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2.4 Lo “spirito” e l’estasi: storia di una visione

2.4.1 Il soggiorno a Patmos

Giovanni apre il suo racconto dicendo espressamente di essere arrivato a Patmos dia. to.n lo,gon tou/ qeou/ kai. th.n marturi,an VIhsou/ (Ap 1, 9). A cosa fa riferimento? Partiamo da due punti fermi: il primo è che, nell’Apocalisse, l’endiadi “parola di Dio e testimonianza di Gesù” definisce strettamente la rivelazione, le visioni che Giovanni attesta e trascrive come parole di profezia (Ap 1, 1-3; cfr. Ap 19, 10 e 22, 9)156. Il secondo è la sfumatura causale-finale che dia, con accusativo può assumere157 e di fatto necessariamente assume nel nostro versetto, come forse anche in 2, 3 (cfr. Ap 2, 13 e 3, 8)158. Seguendo Bousset e Kraft159, proprio sulla scorta di 1, 1-3, potremmo quindi

153 Vedi ripetutamente Pesce, Limiti, 93; 97-101; 103, e comunicazione personale. 154 Cfr. Pilch, Visions, 74-76.

155 Vedi Destro – Pesce, Antropologia, 6-8.12.

156 Vedi Roose, Zeugnis, 37-47, in particolare, 41-43, nonostante una tournure teologica ed esistenzialista di troppo, e le inevitabili conclusioni generalizzanti che ne risultano e finiscono per perdere di vista il testo.

157 Sintomatico Gv 12, 9: :Egnw ou=n Îo`Ð o;cloj polu.j evk tw/n VIoudai,wn o[ti evkei/ evstin kai. h=lqon ouv dia. to.n VIhsou/n mo,non( avllV i[na kai. to.n La,zaron i;dwsin o]n h;geiren evk nekrw/n, il che significa che la folla era venuta per vedere tanto Gesù quanto Lazzaro. Cfr. Tucidide 4, 40 e 5, 53; Platone, Rep. 367b e 524c; Aristotele, Et.Nic. 1172b 21; Flavio Giuseppe, Ant.Iud. 9, 4, 5; Mc 2, 27; Gv 11, 42; 12, 30; Rm 4, 23-24 e 1Cor 9, 10 (dia,) in parallelo a Rm 15, 4 (eivj) e 1 Cor 10, 11 (pro,j); 1Cor 11, 9; Epifanio, Adv.Haer., II, 1, 63; ApophPatr 292c. Questo uso si protrae fino in età bizantina e persiste in neogreco. Cfr. Liddel – Scott, s.v. dia,, 388-389; Sophokles, s.v. dia,, 357; Blass – Debrunner § 222a.

158 Non è vero che “in der Offb gibt dia, mit Akkusativ immer den Grund […] an”, né che in 6, 9 e 20, 4 “lässt das dia, deutlich an eine Verfolgungssituation denken” (Roose, op.cit., 41-42; cfr. anche, tra i tanti, E.Lohmeyer, Offenbarung, 15, e, più recentemente, P.Prigent, L’Apocalypse de Saint Jean, Genève 20002 (CNT XIV), 97 e H.W.Horn, Johannes auf Patmos, in Horn – Wolter, Studien, 139-159, in particolare, 145-146). Per un verso, infatti, in 12, 11 (kai. auvtoi. evni,khsan auvto.n dia. to. ai-ma tou/ avrni,ou kai. dia. to.n lo,gon th/j marturi,aj auvtw/n) e 13, 14 (kai. plana/| tou.j katoikou/ntaj evpi. th/j gh/j dia. ta. shmei/a a] evdo,qh auvtw/| poih/sai evnw,pion tou/ qhri,ou), dia, sfuma sullo strumentale “in

parafrasare: evgeno,mhn evn th/| nh,sw| th/| kaloume,nh| Pa,tmw| i[na marturh,sw to.n lo,gon tou/ qeou/ kai. th.n marturi,an VIhsou/. Con questo, però, non abbiamo ancora risposto alla domanda, abbiamo semplicemente riformulato il pensiero: la ragione dell’arrivo a Patmos va cercata nella rivelazione di Gesù Cristo, nell’Apocalisse stessa, Giovanni è giunto sull’isola per testimoniarla, ovvero riceverla e trasmetterla. Di nuovo allora: che cosa significa?

