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2.5 Anche Giovanni tra i “profeti”?

2.5.2 La trasmissione della capacità profetica in atto: sequenze, simboli, principi

2.5.2.3 Il rotolo e la digestione

La voce di 10, 4 apre la terza fase del rito: l’ordine è di andare e prendere il rotolo aperto nella mano dell’angelo (10, 8). Giovanni obbedisce e chiede all’angelo di consegnarglielo. Risponde una seconda istruzione per bocca dell’angelo stesso: Giovanni lo dovrà prendere e mangiare, sarà dolce ed amaro (10, 9). Giovanni esegue e constata le due opposte sensazioni (10, 10), quando un soggetto indistinto (le,gousin), forse ancora la voce celeste di prima251, forse la voce e l’angelo all’unisono, lo indirizza e conferma nella sua esistenza finalmente rigenerata (10, 11), il dei/ a convogliare tutta l’autorità della volontà divina per influire sul modello normativo e comportamentale cui questa dovrà ispirarsi.

Perché proprio un rotolo? E cosa significa ingerirlo? Che relazione corre tra l’azione rituale e le parole che la chiudono? Sono tutte domande che meritano singolarmente una riflessione.

Se Geremia divorava la parola di Dio, senza mediazione scritta (Ger 15, 16), già Ezechiele inghiotte una rps tlgm, una kefali.j bibli,ou, secondo i Settanta, a riprova della diffusione della pratica della scrittura ai suoi tempi (Ez 2, 9 – 3, 3)252. Non troppo doveva essere cambiato nel I

250 Cfr. Glonner, Bildersprache, 218-219; 225-227; 236.

251 Il plurale indefinito sarebbe allora un forma semitizzante equivalente di significato al passivum divinum, cfr. 11, 1 e 3.

252 Bremmer, Prophets, 165. Cfr. anche A.Demsky, Writing in Ancient Israel. Part One: The Biblical Period, in M.J.Mulder – H.Sysling, Mikra. Text, Translation, Reading and Interpretation of the Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity, Assen/Maastricht 1988, 2-20, in partiolare, 10-16; E.F.Davis, Swallowing the Scroll.

sec.d.C.253: non dimentichiamoci che Giovanni stesso sta scrivendo, non trasmetterà le sue rivelazioni oralmente, e tanto più sta scrivendo su bibli,on (cfr. 1, 11.19 e 10, 3-4). È naturale allora pensare che i due rotoli si attirino anche e si spieghino a vicenda, finendo per sovrapporsi, quasi l’uno, il rotolo della visione, venisse ad impregnare la scrittura dell’altro, il rotolo dell’Apocalisse254.

E questo, per ingestione. La scienza medica contemporanea interpretava l’alimentazione come processo di assimilazione tou/ tre,fontoj tw/| trefome,nw|: i cibi e le bevande, ciascuno con specifiche proprietà nutritive, una volta introdotti nel corpo, pervadono l’intero sistema, e, trasformati dagli organi digerenti, si aggiungono ed attaccano, per analogia di ouvsi,a, alle sue singole parti (vene, arterie, ossa, muscoli, sangue, cervello, nervi) e le integrano e costruiscono (Galeno, Nat.Fac. I, 5.8.10-11 e III, 1; cfr. Ippocrate, Alim. 2-3.7.22.49). Questa teoria culturale era evidentemente diffusa e chiarisce perché Silla fosse stato consigliato dal suo aruspice di mangiare, lui solo, le viscere di un vitello sacrificato, il cui fegato aveva un caput somigliante a una corona d’oro, a presagio della imminente vittoria (Agostino, De Civ.Dei II, 24), e, più in generale, il senso dell’usanza di ingerire le parti principali di animali mantici, come il cuore di corvi, falchi o talpe, per condividerne anche la yuch, divinatrice (Porfirio, De Abst. II, 48; cfr. il rito per l’acquisizione di pro,gnwsij in PGM III, 424-441 e il mito orfico in Proclo, ad Cratylum 110). Su simili incorporazioni fino nelle fibre, verrebbe da dire, giocano filtri d’amore (PGM VII, 970-972) e mnhmonikai, (cfr. PGM I, 234-247 e III, 410-417)255, e non mancano neanche digestioni puramente simboliche: un rito di defixio si incentra sull’inserimento di una lastra di piombo, incisa con il nome della vittima, nello stomaco (gasth,r) di un rospo morto, allo scopo di lasciarne il corpo a putrefarsi e seccare come quello dell’animale (PGM XXXVI, 233-255), e un incantesimo per l’euvpori,a prevede il modellamento, nella foggia di Osiride, di una statuina tricefala della triade Horus, Anubi, Iside, con cuore (kardi,a) nel ventre (koili,a), e la deposizione, nello stesso ventre, di un pezzo di papiro con il testo della preghiera da recitare per tutta la notte e al risveglio (PGM IV, 3125-3171;

