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L’aristotelismo agli albori del XV secolo tra Firenze e Salamanca

1.5 Pedro Martínez de Osma e Bernardino Carvajal

1.5.1 L’aristotelismo agli albori del XV secolo tra Firenze e Salamanca

Soprattutto nella penisola italiana una mutevole fortuna caratterizzò la ricezione dell’Etica Nicomachea e della Politica101, testi che si affermarono nell’Occidente latino a partire dalla seconda metà de XIII secolo nelle versioni rispettivamente di Roberto Grossatesta e del domenicano Guglielmo di Moerbecke. Infatti, a differenza delle opere sulle fisica e la

Florentino LUCAS ZAMORA, El maestro Pedro de Osma: gloria insigne de nuestra tierra (siglo XV), in Celtiberia, Centro de Estudios Sorianos, CSIC, 1957, (14), pp. 173 – 174.

99 Sulla figura del Tostado si veda: Nuria BELLOSO MARTĺN, Política y humaniso en el siglo XV. El maestro

Alfonso de Madrigal. El Tostado. Secretariado de Publicaciones, Universidad de Valladolid, Valladolid, 1989.

100 L’argomento è stato abbondantemente studiato e la bibliografia è pressoché sterminata, si indicano pertanto solo alcuni riferimenti: The Cambridge History of Later Medieval Philosophy, from Rediscovery of Aristotle to the Disintegration of Scholasticism (1100 – 1600), Cambridge University Press, Cambridge, 1982, Jacqueline HAMESSE et Marta FATTORI Encontres de cultures dans la philosophie médiévale. Traductions et traducteurs de l'antiquité tardive au 14 Siècle. Actes du Colloque international de Cassino, 15-17 juin 1989 organisé par la Société internationale pour l'étude de la philosophie médiévale et l'Università degli studi di Cassino, Universite catholique de Louvain, 1990; Ramón Gonzalvez Ruiz, Hombres y libros de Toledo, Fundación Ramón Areces, Madrid, 1997; Mauro ZONTA, La filosofia ebraica medievale. Storia e testi, Editori Laterza, Roma, 2002; Jozef BRAMS, La riscoperta di Aristotele in Occidente, trad. Antonio TOMBOLINI, ISTeM - Jaca book, Milano, 2003; Cristina D’Ancona, Storia della filosofia nell'islam medievale, 2vol., Einaudi, Torino, 2005.

101Sulla fortuna della Politica aristotelica nell’Occidente latino si veda, tra gli altri: Gianfranco FIORAVANTI, La

Politica aristotelica nel Medioevo. Linee di una ricezione, in Rivista di storia della filosofia, LII, (1997), pp. 17 – 29.Lidia LANZA, Ei autem qui de politia considerat…Aristotele nel pensiero politico medievale, FIDEM, 2013.

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cosmologia, in cui «i medievali trovarono (…) un sistema della natura»,102 che divenne integralmente valido e andò a completare le conoscenze desunte dal Timeo platonico, le opere etico – politiche non furono chiamate a riempire un vuoto speculativo, ma dovettero scontrarsi e confrontarsi con un patrimonio teorico e dottrinale ben consolidato. Inoltre, l’estrema varietà della materia, che in aggiunta alla riflessione sulle diverse forme costituzionali comprendeva anche economia, urbanistica e puericultura, insieme ai numerosi riferimenti storici che evocavano un mondo sconosciuto, creò considerevoli diffcoltà agli intellettuali.103 Gli studiosi hanno riflettuto a lungo sul ruolo complessivo della Politica nel Medioevo. L’interpretazione di maggior successo – sottoposta negli ultimi decenni ad una profonda revisione - sosteneva che l’opera avesse apportato un duplice fondamentale contributo: in primo luogo essa contribuì a fondare teoricamente l’autonomia dello stato e in seconda istanza fornì un modello nuovo sull’origine del potere, che non proveniva da Dio ma procedeva dal basso, dai cives.104 L’influsso aristotelico avrebbe quindi avviato un «processo di secolarizzazione»105 verso la concezione di uno stato laico.

