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L’ambasciata d’obbedienza di Diego López de Haro

CAPITOLO 6: Bernardino López de Carvajal, il Toro e il Leone

6.1 L’ambasciata d’obbedienza di Diego López de Haro

Nel febbraio del 1493 Isabella e Ferdinando decisero di inviare a Roma il governatore della Galizia, Diego López de Haro, con un duplice mandato. In primo luogo l’ambasciatore aveva il compito di prestare obbedienza al nuovo pontefice e discutere diverse questioni relative alla politica ecclesiastica dei sovrani. In seconda istanza, era incaricato di condurre i negoziati di pace tra Alessandro VI e Ferrante d’Aragona.

È significativo sottolineare come in tale delicata situazione i monarchi avessero perseguito la medesima azione, politica e propagandistica, intrapresa con la nomina di Iñigo López de Mendoza per l’ambasciata d’obbedienza del 1486. Infatti, don Diego, signore del Carpio, proprio come il conte de Tendilla era membro laico della grande nobiltà castigliana, uomo d’armi e letterato. Nel 1484 era stato inviato a pacificare il riottoso territorio galiziano, dove era riuscito a instaurare proficue relazioni con l’aristocrazia autoctona, anteponendo il dialogo alle azioni repressive. Inoltre, il bagaglio politico e militare del governatore era arricchito da una preparazione umanistica: fu infatti autore di diversi componimenti poetici e mecenate di intellettuali.496

Il documento di procura datato 13 aprile 1493497 testimonia che i sovrani assegnarono ad alcuni personaggi d’eccezione l’onere e l’onore di affiancare il nobile castigliano durante la sua missione nella penisola italiana. Tra questi si annoveravano Juan de Borja, cardinale di Monreale, che tuttavia non prese parte alla missione, e l’arcivescovo di Tarragona Gonzalo Fernández de Heredia, responsabile del conclave che elesse Alessandro VI, e da questi eletto governatore dell’Urbe. L’istruzione indica poi come membri della delegazione gli ambasciatori spagnoli residenti a Roma, Bernardino López de Carvajal, da poco nominato vescovo di Cartagena e Juan Ruiz de Medina.

496 Á. FERNÁNDEZ DE CÓRDOVA MIRRALES, Imagen de los Reyes Católicos en la Roma pontificia p. 279; sulla figura del governatore galiziano di veda; Kristin KENNEDY, Inventing the wheel: Diego Lopez de Haro and his ˈinvencionesˈ, BHS, 79, (2002), 159 – 174.

497 Sulle istruzioni consegnate a López de HARO si veda; Erasmo BUCETA, Contribución al estudio de la

diplomacia de los Reyes Católicos. La embajada de López de Haro a Roma en 1493, «Anuario de Historia del Derecho Español», 6, (1929), pp. 145-198; ID., Nuevos datos sobre la diplomacia de los Reyes Católicos. Minuta de las instrucciones para la embajada de Roma de 1493, «Boletín de la Real Academia de la Historia», 97, (1930), pp. 331-359.

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Le prime notizie sull’ambasciata provengono da un dispaccio del diplomatico Annibale Zennaro residente a Barcellona, che l’8 marzo 1493 scriveva al fratello, oratore della corte napoletana presso il duca di Milano. Lo informava della ormai prossima partenza del governatore galiziano per prestare obbedienza al papa

Don Diego Lopez de Aro parte domane: va oratore a Roma a prestare la obedientia, come ve scripsi; va bene in ordine et in Fiorenza se meterà ancora meglio. Porta in sua compagnia LX mulle et circa XX cariagi et una bella argentaria; et expedito in Roma, passerà in Napoli, secondo per li suoy ho inteso.498

Partito dalla penisola iberica, l’ambasciatore e il suo seguito fecero una prima sosta a Bologna l’11 maggio

Giunge un ambasciatore di Spagna con 100 gentil huomini tutti sopra le mule; fu alli 11 di maggio. Andavano a Roma per il re cattolico et la regina a rallegrarsi col pontefice della sua gran dignità. Furono honorevolmente dalla città ricevuti. Portavano con essi loro sei pezzi di razzi di tanta bellezza, che era cosa meravigliosa di vederli, con una credenza di bellissimi vasi d’argento di grandissimo valore; stettero due giorni in Bologna499.

