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Lo “spirito”, la conoscenza, l’autorità

Raccolta ed esaminata l’evidenza, ricostruita e valorizzata la conformazione tutta particolare dell’esperienza di Giovanni e del suo testo, ci troviamo finalmente nelle condizioni di valutare e, insieme, dispiegare il potenziale esplicativo del modello sopra proposto.

Per Giovanni, la profhtei,a, il contatto con il mondo “soprannaturale” e la comunicazione straordinaria della rivelazione presuppongono ed operano un passaggio, una trasformazione di fondo: gene,sqai evn pneu,mati. La nuova condizione viene sperimentata, a più riprese, e rappresentata in successione come ampliamento e amplificazione della percezione, che permette di cogliere l’invisibile e lo “pneumatico”, nello sfumare dell’ambiente circostante, come ascensione, che valica e supera l’opposizione fondamentale terra-cielo, e offusca le distinzioni temporali, come traslocazioni, al di là di qualsiasi spostamento o anche movimento fisico, verso spazi “altri”, un deserto prima, popolato dalle manifestazioni diaboliche, una montagna altissima poi, luogo deputato all’epifania del divino. Il cosmo e la realtà sono recuperati in una unità di costituzione e significato in cui “Diesseits und Jenseits, präexistente und jetzige Welt, geistige und körperliche Person, Sichtbarkeit und Unsichtbarkeit, Sterne und Kräfte, Gedanken und Visionen ineinander verschweben”264. Ne risulta ridisegnata anche la mappa epistemologica: ai limiti e alla frammentazione della normale conoscenza umana si sovrappone un registro olistico di interpretazione dischiuso dall’esperienza stessa della trance e culturalmente pre-dato, il territorio delle identità e della conoscenza “spirituali” (cfr. Ap 11, 8: kalei/tai pneumatikw/j), della sofi,a (Ap 13, 18 e 17, 9), che si trasforma in simboli da applicare alla comprensione, o meglio, ricostruzione della verità dei quotidiani265, per noi esistenti solo in quanto cornici storiche266.

A livello temporale – e qui ci muoviamo su terreno fermo –, la trance è riportata a h` kuriakh. h`me,ra, con buone ragioni, da intendere come “la domenica”, il giorno della resurrezione di Gesù e del Signore risorto. A livello spaziale, oltre la precisa notazione evn th/| nh,sw| th/| kaloume,nh| Pa,tmw|, siamo lasciati a congetture più o meno verosimili: una probabile collocazione dell’esperienza in un contesto liturgico, forse, più tentativamente, un dei/pnon, la situerebbe anche in uno spazio

264 C.Colpe, art. Geister, RAC 9 (1976), 615-625, in particolare, 624-625. Per una discussione di questo “unbroken world”, da una prospettiva semantica, fondamentale Thompson, Apocalypse, 74-91.

265 Cfr. l’insistenza della Weckformel in Ap 2, 7.11.17.29; 3, 6.13.22; 13, 9-10, e l’analisi di U.Vanni, L’Apocalisse. Ermeneutica, esegesi, teologia, Bologna 1988 (RBib.Suppl 17), 63-72.

fortemente caricato dalla presenza del Signore, attesa e invocata, celebrata e sperimentata in manifestazioni estatiche267. Entrambi i riferimenti, esplicito, il primo, implicito, se vediamo bene, il secondo, nella mente del redattore, sembrano evocare simbolicamente una liminalità che precede e trascende categorie di classificazione e linee di demarcazione comunicative ed epistemologiche (divino – umano; celeste – terreno; spirituale – corporeo; sacro – profano; invisibile – visibile; vita – morte; passato – presente – futuro; tempo – spazio)268.

Le potenzialità di significato che la trance così attinge sono condensate, esplicate ed attivate nell’iniziazione: con la consumazione del rotolo, Giovanni viene a contenere la capacità e legittimazione di accedere al divino e alla sua densità cognitiva. Questa trasformazione singola, ontologica e sociale, avviene a ridosso di una linea “profetica” emergente dal passato, e a monte di una trasformazione futura universale, che, nella nuova esperienza “profetica” di Giovanni, finiscono per radicarsi nel presente269. L’attività cosciente di scrittura e la funzionalità della memoria, elaborata anche simbolicamente nelle connotazioni dell’ingestione del bibli,on, creano una continuità tra processo iniziatico e produzione e fruizione del testo: l’oggetto, il supporto materiale “rotolo” su cui Giovanni fissa le visioni e che verrà inviato come lettera prolunga l’esistenza e le valenze denotative del simbolo “rotolo”, quasi contenendolo, per esprimere concretamente, nell’atto comunicativo, l’ordine di significato che rappresenta. Non è operazione neutrale ed asettica: tempi, modi, soggetti e contenuti della profhtei,a sono articolati e sanciti, autorità di redattore e lettera vengono (ri)costruite dall’interno, l’identità dei seguaci di Gesù formulata e confermata nei termini della conoscenza sovraumana guadagnata, culturalmente legittimata e trasmessa. La ricezione, il confronto con e le reazioni alla lettera acquistano in prospettiva il carattere di negoziazione della nuova “realtà” e di dibattito e conflitto su autorità ed identità, tra approvazione, rifiuto, contrattazioni (cfr. Ap 22, 18-19)270.

