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Capitolo 3: Tra Roma e Spagna La guerra di Granada (1482 – 1492)

3.1 Gli albori della guerra

3.1.2 Granada Nasride (XIII – XV secolo)

Quando Muḥammad I al-Aḥmar decise di stabilire a Granada la capitale del sultanato dovette avere ben considerato la particolare morfologia del territorio. La città, che sorge a circa settecento metri d’altezza nella cora di Elvira, si trova alle pendici della sierra Nevada, nella valle in cui confluiscono i fiumi Darro e Genil. È circondata dai rilievi del sistema Betico, un territorio impervio e difficile da conquistare militarmente, mentre i due corsi d’acqua rendono fertile e adatta a diversi tipi di coltivazioni la pianura antistante la zona urbanizzata, la Vega di Granada. La città era una fondazione specificatamente musulmana, poiché nei primi secoli della dominazione araba il centro urbano della regione era Elvira, situata a una decina di chilometri a nord-ovest di Granada, un’antica colonia ebraica; fu solo nell’XI secolo che la

211M. Á. LADERO QUESADA, Isabel I y los musulmanos de Castilla y Granada, in Julio VALDEÓN BARUQUE (a cura di), Isabel la Católica y la política, Valladolid, 2001, p. 99.

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decadenza di Elvira spinse la dinastia berbera degli Ziriti a fondare Granada, che elessero come capitale del loro emirato indipendente212.

L’instabilità dinastica e i difficili rapporti con i sovrani castigliani e con la dinastia berbera dei Merinidi segnarono la storia effimera dell’emirato nasride, che «per molti versi fu però grandiosa»213. Per tutto il XIV secolo Granada fu una delle città più popolose d’Europa, caratterizzata dalla coesistenza di diversi gruppi etnici e religiosi, benché la maggior parte della popolazione fosse costituita da musulmani di ascendenza araba o andalusí. Questo fattore delineò una struttura sociale complessivamente omogena, priva cioè di decisive differenze religiose o culturali.214 La densità della popolazione crebbe in seguito alle conquiste castigliane e aragonesi del Duecento, quando parte degli abitanti musulmani della valle del Guadalquivir e della corona d’Aragona decisero di abbandonare il territorio occupato e stabilirsi nell’emirato nasride. Una parte, invece, scelse di acquisire lo status di mudéjar, garantendosi la protezione del sovrano cristiano a fronte del pagamento di un tributo. Col passare del tempo, l’inasprimento delle leggi e delle condizioni di vita quotidiana spinsero anche numerosi mudéjares a trasferirsi nell’ultimo emirato musulmano della penisola. Se è ancora difficile stilare un profilo quantitativo e qualitativo dell’emigrazione dai territori castigliani è maggiormente nota la situazione all’interno della corona d’Aragona; tra il XIV e XV secolo, infatti, furono soprattutto i musulmani di Valencia a trasferirsi nel sultanato insieme ai residenti delle Baleari, principalmente di Maiorca.

L’altra importante componente della comunità musulmana di Granada era costituita dai berberi. Alcuni si stabilirono a Granada, nella zona dell’Alpujarra, in epoca almoravide mantenendo la propria organizzazione sociale, usi e costumi. Successivamente, a seguito dell’alleanza tra Muḥammad I al-Aḥmar con i sultani Merinidi di Marrakesh, accadde spesso che nei momenti crisi politica e militare di al-Andalus contingenti berberi solcassero lo stretto di Gibilterra in qualità di truppe ausiliarie mercenarie.

212 Rachel ARIÉ, L’Espagne musulmane au temps des Nasrides (1232-1492), p. 341

213 Alessandro VANOLI, La Spagna delle tre culture. Ebrei, cristiani e musulmani tra storia e mito, Viella, Roma, 2006, cit., p. 181. Sulla complessa situazione politica granadina del XV secolo si veda: Antonio PELÁEZ ROVIRA, Dinamismo social en el Reino Nazarí (1454 – 1501). De la Granada islámica a la Granada mudéjar, Tesis doctoral, Granada, 2006; Id., El emirato nazarí de Granada en el siglo XV. Dinámica política y fundamentos sociales de uno stado andalusí. Granada, Universidad de Granada, 2009.

