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CAPITOLO 4: Bernardino López de Carvajal e l’interpretazione profetica della Storia

4.1 La congiuntura mediterranea nel

Dopo la conquista del territorio malagueño da parte delle truppe cristiane, l’emirato nasride risultava diviso in tre regioni, ciascuna delle quali retta da una diversa autorità. Il territorio costiero occidentale, che comprendeva Ronda, Marbella, Malaga e Vélez-Málaga e si estendeva a nord fino ad Alhama e Loja, era controllato dai re Cattolici; la zona centro orientale, invece, che annoverava importanti centri come Baza, Guadix, Almería e l’inaccessibile regione delle Alpujarras, era dominata da al Zagal. Infine, Boabdil, formalmente vassallo di Isabella e Ferdinando, era a capo della zona della frontiera orientale e manteneva il controllo di Vera, Vélez Granada e della stessa capitale. In virtù degli accordi firmati nel 1487 e reiterati nel giugno del 1488, i re Cattolici potevano confidare che il Rey Chico avrebbe consegnato Granada alle truppe cristiane senza ulteriori scontri; pertanto l’obiettivo perseguito dalla monarchia cristiana a partire dal 1488 era la definitiva capitolazione di al Zagal. Le operazioni belliche iniziarono il 7 giugno di quell’anno; Vera si arrese due giorni dopo e con essa tutta la zona a est di Granada; una capitolazione spontanea che permise alla popolazione di ottenere degli accordi di pace molto vantaggiosi.295 In seguito, le truppe di Ferdinando il Cattolico compirono diverse sortite verso Almería e Baza che consentirono ai castigliani di ispezionare il territorio e di stabilire la tappa successiva della campagna, l’assedio della città di Baza. Tale roccaforte era situata in quella parte della provincia di Granada già conquistata dai cristiani, fattore che consentiva una certa facilità nell’approvvigionamento e una buona comunicazione con la retroguardia; inoltre la lontananza dal mare la rendeva più facile da isolare.

La ragionevole speranza dei re Cattolici era che la sconfitta di al Zagal ponesse fine alla guerra in quello stesso anno, poiché vi erano diverse questioni di politica internazionale che esigevano la loro attenzione. Nel giugno del 1488, infatti, il sultano Bayazet II aveva minato nuovamente l’equilibrio mediterraneo, inviando un’immensa flotta verso le coste dell’Egitto,

295Carlos DE MIGUEL MORA, La toma de Baza: estrategia militar y politica internacional, in José Antonio GONZÁLEZ ALCANTUD, Manuel BARRIOS AGUILERA (a cura di), Las Tomas, Antropología historica de la ocupación territorial del reino de Granada, Granada, 2000. cit., p. 291.

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un paese con cui i regni iberici intrattenevano proficue relazioni politiche ed economiche sin dal XIII secolo.296 Furono, infatti, Alfonso X il Saggio, re di Castiglia, e i sultani Qutuz e Baybars a inviare le prime ambascerie rispettivamente al Cairo e a Toledo, con l’obiettivo di stabilire nuove relazioni diplomatiche. Nel Duecento i mamelucchi, forza politica emergente nell’Africa del Nord, ambivano a consolidare il loro prestigio dialogando con una delle maggiori potenze del Mediterraneo; il re di Castiglia, invece, aspirava ad ottenere la neutralità dei successori degli Ayyubidi, qualora avesse deciso di portare la reconquista sul territorio africano. I rapporti tra i due regni si intensificarono quando all’interno dell’asse Spagna – Egitto fu coinvolto anche il sovrano aragonese Giacomo I il Conquistatore.297 Egli, dopo avere reso l’arcipelago delle Baleari un avamposto cristiano tra il 1231 e il 1235, ed avere successivamente conquistato Valencia nel 1238 e il regno di Murcia nel 1266, decise di stringere relazioni commerciali e diplomatiche con gli infedeli e nel giugno del 1264 designò Guillem de Moncada primo console ad Alessandria298. Successivamente, tra il XIII e il XV secolo, ambasciatori e mercanti solcarono il Mediterraneo, veleggiando alla volta di Siviglia, Alessandria e Barcellona. La densità dei contatti variava a seconda delle questioni da discutere e gli obiettivi perseguiti dai diplomatici furono molteplici. Innanzitutto, le corone iberiche volevano salvaguardare la loro posizione nelle rotte commerciali con l’Oriente, e in secondo luogo miravano a stabilire un protettorato sui luoghi santi in Palestina per garantire un adeguato sostegno al culto cristiano in quelle terre e protezione a pellegrini e mercanti durante i loro viaggi. I mamelucchi, invece, aspiravano a regolamentare l’attività dei corsari cristiani -soprattutto catalani- e a ad assicurarsi rifornimenti di armi per poter fronteggiare l’impero ottomano; infatti, il commercio di materiale bellico tra le due sponde mediterranee era piuttosto florido, benché risultasse formalmente vietato da alcuni decreti pontifici. Dopo la caduta di Acri nel 1291299, infatti, papa

