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Le ultime operazioni belliche e la fine dell’emirato nasride

CAPITOLO 4: Bernardino López de Carvajal e l’interpretazione profetica della Storia

4.4 Le ultime operazioni belliche e la fine dell’emirato nasride

Dopo la sconfitta di al Zagal, che in virtù dei patti stipulati nel dicembre 1489 era stato formalmente nominato vassallo dei re Cattolici e aveva assunto il titolo di signore di Andarax, a Isabella e Ferdinando non restava che annettere Granada per poter concludere la guerra contro al Andalus e ricomporre così l’antica unità peninsulare. A partire dal 1483, quando Il rey Chico era stato catturato per la prima volta dalle truppe cristiane, i contatti diplomatici tra i monarchi iberici e l’ultimo emiro nasride non si erano mai interrotti; anzi, entrambe le parti avevano cercato di ottenere il massimo profitto da quell’alleanza interreligiosa. Ne dà testimonianza, ad esempio, una lettera datata 8 novembre 1489, in cui Boabdil porgeva i suoi ringraziamenti alla regina per avergli inviato alcune somme di denaro e altri beni per il sostentamento della capitale382. Isabella e Ferdinando, pertanto, nutrivano la legittima speranza di raggiungere al più presto un accordo con il sultano e ottenere la pacifica rendición di Granada; un’intesa che a dispetto delle aspettative non si riuscì a raggiungere senza ricorrere nuovamente alle armi. I cronisti cristiani sostengono che la motivazione fosse legata allo scarso controllo che il sultano poteva vantare sulla capitale, dove una larga parte della popolazione gli era profondamente ostile. A prevalere nell’Albaicin, infatti, era la fazione bellicista, la quale rifiutava di perdere senza combattere la propria indipendenza temendo che la sottomissione ai cristiani avrebbe significato, presto o tardi, la fine delle pratiche sociali, culturali e religiose in cui si riconosceva383.

Nella primavera del 1490, quindi, ripresero le ostilità, benché i granadini fossero consapevoli che la volontà di conquista dei re Cattolici fosse inappellabile e la forza del loro esercito nettamente superiore. Durante il mese di maggio i sovrani insieme alla corte e all’esercito

381 Vat. Lat. 14174.

382 M. Á. LADERO QUESADA, Castilla y la conquista del Reino de Granada, nota 246, p. 102. 383 Ivi, pp. 102 – 112.

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riuscirono a penetrare nella Vega di Granada e, dopo aver conquistato alcune torri, intrapresero nuove trattative con Boabdil, ottenendo però solo risposte dilatorie. Quando le truppe cristiane si ritirarono, ebbe inizio la controffensiva dei nasridi che per qualche tempo ricevettero anche aiuti economici e militari dal Nord Africa. Tra luglio e agosto venti di sommossa spirarono tra le comunità mudejar dei territori conquistati dai cristiani nel 1489, ma l’emiro e i suoi generali non seppero sfruttare tale favorevole circostanza, preferendo tentare di collegare la capitale alla costa, senza però ottenere il risultato sperato. Ferdinando decise allora di assumere alcune misure preventive e ordinò ai musulmani stanziati a Baza, Guadix ed Almeria di abbandonare i luoghi protetti da mura per evitare rappresaglie. Nel mese di settembre Boabdil proseguì l’offensiva musulmana nella regione pressoché inaccessibile delle Alpujarras e riuscì a ristabilire il suo controllo su alcune roccaforti come Andarax, Márjena e Purchena; l’autunno del 1490 rappresentò, pertanto, una complessiva fase di stallo nelle operazioni.

L’andamento della guerra subì un repentino cambio di rotta nel gennaio del 1491, quando il conte de Tendilla sostituì il marchese di Villena nella capitania general, mentre a Siviglia, dove si era momentaneamente stabilita la corte, avevano luogo i preparativi della seconda marcia su Granada. Successivamente l’esercito si radunò a Cordova, e tra il 20 e il 23 di aprile le truppe partirono dirette verso la capitale nasride. Pochi giorni dopo, il 26 aprile, i castigliani iniziarono a porre le fondamenta di una cittadella fortificata presso El Gozco, la futura città di Santa Fé, dove i re Cattolici, il principe erede al trono, gli infanti e la corte rimasero fino alla definitiva capitolazione di Granada. Ferdinando, infatti, voleva avere la possibilità di lasciare il fronte qualora gli affari internazionali avessero richiesto la sua attenzione, paralizzando, inoltre, la vita economica della Vega.

La campagna del 1491 non fu caratterizzata da eventi bellico – tattici significativi. Juan de Mata Carriazo, uno dei massimi conoscitori della guerra di Granada, ha definito gli scontri dell’ultimo anno del conflitto come una serie di episodi cavallereschi di tipo medievale, che si susseguivano all’interno di un prolungato torneo. L’assedio di Granada durò circa otto mesi e costituì una prova di resistenza, una guerra in tono minore durante la quale entrambi gli schieramenti erano consapevoli che si trattasse solo di una questione di tempo. Le trattative segrete tra Boabdil e i re Cattolici iniziarono a settembre e si conclusero il 25 novembre a Santa Fe, dove furono redatti e siglati i tre documenti che comprendevano le condizioni della capitolazioni della città, e il futuro dell’ultimo emiro e della sua famiglia. In un primo tempo la

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consegna dell’Alhambra era prevista per il mese di maggio del 1492, ma durante dicembre si verificarono altre trattive per anticipare la data, in concomitanza dell’arrivo di numerose truppe chiamate a prender parte a quell’evento dalla portata epocale. Quando il primo gennaio i cinquecento ostaggi che erano garanzia dell’accordo lasciarono Granada per raggiungere l’accampamento cristiano, Boabdil, temendo sollevazioni, esortò Isabella e Ferdinando a inviare delle guarnigioni di soldati a presidiare la fortezza, operazione che si realizzò quella stessa notte. Il 2 gennaio 1492, nella sala del trono situata nella torre de Comares, il torrione più alto dell’Alhambra, il rey Chico consegnò a Gutierre de Cardenas le chiavi della rocca nasride, mentre Iñigo López de Mendoza, nella veste di alcaide, faceva il suo ingresso in città accompagnato da un manipolo di soldati. La mattina seguente Hernando de Talavera, confessore della regina e suo collaboratore di fiducia, al cospetto di Boabdil, dei re Cattolici e dell’esercito cristiano in assetto da guerra innalzò la croce donata dal cardinal Mendoza e il vessillo della Castiglia su una delle torri di al-Ḥamrā, rendendo così nota la fine di al-Andalus384. L’entrata ufficiale dei re e della corte ebbe luogo pochi giorni dopo, il 6 gennaio.