267 Lampe, Herrenmahl, 198-203 e 211-213, e Neuschöpfung, 27-30. Su modi e forme della koinwni,a con la divinità nei banchetti greco-romani, cfr., e.g., POxy 99, 14 (55 d.C.), e le analisi di H.-J.Klauck, Herrenmahl und hellenistischer Kult. Eine religionsgeschichtliche Untersuchung zum ersten Korintherbrief, Münster 1982 (NA Neue Folge 15), 91- 166 e 258-261; Smith, Symposium, 77-84; 106-118; 150-172; 191; 205; Horbury, Cena pura, 242-252; 262; 264-265. 268 Cfr. Thompson, Apocalypse, 56-73, e, più cursoriamente, Filho, Notes, 213; 228; 232-234. Testi in Aune, Setting,

29-44; 89-113 e 126-133; 184-193. Sul concetto di liminalità applicato al tempo e allo spazio rituale delle comunità paoline, vedi C.Strecker, Die liminale Theologie des Paulus. Zugänge zur paulinischen Theologie aus kulturanthropologischer Perspektive, Göttingen 1999 (FRLANT 185), in particolare, 192-199; 222-247; 311-338. 269 Sembra un preludio all’oracolo di Massimilla: met’evme. profh,thj ouvke,ti e;stai, avlla. sunte,leia (apud Epifanio,

Adv.Haer. 48, 2, 4). Sugli elenchi di profeti stilati dai cosiddetti “Montanisti” e dai loro avversari, vedi l’anonimo apud Eusebio, Hist.Eccl. 5, 17, 3-4. Cfr. anche POxy 1, 5 e la periodizzazione storica proposta da Tertulliano in De virg.vel. 1, 4-7, e riflessa in De resurr.mort. 63, 7-10; De ieiun. 11, 6; De monog. 3, 8-10 e 14, 3-4. A conclusioni analoghe arriva Glonner, Bildersprache, 228; 230-233; 237.

270 Si rilegga a questo punto la definizione di Aune citata supra, 1 n.5, che acquista di complessità e profondità. Sull’atto di comunicazione “profetica”, vedi il modello elaborato da Overholt, Channels, 17-25, che ha il merito di tenere conto delle diverse forme di pressione o “feedback” esercitate dai destinatari del messaggio sul “profeta” stesso, prima, durante e dopo il processo comunicativo.

Nella misura, quindi, in cui questa ri-strutturazione della realtà coinvolge una “rivelazione” di Gesù e ne specifica il messaggio come fattore decisivo nella definizione di un’identità dei suoi seguaci e del loro h=qoj di fronte all’“altro” demonizzato (cfr. Ap 1, 1-4; 2, 20-25; 6, 9; 12, 17; 14, 1-12; 20, 4), i nostri interessi ci portano ora a chiederci quale immagine di Gesù essa crea e trasmette come memoria fondante, nello spazio epistemologico e autoritativo che ha così individuato e rivendicato a sé271.

271 Non è un caso che, dopo i Vangeli e insieme alla lettera agli Ebrei, l’Ap sia il testo canonico con più ricorrenze del nome VIhsou/j. Sulla costruzione narrativa di Gesù in Eb, cfr., in particolare, J.Roloff, Der mitleidende Hohepriester. Zur Frage nach der Bedeutung des irdischen Jesus für die Christologie des Hebräerbriefes, in id., Exegetische Verantwortung in der Kirche. Aufsätze, Göttingen 1990, 144-167; N.Walter, Glaube und irdischer Jesus im Hebräerbrief, in id., Praeparatio Evangelica. Studien zur Umwelt, Exegese und Hermeneutik des Neuen Testaments, Tübingen 1997, 151-168; E.Bradshaw Aitken, The Hero in the Epistle to the Hebrews: Jesus as an Ascetic Model, in D.H.Warren – A.Graham Brock – D.W.Pao (a cura di), Early Christian Voices In Texts, Traditions, and Symbols. Essays in Honor of François Bovon, Boston/Leiden 2003 (BIS 66), 179-188.

CAPITOLO TERZO

Le parole di Gesù nell’Apocalisse.