A tale teoria sono state mosse diverse critiche, e in particolare è stato sottolineato come la riflessione dello Stagirita sia stata conosciuta ed utilizzata anche da Giacomo da Viterbo, Egidio Romano e da altri sostenitori delle tesi teocratiche, i quali rivendicavano la subordinazione del potere politico all’autorità del pontefice.106 Per quanto non vi sia unanimità tra gli studiosi, la grande novità del pensiero politico aristotelico sembra essere costituita dalla teoria sull’origine naturale delle cose e dell’uomo, che non necessitano quindi dell’intervento di divino per affermarsi e definirsi in un dato ambiente. La natura umana non risulta più irrimediabilmente compromessa dal peccato – come concepito invece da

102 L. LANZA, Ei autem qui de politia considerat…Aristotele nel pensiero politico medievale, cit., p. 74. 103 G. FIORAVANTI, La Politica aristotelica nel Medioevo. Linee di una ricezione, in «Rivista di storia della filosofia», LII, (1997), pp. 17 – 29.

104 Il riferimento è alle tesi dello storico austro-inglese Waler Ullmann e ad alcune riflessioni successive: Walter ULLMANN, ID., Law and politics in the middle ages. An introduction to the sources of medieval political ideas. The sources of History Limited, London, 1975; ID., Principi di governo e politica nel Medioevo, il mulino, Bologna, 1982.

105 G. FIORAVANTI, La Politica aristotelica nel Medioevo. Linee di una ricezione, pp. 17 – 29, cit., p. 25; Cfr.,Tilman STRUVE, Die Bedeutung der aristotelischen Politik für die natürliche Begründung der staatlichen Gemeinschaft, in Struve, Staat und Gesellschaft im Mittelalter, 2004, pp. 72-91

106 Francis OAKLEY. Celestial Hierarchies Revisited: Walter Ullman’s Vision of Medieval Politics, in «Past and Present», 60, (1973), pp. 3 – 48.

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sant’Agostino - ma perfettibile dalla grazia: pertanto «l’uomo può, anzi deve, produrre il suo mondo».107

Tra le fine del XIV secolo e gli inizi del XV però un’attenzione nuova investì non solo la Politica, ma anche l’Etica Nicomachea e gli Economici in cui gli intellettuali trovarono conferma della priorità della vita attiva su quella contemplativa e «del bene inteso come felicità comune»108. Le traduzioni aristoteliche medievali furono sottoposte ad un’accurata revisione dagli umanisti che decisero di adottare direttamente le opere in greco, senza l’intermediazione dell’esegesi, per redigere nuove versioni più accurate sotto il profilo stilistico e filologico. Culla di tale movimento fu Firenze, seguita in seguito da Bologna, Padova e dalla stessa Salamanca. Leonardo Bruni (1361 – 1444), allievo del cancelliere fiorentino Colucci Salutati, fu insieme al suo maestro tra i principali animatori di questo rinnovamento culturale dai fondamentali risvolti politici, che la storiografia ha denominato «umanesimo civile».109 Egli tradusse in latino l’Etica Nicomachea, che dedicò al papa Martino V nel 1417, successivamente gli Economici, dedicati a Cosimo de’ Medici nel 1420, e infine la Politica (1438), commissionata dal duca di Gloucester ma dedicata ad Eugenio IV. Obiettivo dichiarato dallo stesso Bruni era consentire innanzitutto ai propri concittadini di leggere Aristotele e il modello etico che egli proponeva non per «aenigmata et deliramenta interpretationum ineptarum et falsarum, sed de facile ad faciem possint Aristotelem intueri».110 Nella revisione e nuova stesura dei testi adoperò un metodo traduttivo di impronta ciceroniana che privilegiava la comprensione alla letteralità, cercando di conservare l’originale raffinatezza

107 G. C GARFAGNINI, La riflessione politica agli inizi del Trecento: religiosità, tradizione e modernità, in Da

Chartres a Firenze. Etica, politica e profezia fra XII e XV secolo, pp.234 – 248, cit., p. 240.

108 Eugenio GARIN, La cultura filosofica del Rinascimento italiano. Ricerche e documenti, Bompiani, Milano, 1994, cit., p. 63.

109 Sull’argomento si vedano le ancora fondamentali riflessioni: Eugenio GARIN, Le traduzioni umanistiche di

Aristotele nel secolo 15, L’arte della stampa, Firenze, 1951; Id., L’umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento, Laterza, Roma – Bari, 1994; Hans BARON, La crisi del primo Rinascimento italiano. Umanesimo civile e libertà repubblicana in un'età di classicismo e di tirannide, traduzione di Renzo Pecchioli, Sansoni, Firenze, 1970. Per una lettura aggiornara: James HANKINS (a cura di), Renaissance civic Humanism. Reappraisals and reflections, Cambridge University press, Cambridge, 2000.

