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ART 6 CEDU: IMPARZIALITA’ DEL GIUDICE E PUBBLICITA’ DELL’UDIENZA

PROCESSO: INTRODUZIONE

2.1 ART 6 CEDU: IMPARZIALITA’ DEL GIUDICE E PUBBLICITA’ DELL’UDIENZA

È in relazione ai profili caratterizzanti l’art.6 CEDU che si sviluppa la giurisprudenza più rilevante e innovativa; in base alla norma in analisi, infatti, un processo può considerarsi equo quando vi sia un giudice precostituito per legge e si svolga in udienza pubblica. La ratio di tale principio è evitare che l’organizzazione del sistema giudiziario sia rimesso alla discrezione dell’esecutivo e al contrario garantire la sua dipendenza dalle leggi del parlamento.145 È necessario

sottolineare inoltre, in base ad un’interpretazione della norma alla luce dei principi convenzionali e di quanto statuito nel patto internazionale sui diritti civili e politici, che accanto al principio della predeterminazione ex lege delle competenze del giudice deve essere garantito che la legge indichi il singolo giudice persona-fisica come quello stabilito in concreto, ovvero legittimato ad esercitare le competenze giurisdizionali nel singolo processo.

Tale orientamento è stato confermato dalla Corte e.d.u. nella misura in cui afferma che la formula “costituito per legge”, non attiene solo all’organo giurisdizionale e la sua competenza146 ma

anche la sua composizione147.

145 Infatti, un organo che non è costituito in maniera conforme alla volontà

dei cittadini, non è legittimato ad amministrare la giustizia in una società democratica. Contributo: P. CONCOLINO, ART.6-Diritto ad un Equo Processo, CORTE DI STRASBURGO E GIUSTIZIA PENALE, Giappichelli, 2016, p. 138 e ss.

146 C.edu, sez. V, Sent. 2 Giugno 2005, Claes e altri c. Belgio: in tale occasione

la Corte ha affermato che l’estensione della competenza della Cassazione all’accertamento dei reati ministeriali commessi dall’extraneus concorrente nel reato abbia costituito una violazione delle norme pattizie.

147 C.edu, sez. I, Sent. 31 Maggio 2011, Kontalexis c. Grecia: tale pronuncia

rappresenta una violazione del principio sopra affermato. Con tale pronuncia infatti la Grecia era stata condannata ex art. 6 comma 1 CEDU, per quanto attiene il diritto ad essere giudicato da un tribunale costituito ex

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La stessa Corte, infatti, ha più volte ribadito la necessità che il tribunale, all’interno di una società democratica, ispiri fiducia ai destinatari della giustizia a partire dagli imputati; a tal fine l’art. 6 CEDU pretende che un tribunale sia dotato dei requisiti di imparzialità ed indipendenza.

Un giudice è considerato imparziale se esercita le sue funzioni scevro da qualsivoglia pregiudizio o presa di posizione rispetto ai fatti oggetto di causa, ma, tale imparzialità, indica altresì la posizione equidistante dallo stesso assunta nel processo rispetto alle parti, dovendo essere estraneo tanto alle funzioni dell’accusa quanto a quelle della difesa. I criteri utilizzati per verificare la sussistenza o meno di tale requisito sono due: la valutazione soggettiva e quella oggettiva.

In primis, per quanto riguarda l’imparzialità soggettiva, essa

attiene al foro interno del magistrato, ovvero si tratta di verificare se rispetto al caso rimesso alla sua competenza il giudice abbia maturato dei pregiudizi di colpevolezza nei confronti dell’imputato148. Si tratta di un requisito che si

considera presunto fino a prova contraria e per la cui confutazione la Corte non ritiene sufficiente: né le affermazioni del ricorrente relative all’atteggiamento mentale del giudice149;

ricorrente, infatti, a seguito del rigetto da parte della Cassazione della sua richiesta di revisione dichiarata, ricorre alla C.edu considerando tale diniego un’ulteriore violazione della suddetta norma. Tuttavia, nel caso di specie la Corte non ha accolto la richiesta, sottolineando che le ragioni prodotte dalla Suprema Corte rientrassero nel margine di apprezzamento rimesso ai giudici nazionali. https://www.penalecontemporaneo.it

