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2.(segue)UN CAMBIO DI PROSPETTIVA

3. LA TUTELA DELLA VITTIMA NELLA

GIURISPRIDENZA

DELLA

CORTE

DI

STRASBURGO

Per quanto all’interno della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo non si faccia alcun riferimento specifico alla nozione di vittima del reato69, la sua tutela è un tema cui la giurisprudenza europea ha prestato la massima attenzione. Non si può, infatti, non prendere in considerazione la progressiva evoluzione che negli ultimi anni ha caratterizzato la

69 La convenzione europea nel suo discorrere fa riferimento all’autore

dell’illecito penale. L’art. 7 C.e.d.u sancisce il principio nullum crimen sine

praevia lege poenali, con cui vieta la condanna dell’autore di un fatto che

non costituiva reato al momento della commissione; l’art. 5 C.e.d.u riporta le ipotesi in cui è possibile la privazione della libertà personale riferendosi alla persona accusata; finanche l’art. 6 C.e.d.u sul diritto all’equo processo è ideato senza particolare considerazione per la vittima di un reato, e anche quando stabilisce i diritti nel processo, questi si riferiscono esplicitamente alla persona penalmente accusata. Contributo di E.N. LA ROCCA: La Tutela

della Vittima, A. GAITO e D. CHINNICI, Regole europee e processo, Cedam,

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giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, discostandosi dall’idea di subordinare la tutela garantita all’offeso all’esercizio dell’azione civile e alle ripercussioni che la vicenda penale ha sulle pretese risarcitorie, ha sottolineato la necessità di tutelare i diritti della vittima di reato tramite una loro adeguata collocazione all’interno del sistema processuale penalistico. 70 Il

riferimento normativo in seno alla Convenzione cui è ricondotta, da parte della Corte europea, la tutela e la salvaguardia dei diritti della vittima sono di volta in volta gli artt. 6 o 8 oppure, come più spesso accade, gli artt. 2 e 3. La Corte di Strasburgo nel 198571, ravvisando una violazione dell’art. 8 CEDU, s’è espressa sull’insufficienza della tutela civilistica riservata alla vittima di reato, quando ad essere coinvolti sono valori ed aspetti fondamentali della vita privata, rispetto ai quali solo una legislazione penale può assicurare una prevenzione efficace, necessaria in tale ambito. 72 Nonostante ciò, (in quell’occasione) la Corte non ha ritenuto i tempi sufficientemente maturi per arrivare a riconoscere un vero e proprio diritto al processo, ovvero il diritto per la vittima di esercitare di sua sponte l’azione penale, pur affermando che, nel caso in cui la normativa interna ai singoli Stati membri, riconosce il diritto a far valere una pretesa risarcitoria per mezzo del processo penale, ciò basta perché venga ad esistenza un diritto di natura civile la cui tutela giurisdizionale deve essere ricondotta all’ art. 6 CEDU nella sua previsione parallela a quella dettata per il processo penale. In questo modo la Corte ha permesso alla vittima, nel momento in cui si trovi dinanzi al giudice penale, di poter accedere a tutte quelle garanzie e prerogative ascrivibili all’idea del procés

70 Corte EDU, 24 Febbraio 2005, Sottani c. Italia.

71 Corte Edu, Sent., 26 Marzo 1985, X e Y c. Paesi Bassi. https://eur- lex.europa.eu

72 Contributo di E.N.LA ROCCA, La Tutela della Vittima, A. GAITO E

D.CHINNICI, REGOLE EUROPEE E PROCESSO PENALE, Cedam, 2016, p. 121 e ss.

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equitable (ex art. 6 CEDU) laddove oltre all’esercizio

dell’azione penale intraprenda altre pretese (riconosciute nei singoli ordinamenti interni) nei confronti dello stesso reo. In tempi più recenti, dato anche il processo di riscoperta del ruolo della vittima nel processo penale, la Corte di Strasburgo ha elaborato un nuovo modo di vedere il processo quale strumento di giustizia funzionale alla tutela degli interessi delle vittime per la cui offesa non è sufficiente un rimborso di natura economica. Alla luce di quanto indicato è evidente l’approccio evolutivo volto a rafforzare la tutela della vittima all’interno dei singoli Stati membri attraverso una nuova prospettazione dei rapporti tra vittima e processo. È in questa nuova prospettiva che si vengono a delineare, in capo agli Stati membri, dei veri e propri obblighi di criminalizzazione, i quali nell’elaborazione giurisprudenziale rilevano su un duplice piano. Sul piano sostanziale l’osservanza della Convenzione può tramutarsi nell’obbligo per il legislatore interno di introdurre o estendere delle fattispecie penali per condotte che rischiano di rimanere impunite; mentre sul piano procedurale si evidenziano le carenze procedurali del sistema giudiziale interno ai singoli Stati e funzionali all’accertamento della responsabilità conseguenti alla violazione del bene tutelato dalla Convenzione. Da ciò ne discende che il compito della Corte non è né quello di decidere in merito alla colpevolezza o meno del reo né quello di stabilire quale che sia la pena da infliggere, in quanto onere spettante ai tribunali penali interni; al contrario essa ha il dovere di vigilare che i singoli Stati assolvano al loro dovere di garantire la tutela di quei diritti concreti ed effettivi che rientrano nella sua giurisdizione. Pertanto, la Corte deve intervenire solo nel caso in cui ravvisi un’assenza di incriminazione poiché, in caso contrario, il dovere degli Stati di procedere ad un’inchiesta effettiva perde di significato.

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È ovvio che la recente posizione assunta dalla Corte di Strasburgo, tesa ad accertare una violazione dei diritti fondamentali e di conseguenza garantire un’effettiva tutela nei confronti della persona offesa, porta necessariamente a domandarsi se ed in che misura tali istanze di protezione, spesso contrastanti con gli interessi dell’imputato, possano limitare quelle garanzie e prerogative che la stessa Convenzione riconosce a quest’ultimo. In risposta la Corte, partendo dal presupposto che è la Convenzione che tutela al contempo imputato e vittima, evidenzia la necessità di ricercare un equilibrio tra gli interessi della persona lesa e quelli dell’imputato pur non potendo tralasciare elementi di criticità volti a sottolineare come il processo da mezzo di accertamento divenga uno strumento funzionale ad infliggere una sanzione e tutelare l’offeso.