Frou,rion di Mileto insieme a Lero e Lepsia, Patmos aveva quantomeno acropoli e postazioni fortificate e un pu,rgoj, terreni di proprietà di Apollo Didimeo, un ginnasio dedicato ad Ermes e un tempio di Artemide, e poteva “permettersi” le varie attività a questi ultimi connesse (feste, lampadedromie, riti misterici, banchetti), con tutto il flusso e riflusso di gente che presupponevano e attiravano. Per il resto, il suo territorio aspro e vulcanico, qua e là interrotto da torrenti e campi irrigui a prato, ben si prestava all’allevamento di capre160. Se il contenuto del libro viene per la prima volta rivelato su quest’isola, come può essere stato contemporaneamente il motivo del viaggio? Cerchiamo di formulare una ipotesi – e tale deve rimanere – che, nel contesto sociale

forza di, grazie a”, per l’altro, in 6, 9 e 20, 4, sono i participi evsfagme,nwn e pepelekisme,nwn, rispettivamente, a convogliare l’idea di una persecuzione, non la preposizione stessa, che rimane, per così dire, neutrale, indifferente. Tenendo conto quindi anche del significato formulare di o` lo,goj tou/ qeou/ kai. h` marturi,a VIhsou/ sopra rilevato e della semplice menzione di Patmos, appena di passaggio, e senza ulteriori specificazioni o sottintesi, in Plinio, Nat.Hist. IV, 69, vengono a cadere tutti gli argomenti interni a favore di una supposta relegatio di Giovanni sull’isola. La tradizione ecclesiastica della persecuzione imperiale ai danni dell’apostolo Giovanni, apparentemente sconosciuta a Ireneo (cfr. Adv.haer. V, 30, 3), che forse però, sulla scorta di notizie simili, data il testo sotto il regno dell’ultimo dei Flavi, e attestata chiaramente solo a partire da Clemente d’Alessandria (Quis div. 42: liberazione dopo la morte di un innominato tu,rannoj) e Tertulliano (De praescr. 36, 3: relegatio da Roma, dopo un fallito tentativo di immersione nell’olio bollente, manca il nome dell’imperatore) in poi (Origene, Hom. in Mt. 7, 51 e 16, 6; Vittorino di Petovio, In Apoc. X, 3; Eusebio, Hist.Eccl. 3, 20, 9 e 3, 23, 1; Girolamo, De vir.illustr. 10; Paolo Orosio, Hist. 7, 10, 5, tutti d’accordo sul nome di Domiziano), sembra essere nata da una riflessione esegetica simile, sostenuta dallo scarno accenno di Ireneo, e comunque circondata da alone leggendario, piuttosto che fondarsi su fonti storiche indipendenti (testi, discussione e ricostruzione in Horn, Johannes, 147-159). Sulla dubbia storicità della supposta persecuzione domizianea, cfr., ora, L.L.Thompson, The Book of Revelation. Apocalypse and Empire, New York/Oxford 1990, in particolare, 95-115; J.Ulrich, Euseb, HistEccl III,14-20 und die Frage nach der Christenverfolgung unter Domitian, ZNW 87 (1996), 269-289; U.Riemer, Das Tier auf dem Kaiserthron. Eine Untersuchung zur Offenbarung des Johannes als Historischer Quelle, Stuttgart/Leipzig 1998 (BzA 114), in particolare, 12-33 e 53-62; G.Jossa, I Cristiani e l’Impero Romano. Da Tiberio a Marco Aurelio, Roma 2000 (Studi Superiori 386), in particolare, 73-82 e 85-86; G.Biguzzi, L’Apocalisse e i suoi enigmi, Brescia 2004 (Studi Biblici 143), 79-100, che tuttavia si preoccupa di salvare la tradizione antica della persecuzione, schierandosi per l’ipotesi vaga ed elastica di un confino di Giovanni intimato dalle autorità municipali locali, in base al suo stato giuridico di vagus.

