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Nascita del quartiere di Stampace

CAPITOLO XI L'età Giudicale

VI- VII l'epitaffio (112) 584 dell'area della distrutta chiesa di S Paolo; infine, due

4. Nascita del quartiere di Stampace

Il nome del quartiere è conosciuto già nel XIII secolo e ciò è testimoniato dalla relazione614 redatta nel 1263 dall'arcivescovo di Pisa, Federico Visconti, il quale,

in visita a Cagliari fu accompagnato “tam Castelli de Castro quam de Stampace”. Da questo documento sappiamo che visitò le chiese di S. Margherita, S. Efisio, S. Restituta e S. Anna, situate tutte nel quartiere, tra le quali le ultime tre sono tuttora

610Colavitti-Tronchetti 2003, 21.

611Amante Simoni-Giuntella-Pani Ermini-Stiaffini 1987, 93. 612Amante Simoni-Giuntella-Pani Ermini-Stiaffini 1987, 93. 613Amante Simoni-Giuntella-Pani Ermini-Stiaffini 1987, 93. 614Tola 1861, I, sec. XIII, doc. CIII, 380 ss..

esistenti, anche se profondamente modificate. Anche il trattato615 di pace tra Pisa e

Genova del 1288 cita la villam de Staimpace616.

Una tale presenza di edifici di culto, deve far pensare ad un agglomerato di una certa consistenza e, data la resa di Santa Igia solo sei anni prima della visita del Visconti, va ipotizzata la contemporaneità della città giudicale e del quartiere di Stampace. Quest'ultimo, oltretutto, una volta distrutta la cittadella giudicale, inglobò con il suo nome anche i territori dell'ex capitale (fig. 50)617.

Pur essendo probabilmente antecedente alla distruzione di S. Igia e al completo dominio pisano del cagliaritano, la parte alta del quartiere sembra essere interessata da una progettazione urbanistica simile a quella leggermente più tarda del quartiere di Villanova, in questo caso certamente opera dei Pisani. Infatti, il nucleo più antico, addossato alle pendici occidentali del Castello, ripete la direzione dell'asse primario nord-sud, in conformità a ciò che accade a Villanova, lasciando ipotizzare un disegno topografico precedente a quello impostato per il quartiere orientale qualche decennio dopo, essendo ancora inesistente nel 1263618.

La lettura delle mura che circondavano il quartiere è complicata dalla mancanza di dati archeologici. Certamente uno dei limiti era dato dall'ancora esistente Torre dello Sperone (159), la quale, attraverso l'omonima Porta, dava accesso al quartiere. La lettura topografica di Stampace Alta e l'osservazione delle raffigurazioni di Cagliari in età medievale-moderna, permettono di fare delle ipotesi. In particolare dal disegno di Sigismondo Arquer (fig. 67) del 1550 è possibile supporre che le mura a sud seguissero, a partire dalle pendici meridionali di Castello, all'incirca l'attuale via Azuni, in direzione della Porta dello Sperone, per poi risalire a nord verso l'attuale Ospedale Civile, e dirigersi, infine, nuovamente verso le pendici orientali del colle, all'altezza dell'attuale

615Tola 1861, sec. XI, doc. XCVII, 375 ss.. 616Masala 1995, 23.

617Masala 1995, 23.

congiungimento tra via S. Giorgio e via S. Margherita619.

Fig. 50. Siti extraurbani. Nel riquadro chiese e monastero del quartiere Stampace. L'accesso al quartiere era garantito dalla presenza di tre porte. L'unica ancora esistente è la Porta dello Sperone, detta anche degli Alberti, che mostra nella facciata esterna un'epigrafe che ricorda la conclusione dei lavori nel 1293, durante il governo di un Alberti, capitano del Comune e del popolo di Castello di Castro. Documenti di concessioni enfiteutiche del XV ricordano anche un gradarium, ossia una scalinata, riconducibile al toponimo Puerta Escalas, ancora esistente e chiamata via Porto Scalas. Una seconda porta, a sud-est vicina al quartiere Marina, era chiamata Porta dell'Angelo (160), mentre l'ultima, probabilmente ubicata sul lato ovest, era denominata Porta dei Cavoli o di S. Guglielmo620.

