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Area portuale (81) Porto

Karales Romana

11. Area portuale (81) Porto

Lo spostamento dell'abitato dall'area di Santa Gilla alla zona di piazza del Carmine, nella quale si trovava il foro, determinò anche la realizzazione di una nuova area portuale. Questa sarebbe stata individuata nell'area dell'attuale darsena, in cui scavi332 archeologici hanno messo in luce strutture che sono state

interpretate come banchine di età romana. Più recenti indagini333 hanno permesso

il ritrovamento, in via Campidano (82), di tratti murari probabilmente relativi all'antico impianto portuale334.

Anche l'analisi della letteratura latina confermerebbe l'ipotesi della realizzazione del porto nelle vicinanze del foro. Lo scrittore Claudiano335, il quale visse nel IV

d.C., sembrò riferirsi alla presenza di due porti, quello fenicio-punico e quello romano, parlando della città che “si protende nel mare con un piccolo colle (intendendo il colle di S. Elia) che spezza la violenza dei venti opposti (i venti di sud/sud-est). In questo modo, nel mezzo si forma un porto (quello romano) e in un'ampia insenatura (quella di S. Gilla in cui si trovava il porto fenicio-punico), al riparo dai venti, riposano le acque336337.

Un altro scrittore latino, Vegezio338, che visse tra IV e V d.C., segnalava la

presenza in Sardegna di un distaccamento della flotta militare di Miseno. A confermare ciò che scrisse l'autore sono le attestazioni epigrafiche339 relative a un

gruppi di classiari, marinai della flotta, ritrovate in un'area tra viale Regina Margherita e via Eleonora d'Arborea, databili tra il I e il III d.C.340.

D'altronde la posizione geografica rese Cagliari importante dal punto di vista

332Levi 1937. 333Meloni 1995.

334Colavitti-Tronchetti 2003, 17; Meloni 1990, 165. 335Claudio Claudiano, De bello Gildonico, I, 520 ss.. 336Meloni 1990, 157.

337Mastino 2009, 230; Meloni 1990, 157. 338Vegezio, Epitome rei militaris, IV, 31. 339C.I.L., X, 7592, 7595; E.E., VIII, 709-712. 340Meloni 1990, 165.

strategico nel controllo dei mari. Al centro del Mediterraneo, non lontana dalle principali città africane e dalle province occidentali, il suo porto offrì uno scalo intermedio per i traffici commerciali e una base per la protezione dei mari dalle azioni di pirateria e di eventuali nemici.

Questa localizzazione strategica portò, dunque, all'insediamento di un distaccamento della flotta del Miseno, guidata presumibilmente da un navarchus, e alla realizzazione delle infrastrutture necessarie, quali i navalia, ossia i cantieri nautici. Un episodio relativo alla seconda guerra punica, infatti, rivela che nel 202 a.C., il console Tiberio Claudio Nerone, al comando delle navi di rifornimento per Publio Cornelio Scipione, dovette ancorare al porto di Carales per usufruire dei navalia, a causa di una tempesta che danneggiò le imbarcazioni.

Essendo questa data coincidente con l'ultima fase di vita dell'abitato punico, è ipotizzabile che il porto e le infrastrutture in questione fossero quelli relativi al nuovo insediamento cittadino romano, nel sito dell'attuale porto tra piazza del Carmine e via XX settembre, e non all'abitato punico di Santa Gilla341.

Il fatto che la necropoli dei classiari si trovasse nelle vicinanze del porto romano, confermerebbe tali supposizioni, tenendo comunque presente che il porto fenicio- punico sembrerebbe ancora in uso dopo l'abbandono dell'abitato di Santa Gilla, in quanto sono stati recuperati materiali di epoca tardo-repubblicana e imperiale. Sul periodo in cui la flotta ormeggiò per la prima volta nel porto di Cagliari non si hanno certezze. Si suppone che ciò sia avvenuto durante i primi anni dell'impero, quando ancora vi fu la necessità di rispondere ad azioni di pirateria compiute dalle popolazioni interne dell'isola. La cronologia assoluta più antica che conosciamo deriva dalla necropoli dei classiari, poiché una delle sei iscrizioni è databile alla metà del I d.C., mentre le altre dalla prima metà del II al III d.C.342.

Un'altra iscrizione funeraria, datata al II d.C., è quella trovata nel quartiere di S.

341Colavitti 2003b, 13; Mastino 2009, 188, 219; Meloni 1990, 227-228. 342Mastino 2009, 219, 230; Meloni 1990, 165, 228.

Avendrace, nella quale è ricordato C. Fabricio Gianuario archig(ybernes)343, un

titolo la cui terminologia alla greca può essere riferita al capo dei piloti, dei gubernatores, il pilota della nave ammiraglia, oppure identificato con il navarchus princeps, che designava il grado più elevato tra i navarchi, il più diretto collaboratore del comandante della flotta, il praefectus. Essendo, spesso, quest'ultimo un personaggio dell'ordine equestre con poca o nessuna competenza tecnica, il navarchus princeps era il reale comandante della flotta344.

Testimonianze epigrafiche confermano l'attenzione dell'autorità imperiale centrale nei confronti delle attività portuali, attraverso la figura, attestata almeno per il periodo di principato di Adriano (117-138 d.C.), del “proc(urator) ad ripam345”.

Fig. 34. Mosaico del Foro delle Corporazioni a Ostia (Mastino 2005, 187). Per ripa si intende un tratto costiero entro il quale il procurator esercitava i suoi poteri svolgendo precisi compiti tra cui l'amministrazione delle proprietà imperiali, la riscossione dei dazi doganali e l'immagazzinamento delle merci. I traffici che legavano il porto di Cagliari con quello di Ostia, porto della capitale Roma, sono testimoniati dall'iscrizione musiva messa in luce negli scavi di Ostia, precisamente nel Foro delle Corporazioni, e relativa al periodo di Settimio Severo

343C.I.L., X, 7593.

344Mastino 2009, 398; Meloni 1990, 228-229. 345C.I.L., X, 7587.

(193-200 d.C.) (fig. 34). Tale iscrizione, infatti, cita i “navicul(arii) et negotiantes Karalitani346”, ossia una corporazione professionale degli armatori e appaltatori di

trasporto via mare, navicularii, e uomini d'affari e commercianti, i negotiantes. A questi si rivolgevano i funzionari imperiali per l'approvvigionamento di cereali della capitale e della penisola. Nel mosaico l'iscrizione è delimitata da due modii di grano che, evidentemente, indicano il prodotto inviato da Cagliari ad Ostia347.

Infine, per quanto riguarda la durata dell'utilizzo del porto romano, l'archeologa Mongiu, parlando di dati epigrafici recentemente riesaminati, ma non meglio specificati, afferma che il porto dovette essere attivo sino al VI-VII d.C.348.