Textuality and the Dynamics of Discourse in Ezekiel’s Prophecy, Sheffield 1989 (JSOT.SS 78), 30-31.37-45.51; I.Willi-Plein, Spuren der Unterscheidung von mündlichem und schriftlichem Wort im Alten Testament, in G.Sellin – F.Vouga (a cura di), Logos und Buchstabe. Mündlichkeit und Schriflichkeit im Judentum und Christentum der Antike, Tübingen/Basel 1997 (TANZ 20), 77-89, in particolare, 77-82.

253 Sulla diffusione di alfabetizzazione, lettura e scrittura nel mondo greco-romano, vedi l’ampia e puntuale discussione di fonti letterarie, papiracee ed archeologiche in Millard, Pergament, in particolare, 81-129.154-188.205-215. 254 Cfr. l’osservazione di sfuggita di Lupieri, Apocalisse, 172.

255 Lo stato di conservazione del papiro C (V/VI sec.d.C.), secondo la numerazione di H.D.Betz (a cura di), The Greek Magical Papyri in Translation, including the Demotic Spells, Chicago 1986, illustra bene la pratica: il papiro è stato scritto una prima volta, sciolto nell’acqua per far passare le parole dell’incantesimo e il loro potere di guarigione in forma liquida, infine riscritto nuovamente, in previsione di altre bibite oppure come amuleto. Vedi D.Wortmann, Neue Magiche Texte, Bonner Jahrbücher 168 (1968), 56-111, in particolare, 102-104.

cfr. E 3229, col. V, 1-28)256. Nel Romanzo di Setne I, testo conservato da un papiro demotico del III sec.a.C., lo scriba Naneferkaptah fa portare davanti a sé “un pezzo di papiro nuovo e scrisse tutte le parole che erano sul libro davanti a lui, lo imbibì di birra e lo sciolse nell’acqua; poi, quando conobbe che era disciolto, lo bevve e seppe ciò che c’era in esso”257.

Gli ultimi due esempi e la pratica di teletai, e mnhmonikai, ci riportano ad un legame tra ingestione di materiale scritto e memoria o conoscenza che occhieggia anche in una delle interpretazioni proposte da Artemidoro di Dalde (II sec.d.C.) ai sogni di “mangiare libri” (Onirocr. II, 45): bibli,on to.n bi,on tou/ ivdo,ntoj shmai,nei […] kai. palaiw/n pragma,twn u`po,mnhsin, evpeidh. ta. pa,lai pracqe,nta toi/j bibli,oij evgge,graptai. evsqi,ein de. bibli,a paideutai/j kai. sofistai/j kai. pa/si avpo. lo,gou h' bibli,wn porizome,noij sumfe,rei. E Vittorino di Petovio, conseguentemente, scrive: Accipere autem libellum et comedere eum ostensionem sibi factam memoriae est mandare (In Apoc. 10, 3)258.