L'etimo del toponimo è incerto e non se ne conosce l'origine. La spiegazione più probabile è quella che si riferisce alle numerose cavità che si aprono nel quartiere, come quelle sopra le quali sono state edificate le chiese di S. Efisio e S. Restituta, ossia facendo derivare il nome da stampu, che in dialetto sardo significa buco621.

619Masala 1995, 23, 28-31.

620Bullita 2010, 71; Masala 1995, 28-31; Rassu 2003, 48. 621Masala 1995, 23.

5. Luoghi di culto

In epoca altomedievale, nella cittàdella di S. Igia, vicino al palatium, sede del giudice di Cagliari, dovette trovare spazio la cattedrale cittadina. Accanto ad essa, sede dell'arcivescovo e prima per inportanza, all'interno del tessuto urbani si inserivano numerose altre chiese, alcune delle quali sopravvivono ancora oggi, altre le conosciamo solo dall'attestazione in documenti di età medievale. Di questi ultimi, il più interessante è sicuramente quello redatto nel 1263: una relazione622

della visita della città da parte dell'arcivescovo di Pisa, Federico Visconti, dalla quale scopriamo dell'esistenza a quel tempo delle chiese di S. Margherita, S. Efisio, S. Restituta e S. Anna, ubicate tutte le quartiere di Stampace, delle quali le ultime tre sono tuttora esistenti623.

Come si è visto624, è ancora insoluto il problema della collocazione della sede

episcopale del IV secolo. Secondo l'opinione della Pani Ermini, non dovrebbe essere identificata nella chiesa di S. Cecilia, poiché il culto della santa non può risalire a prima della fine del V secolo, a meno che non avesse avuto un'altra intitolazione precedentemente. Invece, per il periodo giudicale è probabile che tale edificio fungesse da cattedrale di Villa S. Igiae625.

(120) Chiesa di Santa Maria di Cluso

La chiesa di Santa Maria de Cluso potrebbe essere identificata con i resti di una struttura absidata in blocchi squadrati di pietra forte proveniente dal colle di Bonaria messi in luce durante gli scavi condotti da Bedini nel 1975 in via Simeto. Tale luogo di culto, che a detta di A. Boscolo626 acquisì il titolo di cattedrale,

dovette avere una certa importanza, poiché spesso fra i testimoni di spicco di documenti627 molto importanti, come testamenti o giuramenti di giudici o patti col

622Tola 1861, I, sec. XIII, doc. CIII, 380 ss.. 623Martorelli 2008, 41; Masala 1995, 23. 624Si veda, infra, p. 129.

625Martorelli 2008, 78; Pani Ermini 1986, 208-209. 626Boscolo 1978, 101.

nemico, ne figurano arcipresbiteri, canonici e diaconi. Non vi sono tuttavia menzioni precedenti al 1215, a meno che prima non avesse un'altra intitolazione. In tal caso si potrebbe considerare l'ipotesi che si trattasse della chiesa di Santa Maria in via lata che compare accanto a S. Cecilia in un documento628 del 1176629.

Gli scavi del 1975 permisero di mettere in evidenza anche una cisterna, vari elementi architettonici e dei sarcofagi, questi ultimi relativi alla necropoli sorta intorno alla chiesa e, come ricordato in precedenza630, inserita nel testamento

dell'erede del giudice di Cagliari, Rinaldo, il quale volle essere sepolto in tale luogo di sepoltura, di cui i dati ceramici attestano un utilizzo prolungato tra Alto e Basso Medioevo631.

