CAPITOLO VI La Città Punica
4. Topografia della città punica
Le ricerche archeologiche con l'obiettivo di mettere in luce le fasi puniche di Cagliari si sono limitate, per lo più, a saggi, sondaggi o a interventi d'urgenza dovuti alla costruzione di strade o edifici, come nei casi degli scavi di via Brenta
(32) e di via Po (33). Come ricordato in precedenza136, già il soprintendente
Gennaro Pesce, negli anni '60, fece notare la scarsa attenzione nei confronti delle fasi fenicio-puniche della città, data dal maggior interesse, in quegli anni, per l'archeologia preistorica e le sue fasi nuragiche. Da qui la carenza di indagini archeologiche, seguita da un'urbanizzazione che ha limitato ancor di più le possibilità di studio137.
Se già nel 1912 l'archeologo Taramelli138 si convinse della presenza del centro
punico tra le sponde della laguna e il colle di Tuvixeddu, le prime tracce di un quartiere tardo-punico vennero messe in luce da Giovanni Lilliu139 nel 1946.
Gli scavi nei pressi dello stabilimento industriale della Montemartini (37), nell'area dell'attuale Città Mercato di Santa Gilla, permisero l'affioramento di resti di un'abitazione per la quale si ipotizzò l'appartenenza ad un aggregato edilizio più vasto all'interno di un quartiere di età tardo-punica.
Della casa si riconosce l'atrio, il quale presenta un pavimento in cocciopesto e opus signinum, e le basi di due colonne. Individuato anche un pozzetto per la raccolta delle acque, oltre ad altri resti murari da mettere in relazione con i diversi ambienti dell'abitazione.
Le colonne, i mosaici e le ceramiche relative a questa casa hanno portato il Lilliu a collocarla tra il III a.C. e l'età tardo-repubblicana. Il Tronchetti, però, che ha “riscoperto” l'abitazione, denominata “Casa Lilliu”, durante gli scavi di via Brenta, sulla base di uno studio tipologico sulle domus con atrio e dall'analisi dei
136Si veda, infra, p. 44. 137Pesce 1961, 49. 138Taramelli 1912. 139Lilliu 1947b.
materiali, la data all'età repubblicana140.
Fig. 16. Scavi Ex Mattatoio di via Po. Fase di scavo (Pesce 1961, 178).
Fig. 17. Scavi Ex Mattatoio di via Po. Mosaico con segno di Tanit e caduceo (Pesce 1961, 178).
140Moscati 1968, 78; Tronchetti 1990, 9-10; Tronchetti 1992, 9-10, 30-32; Usai-Zucca 1986, 157, 159.
Nel 1959 l'archeologo Pesce141 effettuò degli scavi in via Po (33), nel quartiere di
S. Avendrace, zona Campo Scipione (fig. 16). L'intervento precedette la costruzione del mattatoio. L'indagine fece sì che venissero messi in luce pavimenti di abitazioni puniche, realizzati in cocciopesto di colore rosso, compresi di mosaici in tessere bianche di calcare, rappresentanti figure geometriche. In uno di questi pavimenti, datato dall'Angiolillo142 all'età repubblicana, era raffigurato il
segno di Tanit affiancata da un caduceo, un bastone alato con due serpenti attorcigliati intorno ad esso (fig. 17)143.
Nel 1982 il mattatoio di via Po viene ampliato e le indagini144 archeologiche che
precedettero i lavori determinarono il ritrovamento di un edificio di ampie dimensioni. Si decise, allora, di procedere col parziale scavo di un vano, probabilmente un atrio, che presentava in situ le basi di due colonne o pilastri, datato alla fine del V a.C.. Al di sotto era presente un pavimento di epoca precedente non databile. Nelle vicinanze dell'atrio, una cisterna a bagnarola restituì reperti datati sino al II a.C.145.
Saggi146 effettuati nel 1980 lungo via San Simone (36), sul lato verso la ferrovia,
poco distante da via Brenta, hanno riportato alla luce un edificio costruito in un area già ricca di tracce archeologiche, le più tarde delle quali sono del VI a.C.. Le strutture puniche erano successive e possono essere datate al V a.C..