296Adam BEAVER, The Renaissance Mediterranean Revisited: Christian Iberia And Muslim Egypt, Ca. 1250 –

1517, pp. 1- 22, p. 6. Sulle relazioni tra il sultanato dei mamelucchi e la penisola iberica si vedano: Mario DEL TREPPO, I mercanti catalani e l'espansione della Corona d’Aragona nel XV secolo, Napoli, L’arte tipografica, Napoli, 1976; Luis SUÁREZ FERNÁADEZ, Relaciones de los Reyes Católicos con Egipto, in M. Á. LADERO QUESADA (acura di), En la España medieval. Estudios dedicados al professor D. Julio González González, Madrid, 1980, pp. 507 – 519; Eliyahu ASHTOR, Alfonso il Magnanimo e i Mamlucchi, «Archivio Storico Italiano», 142, (1984), pp. 3 - 29; Constantin MARINESCU, La politique orientale d'Alfonse V d'Aragon, roi de Naples. 1416 – 1458, Barcelona, 1994.

297 David ABULAFIA, Il grande mare, pp. 325 – 327.

298A. BEAVER, The Renaissance Mediterranean Revisited: Christian Iberia And Muslim Egypt, Ca. 1250 – 1517, p. 6. Cfr., Eliyahu ASHTOR, Levant Trade in the Later Middle Ages, Princeton,1983, 12 - 13.

299 Sulle vicende che portarono alla caduta dell’Outremer crociato si veda: Antonio MUSARRA, Acri 1291. La

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Niccolò IV aveva proibito ai paesi cristiani di importare nell’impero mamelucco armi e materiale da guerra, ma anche materie prime come ferro, legno e grano. L’obiettivo del papato era colpire il cuore economico e militare della nuova potenza musulmana, ma tali disposizioni danneggiavano anche le potenze cristiane che «oscillarono tra il rispetto delle norme dettate dall’autorità ecclesiastica e il perseguimento dei loro interessi, attraverso speciali licenze o pratiche di contrabbando».300

Ferdinando il Cattolico, erede – come si è cercato di dimostrare - della politica aragonese, sin dal 1485 aveva cercato di incrementare le relazioni commerciali e diplomatiche col Gran Soldano; aveva inoltre garantito ai mamelucchi l’appoggio contro il tradizionale e comune nemico Turco, con l’obiettivo di alimentare la conflittualità interna al mondo islamico, su cui spiravano nuovi venti di guerra. Un proposito chiaramente esplicitato in una missiva indirizzata dal re Cattolico a Innocenzo VIII nel gennaio del 1488. Nel documento Ferdinando esortava il pontefice a concedergli una licenza per vendere in Siria ed Egitto una parte del grano coltivato in Sicilia, assicurando al papa che i proventi derivanti da tale vendita avrebbero consentito alla monarchia di far fronte alle spese della guerra contro i Mori. In primo luogo il sovrano rimarcava nuovamente le motivazioni che lo spingevano a proseguire lo scontro contro al-Andalus, una santa impresa

(…) por echar de alla la perfida secta mahometica y ponera quel reyno en servicio de Dio y cello enxalsar la sancta Fe catholica301.