110 Leonardo BRUNI, Epistula super translatione Politicorum Aristotelis ad Dominum Eugenium Papam IV, in Hans BARON (a cura di), Leonardo Bruni Aretino, Humanistisch – phil. Schriften mit einer Chronologie seiner Werke und Briefe, Leipzig – Berli, 1928.

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linguistica e stilistica, seguendo il precetto di Manuele Crisolora secondo il quale era necessario tradurre ad sententiam piuttosto che ad verbum.111

Pertanto, la scelta di Leonardo Bruni di tradurre la Politica è il risultato di una riflessione matura e consapevole finalizzata in primo luogo a mettere in discussione l’auctoritas del testo di Guglielmo di Moerbecke per renderle l’opera maggiormente accessibile alla classe dirigente che egli voleva educare. Lo scopo della vita umana, infatti, era il raggiungimento della felicità che l’uomo poteva conseguire solo all’interno della società

Bonum enim quanto latius patet, tanto divinus est existimandum. Cumque homo imbecille sit animal, et quam per se ipsum non habet sufficientiam perfectionemque ex civili societate reportet, nulla profecto convenientior disciplina homini esse potest, quam quid sit civitas, et quid respublica intelligere, et per quae conservetur interaetque civilis societas non ignorare. Mihi quidem qui haec ignorat seipsum pariter ignorare videtur ac sapientissimi Dei praeceptum despicere. 112

Comprendere cosa fosse la città e cosa lo Stato, e le modalità attraverso cui le società si conservavano o si distruggevano, avrebbe dunque consentito all’uomo di conoscere se stesso e di raggiungere quella perfezione che altrimenti non avrebbe mai conquistato. La riflessione etico – politica desunta dalla filosofia morale dello Stagirita si realizzò compiutamente nell’opera Sulla costituzione dei fiorentini, redatta in greco da Bruni nel 1439, nella quale l’umanista descrisse la costituzione fiorentina come mista, risultato dell’unione di elementi aristocratici e democratici, dove risultavano prevalere i cittadini della classe media.

Anche in Castiglia il Quattrocento portò con sé un rinnovato interesse per la classicità e un’intensa attività traduttiva. Tuttavia, lo studio dei classici si realizzò attraverso modalità distinte rispetto a quelle adottate nella penisola italiana: esso, infatti si fondò principalmente su versioni intermediarie preesistenti in volgare italiano, catalano o francese, oppure sull’attualizzazione delle traduzioni medievali, con spesso significative modifiche contenutistiche.113È in questo panorama culturale che si sviluppò tra il 1436 e il 1439 il confronto tra Leonardo Bruni e il vescovo di Burgos Alonso de Cartagena sul metodo traduttivo

111 Sul metodo traduttivo di Bruni e sulle polemiche che esso determinò tra gli intellettuali si veda: Gianfranco FOLENA, Volgarizzare e tradurre, Einaudi, Torino, 1991; James Hankins, La riscoperta di Platone nel Rinascimento italiano, traduzione italiana di Stefano U. BALDASSARRI e Donatella DOWNEY, Edizioni della Normale, Pisa, 2009.

112 Leonardo BRUNI, Epistula super translatione Politicorum Aristotelis ad Dominum Eugenium Papam IV, cit., p.78.

113 Maria MORRÁS, El debate entre Leonardo Bruni y Alonso de Cartagena. Las razones de una polémica, in «Quaderns. Revista de traducció» 7, 2002, pp.33 – 57.