148 C.edu, Sent. 7 Agosto 1996, Ferrantelli e Santangelo c. Italia: con tale

pronuncia la Corte ha condannato l’Italia per non aver assicurato l’imparzialità della Corte che ha giudicato e condannato gli imputati per la Strage nella caserma di Alcamo Marina del 26 Gennaio 1976, in cui hanno perso la vita i carabinieri Salvatore Falcetta e Carmine Capuzzo.

149 C.edu, sez. II, Sent. 16 Novembre 2000, Rojas Morales c. Italia: il caso ha

ad oggetto le vicende del Signor Morales contro cui il giudice istruttore di Milano aveva spiccato un ordine di arresto in quanto membro di un’associazione la cui attività prevedeva l’esportazione internazionale di cocaina tra l’Italia e l’America latina. Il mandato non poté essere eseguito, essendo l’imputato espatriato in Argentina, ma le autorità milanesi ne richiesero l’estradizione. Il ricorrente lamentava un’assenza d’imparzialità

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né che il tribunale abbia posto in essere errori di fatto o di diritto o che la sentenza da questo emessa sia stata annullata da una giurisdizione superiore; né le differenti posizioni politiche assunte dal magistrato rispetto all’imputato specialmente nel caso in cui non vi sia alcuna correlazione tra i fatti in oggetto alla causa e tali posizioni. 150

In secondo luogo, un’ulteriore garanzia dell’imparzialità è fornita dalla valutazione oggettiva che prescrive l’accertamento di fatti verificabili in grado di avvalorare i sospetti del ricorrente. Nonostante la Convenzione consenta allo stesso magistrato di esercitare, nel corso della propria carriera sia funzioni giudicanti che inquirenti, si ravvisa una violazione del principio di imparzialità ogni volta in cui un giudice svolga funzione giurisdizionale nel medesimo procedimento in cui abbia svolto la funzione di accusa. Non si registra, al contrario, un’inosservanza di tale parametro nel caso in cui un giudice si sia espresso nei confronti del medesimo soggetto, ma in procedimenti diversi e per questioni differenti sul piano oggettivo. 151

Oltre che essere imparziale un tribunale, ai sensi dell’art. 6 CEDU, deve essere dotato anche d’indipendenza152 ovvero deve

del Tribunale di Milano dal momento che due giudici avevano indebitamente manifestato la loro opinione, chiaramente di condanna, rispetto ai fatti in causa.

150 C.edu, Sez. II, Sent. 8 Dicembre 2009, Previti c. Italia: con tale decisione la

Corte dichiarò irricevibile il ricorso del ricorrente che, accusato e condannato per aver corrotto un giudice della Corte d’Appello, lamentava l’iniquità della procedura penale aperta a suo carico.

http://presidenza.governo.it

151 C.edu, Sez.II, Sent. 5 Dicembre 2002, Craxi c. Italia: il ricorrente

lamentava la non equità del processo contro di lui intentato, sostenendo di non aver goduto del tempo e delle facilitazioni necessarie per predisporre la propria difesa e di non aver potuto interrogare i testimoni a suo carico. Adduceva inoltre che l’esposizione mediatica del suo caso aveva influenzato l’opinione dei giudici chiamati ad esprimersi sulle accuse a lui mosse.