Una guerra condotta a servizio di Dio e per il bene dell’intera cristianità, che tuttavia comportava costi ingenti, in termini di uomini e di mezzi. Pertanto, il sovrano si trovava costretto a vendere una parte del grano del Regno di Sicilia in Siria

queriendo ayudarme por la dicha sancta empresa de ciertos trigos, que tengo en el mi reyno de Sicilia, fallo no poder haver el dinero por aquel, assi promptamente como es menester, salvo que lo vendiesse y diesse licencia de lo sacar para las partes de Soria302.

300 Francesco GABRIELI, Venezia e i Mamelucchi, in Agostino PERTUSI (a cura di), Venezia e l'Oriente fra tardo

Medioevo e Rinascimento, Sansoni, Firenze, pp. 417 – 432, cit., p. 421, in Sui diversi aspetti del commercio tra sponda islamica e sponda cristiana del Mediterraneo nel Medioevo si veda almeno: Eliyahu ASHTOR,

Technology, industry and trade. The Levant versus Europe. 1250 – 1500, Aldershot, 1992; David ABULAFIA, Mediterranean Encounters, Economic, Religious, Political, 1100 – 1550, Ashgate, 2000.

301 Antonio DE LA TORRE, Documentos, vol. III, cit., p. 9. 302 Ibidem.

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Ferdinando era consapevole che tale operazione sarebbe potuta apparire sconveniente al vicario di Pietro. Tuttavia, in questo caso, il sovrano era sicuro che il servizio reso a Dio sarebbe risultato superiore all’offesa

Y es verdat que bien conozco parece, a prima faz, ser inconveniente dar mantenimientos a enemigos de nuestra Sancta Fe Catholica (…) si a aquella pareciere bien, y que sube mas el servicio de Dio que la offesa. Yo pienso que el dicho trigo no se da en parte que pueda danyar a los christianos, aantes me parece trahe, por via indirecta, provecho, segun lo que he sabido.303

Infine, conclude il re Cattolico, in caso di attacco turco alle coste dell’impero mamelucco, sarebbe stato conveniente prestare aiuto al Gran Soldano del Cairo e ai suoi uomini, mantenendo accesa la rivalità tra i due signori dell’islam mediterraneo; una strategia che anche nella guerra in atto contro Granada era sempre stato proficuo sostenere.

Nel giugno del 1488, durante la spedizione verso l’Egitto, gli Ottomani avevano nuovamente attaccato Malta. Benché si fosse trattato di un’azione meramente dimostrativa, Ferdinando d’Aragona e Innocenzo VIII, tempestivamente informati del pericolo, avevano inviato in difesa dell’isola delle imbarcazioni, che tuttavia uscirono sconfitte dallo scontro con le veloci navi turche A metà agosto i Mamelucchi ottennero una schiacciante vittoria presso Adana, in Cilicia, impedendo agli Ottomani di raggiungere la Siria. La battaglia campale fu piuttosto cruenta e rimarcò da un lato il valore e la supremazia dell’esercito pedestre egiziano, dall’altro, invece, la netta inferiorità delle sue forze navali di fronte alla flotta ottomana.