Insomma, nell’accumularsi delle connotazioni simboliche dell’ingestione, con dominanza dei sensi assimilazione, acquisizione, conoscenza di ciò che è ingerito259, è ora il corpo che si trova ad essere coinvolto nell’ultima fase del rituale260: in quel momento e in quelle condizioni create dal giuramento dell’angelo, al suo culmine, tutta la potenza creatrice e rivelatrice divina si condensa e concentra nelle lettere del rotolo che, inghiottite e assorbite da Giovanni, lo penetreranno fisicamente – in un certo senso, si faranno corpo, si “accarneranno”, per citare Dante (Purg. XIV, 22) – e lo investiranno di sapere e autorità “profetici” senza precedenti.

Il bisogno di conoscenza dal mondo divino e la separazione tra questo e Giovanni sono interiorizzati e colmati, la trasformazione si rivela radicale e irrevocabile. A Giovanni sono trasferiti facoltà, compiti e modalità di operare che individuano socialmente la sua nuova identità di profh,thj261: l’azione simbolica ordinatagli (11, 1-2), il potere (evxousi,a) di compiere shmei,a (cfr. 11,

256 In questa direzione vanno interpretati anche i rituali di Sotah e dei papiri citati supra, 39-40. Cfr. T.Hopfner, Griechisch-ägyptische Offenbarungszauber, Amsterdam 1974, I, 420-421 (ed.orig.: 1921); B.Olsson, Die verschlung- ene Buchrolle, ZNW 32 (1933), 90-91; R.K.Ritner, The Mechanics of Ancient Egyptian Magical Practice, Chicago 1993 (SAOC 54), 102-110.

257 Seguo la traduzione di E.Bresciani, Letteratura e poesia dell’antico Egitto. Cultura e società attraverso i testi, Torino 19993, 881-894 (citazione: 886-887).

258 Istruttivo il caso del grammatico Didimo di Alessandria (I sec.a.C.): la sua instancabile attività compilatoria gli guadagnò il soprannome di Calke,nteroj, significativamente ribaltato nell’ironico Bibliola,qaj da Demetrio di Trezene (cfr. Suda s.v. Di,dumoj, e Ateneo, Deipn. 4, 139c).

259 Se 3, 10 riprende expressis verbis, commenta e interpreta l’ingestione del rotolo in 3, 4, anche nel sottotesto ezechielino della scena si avverte la forte interconnessione di scrittura, incorporazione (~y[m/koili,a) e interiorizzazione/memoria (bl/kardi,a). Vedi H.-J.Fabry, art. bl/bbl, TWAT IV, 413-451, in particolare, 432-435, e H.Ringgren, art. ~y[m, ibid., 1036-1037, e il commento di Davis, Scroll, 50-53. Cfr. Ritner, op.cit., 102-110.

260 Cfr. ancora l’analogo caso già citato di Equizio: il giovane bellissimo che gli appare gli depone sulla lingua il flebotomum, e gli dice: “«Ecce posui verba mea in ore tuo. Egredere ad praedicandum». Atque ex illo die, etiam cum voluero, de Deo tacere non possum” (Gregorio Magno, Dialogi, I, 4, 8).

261 È nel corpo dell’iniziando che “l’identità e lo status raggiunti vengono definiti e iscritti in forma permanente o comunque irreversibile. È il corpo che subisce e conserva i segni iniziatici, da quelli poco invasivi (unzioni,

3-6, e 13, 12-14 e 16, 13-14), le esperienze estatiche stesse e le rivelazioni dello Spirito, nell’imminenza della parusia (14, 13; 19, 10; 22, 17; cfr. anche 22, 6), l’equiparazione ontologica agli a;ggeloi (19, 10 e 22, 8-9), tutto concorre a definire e creare il suo profhteu,ein. Non ultimo, il bibli,on stesso, su cui e che scrive, diventato, simultaneamente, rotolo di “profezia”: fedeltà a e preservazione del suo messaggio potranno ora decidere e misurare la beatitudine escatologica di chi lo ascolta (22, 7.9.10.18-19, e, a posteriori, 1, 3).

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2.5.3 Un passo indietro: elementi e prospettive per una (ri)lettura