152 L’indipendenza di un giudice è, infatti, presupposto necessario

dell’esistenza della sua stessa imparzialità: non può considerarsi imparziale un giudice che deve render conto ad altri della liceità dell’attività da loro

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poter agire privo di qualunque legame con soggetti titolari di poteri di diritto e di fatto che possano condizionarne l’agire e le decisioni. L’indipendenza di un giudice viene valutata sulla base di parametri tecnici quali: le modalità di nomina del giudice, la durata del mandato e l’esistenza di disposizioni che tutelano l’organo giurisdizionale da indebite pressioni esterne. In particolare, la Corte e.d.u. analizza nello specifico il rapporto che intercorre tra l’organo giurisdizionale ed il potere esecutivo, affermando che un’eventuale nomina del giudice da parte del potere politico non è causa di compromissione della sua indipendenza, dovendo questa essere valutata alla luce delle garanzie a lui riconosciute dopo la nomina. È necessario sottolineare che, per quanto indipendenza ed imparzialità siano concetti diversi tra loro, molteplici sono le pronunce della Corte in cui sono esaminati congiuntamente perché considerati indissociabili. 153

Tuttavia, perché un processo possa dirsi equo è altresì necessario, ex art. 6 comma 1 CEDU, che si svolga in pubblica udienza. Infatti, sin dalle sentenze più risalenti nel tempo, i giudici di Strasburgo hanno sottolineato che la pubblicità dell’udienza rappresenta un modus procedendi funzionale alla realizzazione di un processo equo154 poiché garantisce massima

svolta. Cfr: S. BUZZELLI, ART.6-DIRITTO A UN EQUO PROCESSO, in AA. VV, Corte di Strasburgo e Giustizia Penale, Giappichelli Editore, 2016, p. 128 e ss.

153C.edu, Sez. III, Sent. 24 Marzo 2015, Pop e altri c. Romania: la Corte ha

riscontrato una violazione dei parametri dell’equo processo con riferimento alla composizione di organi giudiziari misti, ovvero nei casi in cui i civili siano sottoposti al giudizio di organismi composti da giudici militari, funzionari di polizia o più in generale soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione.

154 C.edu, Sent. 10 Aprile 2012, Lorenzetti c. Italia: Il ricorrente è un medico

ospedaliero condannato dal GIP di Siracusa ad un anno di reclusione per cinque episodi di truffa e falso dallo stesso perpetrati nei confronti dell’ospedale presso cui esercitava. A seguito di un ricorso in Appello che ne sancisce l’assoluzione in formula piena, il ricorrente procede per la riparazione della misura cautelare subita che però gli viene negata. Il ricorrente adisce alla Corte edu lamentando una violazione ex art. 6 comma

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trasparenza nell’amministrazione della giustizia. La pubblicità dell’udienza, infatti, se da un lato tutela i diritti dei soggetti coinvolti (primo fra tutti l’imputato) sottraendone la gestione ad una giustizia occulta, al contempo rafforza la fiducia che i cittadini nutrono nei confronti delle autorità giudiziarie. Prescindendo dalle descrizioni a carattere generale, la Corte e.d.u. è intervenuta più volte per precisare la portata applicativa del principio di pubblicità.

In primis per quanto riguarda il contenuto, infatti, precisa che al

fine di garantire la pubblicità dell’udienza è necessario che siano rese conoscibili tempestivamente data, ora e luogo di svolgimento del processo.

In secondo luogo, un altro aspetto rilevante riguarda il rapporto intercorrente tra i diversi stati e gradi del procedimento penale, non potendo affermare che siano interessati allo stesso modo dal principio della pubblicità. È un aspetto, quello della pubblicità, che riguarda sia la fase antecedente al dibattimento, in cui si può registrare una violazione di tale principio nel caso in cui il processo sia costruito sulla base di prove raccolte in una fase precedente all’ombra del segreto investigativo155, sia il

dibattimento, sia i successivi giudizi d’impugnazione con riferimento ai quali la Corte ha specificato che l’assenza di un’udienza pubblica non lede il diritto del soggetto ad un equo processo. La Corte, infatti, riconosce la possibilità di ricorrere a procedure camerali (sempre che in primo grado si sia proceduto ad udienza pubblica) nel caso in cui si rimettano al vaglio del giudice superiore solo profili di legittimità del provvedimento impugnato. Di contro, nel caso in cui il giudice

1 CEDU, in quanto la decisione era stata presa in camera di consiglio e non in pubblica udienza.

155 C.edu, Sez. II, Sent. 8 Febbraio 2000, Stefanelli c. San Marino: la sentenza

riguarda una vicenda giudiziaria in cui le prove testimoniali erano state assunte pubblicamente dal giudice istruttore, mentre in primo grado ed in appello non c’erano state udienze pubbliche.