159 W.Bousset, Die Offenbarung Johannis, Göttingen 19066, 191-192; H.Kraft, Die Offenbarung des Johannes, Tübingen 1974 (HNT 16a), 40-42. Cfr. anche le osservazioni di Thompson, op.cit., 172-173 e D.E.Aune, Revelation 1-5, Dallas 1997 (WBC 52a), clxxvii-clxxviii e 81-82.

160 Vedi H.D.Saffrey, Relire l’Apocalypse a Patmos, RB 82 (1975), 385-417, in particolare, 386-407, e G.Manganaro, Le iscrizioni delle Isole Milesie, AnSAt 41/42 (1963-1964), 293-349, in particolare per Patmos, 329-346. Cfr. anche J.Schmidt, art. Patmos, PW XVIII/4 (1949), 2174-2191, che inoltre cita un ippodromo, templi di Apollo e Dioniso, un Amazonio. Stando agli storicamente sospetti Atti di Giovanni dello Pseudo-Procoro (V sec.d.C.), Patmos, nel suo fiorire di città e centri abitati, avrebbe annoverato anche un tempio di Zeus (158-159) e un paio di portici, ovvero la stoà Domizia a Phora (104-105), dove Giovanni e Procoro sbarcano sull’isola (56: h;lqomen evn Pa,tmw| th/| nh,sw|; cfr. 98; 117; 154), e uno più piccolo chiamato “la porta”, in una località imprecisata (122). Da ultimo, più brevemente, anche Horn, art.cit., 139 e 147-149, con ulteriore bibliografia.

dell’Apocalisse e dei suoi destinatari, abbia una qualche probabilità storica di colmare il vuoto di informazione lasciato aperto nella porzione “non scritta” del testo161.

Nella letteratura di rivelazione, affiora di frequente un modulo formale per cui il rivelatore ingiunge al visionario di farsi trovare in un dato luogo, a discrezione dell’uno o dell’altro, eventualmente ad un’ora stabilita, e lì attendere nuove comunicazioni e rivelazioni. Insomma, in una parola, viene fissato un appuntamento per ulteriori delucidazioni. Tale modulo è attestato tanto in apocalissi contemporanee a quella giovannea (cfr. 2Bar 10, 3; 20, 6 – 21, 3.6 – 22, 1; 43, 3 – 47, 1-2 – 48, 1.25-26; 4Esd 9, 24-26; 12, 51; 13, 56 – 14, 2; 14, 23-26 e 38-41; ApAbr 9, 1-10 e 12, 1- 4; PastHerm, Vis. III, 1-5) quanto negli Atti canonici (9, 3-12 e 22, 10). Similmente, sempre nella narrazione lucana, le discese di Agabo da Gerusalemme ad Antiochia di Siria, insieme ad altri profeti, e dalla Giudea a Cesarea Marittima, questa volta da solo, sono segnate da rivelazioni e legate alla sua attività profetica: come ricezione e comunicazione dell’annuncio di una carestia, in un contesto comunitario, la prima (At 11, 27-29: avnasta.j de. ei-j evx auvtw/n ovno,mati {Agaboj evsh,manen dia. tou/ pneu,matoj), come esecuzione di una azione simbolica e trasmissione di un avvertimento divino a Paolo, affidategli evidentemente già in Giudea, la seconda (At 21, 10-11: ta,de le,gei to. pneu/ma to. a[gion). Paolo stesso e Barnaba, prima soli, poi insieme a Giuda e Sila, kai. auvtoi. profh/tai o;ntej (At 15, 32), svolgono la propria azione profetica itinerante in accordo con le indicazioni dello Spirito (At 13, 1-3 e 15, 22.28; cfr. anche 16, 6-10), e probabilmente il parakalei/n, che Luca, sulla scia del Paolo delle lettere, eleva a scopo e funzione principale di questa (cfr. At 11, 22-23; 14, 23; 15, 32, da una parte, e 1Cor 14, 3.31 e 1Ts 5, 18, dall’altra), presuppone anche le stesse esperienze rivelatorie e visionarie in seno alle comunità di arrivo (cfr. Rm 11, 25-26; 1Cor 14, 29-31 e 15, 54-55; 2Cor 12, 1-7; 1Ts 5, 15-17) 162. Ancora Ireneo riferisce come Marco il “mago” – o piuttosto il “profeta”? – e i suoi discepoli, nella seconda metà del II sec.d.C., girassero, di città in città (peripoli,zontej), di casa in casa163, per la provincia d’Asia a “profetizzare” (profhteu,ein) e “far profetizzare” (profhteu,ein poiei/n oppure evgkeleu,esqai to. profhteu,ein), nelle cene del loro “tiaso” (Adv.haer. 1, 13, 3-6): il vescovo di Lione liquida l’esperienza come lalei/n lhrw,dh kai. ta. tuco,nta pa,nta kenw/j kai. tolmhrw/j164, ma conosce e cita