214 Sulla composizione sociale dell’emirato si veda: M. Á. LADERO QUESADA, Datos demográficos sobre los

musulmases de Granada en el siglo XV, en Granada después de la conquista: repobladores y mudéjares, Diputación provincial de Granada, Granada, 1993.

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Anche le minoranze religiose svolsero un ruolo importante nella vita economica e culturale dell’emirato, benché non vi fossero comunità cristiane autoctone nel paese. Infatti, sebbene l’intransigente politica religiosa degli Almohadi e la pressione esercitata dall’avanzata cristiana, avesse spinto gli antichi dhimmī del sultanato ad emigrare nelle terre conquistate dai sovrani iberici215, soldati, nobili rifugiati, viaggiatori, missionari e commercianti continuarono a frequentare il sultanato. L’apparato militare nasride, infatti, annoverava tra le sue fila oltre all’armata regolare andalusa anche truppe mercenarie berbere, i šuyūj al-guzāt; la guardia personale dei sultani, designata col nome di Mamālīk, era invece costituita da rinnegati cristiani, il cui reclutamento fu intensificato a partire dal XIV secolo.216 Hernando de Baeza, segretario dei re Cattolici che conosceva l’arabo e che aveva vissuto diverso tempo a Granada, affermava che ancora alla metà del XV secolo i sultano disponevano di una guardia personale cristiana di comprovata fedeltà.217

Nel corso dell’epoca nasride molti nobili cristiani trovarono rifugio presso la corte dei sultani: il caso più emblematico risulta quello dell’infante Don Felipe e di Don Nuño González de Lara che nel 1272 si ribellarono ad Alfonso X di Castiglia e si rifugiarono nel cuore dell’Alhambra, aiutando l’emiro Muhammad II a consolidare il proprio potere.218 Al contempo, preziosi resoconti di viaggiatori francesi e tedeschi descrivono la presenza nel paese di missionari cristiani, come il francescano eterodosso Alfonso de Mella, definito tra i precursori della Riforma, che, dopo la condanna da parte della Chiesa, trovò rifugio a Granada nel 1445. Infine, nonostante la ridotta presenza numerica, vi furono anche i mercanti cristiani ad animare il microcosmo nasride. I commercianti erano soliti organizzarsi in colonie dislocate nei principali quartieri urbani o sul litorale, disponevano di un fondaco e ricevevano dalle autorità granadine un particolare status giuridico. Infatti, non divenivano dhimmī, tributari e sudditi del sultano, ma potevano conservare la propria nazionalità ed erano sottoposti all’autorità di un console. Nel ricco panorama mercantile bassomedievale, il ruolo predominante accanto a catalani e

215 M. Á. LADERO QUESADA, Granada. Historia de un país islámico, p. 45.

216 R. ARIÉ, L’Espagne musulmane au temps des Nasrides (1232-1492), p. 239. La coscienza bellica e l’apparato militare della realtà nasride sono state studiate da R. ARIÉ, Sociedad y organización guerrera en la Granada naṣrī, en M. Á. Ladero Quesada (a cura di), La incorporación de Granada a la Corona de Castilla, pp. 147-193. M. J. VIGURA MOLINS, El Ejército, en Ead (a cura di), El reino nazarí de Granada (1232 – 1492), Política, Instituciones, Espacio y Economía, pp. 431-432.

217 La coscienza bellica e l’apparato militare della realtà nasride sono state studiate da R. ARIÉ, M. J. VIGURA MOLINS, El Ejército, en Ead (a cura di), El reino nazarí de Granada (1232 – 1492), Política, Instituciones, Espacio y Economía, pp. 431-432.