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dell’impugnazione debba procedere ad un riesame complessivo della causa (con riferimento ai profili fattuali e giuridici) per stabilire la colpevolezza o meno dell’imputato, la Corte ritiene necessario che si proceda in pubblica udienza o che la deroga sia consensuale.156

Infine, l’art. 6 comma 1 CEDU, contempla alcune eccezioni al principio di pubblicità processuale la cui sussistenza è rimessa ad una valutazione effettuata dalla Corte in ragione degli interessi coinvolti di volta in volta nel caso concreto.

2.2

EQUITA’ PROCESSUALE: OBBLIGHI

PROCEDURALI

Tra i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU, rientra il diritto per il soggetto di poter accedere alle regole del processo equo, a proposito del quale è necessario volgere l’attenzione all’art. 6 CEDU. Ciò che conta, come ha più volte ribadito la stessa Corte, è che si realizzi una protezione concreta ed effettiva dei diritti; nessuno, infatti, deve subire un pregiudizio irreversibile dei propri interessi senza che gli sia riconosciuta la possibilità di usufruire di una procedura processuale corretta.

Perché un processo penale possa dirsi equo, ex art. 6 CEDU, deve avere una durata ragionevole al fine di assicurare che chi v’è sottoposto non sia costretto a rivestire la qualità di imputato troppo a lungo e che l’accusa formulata nei suoi confronti sia decisa in tempi, per l’appunto, ragionevoli.

Il termine a partire dal quale si calcola la ragionevolezza è rappresentato dal giorno in cui l’interessato viene formalmente

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accusato.157 Per quanto riguarda invece il termine finale del processo, la Corte ha affermato che, il lasso di tempo cui l’art. 6 si riferisce copre, di fatto, l’intero procedimento incluse le fasi dell’impugnazione.158. Ne consegue che, il periodo da prendere

in considerazione duri almeno sino al proscioglimento o alla condanna, anche se tale decisione sia adottata in appello. Non v’è motivo, infatti, per cui la tutela contro l’irragionevole durata del processo debba terminare alla prima udienza dibattimentale; pertanto, nel calcolo devono essere considerati anche i rinvii non giustificati o i ritardi eccessivi imputabili alle autorità giudiziarie.159 In caso di condanna, tuttavia, non può ritenersi che vi sia stata pronuncia sulla fondatezza di un’accusa penale ai sensi dell’art. 6 comma 1, fino a quando la sentenza non sia passata in giudicato160. Infine, è necessario sottolineare che anche la fase di esecuzione delle sentenze costituisce una parte integrante del processo penale, in caso contrario le garanzie riconosciute ex art. 6 CEDU hanno carattere illusorio se gli stati non possono dare seguito ad una sentenza, definitiva e vincolante, di proscioglimento.

Inoltre, la giurisprudenza della Corte, conformemente al principio di buona amministrazione della giustizia, annovera tra le garanzie ex art. 6 CEDU il dovere per gli organi giurisdizionali di motivare le decisioni (ex comma 1 e 3 lett. b) assunte ed illustrare, in maniera adeguata, le ragioni ad esse sottese. Attraverso la motivazione, le autorità giurisdizionali dimostrano alle parti di aver valutato e considerato le loro

157 Tale termine può iniziare a decorrere ancor prima dell’inizio effettivo del

processo, ad esempio da momento dell’arresto, dalla formulazione dell’imputazione o dall’avvio delle indagini preliminari.

158 Tale termine, allora potrebbe coincidere con la decisione resa dalla Corte

d’appello, sempreché questa si pronunci sul merito dell’imputazione

159 C.edu, Sent. 27 Giungo 2018, Wemhoff v. Germany

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argomentazioni161, favorendo in questo modo un’accettazione della decisione più consapevole. Inoltre, l’obbligo di motivazione impone al giudice di articolare il proprio ragionamento in base ad argomenti di tipo oggettivo a tutela dei diritti di difesa.