161 Sulle società ad “alto contesto”, cfr. Malina – Pilch, Revelation, 19-21 e, più estesamente, B.Malina, Reading Theory Perspective: Reading Luke-Acts, in J.H.Neyrey (a cura di), The Social World of Luke-Acts. Models for Interpretation, Peabody 19932, 3-23, che sottolinea come il mondo Mediterraneo del I sec.d.C fosse “a high context society, with much of what they (scil. “the author” e “his Mediterranean hearers”) intended to communicate totally absent from the text, yet rather firmly in place in the common social system into which they were socialized. The considerate reader needs to fill in the social system in order not to be mystified” (22).

162 Cfr. Aune, Profezia, 377 e n.4 e 395-396.

163 Sembra, infatti, che venissero ospitati nelle oi=koi di altri seguaci di Gesù, quantomeno, questo è il caso esemplare di Marco, accolto da un diacono.

164 Cfr. la descrizione dell’estasi di Montano e di due altre donne lì presenti, tratteggiata dall’anonimo antimontanista, apud Eusebio, Hist.Eccl. 5, 16, 7-9.

anche una lunga e complessa visione cosmogonica raccontata in prima persona dallo stesso Marco (1, 14, 2-15, 3).

Tra tutti questi, il testo di Erma è il più esplicito e diffuso, e merita di essere riportato per intero165:

“nhsteu,saj polla,kij kai. dehqei.j tou/ kuri,ou i[na moi fanerw,sh| th.n avpoka,luyin h[n moi evphggei,lato dei/xai dia. th/j presbute,raj Îevkei,nhjÐ( auvth|/ th|/ nukti, moi w=ptai h` presbute,ra kai. ei=pe,n moi\ evpei. ou[twj evndeh.j ei= kai. spoudai/oj eivj to. gnw/nai pa,nta( evlqe. eivj to.n avgro.n o[pou condri,zeij( kai. peri. w[ran pe,mpthn evmfanisqh,somai, soi kai. dei,xw soi a] dei/ se ivdei/nÅ hvrw,thsa auvth.n le,gwn\ kuri,a( eivj poi/on to,pon tou/ avgrou/È o[pou( fhsi,n( qe,leijÅ evxelexa,mhn to,pon kalo.n avnakecwrhko,taÅ pri.n de. lalh/sai auvth|/ kai. eivpei/n to.n to,pon( le,gei moi\ h[xw evkei/ o[pou qe,leij. evgeno,mhn ou=n( avdelfoi,( eivj to.n avgro,n( kai. sunw,yisa ta.j w[raj( kai. h=lqon eivj to.n to,pon o[pou dietaxa,mhn auvth|/ evlqei/n( kai. ble,pw sumye,lion kei,menon evlefa,ntinon( kai. evpi. tou/ sumyeli,ou e;keito kerbika,rion linou/n( kai. evpa,nw le,ntion evxhplwme,non linou/n karpa,sinon. ivdw.n tau/ta kei,mena kai. mhde,na o;nta evn tw|/ to,pw| e;kqamboj evgeno,mhn( kai. w`sei. tro,moj me e;laben( kai. ai` tri,cej mou ovrqai,\ kai. w`sei.