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sulla natura stessa dell’aristotelismo.114La polemica tra i due intellettuali è stata a lungo interpretata come lo scontro tra due opposte visioni sul metodo traduttivo, la prima – quella del vescovo castigliano – maggiormente legata al passato e alla scolastica, la seconda – difesa dal Bruni – di stampo prettamente umanista. Studi recenti hanno cercato di superare questo paradigma, individuando i tratti peculiari della visione di Cartagena che sosteneva «l’indipendenza della filosofia rispetto alla filologia»115 insieme alla necessità di precisione anche nelle traduzioni ad sententiam.116 In ogni caso questa querelle permise alla lettura etico – politica dell’aristotelismo difesa dal cancelliere fiorentino di penetrare nella Castiglia di Giovanni II e nelle aule del Colegio di San Bartolomé dove in quegli Alfonso de Madrigal esercitava il suo magistero. Il Tostado si dedicò allo studio della teologia, della storia e delle lettere sostenendo la superiorità della classicità che doveva essere però collocata nell’alveo della tradizione scolastico – cristiana e insieme a Osma e Roa, i suoi più illustri allievi, diede vita al «mayor proyecto cultural jamás concebido por mentes hispánicas en su siglo: la nueva recepción de Aristóteles en la totalidad de los saberes de los hombres»117 L’opera che maggiormente esplica la portata del suo aristotelismo è il De optima politia, la cui edizione princeps vide la luce nel 1529, e consiste nella rielaborazione di una «repetitio» accademica sulle forme di governo nell’antichità che il Tostado doveva aver tenuto nel suo corso di filosofia morale tra il 1425 e il 1430.118 Il punto di partenza della riflessione è rappresentato, come per Leonardo Bruni, dalla consapevolezza che l’uomo può acquisire la felicità solo all’interno della società, e che il luogo deputato a tale conquista è la città. Pertanto, assumendo come chiave interpretativa la tradizione biblica Alonso de Madrigal elabora un’originale teoria sull’origine delle città che colloca in Babilonia, la prima creata dall’uomo

114Alexander BIRKENMAJER, Der Streit des Alonso von Cartagena mit Leonardo Bruni Aretino, in «Beiträge zur

Geschichte der Philosophie des Mittelalters», 20/5 (1920), pp. 129-210; sulla polemica tra l’umanista fiorentino e l’intellettuale castigliano si veda anche: Ottavio DI CAMILLO, El humanismo castellano del siglo XV, Valencia, Fernando Torres, Valencia, 1976; Montserrat JIMÉNEZ SAN CRISTÓBAL, Del latín al vernáculo. La difusión manuscrita de la obra de Leonardo Bruni en la Castilla del siglo XV, in «Revista de Literatura Medieval», 23 (2011), pp. 179-193, Juan Miguel VALERO MORENO, Formas del Aristotelismo Ético-Político en la Castilla del siglo XV, in David a. LINES, Eugenio REFINI (a cura di), «Aristotele fatto volgare». Tradizione aristotelica e cultura volgare nel Rinascimento, Edizioni ETS, Pisa, 2014, pp. 253 – 310.

115 M. Morrás, El debate entre Leonardo Bruni y Alonso de Cartagena. Las razones de una polémica, cit., p. 37. 116 Francesco LAURENTI, Tradurre. Storie, teorie, pratiche dall'antichità al XIX secolo, Armando, Roma, 2015. 117 Francisco ELÍAS DE TAJADA, Tratado de Filosofía del Derecho, 2 vols, Universidad de Sevilla, Sevilla, 1974 – 1977, cit., p. 463, Cfr., Jesús Luis CASTILLO VEGAS, Aristotelismo político en la universidad de Salamanca del siglo XV: Alfonso de Madrigal y Fernando de Roa, in «La corónica», 33.1, (2004), pp. 39 – 52.

118 Alfonso DE MADRIGAL, El gobierno ideal, introducción, traducción y notas de N. BELLOSO, Eunsa, Pamplona, 2003; J. M. VALERO MORENO, Formas del Aristotelismo Ético-Político en la Castilla del siglo XV, p. 285.

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per consentire una comune convivenza.119 Successivamente indaga le diverse forme di governo possibile secondo la classificazione formulata da Aristotele nel terzo libro della Politica: individua, infatti, tre regimi politici a ciascuno dei quali corrisponde la propria degenerazione. La monarchia si può corrompere e divenire una tirannide, l’aristocrazia può trasformarsi in oligarchia e la politia, che il Tostado appella come timocrazia può corrompersi nella democrazia. Tra queste, pur riconoscendo la monarchia come costituzione migliore sul piano teorico, l’Abulense ritiene che la il sistema misto della politia sia quello più adatto a regolare le diverse peculiarità delle città.