Dopo la solenne cavalcata per le vie cittadine, Diego López de Haro si trattenne qualche giorno presso la corte dei Bentivoglio, per poi riprendere il suo viaggio alla volta della Santa Sede. Il 24 maggio Gonzalo Fernández de Heredia lasciò la città per raggiungere l’ambasciatore presso Viterbo e il giorno seguente fu seguito da Bernardino Carvajal e Juan Ruiz de Medina

Il 5 giugno il diplomatico galiziano entrò segretamente nell’Urbe dove stabilì la sua residenza nel palazzo del cardinale di San Clemente, Domenico della Rovere, che si trovava in prossimità del Vaticano, e intraprese le trattative col pontefice.500 Il 16 giugno, invece, ebbe luogo l’entrata ufficiale dell’ambasciata di Isabella e Ferdinando, che fu ricevuta dalla corte papale coi massimi onori; Alessandro VI, infatti, inviò i suoi figli, Cesare da poco eletto vescovo di Valencia, e Juan duca di Gandía, insieme al genero Giovanni Sforza, ad accogliere il corpo diplomatico501. Successivamente fu allestito un sontuoso banchetto nei giardini della dimora dei Millini, una delle famiglie curiali più influenti di Roma, a cui fu profondamente legato

498 Gabriella AIRALDI, Luciano FORMISANO (a cura di), La scoperta nelle relazioni sincrone degli italiani, in Nuova Raccolta colombiana, 5, Roma, cit., p. 42.

499 Cherubino GHIRARDUCCI, Della Historia di Bologna. Parte terza, a cura di Albano SORBELLI, cit., p. 272. 500 Á. FERNÁNDEZ DE CÓRDOVA MIRALLES, Alejandro VI y los Reyes Catolicos, cit., p. 289.

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Bernardino Carvajal, il quale, tra il 1496 el 1504, risiedette presso il loro palazzo502. Terminato il pranzo, gli oratori spagnoli entrarono in città, dove si erano riuniti i cardinali, i loro familiares, e la stessa familia del papa. L’ambasciatore procedeva a dorso di una mula, era vestito d’oro e indossava un ampio cappello, come si usava in Spagna503, ed era accompagnato dal duca di Gandía e dal signore di Pesaro, come aveva prescritto il papa in persona. Il Burcardo, infatti, annota

Venerunt obviam eisdem oratoribus dux Gandie et dominus Pisauri, inter quos posui medium d. Didacum, quia papa sic voluit et ita fieri mihi hodie mandavit, licet sibi dixerim id non convebire, quod inter duos laicos incederet, sed inter ducem a dextris et unum prelatum palatii a sinistris504.

Alessandro VI, fissò con precisione il cerimoniale da seguire, in prima istanza stabilendo l’entrata del diplomatico scortato da suo figlio e suo genero, contravvenendo alla pratica consueta, che prevedeva l’ingresso di un ambasciatore al fianco di un laico e di un prelato. Seguivano il governatore di Roma, Gonzalo Fernández de Heredia, Carvajal e Medina.

Tre giorni dopo, il 19 giugno, fu indetto un concistoro pubblico durante il quale gli ambasciatori prestarono solennemente obbedienza in nome dei loro sovrani. Il pontefice inviò alcuni prelati, camerieri e scudieri per accompagnare gli oratori dal palazzo in Campo de Fiori fino al Vaticano. Qui, il cardinale di Perugia Juan Lopez, intraprese la lettura delle lettere credenziali scritte in volgare hispanico, ma fu ben presto interrotto da Alessandro VI, desideroso di ascoltare l’orazione bene compositam di Carvajal.