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Capitolo 2: I primi anni nell’Urbe

2.2 Nuovi protagonisti si affacciano sul Mediterraneo

2.2.1 La conquista di Otranto (1480 – 1481)

Il 28 luglio del 1480, un contingente turco di diecimila uomini agli ordini di Gedik Ahmed Pascià, gran visir del sultano che aveva già conquistato la colonia genovese di Caffa, sbarcò nei pressi dei laghi Alimini a pochi chilometri da Otranto, che all’epoca era un’importante base marittima e commerciale del Regno di Napoli.163 La popolazione, che si era ben presto asserragliata all’interno delle mura aragonesi, era stata raggiunta da un’ambasceria condotta dallo stesso capo ottomano Ahmed Pascià. I turchi proponevano ai cristiani di arrendersi senza provare ad opporre un’inutile resistenza, con la promessa di avere in cambio salva la vita e al sicuro i beni. Il capitano Francesco Zurlo, però, rifiutò sdegnosamente le offerte degli invasori interrompendo bruscamente le trattative, benché nel mondo ottomano i negoziati godessero di un valore sacrale; un oltraggio che determinò l’inizio dell’assedio.164

La notizia dell’approdo ottomano arrivò a Roma sei giorni più tardi e ben presto raggiunse tutte le principali capitali europee, destando ovunque una forte impressione. Dopo avere espugnato Costantinopoli il sultano Mehemet II voleva conferire al suo dominio i tratti di una potenza occidentale, affrancandosi, in parte, dal suo status di principe islamico. Il controllo di Santa Sofia e Trebisonda e l’ascendenza bizantina che poteva vantare, in virtù delle unioni tra i suoi avi ed alcune principesse della dinastia dei Comneni, erano fattori che gli consentivano di considerarsi il successore di Alessandro Magno. L’espansione ottomana verso il bacino

162 Sul ruolo dell’Italia nella strategia politica ottomana si veda tra gli altri: Miguel Ángel DE BUNES IBARRA, Italia en la política otomana entre los dos sitios de Otranto (1480-1538)» in Giuseppe GALASSO, Carlos José HERNANDO SÁNCHEZ (a cura di), El reino de Nápoles y la monarquía de España. Entre agregación y conquista (1485-1535), Roma, Real Academia de España en Roma, 2004, pp. 561-582.

163 Sulla figura del conquistatore di Otranto si veda: Francesco SOIMANI: I progetti ottomani sull’Italia al tempo

della conquista di Otranto (1480 – 1481) di Geduk Ahmed Pascià e la sua idea di una restaurazione in chiave turca del principato di Taranto, in Carmela MASSARO, Luciana PETRACCA (a cura di), Territorio, culture e poteri nel Medioevo e oltre. Scritti in onore di Benedetto Vetere, Congedo, Galatina, 2011, pp. 531 – 586.

164 Sull’assedio e la conquista di Otranto: Franz BABINGER, Maometto il Conquistatore e il suo tempo. Seconda

edizione riveduta. Einaudi, Torino, 1957; Cosimo Damiano FONSECA (a cura di), Otranto 1480. Atti del convegno internazionale di studio promosso in occasione del V centenario della caduta di Otranto ad opera dei Turchi, Otranto, 19-23 maggio 1980, Congedo, Galatina, 1986; Hubert HOUBEN, La conquista turca di Otranto (1480) tra storia e mito. Atti del convegno internazionale di studio, Otranto-Muro Leccese, 28-31 marzo 2007, Congedo, Galatina, 2008.

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occidentale del Mediterraneo, quindi, significava la restaurazione di un ordine antico, istituito prima dai Greci e successivamente dagli imperatori di Roma. Pertanto il sultano, dopo avere esteso il suo governo sui territori dell’impero romano d’Oriente, si proponeva ora di conquistare anche le regioni occidentali, animato da venti profetici che dalle steppe asiatiche lo spingevano verso Roma, il leggendario «Rosso Pomo». 165 Nei racconti dei popoli turco- mongoli, il pomo rosso rappresentava l’oggetto primordiale del desiderio e della felicità, che assunse il profilo della leggendaria Kizil – Alma, la città ideale. Qui, gli inquieti popoli nomadi avrebbero finalmente trovato la pace. Nei secoli, gli imperatori discendenti da Othman inseguirono il pomo rosso, rappresentato da un’immensa cupola d’oro, in un viaggio che li condusse fino alla volta dorata di Santa Sofia a Costantinopoli, la Nuova Roma. Tuttavia, il sultano Mehmet non riteneva di aver raggiunto Kizil – Alma e aspirava ad una nuova espansione verso ovest; un desiderio di cui si appropriarono anche i suoi successori che videro il pomo rosso nella cupola della Roccia di Gerusalemme, a Buda e infine a Vienna, quest’ultima però solo sfiorata.