La congiuntura mediterranea, pertanto, richiedeva con sempre maggior forza la presenza diretta dei re Cattolici, che tuttavia dovevano prima portare a compimento la totale pacificazione della penisola iberica. A seguito di tale episodio il re Cattolico decise di inviare una flotta permanente a presidiare le coste maltesi, e successivamente si prodigò a intensificare le relazioni con il soldano di Babilonia, proprio negli anni decisivi del conflitto con al Andalus.304 Ne dà testimonianza una particolare ambasciata che giunse in prossimità della città di Baza nell’estate del 1489, quando l’esercito cristiano era ancora occupato dai preparativi dell’assedio; tutti i cronisti reali riportano l’evento, benché non vi sia accordo sulle

303 Ibidem.

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reali motivazioni di questa missione diplomatica305. Presso Baza, infatti, si recarono tre francescani provenienti da Gerusalemme, il priore Antonio de Millán, Alfonso de Lezcano e Francisco del Aguila, col compito di consegnare una carta redatta da Qa'it Bay in persona ai sovrani, che tuttavia in quei giorni si trovavano in visita a Jaén. Lo storico Andrés Bernaldéz, autore della Historia de los Reyes Católicos don Fernando y doña Isabel, ritiene che il Soldano avesse inviato i tre francescani nella penisola iberica per invocare l’aiuto dei re Cattolici contro il Turco. Il cronista Alonso de Palencia, invece, sostiene che tale ambasciata avesse il compito di persuadere Isabella e Ferdinando ad interrompere le operazioni contro Granada, poiché in caso contrario si sarebbero verificate rappresaglie contro i Luoghi Santi. Il cronista e umanista Fernando de Pulgar è pressoché concorde con quest’ultima versione e riporta all’interno della sua Crónica de los señores reyes católicos don Fernando y doña Isabel de Castilla Aragon la risposta redatta dei re Cattolici alle rimostranze del Soldano. Tale documento rappresenta una fonte di primaria importanza per comprendere la definizione tradizionale dello scontro tra cristiani e musulmani di al Andalus che si era sviluppata all’interno della penisola iberica e conviveva con la nozione di guerra santa

Era notorio por todo el mundo, que las Españas en los tiempos antiguos fueron poseidas por los reyes sus progenitores; et que si los moros poseyan agora en España aquella tierra del reyno de Granada, aquella posesión era tirania, et no juridica. E que por acusar esa tirania, los reyes sus progenitores de Castilla y León, con quien confina aquel reyno, siempre pugnaron por lo restituyr a su señorio, según que ante avia sido. Otrosi, le escrivieron que, allende de tener los moros tiránicamente esta tierra de Granada, avian fecho e fecian guerra continua a los cristianos, sus subditos et naturales, que moravan en las çibdades, e villas, e tierras que confinan con aquel reyno de Granada306.

Di fronte al papa e più in generale nel contesto internazionale europeo, i monarchi e i loro delegati diplomatici si impegnavano a presentare lo scontro con Granada come una guerra santa intrapresa contro gli infedeli della penisola iberica. Al contrario, gli argomenti adottati dai re Cattolici nel dialogo con il Soldano d’Egitto negavano il carattere religioso del conflitto e rimarcavano con forza la matrice prettamente hispanica della guerra, dalla doppia valenza giuridica ed etica. Prima dell’arrivo degli Arabi, sostiene Pulgar, l’unità territoriale della Spagna era garantita dalla monarchia dei Goti, progenitori dei sovrani castigliani; pertanto, l’emirato nasride risultava usurpare un territorio che di diritto apparteneva a Isabella e Ferdinando,

305 LÓPEZ DE COCA CASTAÑER, Mamelucos, Otomanos y caída del reino de Granada, pp. 229 – 258, cit., pp. 235 – 238.

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eredi dell’antico regnum gothorum. Come si avrà modo di evidenziare nelle pagine seguenti, la dottrina neogotica, che godeva di una lunga tradizione in terra iberica fu notevolmente rivitalizzata alla fine del XV secolo, durante gli anni decisivi della guerra di Granada. Cronisti e intellettuali, tra cui si distingue Bernardino López de Carvajal, interpretarono infatti il passato goto della penisola in chiave cristiana per delineare un fondamento ideologico allo scontro e, successivamente, all’espansione oceanica.