Per quanto riguarda, invece, l’estensione e la portata dell’obbligo di motivazione delle corti nazionali, la Corte segue un’impostazione flessibile; le modalità di adempimento variano a seconda della natura della decisione e vanno definite alla luce delle circostanze del caso concreto162. È necessario sottolineare che, nonostante le autorità giudiziarie interne non siano obbligate a motivare in dettaglio ogni aspetto emerso nel corso del procedimento penale, dal testo della decisione motivata deve risultare che gli elementi essenziali, ovvero quelli su cui il caso si fonda, siano stati adeguatamente valutati; le autorità giurisdizionali interne ai singoli Stati, infatti, devono indicare con sufficiente chiarezza i motivi in base ai quali le proprie decisioni sono state adottate, cosicché le parti possano utilmente esercitare ogni diritto di impugnazione previsto ex lege.

L’equità del processo si connota, inoltre, per la previsione del principio di presunzione d’innocenza che ingiunge ai membri di un tribunale, durante l’espletamento delle proprie funzioni, di non basarsi sulla convinzione precostituita che l’imputato abbia commesso il reato a lui ascritto.

La norma, inoltre, prescrive che l’onere della prova è a carico dell’accusa, e che ogni elemento deve essere valutato a favore dell’imputato. Ne discende che, gli organi inquirenti hanno

161 C.edu, Grande Camera, 16 Novembre 2010, Taxquet c. Belgio: il

ricorrente è stato condannato a scontare una pena detentiva di vent’anni per un omicidio volontario commesso nel 2001. Adisce alla Corte lamentando una violazione ex art. 6 comma 1 e 3 lett. b), perché non messo nelle condizioni di poter comprendere le motivazioni alla base del verdetto di condanna.

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l’onere d’ informare il soggetto indagato delle accuse a lui mosse, di modo che questi possa preparare la propria difesa in maniera adeguata. Del resto, grava sempre sull’accusa l’onere di produrre prove sufficienti per la condanna.

Alla luce di ciò si riscontra una violazione della presunzione d’innocenza nel caso in cui si registri un onere della prova e questo gravi, senza giusta causa, sulla difesa e non sull’accusa. Il diritto ad essere presunti innocenti in un procedimento penale ed il corrispondente onere gravante sull’accusa di provare i fatti per cui si procede non è assoluto, giacché le presunzioni di fatto o di diritto operano in qualsiasi ordinamento penale e non sono, di principio, proibite dalla Convenzione.

In particolare, gli Stati contraenti possono, a certe condizioni, perseguire un fatto oggettivo in quanto tale, a prescindere che lo stesso sia stato commesso con dolo o colpa. Ad ogni modo, l’articolo 6 comma 2 impone agli Stati di contenere tali presunzioni entro limiti ragionevoli che tengano conto dell’importanza della posta in gioco e della salvaguardia del diritto di difesa; in altre parole, i mezzi utilizzati devono essere ragionevolmente proporzionati allo scopo perseguito.

Infine, tra le garanzie processuali ex art. 6 CEDU in tema di equo processo, rientrano il principio del contraddittorio e di parità delle armi.

Si tratta di due concetti tra loro in stretta connessione che risultano indispensabili ma al contempo di difficile individuazione essendo l’uno presupposto dell’altro. In primis, per quanto attiene al contradditorio in un processo penale implica che, sia all’accusa che alla difesa, deve essere riconosciuta la possibilità di prendere conoscenza e di poter controdedurre rispetto agli argomenti e alle prove presentate dalla parte avversa. Al contempo, il principio della parità consente ad entrambe le parti di poter sostenere le proprie

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ragioni senza che ciò comporti una posizione di svantaggio per la controparte. D’altronde, l’assenza dell’accusa o della difesa in una qualunque delle fasi procedimentali, pregiudica l’equità del processo se si concretizza in una situazione di svantaggio per l’accusato.