, 30- 31)296; al tempo stesso, però, la distinzione introdotta tra oi` nekroi. evn Cristw/|/oi` koimhqe,ntej, e h`mei/j oi` zw/ntej oi` perileipo,menoi, e la convergenza dei loro destini escatologici tradiscono e rispondono ad una crisi dell’attesa della parusia acutamente sperimentata nella morte di alcuni avdelfoi,297.
Gli Atti di apostoli canonici ci preservano un frammento diretto della predicazione di Paolo e Barnaba: dia. pollw/n qli,yewn dei/ h`ma/j eivselqei/n eivj th.n basilei,an tou/ qeou/ (14, 22). Interessante, da un lato, che, a ridosso della missione, i due siano contati tra i profh/tai della comunità di Antiochia (At 13, 1 e 15, 32) e svolgano effettivamente funzioni considerate “profetiche” (parakale,w: cfr. At 14, 22 e 15, 32; 1Cor 14, 3.31; 1Ts 4, 18), dall’altro, che questo detto non solo presenti affinità tematiche con rami della tradizione sinottica e non (cfr. Mt 6, 10; Mc 10, 23-31; EvThom 58), ma sia anche variamente conosciuto e trasmesso come parola gesuana da EpBarn 7, 11; Ireneo, Adv.haer. 5, 28, 3; Tertulliano, de bapt. 20; Ps.-Procoro, Act.Ioh., p.83 Zahn; Ps.-Macario, Hom. 27, 20298. Nella formulazione del testo degli Atti, emergono in primo piano le manifestazioni di ostilità esterna alla formazione ed alla sopravvivenza delle evkklhsi,ai dei seguaci di Gesù.
Di Asc.Is. 4, 14-17 e Lc 12, 36-37 Enrico Norelli ha scritto e mostrato che “una più ampia connessione letteraria” tra i due testi “è innegabile”299. Li riporto in sinossi, il primo nella traduzione dal geez offerta dallo stesso Norelli:
AscIs Luca
E invero dopo 1332 giorni verrà il Signore con i suoi angeli e con le potenze dei santi dal settimo cielo, con la gloria del settimo cielo, e
kai. u`mei/j o[moioi avnqrw,poij prosdecome,noij to.n ku,rion e`autw/n po,te avnalu,sh| evk tw/n ga,mwn( i[na evlqo,ntoj kai. krou,santoj euvqe,wj
294 L.Cerfaux, Le Christ dans la théologie de saint Paul, Paris 1951, 33-34 e n.1; P.Siber, Mit Christus leben. Eine Studie zur paulinischen Auferstehungshoffnung, Zürich 1971, 37-38; Aune, Profezia, 472-480.
295 Cfr. P.Stuhlmacher, Jesustradition im Römerbrief?, ThB 14 (1983), 240-250.
296 Con Pesce, Parole, 501-502, non escludo che possano essere attribuiti alla trasmissione dei detti di Gesù anche elementi non attestati dai sinottici.
297 Cfr. la ricostruzione di Aune, op.cit., 475-479. Sul privilegio dei vivi rispetto ai defunti nel giorno della resurrezione, vedi Dn 12, 12; 4Esd 5, 41-42 e 13, 24; AscIs 4, 15; OdSal 7, 50 e 18, 7; OrSyb 3, 371.
298 Cfr. A.D’Anna, Sacrificio e Scrittura nell’Epistola di Barnaba, ASE 18/1 (2001), 181-195, in particolare, 192. 299 E.Norelli, AI 4, 16 e la parabola del ritorno del padrone (Lc 12, 36-38), in id., Ascensione, 213-219 (citazione 213).
getterà Beliar nella geenna e le sue potenze, e darà riposo a coloro che troverà nella carne in questo mondo praticanti il bene – e il sole si vergognerà – e a tutti coloro che a causa della fede maledissero Beliar e i suoi re; e i santi invero con il Signore verranno, con le loro vesti che in alto dimorano nel settimo cielo: con il Signore verranno coloro i cui spiriti sono vestiti, scenderanno e saranno nel mondo, e conforterà coloro che nella carne sono stati trovati con i santi nella veste dei santi, e servirà il Signore
coloro che hanno vegliato in questo mondo. E
dopo ciò si trasformeranno nelle loro vesti in alto, e sarà lasciata la loro carne nel mondo.