Le evidenze comprendevano scarsi resti di muri in pietre e malta di fango, alcune porzioni di pavimenti, un pozzetto con canaletta di adduzione scavata in un blocco di arenaria e una cisterna a bagnarola. La vita dell'edificio continuò anche nei secoli successivi e ciò è testimoniato dalle tracce di pavimenti battuti in calce e terra del IV-III a.C., e da un pavimento datato all'epoca repubblicana. La
141Pesce 1961, 172. 142Angiolillo 1981, 105.
143Pesce 1961, 172, 176; Moscati 1968, 145; Tronchetti 1992, 9-10; Usai-Zucca 1986, 159-160. 144Usai-Zucca 1986, 160-161.
145Tronchetti 1992, 10; Usai-Zucca 1986, 160-161. 146Usai-Zucca 1986, 161-163.
frequentazione del sito cessò nella prima metà del II a.C.147.
Anche nella vicina via Garigliano (34), sondaggi148 effettuati dall'archeologo
Bernardini nel 1981 evidenziarono livelli abitativi che vanno dal V al II a.C.149.
(32) Lo scavo di via Brenta: l'epoca punica
Si tratta della fase di vita più rappresentata in via Brenta. Infatti, la presenza di strutture imputabili all'epoca punica sembra interessare tutta l'area di scavo. La ristrutturazione del quartiere tra il IV e il III a.C. cancellò la quasi totalità degli edifici del V a.C., rispettandone, però, l'orientamento nord-ovest/sud-est. Inoltre gli interventi medievali, quando l'area fu nuovamente occupata dall'abitato giudicale, sconvolsero la situazione dei resti punico-romani, rendendo incomprensibili le testimonianze.
Le tracce architettoniche cronologicamente attestabili al V a.C., che si poterono osservare nello scavo, riguardavano un muro collegato a pozzi d'acqua, a proposito dei quali non è chiaro se fossero in uso anche in epoca arcaica. Infatti, l'abitato cartaginese va inteso come la continuazione della vita insediativa fenicia, della quale sono arrivate ai giorni nostri scarse testimonianze edilizie. Allo stesso periodo risalgono i maggiori ritrovamenti di reperti di cultura materiale che attestano la presenza punica150.
A proposito della sistemazione dell'area tra IV e III a.C., diversi furono i resti di murature e cisterne relativi a edifici di cui è, però, difficile comprendere la funzione. È stata invece ipotizzata la presenza di una fonderia, o comunque di forni, per un edificio i cui resti presentavano tracce di strutture lignee bruciate, paragonabile ad una situazione simile messa in luce a Byrsa151, per la quale furono
riconosciute tracce di una fonderia. È possibile che in quest'area si svolgessero
147Tronchetti 1990, 19-20; Tronchetti 1992, 10; Usai-Zucca 1986, 158, 161-163. 148Usai-Zucca 1986, 161.
149Tronchetti 1990, 19; Tronchetti 1992, 10; Usai-Zucca 1986, 161. 150Tronchetti 1992, 25-29.
attività artigianali connesse a fusioni o forni152.
Lungo il margine occidentale dell'area scavata, in prossimità del Pilone 7, è stata messa in luce una strada pavimentata con battuti di terra, piccole pietre e cocciame. La strada è stata in parte invasa da un pozzo che aveva la funzione di scarico di liquami prodotti da qualche processo lavorativo non meglio identificato. È complicato stabilire l'uso che si fece degli edifici dei quali si trovarono resti di muratura. È ipotizzabile, però, che la destinazione di alcuni di questi fosse l'attività artigianale. Lo si può intuire per i resti di bruciato, per le matrici ritrovate nella stessa area e per gli esemplari di plastica fittile, relativi al periodo tra IV-III a.C.153.
Le prime indagini coinvolsero la zona nei pressi del cavalca-ferrovia di via Po, luogo in cui le testimonianze archeologiche messe in luce risultarono essere di difficile interpretazione. Da qui nacque l'incertezza sulla datazione all'età tardo- punica, intorno al III a.C., o a alla prima fase repubblicana, tra III e II a.C..
Il fatto che, al di sopra delle strutture messe in luce, non vi siano sovrapposizioni successive, rende più accettabile l'ipotesi che si tratti di impianti edilizi di epoca repubblicana, e quindi relativi alla fase che precedete l'abbandono dell'abitato punico154.