Karales Romana
6. Luoghi di culto
Per l'epoca romana sono attestate diverse sopravvivenze della religione punica. Il motivo per cui tali culti continuarono a esistere è che ormai erano entrati a far parte della cultura della Sardegna punicizzata. È anche necessario mettere in risalto il fatto che le autorità romane non ostacolarono la continuazione di tali culti250.
(54) Tempio-teatro di via Malta
Situato nel foro, l'impianto templare sorse alla base di un sistema terrazzato che si sviluppava sul retrostante pendio che saliva verso il Corso Vittorio Emanuele e la parte alta del quartiere di Stampace. Fu scoperto nel 1938 durante i lavori per la costruzione di un palazzo prospiciente la via Malta, per poi essere ricoperto poco prima dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale.
In seguito, nel 1949, la costruzione dell'attuale palazzo delle Poste, tra piazza del Carmine e via Malta, permise all'archeologo Mingazzini251 di scavare il sito
mettendo in luce i resti del teatro-tempio (fig. 26)252.
Il perimetro esterno era formato da una grande area rettangolare di m 120x43, delimitata da un muro di cinta che presentava filari di grossi blocchi calcarei alti m 2,20. Al centro era stato edificato un tempio tetrastilo eretto su un podio di pianta rettangolare, costruito con blocchi ben squadrati di tramezzario, un tipo di calcare tenero estratto nel colle di S. Avendrace, messi in opera senza l'utilizzo di malta. Nel lato anteriore si trovava una gradinata che portava al pronao. Le colonne dovevano essere realizzate in calcare su basi attiche in lavagna nera. Orientato nord-est/sud-ovest, di esso si conserva solamente il basamento.
L'accesso era posto nella parte bassa, sotto il palazzo delle Poste. Per giungere al teatro si passava per una cavea, che imitava quelle dei teatri, composto da undici
250Mastino 2009, 406. 251Mingazzini 1949.
252Angiolillo 2008, 32-33; Colavitti-Tronchetti 2003, 22-23; Mureddu 2002a, 57; Moscati 1968, 150-151; Pesce 1961, 24, 113-115.
file di gradini. È stato interpretato come scala di accesso o effettivo teatro per le rappresentazioni, ma anche come luogo in cui si svolgevano le assemblee cittadine.
L'edificio era circondato per tre lati da un giardino, o boschetto, fornito di un pozzo alimentato da una sorgente sottostante. L'area comprendeva numerosi altri edifici connessi al tempio tra cui cisterne, cunicoli
idrici, resti di pavimenti stradali di cui ora non rimangono tracce visibili253.
Il tempio-teatro di via Malta venne interpretato dal Mingazzini un'area sacra di origine fenicio- punica254, con continuazione d'uso anche in epoca
romana. Studi più recenti hanno consentito di scartare tale ipotesi e inserire con certezza il complesso all'ambito romano-repubblicano datandolo tra la fine del III a.C. e gli inizi del II a.C.. Guardando all'Italia Centrale, è possibile associarlo a complessi monumentali quali i santuari di Giunone a Gabii, di Ercole Vincitore a Tivoli e della Fortuna Primigenia a Palestrina255.
Centro della vita religiosa di età repubblicana, il santuario potrebbe essere stato consacrato a Venere
e Adone.
Fig. 26. Pianta Tempio di via Malta (Moscati 1968, 151).
253Colavitti-Tronchetti 2003, 22-23; Mastino 2009, 219-221; Moscati 1968, 150-151; Pesce 1961, 24, 113-115.
254Ancora nel 1961 Gennaro Pesce e nel 1968 Sabatino Moscati lo consideravano di età punica: Moscati 1968, 150-151; Pesce 1961, 115.
255Angiolillo 2008, 32-33, 37; Mastino 2009, 219-221; Meloni 1990, 105, 165; Pesce 1961, 24; Tronchetti 1990, 15-16.