Conosce Giovanni una tradizione o tradizioni gesuane? E se sì, sotto quale forma ed in quali termini la caratterizza? Ap 3, 3 sembra fornirci una prima risposta, che legge: mnhmo,neue ou=n pw/j ei;lhfaj kai. h;kousaj kai. th,rei. Il pw/j sta per ti, o o[sa, e non va tradotto con “in che modo, in quale animo”, bensì con “cosa”, a introdurre una interrogativa indiretta in funzione di oggetto del verbo “ricordare”272. Un rapido confronto incrociato con 2, 25-26 e 3, 8.10 conferma questa interpretazione, e non solo. Lascia infatti intuire a quali contenuti quel pw/j possa rimandare, il lo,goj e/o gli e;rga di Gesù, tramandati oralmente273: lamba,nw e avkou,w rievocano il processo di trasmissione e ricezione di insegnamenti e tradizioni (cfr. Gv 17, 8; 1Cor 11, 23 e 15, 1.3; Gal 1, 9.12; Fil 4, 9: a] kai. evma,qete kai. parela,bete kai. hvkou,sate kai. ei;dete evn evmoi,; 1 Ts 2, 13 e 4, 1)274, i due imperativi coordinati, mnhmo,neue e th,rei, individuano le fasi del recupero, ovvero memoria e custodia (cfr., rispettivamente, Gv 15, 20 e 16, 4; At 20, 35; Papia apud Eusebio, Hist.Eccl. 3, 39, 15; Policarpo, ad Phil. 2, 3; 2Cl 17, 3; Apocr.Iac. 2, 8-21, e Mt 28, 20; Mc 7, 9 v.l.; Gv 8, 51.55; 14, 23; 17, 7-8; Flavio Giuseppe, Vit. 361b)275.

Giovanni, l’angelo e le chiese hanno un loro Gesù, dunque, e noi cercheremo a nostra volta di recuperare i contorni di quella immagine che i lo,goi profilano utilizzati nell’orizzonte “profetico” dell’Apocalisse. Rinunceremo a (ri)costruire parabole storiche e, tanto più, a rintracciare eventuali paternità gesuane, tra e dietro le righe, simili tradizioni orali generandosi o comunque esistendo non in astratto, ma, in forma unica e ogni volta “originale”, nei tempi e contesti della singola riproduzione276. Prima di entrare concretamente tra le “parole”, diventa quindi essenziale

272 Cfr. Mc 5, 16 e par.; 4, 30 e par.; 12, 26 e par.; Lc 8, 18 e Mc 4, 24; Lc 10, 10; POxy 939, ll. 12-13 e 23-24. Simile l’uso di ou[twj in Mt 7, 12 e 9, 33, e Mc 2, 12, e di kaqw/j in Gv 8, 28 e 1Gv 1, 27. Vedi H.Ljungvik, Zum Gebrauch einiger Adverbien im Neuen Testament, Eranos 62 (1964), 26-39, in particolare, 31-33.

273 Su lo,goj e e;rga di Gesù nell’Apocalisse, vedi, più approfonditamente, infra, 133-140.

274 Vos, Traditions, 209-214, e Segalla, Memoria, 135-136. Cfr. anche Bauckham, Parables, 163, e le conclusioni, al riguardo, di A.Yarbro Collins, The “Son of Man” Tradition and the Book of Revelation, in J.Charlesworth (a cura di), The Messiah. Developments in Earliest Judaism and Christianity, Minneapolis 1992, 536-568, in particolare, 567-568. 275 Cfr. anche 3Cor 3, 4-5: ouv ga.r sou/ hvkou,same,n pote toiou,touj lo,gouj ouvde. tw/n a;llwn avlla. ta. parela,bamen para.

te sou/ kavkei,nwn throu/men. Su mnhmoneu,ein in formule di citazione di parole di Gesù, vedi Koester, Überlieferung, 5- 6, e id., Ancient Christian Gospels. Their History and Their Development, London/Philadelphia 1990, 32-33.66.189. Threi/n ricorre, nell’Apocalisse, in alternanza con kratei/n (cfr. 2, 25-26 e 3,8.10-11), che anche può avere per oggetto parado,seij (cfr. Mc 7, 3.4.8; 2Ts 2, 15; Ap 2, 14.15). Cfr. anche H.Riesenfeld, art. thre,w ktl, TWNT VIII, 139-151, in particolare, 145. Sulla traduzione, vedi M.Marino, Il verbo THREIN nell’Apocalisse alla luce della tradizione giovannea, Bologna 2003 (RB.Suppl 40).

276 Cfr. la discussione in Overholt, Prophecy, 314-329, e le considerazioni di Assmann, Memoria, 60-62 e 67-68, su ripetizione e variazione nella tradizione orale e nella trasmissione scritta. Nello specifico, vedi analisi e conclusioni in

evidenziare le linee di orientamento nella ripresa e fissazione scritta del materiale gesuano, su cui l’Apocalisse stessa sembra indirizzare277.