(121) Chiesa di S. Pietro dei Pescatori

Essendo stata edificata in prossimità dello stagno di S. Gilla, venne denominata chiesa di S. Pietro de portu o litum maris. Attestata per la prima volta in un documento del 1120632 tra i beni donati ai monaci Vittorini di Marsiglia, la

struttura odierna rappresenta il risultato di diverse modifiche che nel tempo ne hanno reso l'impianto primitivo, probabilmente risalente all'inizio dell'XI, quasi illeggibile. L'interno presenta un'unica navata sormontata da una copertura a capriate lignee rette da mensole, che secondo il Delogu sostituirono l'originaria volta. La facciata, che riflette influenze gotiche risalenti alla fine del '200, mostra un portale caratterizzato da un robusto arco a tutto sesto con una cornice in calcare chiaro. Nella parte superiore, invece, è collocata un'ampia finestra. L'abside, influenzato da maestranze di origini lombardo-catalane della fine dell'XI, fu costruito semicircolare con un catino sormontato da un oculo, visibile esteriormente. Infine, non è più presente il vestibolo porticato riportato nelle

628Tola 1861, sec. XI, doc. CIV, 245.

629Fois 1986, 220-221; Usai-Zucca 1986, 168-169. 630Si veda, infra, p. 170.

631Fois 1986, 220-221; Usai-Zucca 1986, 168-169. 632Guerard 1857, II, n. 850.

mappe catastali ottocentesche. Ancora oggi legata all'antica corporazione dei pescatori dello stagno, secondo lo Spano633 era una filiale della cattedrale ubicata

nella cittadella di Santa Gilla. Tale ipotesi si basa sulla lista634 degli arredi del

1229635.

Fig. 51. Facciata della Chiesa di S. Pietro

(http://static.panoramio.com/photos/original/26978741.jpg) Fig. 52. Pianta della Chiesa di S. Pietro (Delogu 1953, 55).

(122) Chiesa di S. Lorenzo o Nostra Signora di Buon Cammino

Nella relazione636 del 1263 dell'arcivescovo di Pisa, Federico Visconti, risulta

633Spano 1861, 329. 634Capra 1907.

635Delogu 1953, 55-56; Fois 1986, 221; Pani Ermini 1986, 204; Pinna 2010, 145-147; Pintus 1995, 93.

intitolata a Sanctum Brancasium, San Pancrazio, ma, successivamente, venne denominata prima Nostra Signora di Buon Cammino, dai Catalani, e in seguito chiesa di S. Lorenzo. La data di edificazione è incerta, ma si pensa che sia stata costruita su una preesistenza paleocristiana nella prima metà del XII. L'architettura originaria prevedeva l'edificazione di due navate senza cappelle laterali, che vennero aggiunge solo nel XVIII secolo. L'attuale struttura vede le navate precedute da un pronao, anch'esso un'aggiunta successiva, sul quale si apre la porta d'ingresso, riparata da un tetto a doppio spiovente. La copertura interna è caratterizzata da una volta a botte con archi traversi di rinforzo che scaricano il peso sulle cappelle laterali e sulla spina centrale, costituita da arcate sorrette da tozze colonne a capitelli a cuscino. Posteriormente presenta due absidi rettangolari, anziché semicircolari, e un piccolo campanile a vela a due luci, in corrispondenza dell'abside di destra. Infine, le sei cappelle laterali a pianta quadrata sono chiuse ognuna da una cupola emisferica637.

(123) Chiesa di S. Efisio

Anch'essa nominata nella relazione del 1263, sorge su una piccola piazza del quartiere di Stampace, al di sopra dell'ipogeo considerato dalla tradizione il carcere di S. Efisio. L'impianto altomedievale venne interamente smantellato nel 1780, ad eccezione del campanile a pianta quadrata, per realizzare un nuovo edificio cultuale dal gusto Barocco, tuttavia, conserva la planimetria antica caratterizzata da una navata racchiusa da una volta a botte e scandita da paraste e trabeazioni in stile classico e con le cappelle laterali ricavate tra i contrafforti. Infine, il presbiterio sopraelevato è sovrastato da una cupola ottagona sostenuta da un tamburo638.

637Delogu 1953, 58-59; Pintus 1995, 92. 638Pintus 1995, 99.