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fiorentini era occupato dai mercanti genovesi che stipularono il primo trattato con Granada già nel 1278. Tale documento garantiva ai liguri sicurezza e protezione, il diritto di avere propri consoli, un fondaco, una chiesa, la tutela dall’albinaggio e il diritto di caccia. Tra le merci che i liguri potevano esportare, si annoverano seta, zucchero, fichi, uva passa e zafferano219. L’ultima componente della società granadina era costituita dalle comunità ebraiche, sia immigrate sia autoctone, poiché alcuni gruppi erano presenti sul territorio fin dall’epoca romana. Al tempo della dominazione almoravide era stata imposta loro la conversione forzata, durante uno dei pogrom più violenti della storia della penisola iberica, nel 1066. Terminata anche la difficile dominazione almohade, gli ebrei poterono tornare a professare liberamente la propria religione e le proprie peculiarità culturali, tanto che tra il XIV e XV secolo, quando divamparono in Castiglia e Catalogna nuove persecuzioni contro ebrei e conversos, molti trovarono rifugio nel sultanato nasride. Le comunità ebraiche risiedevano principalmente nella capitale granadina, nei quartieri Albaicín e Antequeruela, oppure nei grandi centri come Malaga, Almeria e Ronda, dove si dedicavano all’artigianato, all’oreficeria, alla medicina e al commercio. Riuscirono a instaurare, infatti, ottime connessioni con il commercio internazionale, e soprattutto con le grandi famiglie mercantili genovesi e con i mercanti loro correligionari attivi in Nord Africa.220

La popolazione occupava principalmente lo spazio urbano che presentava la struttura tipica delle città hispano-musulmane. Il nucleo centrale, la medina, zona fortificata in cui si svolgeva la vita religiosa ed economica era situato sulla riva destra del Darro, ai piedi della collina di San Miguel. All’interno delle mura si trovava la Grande Moschea, dove si svolgevano le celebrazioni religiose e rituali pubblici; non lontano dal luogo di culto vi era la madrasa la zona commerciale, in cui si concentravano i mercati. Il più celebre era l’al-qasariyya, il cuore del commercio degli oggetti di lusso e delle stoffe. Arroccata, invece, sulla cima di un promontorio roccioso dal colore rosso (in arabo al Ḥamrā, da cui deriva il nome) l’Alhambra dominava la

219 Geo PISTARINO, Tra Genova e Granada nell’epoca dei Nazari, in AA.VV, Presencia italiana en Andalucía siglos

XIV – XVII. Actas del I Coloquio hispano-italiano, Publicaciones de la Escuela de estudios hispano-americanos, Sevilla, 1985 pp. 191 – 229. Sugli intensi rapporti tra la Repubblica ligure e l’emirato nasride si veda inoltre: Génova y Castilla, genoveses y Granada. Política y comercio en el Mediterráneo Occidental en la primera mitad del siglo XV (1431-1439), in AA.VV., Le vie del Mediterraneo. Idee, uomini, oggetti (secoli XI-XVI). Atti Genova, 19- 20 aprile 1994, Edizioni culturali internazionali Genova, 1997, pp. 213-257, José Enrique López de Coca Castañer, Génova y el Reino de Granada. Siglos XIII – XV, AA.VV., Relazioni economiche tra Europa e mondo islamico secc. XIII - XVIII. Atti della trentottesima Settimana di studi, 1-5 maggio 2006, Le Monnier, 2007, pp. 267-294.

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città dall’alto. I sovrani nasridi avevano deciso di costruire su questo luogo impervio una fortificazione, che generazione dopo generazione divenne un’autentica città. Comprendeva due aree principali, la zona militare o Alcazaba, dove si trovava la caserma della guardia reale, e una medina dove i successori di Muḥammad I al-Aḥmar fecero costruire i loro sontuosi palazzi, finemente decorati, ricchi giardini e specchi d’acqua221.