La sua intitolazione venne ipotizzata sulla base del ritrovamento di una moneta di Carales, coniata nell'anno in cui erano in carica i due sufeti Aristo e Mutumbal figlio di Ricoce, e che sul rovescio presenta il tempio tetrastilo di Ven(us). L'emissione di questa moneta sembra potersi collocare nell'ultimo periodo di presenza delle magistrature puniche a Cagliari, sopravvissute alla conquista romana e al governo della città sino alla fine del I a.C., quando Ottaviano promosse la città a municipium. Anche la grossa quantità di corallo ritrovato in situ rivela, secondo l'archeologa Simonetta Angiolillo, la presenza del culto di Adone256. Alla fine del I a.C., con l'affermarsi dei culti legati al potere imperiale,
la devozione alle due antiche divinità, Venere e Adone, fu trascurata e il tempio cadde in disuso, soppiantato dal più importante templum Urbis Romae et Augustorum257.
(55) Tempio sotto la Chiesa del Carmine
In epoca tardo repubblicana venne eretto in prossimità del foro, non distante dal coevo tempio-teatro di via Malta, un santuario posto su un podio, il quale venne obliterato in seguito alla monumentalizzazione dell'area in epoca imperiale che portò all'edificazione di nuove strutture258.
(56) Capitolium
Il Capitolium era un santuario dedicato alle divinità capitoline Giove, Giunone e Minerva. La sua edificazione è stata ipotizzata nella fase successiva all'elevazione della città a municipio. Attualmente, però, non esistono testimonianze archeologiche che permettano di localizzare il tempio in un luogo preciso. La sua presenza è, tuttavia, attestata da una fonte agiografica, la Passio e Legenda S. Saturnini259, che posiziona genericamente il Capitolio «portui maris Caralitanae
256Mastino 2009, 219-221. 257Mureddu 2002a, 57.
258Angiolillo 2008, 33; Lilliu 2008a, 719-725; Mastino 2009, 223. 259Acta Sanctorum, ottobre, XIII, 296 ss..
civitatis vicinum», in cui il porto va inteso come quello romano nei pressi del foro. Inoltre, un dato che permette di supporre la sua localizzazione è il toponimo260 di
una chiesa dedicata a San Nicola in Capusolio (Capitolio), esistente sino alla seconda metà del '800 in via Sassari all'angolo con piazza del Carmine, dunque nell'area del foro e del tempio-teatro di via Malta261.
Dalla Passione di S. Saturno, che il Mameli262 data al VI-VII d.C., si apprende che
il santuario era ancora attivo nel 303-304 d.C., in quanto presso di esso furono effettuati gli annua sacrificia ad Iuppiter. I pagani si incamminavano verso il Capitolio lungo la via sacra, che si principiava dal templum Solis e dal luogo detto puteus novus posto ai limiti dell'area urbana di Cagliari. Il martirio di Saturno avvenne proprio durante tale processione quando venne raggiunto iuxta lacum qui appellatur Apol(l)inis e ucciso263.
Pur non essendoci prove, Rossana Martorelli ipotizza un cambiamento nella destinazione d'uso del tempio dopo l'Editto di Teodosio del 381, che rese il cristianesimo unica religione di Stato264.
(57) Tempio di Roma e Augusto
Del templum Urbis Romae et Augustorum non si hanno prove archeologiche che ci permettano di stabilirne la localizzazione, ma la sua presenza è attestata da alcune iscrizioni265 che citano i sacerdoti associati a tale santuario. L'ipotesi più
probabile è che dovette trovarsi nei pressi del foro, poiché fu il massimo centro del culto imperiale in Sardegna, essendo la città capoluogo della provincia. Esistente almeno dall'età flavia, nel tempio venivano tributati onori e sacrifici a
260La prima attestazione risale all'atto di acquisto del 1275 di un terreno posto prope Ecclesiam Sancti Nicolai de Capusolio (Mongiu 1995, 15).
261Colavitti-Tronchetti 2003, 16; Lilliu 2008a, 724; Mastino 2009, 223; Mongiu 1995, 15; Mureddu 2002a, 57; Zucca 2002, 37-38.
262Mameli 2000.
263Colavitti 2003b, 14; Mureddu 2002a, 57-58; Zucca 2002, 37. 264Martorelli 2008, 14-15.
Roma e all'imperatore266.
(58) Tempio di via Angioy
L'archeologa Simonetta Angiolillo attesta la presenza dei resti di un tempio in via Angioy267.
(59) Tempio di viale Trento
Anna Maria Colavitti riporta la notizia del ritrovamento di tracce archeologiche attribuibili ad un tempio durante degli scavi effettuati in prossimità dell'area in cui si incrociano viale Trento e viale Merello, diretti da Donatella Salvi ma ancora inediti268.