(124) Chiesa di S. Restituta

Come nel caso di S. Efisio, sorse al di sopra della cripta in cui la tradizione vuole che la santa sia stata fatta prigioniera prima di essere martirizzata. La pianta originaria non si conosce, poiché l'edificio venne demolito nel corso del '600 per la realizzazione di una nuova struttura. L'attuale chiesa è caratterizzata da un'unica navata, affiancata dalle cappelle laterali, terminante in un presbiterio rialzato in stile gotico. L'ambiente è chiuso da una volta a botte, mentre la facciata principale mette in luce influssi seicenteschi639.

(125) Chiesa di S. Anna

Presenta una situazione analoga a quella della chiesa di S. Efisio e S. Restituta, dalle quali dista poche decine di metri. Infatti, anche in questo caso la chiesa primitiva fu demolita per ricostruirne un'altra con un nuovo progetto a partire dal 1785. Dell'antico edificio è noto solamente l'orientamento, sull'asse est-ovest con accesso sull'attuale via S. Efisio. Come le precedenti, la chiesa altomedievale venne citata dall'arcivescovo di Pisa nella relazione del 1263640.

(126) Chiesa di S. Maria de Portu Gruttis

Sappiamo che nel 1229 i Francescani ricevettero in dono dall'Opera di S. Maria di Pisa la chiesa di S. Maria de Portu Gruttis, fino ad allora facente parte del patrimonio gestito dai Vittorini. L'edificio, successivamente intitolato a S. Bardilio, si trovava ai piedi del colle di Bonaria dove ora si trova l'accesso al cimitero monumentale, la cui costruzione dell'ingresso nel 1929 determinò la scelta di demolire l'antica chiesa641.

La planimetria prevedeva un'aula rettangolare con abside semicircolare e copertura in legno. La facciata presentava un portale centrale architravato, sopra il

639Pintus 1995, 98. 640Pintus 1995, 102.

quale si apriva una finestra affiancata da una cimasa ad archi e mensole. I Francescani aggiunsero una bifora archiacuta e un frontone timpanato con archetti trilobati ascendenti642.

Fig. 53. Prospetto e pianta della Chiesa di San Bardilio (Delogu 1953, Tav. CXCVII; 214)

(127) Complesso monastico di S. Francesco

Situato in un'ampia area che si affacciava sia sul corso Vittorio Emanuele che sulla parallela via Mameli, oggi restano i ruderi del vasto complesso che comprendeva il convento dei Frati Minori, il chiostro e la chiesa di S. Francesco, il cui documento di compravendita dell'area per la costruzione del convento risale al 1275. Orientato sull'asse est-ovest, l'edificio chiesastico era caratterizzato da

forme gotiche, con il portale d'ingresso situato sul fronte laterale e un piccolo campanile a vela. L'interno presentava un'unica navata con copertura lignea ritmata da archi di scarico, mentre ai suoi lati si aprivano le cappelle, realizzate in fasi successive. Attraversando la sagrestia si giungeva al chiostro, realizzato in forma quadrata, con un pozzo al centro643.

Del complesso rimangono ampie parti coperte da volte a crociera in condizioni di grave degrado, anche se attualmente è in corso il restauro delle strutture che dovrebbero in futuro ospitare un museo. La decadenza iniziò nel 1861, in seguito all'incameramento demaniale dei beni ecclesiastici. Nel 1862, venne adibito a caserma dei Carabinieri, ma le parti non utilizzate e abbandonate crollarono e sull'area delle rovine furono costruiti gli edifici che oggi si affacciano sul corso Vittorio Emanuele644.

Fig. 55. Portone (ora nella basilica di Bonaria), fianco meridionale e frontone del complesso di S. Francesco (Delogu 1953, CXCVI).

643Cadinu 2001, 140; Cadinu 2009, 71; Delogu 1953, 212-213; Pintus 1995, 94-95. 644Cadinu 2001, 140; Pintus 1995, 94-95.