avnoi,xwsin auvtw/|Å maka,rioi oi` dou/loi evkei/noi( ou]j evlqw.n o` ku,rioj eu`rh,sei grhgorou/ntaj\ avmh.n le,gw u`mi/n o[ti perizw,setai kai. avnaklinei/ auvtou.j kai. parelqw.n diakonh,sei auvtoi/jÅ
La rilettura della parabola si inserisce nella visione e discorso di Isaia – e del gruppo profetico proto-cristiano che si cela dietro il suo personaggio e lo scritto300 – sugli ultimi tempi e la parusia di Cristo sotto il regno di Beliar-Nerone redivivo301, e si arricchisce del confronto con la riflessione millenaristica del redattore e la sua interpretazione delle scritture ebraiche, nello specifico Is 13, 5 LXX e 24, 21-23; Dn 12, 12; Zc 14, 5 LXX, proiettate al e, al tempo stesso, “osservate” nel loro compimento (cfr. la formulazione “teorica” in AI 4, 21-22).
Erma mostra di essere entrato in contatto con una pluralità di detti e tradizioni gesuane, che riaffiorano in vari punti del biblari,dion dettatogli dal Pastore (Vis. 2, 2, 8 e 4, 2, 6; Mand. 2, 4-6; 4, 1, 1.6; 9, 8; 10, 2, 2-6 e 3, 2; Sim. 5, 2; 9, 20, 2 e 29, 1-3)302. Per mancanza di spazio, mi limiterò alle due occorrenze nelle Visioni. La prima (2, 2, 8), w;mosen ga.r ku,rioj kata. tou/ ui`ou/ auvtou/( tou.j avrnhsame,nouj to.n ku,rion auvtw/n avpegnwri,sqai avpo. th/j zwh/j auvtw/n (cfr. Mt 12, 33; Lc 12, 9; 2Tm 2, 11-12) viene glossata con tou.j nu/n me,llontaj avrnei/sqai tai/j evrcome,naij h`me,raij\ toi/j de. pro,teron avrnhsame,noij( dia. th.n polusplagcni,an i[lewj evge,neto auvtoi/j, per precisarla ed adattarla alla rivelazione della seconda ed ultima penitenza di fronte alla tribolazione finale, la seconda (4, 2, 6), ouvai. toi/j avkou,sasin ta. r`h,mata tau/ta kai. parakou,sasin\ ai`retw,teron h=n auvtoi/j to. mh.
300 Vedi il commento di Norelli ad loc., 53-66.
301 Cfr. R.Bauckham, Parables Again, in particolare, 130, e Norelli, Nerone Anticristo, in Ascensione, 183-211, in particolare, 183-186.
302 Cfr. D.A.Hagner, The Sayings of Jesus in the Apostolic Fathers and Justin Martyr, in Wenham, Gospel Perspectives 5, 233-268, in particolare, 243-244, e Pesce, Parole, 646-647.
gennhqh/nai (cfr. Mt 26, 24; Mc 14, 21; 1Cl 46, 8) si trasforma in una minaccia ai di,yucoi nell’approssimarsi di questa.
Il mio ultimo esempio lascia per un attimo i lo,goi gesuani e tocca il testo dell’Apocalisse stessa, nella misura in cui questo, nel giro di nemmeno un secolo, finisce per alimentare l’annuncio dei profeti cosiddetti “montanisti”. Un oracolo di Quintilla o Priscilla, ricevuto per incubazione e citato da Epifanio in Adv.Haer. 49, 1, 3, recita: evn ivde,a| gunaiko,j, evschmatisme,noj evn stolh/| lampra/| h=lqe pro,j me Cristo.j kai. evne,balen evn evmoi. th.n sofi,an kai. avpeka,luye, moi toutoni. to.n to,pon ei=nai a[gion kai. w-de th.n VIerousalh.m evk tou/ ouvranou/ katie,nai. La visione di Giovanni (Ap 21, 1 – 22, 5) è circoscritta spazialmente e localizzata al centro della geografia sacra del movimento che essa stessa finisce per creare.
In tutti gli esempi che ho proposto, mi sembra si evidenzino bene linee di trasmissione di materiale tradizionale gesuano, che richiamano, rievocano strutture sintattiche, fraseologia, immagini, e, alla luce di nuove rivelazioni ricevute da seguaci del Nazareno, di volta in volta, alterano e declinano, attualizzano e interpretano questa memoria fondativa nel contesto storico e comunicativo di pertinenza303. Si tratta ora di verificare quanto questo inquadramento storico e comparativo del fenomeno possa aiutarci, in sintonia con le affermazioni di Giovanni stesso, ad esaminare e comprendere in profondità le modalità specifiche del suo recupero di parole di Gesù.