(60) Vicus Martis et Aesculapi
Due fonti epigrafiche269, una delle quali databile al II d.C., attestano l'esistenza di
un “vicus Martis et Aesculap[i]”, il quale andrebbe inteso come un quartiere cittadino in cui, probabilmente, dovevano trovarsi i templi dedicati alle due divinità. O, quanto meno, un santuario per il dio della guerra e un'edicola accanto al tempio di Marte per il secondo. Secondo l'archeologo Zucca, un templum Aesculapii Aug(usti), che diede il nome al quartiere, detto anche “di Marte”, andrebbe collocato nella terrazza più elevata del quartiere di Stampace, a monte del foro270.
La forte presenza di chiese ravvicinate, in questo quartiere, sarebbe da imputare alla preesistenza di culti pagani, la maggior parte dei quali di matrice orientale, le cui tracce furono scovate, in particolare, nelle cripte di Santa Restituta e S. Efisio, utilizzate in epoca romana come santuari dedicati a Mitra271.
266Mastino 2009, 223; Meloni 1990, 247-248; Mureddu 2002a, 57. 267Angiolillo 2008, 33.
268Colavitti 2003b, 28. 269C.I.L., X, 7604, 7605.
270Mastino 2009, 415; Meloni 1990, 165, 242-243; Mureddu 2002a, 58; Zucca 2002a, 38. 271Mureddu 2002a, 58.
La dedica a Esculapio Augusto è testimoniata da un'iscrizione272, datata al I d.C.,
messa in luce a Cagliari. Il secondo attributo veniva assegnato frequentemente a divinità nell'ambito del culto imperiale. Anche un'altra fonte epigrafica273 cita il
dio Esculapio. Tuttavia, la più antica attestazione del dio, identificato in questo caso con la divinità fenicio-punica Eshmun, risale alla prima metà del II a.C. con l'iscrizione274 trilingue di S. Nicolò Gerrei275.
Culti alessandrini
L'ampia diffusione dei culti alessandrini è attestata per la Carales romana, ma sono assenti testimonianze archeologiche relative ad un santuario. Tali culti di divinità egiziane, presumibilmente accompagnati dai rispettivi templi, sono dimostrati dai rinvenimenti statuari. La maggior parte dei recuperi avvennero nell'Ottocento da parte di studiosi sardi, i quali riportarono informazioni incomplete che talvolta tacciono sul luogo di ritrovamento o risultarono ambigue. Il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari custodisce 3 sfingi intere in granito rosa: la prima è stata recuperata sotto la Cattedrale di Castello e venne datata all'età tolemaica dagli autori del ritrovamento, avvenuto senza l'applicazione di metodologie di scavo adeguate; la seconda è di provenienza incerta e datata all'età imperiale; la terza è collocabile al I d.C. secondo Piero Meloni, il quale afferma che il ritrovamento sarebbe avvenuto nell'attuale Orto Botanico di viale Fra Ignazio da Laconi, aperto nel 1864. Il Pesce e il Moscati, invece, i quali datavano la sfinge al IV-III a.C., sostenevano che si trattasse del vecchio Orto botanico, situato nell'area dell'attuale palazzo dell'Istituto Infortuni tra via Sonnino e via Lanusei. Autori ottocenteschi segnalarono il ritrovamento di altre sfingi nell'area dell'Orto, il nuovo secondo il Meloni, e nelle vicinanze del monastero di San Mauro. Il Museo conserva altri tre frammenti relativi ad un tronco e due teste di
272C.I.L., X, 7552. 273C.I.L., X, 7553. 274C.I.L., X, 7856.
provenienza incerta276.
Rimanendo all'Orto Botanico vanno citate: una grande statua di Iside, ora dispersa, e un frammento in steatite verde di una piccola testa di divinità egiziana, nella quale sembra riconoscersi Horus, ornata con lo pschent, la doppia corona del Basso e Alto Egitto, in quanto erede di Osiride. Nel frammento è stata identificata una dedica277 di un A. Vitellio Urbano interpretato come un liberto dell'omonimo
imperatore del 69 d.C.. Secondo l'opinione degli archeologi, tale reperto era destinato ad ornare un santuario relativo ad un culto imperiale.