Allievo del Tostado, Pedro Martínez de Osma si dedicò allo studio e all’insegnamento dell’etica a partire dalle traduzioni che Leonardo Bruni aveva realizzato agli albori del XV secolo dell’Etica, della Politica e degli Economici. Nel 1460 redasse un Comentario all’Etica Nicomachea, esempio paradigmatico del clima di rinnovamento culturale di matrice umanistica che si respirava all’epoca nelle aule dell’ateneo salmanticense. Non a caso, la prima sezione dell’opera è un commento alla lettera dedicatoria di Bruni a papa Eugenio IV e al Prologo che l’umanista scrisse per difendere la piena validità del suo metodo traduttivo e rispondere al contempo alle critiche che gli erano state mosse da Cartagena. Osma fa diretto riferimento a tale disputa, affermando di aderire senza riserve alla posizione sostenuta dal cancelliere fiorentino. Egli difende il valore attribuito dall’Aretino alla retorica, secondo l’insegnamento di Cicerone e Quintilliano, e si allontana dal metodo dialettico che definisce proprio dei «barbari».

Bernardino Carvajal dimostra in almeno due occasioni ufficiali di avere interiorizzato e rielaborato – pur giungendo ad esiti diversi - gli insegnamenti del suo maestro e di Alfonso Madrigal sul valore da attribuire alla filosofia politica aristotelica come fondamento delle teorie sulla migliore forma di governo.

In primo luogo, nel discorso declamato il 10 gennaio 1490 nella chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli a Roma, orazione redatta per celebrare l’impresa delle truppe guidate dai sovrani spagnoli, che dopo lunghi mesi d’assedio erano riusciti a far capitolare la città di Baza.120

119 Cirilo FLÓREZ MIGUEL, El humanismo cívico castellano:Alonso de Madrigal, Pedro de Osma y Fernando de

Roa, in «Res publica» 18, 2007, pp. 107-139.

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Ad explicanda quoque catholici Regis mei vera laudis et virtutum munera etsi alii oratores possent magis convenire, mihi tamen prae omnibus convenite o exerceri dicendi genere. Profecto si, Aristotele teste in De Republica, "Rex ipse pater est patriae, patria vero provincialium parens et genetrix" non dubium quin Hispanus Rex Hispanorum omnium iure merito pater censeri debeat, teneri autem filios honori parentum dominico praecepto didicimus.121

Come si avrà modo di evidenziare, uno degli obiettivi dell’oratore era quello di sottolineare di fronte a Innocenzo VIII e alla cristianità intera il ruolo salvifico e messianico di Isabella e Ferdinando, il quale non a caso è infatti definito pater patriae. Tale immagine, proposta dallo Stagirita nel primo libro della Politica e successivamente ripresa da Cicerone, Seneca e Tommaso d’Aquino, assimila il ruolo del sovrano a quello di un padre di famiglia e l’amministrazione del bene pubblico a quella della famiglia.

La seconda occasione si verificò nell’agosto del 1492, quando, alla morte di Innocenzo VIII, Bernardino Carvajal, in qualità di vescovo di Astorga, fu chiamato a tenere il discorso d’apertura del conclave

Hinc sapientissimus Aristoteles, Entia nolunt male disponi, nec est bona pluralitas principatuum. Unus ergo princeps."122

Il passo, una citazione dal libro Lambda (XII) della Metafisica dedicato all’esistenza delle «sostanze immobili eterne», è stato studiato ed interpretato sia da sant’Agostino sia da san Tommaso d’Aquino ed è funzionale al circostanziale obiettivo di Carvajal: dimostrare la validità del primato di Pietro e del suo vicario nella Chiesa di Roma.

Lo studio dei testi nella loro lingua originale, sia essa greco latino o ebraico, la nuova attenzione all’esegesi grammaticale e filologica, unitamente al rinnovato valore assegnato all’autorità interpretativa dei Padri della Chiesa spinse come si è cercato di dimostrare ad un profondo ripensamento del sapere teologico e del metodo d’indagine ad esso applicato. Tale rinascita si esplicò anche in una aperta critica al verbosismo di matrice scotista – nominalista che investì tutta la «primera escuela de Salamanca» per arrivare, alcuni decenni dopo, alla polemica di Francisco de Vitoria.

121 B. LÓPEZ DE CARVAJAL, La conquista di Baza, cit., p. 80. 122 Metaph. XII 10, 1076 a 3-4

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