fri,kh moi prosh/lqen( mo,nou mou o;ntoj\ evn evmautw|/ ou=n geno,menoj kai. mnhsqei.j th/j do,xhj tou/ qeou/ kai. labw.n qa,rsoj( qei.j ta. go,nata evxwmologou,mhn tw|/ kuri,w| pa,lin ta.j a`marti,aj mou w`j kai. pro,teron”

Siamo all’inizio del resoconto autobiografico della terza visione: Erma digiuna e prega di ricevere la rivelazione promessagli nella visione precedente. Le sue preghiere sono esaudite: probabilmente in sogno, gli appare l’anziana e vengono stabiliti luogo ed ora. Giunto sul posto (evgeno,mhn ou=n( avdelfoi,( eivj to.n avgro,n: cfr. Ap 1, 10), Erma vede un subsellium di avorio, con un cuscino ed un lenzuolo di lino sopra, al che si spaventa e trema, finché, di nuovo in sé (evn evmautw|/ […] geno,menoj), non prende coraggio e torna a pregare (cfr. Ap. 1, 12-17). Sopraggiunge allora l’anziana, in compagnia di sei giovani (9, 6 e ss.). Traducendo nel vocabolario pressoché analogo di Giovanni, Erma si è dunque recato nel campo dia. th.n avpoka,luyin h[n moi evphggei,lato (scil. o` ku,rioj) dei/xai dia. th/j presbute,raj (cfr. 9, 2 e Ap 1, 1-2.9-10)166: dati i punti di contatto evidenti – tradizionali e non – con lo snodarsi del resoconto giovanneo, possiamo intuire anche una convergenza di fondo nel profilo dell’esperienza visionaria che soggiace ai due testi? Possiamo cioè sottintendere una qualche simile concatenazione di visione o rivelazione e spostamento anche per Giovanni, immaginare, dietro evgeno,mhn evn th/| nh,sw| th/| kaloume,nh| Pa,tmw| dia. to.n lo,gon tou/ qeou/ kai. th.n marturi,an VIhsou/, uno scenario simile? Credo sia un’ipotesi quantomeno plausibile, da tenere in considerazione: non solo perché l’Apocalisse stessa, nel suo intreccio di riprese e richiami interni, sembra suggerirla, e, presa di per sé, non è in contrasto né con la grammatica o l’usus

165 Per altre corrispondenze significative – e indipendenti – con l’Ap, vedi infra, 49-53. 166 Vedi supra, 36-37.

scribendi di Giovanni né con i dati archeologici a nostra disposizione167, non solo perché l’Apocalisse mostra di conoscere questa forma di appuntamento concordato o imposto per nuove visioni (cfr. Ap 1, 19: gra,yon ou=n a] ei=dej kai. a] eivsi.n kai. a] me,llei gene,sqai meta. tau/ta e 4, 1:

Meta. tau/ta ei=don( kai. ivdou. qu,ra hvnew|gme,nh evn tw/| ouvranw/|( kai. h` fwnh. h` prw,th h]n h;kousa w`j sa,lpiggoj lalou,shj metV evmou/ le,gwn\ avna,ba w-de( kai. dei,xw soi a] dei/ gene,sqai meta. tau/ta)168, ma anche e soprattutto in ragione del suo potenziale esplicativo. Se Giovanni, infatti, è preparato alla visione, anzi, più correttamente, se Giovanni va sull’isola per la rivelazione che poi confluirà nel bibli,on, si dà anche conto del particolare della scrittura nel corso dell’esperienza estatica (Ap 10, 4), e il reperimento concreto del materiale scrittorio, il suo stesso essere implicitamente supposto a portata di mano, non dovrebbe fare più problema (cfr. 4Esd 14, 23-24 e 37-47)169.