Perseguendo tali piani espansionistici, Mehemet decise di muovere una flotta contro le coste meridionali della penisola italiana, poiché i principi apparivano incapaci di creare un comune fronte militare. Inoltre, Ferrante d’Aragona, re di Napoli, aveva appoggiato la ribellione dei signori albanesi capeggiata da Giorgio Castriota Scanderberg, che a lungo aveva impedito agli Ottomani di sottomettere l’Epiro e l’Albania. 166

Per due settimane furiosi bombardamenti furono indirizzati contro le mura della città pugliese che la popolazione si ostinava valorosamente a proteggere. La mattina dell’11 agosto gli ottomani vibrarono l’attacco decisivo concentrandolo sulla cortina vicina al castello, dove si era aperta una breccia di significative dimensioni; la guarnigione aragonese cercò di battersi presso il vano, ma fu sbaragliata dalle truppe musulmane. I combattimenti proseguirono poi nelle vie cittadine e la cattedrale divenne l’ultimo baluardo difensivo contro la furia turca. Uomini, donne, bambini insieme all’arcivescovo Stefano Agricoli si affollarono all’interno dell’edificio riuscendo a contenere la prima onda d’urto, ma l’illusione ebbe vita breve. Dopo aver scardinato il portone d’ingresso, i soldati non mostrarono alcuna pietà per la popolazione,

165 Sulla leggenda del pomo rosso: Franco CARDINI, Europa e Islam. Storia di un malinteso. Laterza, Roma – Bari, 2007; Vito BIANCHI, Otranto 1480. Il sultano, la strage, la conquista, Laterza, Roma – Bari, 2016;

166 Sulla figura del condottiero albanese Italo Costante FORTINO, Edmond CALI (a cura di), Giorgio Castriota

Scanderbeg nella storia e nella letteratura. Atti del Convegno Internazionale (Napoli, 1-2 dicembre 2005), Università degli Studi di Napoli " L’Orientale", Napoli, 2009.

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barbaramente uccisa o ridotta in schiavitù, come testimoniano i numerosi resoconti contemporanei. Infine, la mattina del 12 agosto, gli ottocento maschi adulti scampati alla strage furono condotti al cospetto di Ahmed Pascià sul colle della Minerva, poco fuori Otranto, dove vennero decapitati. Uno spettacolo doloroso e magistralmente teatralizzato allo scopo di fungere da monito per le popolazioni limitrofe e gli stati italiani che avevano abbandonato la città, costringendo gli otrantini a pagare lo scotto di una politica sempre più instabile.167 L’eccidio del 1480, perpetrato da una numerosa armata di infedeli sul suolo italico dovette suscitare una grande impressione e una viva preoccupazione, sentimento che comunque non diede vita ad una comune azione politica e militare. Un’occasione mancata poiché l’Impero ottomano, dopo il 1453 e le stragi di Negroponte del 1470 e di Caffa del 1475, rappresentava una doppia sfida, religiosa e militare, per l’Europa cristiana e soprattutto per il papato in cerca di riconoscimento politico e spirituale.

Inizialmente, infatti, Sisto IV esortò tutti gli stati della penisola a cessare le ostilità e a mobilitarsi prontamente contro il nemico comune; assicurò un’indulgenza plenaria a chiunque avesse partecipato alle azioni belliche e soprattutto accordò al re di Napoli il diritto di riscuotere una nuova decima sulle rendite del clero del Regno. Il 14 settembre 1480, inoltre, il papa emanò una bolla di pacificazione generale con l’obiettivo di congelare ogni possibile conflitto tra le potenze italiane e indirizzare gli sforzi collettivi alla riconquista di Otranto.168 Eppure vi erano oppositori all’azione crociata di Sisto IV, sia all’interno della Curia, sia in campo internazionale. In primo luogo Venezia, la quale, dopo sedici sanguinosi anni di guerra contro la Sublime Porta, aveva siglato nel 1479 una pace onerosa, che non aveva alcun interesse a mettere in discussione. I Veneziani esercitarono pertanto una forte pressione sul pontefice e sul suo potente nipote laico, Girolamo Riario, perché la grande alleanza non prendesse corpo. Gli interessi particolari delle potenze italiane ebbero la meglio sui progetti crociati di Sisto IV e dei pontefici che gli succedettero.

Tra i sovrani europei gli unici che raccolsero la sfida lanciata dalle potenze musulmane nel Mediterraneo furono i Trastámara, intenzionati a conciliare la tradizionale politica

167 Sul culto dei martiri di Otranto si veda: Manfredi MERLUZZI, Il culto dei SS. Martiri della città di Otranto, tra

identità locale e prospettiva internazionale, in René MILLAR, Roberto RUSCONI, (a cura di), Devozioni, pratiche e immaginario religioso: espressioni del cattolicesimo tra 1400 e 1850: storici cileni e italiani a confronto, Roma, 2011, pp. 361-381.

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mediterranea e italiana dell’Aragona con gli interessi più peninsulari, islamici e africani della Castiglia.169