Nel giardino del monastero di S. Mauro, in via S. Giovanni, è stato trovato un torso acefalo con due possibili interpretazioni: una statua di Osiride-Canòpo, proveniente da una città del delta con il dio inteso nel suo attributo di divinità del Nilo, oppure il coperchio di un'urna canopica di età romana sempre riferito a Osiride. Il canopo è l'anfora contenente le acque del Nilo, incarnazione di Osiride, sposo di Iside. Infine, altri due ritrovamenti si possono riferire ai culti orientali: una statua acefala di sacerdotessa isiaca in via Malta; una statua acefala e priva degli arti inferiori raffigurante un sacerdote con canopo nell'area archeologica di Sant'Eulalia278.
L'insieme di queste testimonianze ha portato gli studiosi a ipotizzare la presenza di almeno due templi dedicati ad Iside. Il primo sarebbe da ricercare nelle vicinanze della Cattedrale (61), nel quartiere Castello, al quale si riferirebbero i ritrovamenti dell'Orto botanico. L'altro si collocherebbe, invece, nei pressi del monastero di S. Mauro (62). Al momento, però, si tratta di supposizioni che si basano sui numerosi ritrovamenti di statue o frammenti relativi ai culti alessandrini279.
276Mastino 2009, 227, 423; Meloni 1990, 240-241; Moscati 1968, 180-183; Mureddu 2002a, 59- 60; Pesce 1961, 181-183; Zucca 2002, 38.
277I.L.Sard., 49.
278Mastino 2009, 227, 423; Meloni 1990, 240-241; Moscati 1968, 180-183; Mureddu 2002a, 59- 60; Pesce 1961, 181-183; Zucca 2002, 38.
279Mastino 2009, 227, 423; Meloni 1990, 240-241; Moscati 1968, 180-183; Mureddu 2002a, 59- 60; Pesce 1961, 181-183; Zucca 2002, 38.
A proposito della localizzazione degli edifici di culto, è interessante il pensiero di Donatella Mureddu, secondo la quale gli isei andrebbero ricercati nei pressi delle aree portuali. Infatti, il culto penetrò in Italia dal mare, a partire dalla città di Pozzuoli, porto commerciale nel quale approdavano centinaia di navi provenienti dall'Oriente ogni anno, contribuendo non solo alla diffusione dei loro prodotti, ma anche delle loro conoscenze, filosofie e culti. La penetrazione di questi ultimi a Karales andrebbe collegata con i rapporto commerciali che legavano la città sarda a Pozzuoli, ma anche alla presenza in città, a partire dal I-II d.C., di un reparto della flotta militare di Miseno, nella quale militavano numerosi soldati alessandrini. A rafforzare l'ipotesi della vicinanza degli isei alle aree portuali, contribuisce il fatto che la divinità egizia era protettrice della navigazione e del commercio280.
(63) Culto di Apollo
Si trova traccia della presenza del culto di Apollo in città in virtù del riferimento agiografico della Passione di S. Saturno281, nella quale si legge la frase “per
Sacram Viam quae dicebatur Apollinis”, che consente di ipotizzare la presenza di un luogo di culto a lui dedicato. La stessa fonte accenna ad un lacus Apollinis, presso il quale il cristiano Saturno fu catturato per poi essere condotto al martirio, presumibilmente adiacente ad un tempio del dio282.
La Passio S. Ephysii283, invece, attesta l'esistenza di un aedes Apollinis, il quale,
secondo l'archeologo Zucca, andrebbe collocato in un'area “verosimilmente prossima al Capitolium in quanto accessibile dalla via di Apollo284”, altra
denominazione della via sacra. Inoltre, il crollo improvviso sarebbe da assegnare ad un prodigioso evento che accompagnò la professione di fede di Efisio285.
280Mureddu 2002a, 58-61.
281Acta Sanctorum, ottobre, XIII, 296 ss.. 282Meloni 1990, 244.
283Passio S. Ephysii martyris. Carali in Sardinia, in Analecta Bollandiana, III, 1884, 362 ss.. 284Zucca 2002, 38.
Culto di Bacco
Il culto di Bacco è testimoniato da un'erma con un'iscrizione286 dedicata a Liber
rinvenuta nel quartiere della Marina. Elemento, comunque, non sufficiente a dimostrare l'esistenza nel quartiere di un tempio a lui dedicato. Come poco attendibili sono le notizie ottocentesche di un tempio a Bacco nell'area poi occupata dalla chiesa di S. Saturno287.
7. Aree abitative