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LA TUTELA DELLA VITTIMA DEBOLE E GLI OBBLGIHI PROCEDURAL

3.2 (segue) ART 3 CEDU IL CASO: CESTARO C ITALIA

4. LA TUTELA DELLA VITTIMA DEBOLE E GLI OBBLGIHI PROCEDURAL

Nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali garantita dalla Corte e.d.u. rientrano anche le violazioni interindividuali, ovvero condotte lesive realizzate da soggetti privati a danno di altri, che agli occhi dell’ordinamento sovranazionale e interno, si trovano in una condizione di elevata vulnerabilità, che a sua

184 C.edu, Sez. IV, Sent. 7 Aprile 2015, Cestaro c. Italia, (§ 242) https://hudoc.echr.coe.int

185 C.edu, Sez. IV, Sent. 22 Giugno 2017, Bartesaghi e altri c. Italia: giudici

hanno riconosciuto all’unanimità la violazione dell’art. 3 Cedu, sia sul versante sostanziale che sul versante procedurale, condannando l’Italia al risarcimento dei danni nei confronti dei ricorrenti. Tale sentenza ebbe particolare rilievo perché emessa nello stesso momento in cui veniva discussa in parlamento la proposta di legge n. 2168-B, adottata formalmente il 14 Luglio dello stesso anno, e che ha introdotto nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) del codice penale i reati di tortura (art. 613 bis) e di istigazione alla tortura (art. 613 ter).

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volta è conseguenza diretta della relazione personale che lega la stessa vittima all’indagato o imputato. Alla luce di ciò, prendendo le mosse dall’art.8 CEDU e avendo come riferimento principiale gli artt. 2 e 3 CEDU, i giudici di Strasburgo evidenziano la necessità di predisporre adeguate misure di protezione anche nei casi di violenza domestica e relazionale, rispetto alla quale v’è un elevato rischio di reiterazione del reato186. Le forme di tutela prospettate dalla Corte, avendo

riguardo più per il tipo di aggressione subita e per la qualità del pericolo che non per le caratteristiche soggettive della vittima187, prescrivono l’obbligo di predisporre un adeguata protezione che ricade sia sulle autorità giudiziarie nazionali che sulle forze di polizia.

Pertanto, la Corte ha previsto in capo agli Stati firmatari l’obbligo di predisporre, a favore della vittima, meccanismi di tutela del diritto alla vita, dell’integrità psico-fisica della persona, del diritto alla vita familiare ed al divieto di non discriminazione, che possono essere compromessi in modo reiterato. Tuttavia, secondo la Corte, la previsione di strumenti normativi ad hoc non è sufficiente a garantire un’adeguata protezione dei diritti fondamentali della vittima. È necessario, altresì, che le autorità nazionali provvedano all’espletamento di indagini tempestive ed efficaci per identificare e punire gli autori di tali condotte criminose. La giurisprudenza di Strasburgo, accanto a tale obbligo di effettività delle indagini, prescrive in capo agli Stati il dovere di procedere alla valutazione ed alla prevenzione, mediante l’adozione di appositi strumenti, del pericolo che in concreto incombe sulla vittima

186 V.BONINI, LE FONDAMENTA DELLA PROTEZIONE DELLA VITTIMA NEL

CONTESTO SOVRANAZIONALE, Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi sulla liberà personale, CEDAM, 2018, p. 83 e ss.

187 In questo senso la tutela apprestata dalla Corte in tema di vittima di

genere si differenzia dalla Convenzione di Istanbul e Lanzarote che offrono una tutela circoscritta a determinate categorie di soggetti ritenute maggiormente bisognose.

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così da garantirne l’incolumità. È evidente che tale valutazione assume particolare rilevanza nei casi in cui oggetto del procedimento penale siano condotte criminose consumate in situazioni che presentano un elevato rischio di vittimizzazione secondaria, come nei casi di violenza domestica per cui siano state richieste dalle stesse vittime e dalle autorità procedenti specifiche misure protettive. È pur vero, tuttavia, che per ricorrere a tali sistemi protettivi si devono verificare situazioni di pericolo concreto ed immediato188 per i beni fondamentali di cui le autorità procedenti hanno conoscenza. 189 Alla luce di ciò e al fine di garantire un’adeguata protezione della vittima, la Corte riconosce la possibilità di ricorrere a misure limitative della libertà personale del soggetto sottoposto a processo, lasciando però i giudici nazionali liberi di scegliere quali siano quelle più idonee a fronteggiare i rischi che si prospettano come attuali ed immediati rispetto al caso concreto.

In merito a questi profili appare opportuno prendere in esame una recente sentenza, Talpis c. Italia190, che ha segnato la condanna dell’Italia, per non aver fornito adeguata protezione ad una donna vittima di violenza domestica. Il caso prende le

188 Nel compiere tale valutazione di immediatezza e concretezza, le autorità

procedenti, possono ricorrere ad una serie di indici rilevatori del pericolo che non necessariamente devono essere contestualmente presenti, quali: la gravità della condotta oggetto d’indagine, le modalità impiegate per infliggere la violenza all’interno di un contesto domestico, l’utilizzo o il possesso di armi ed il rischio di reiterazione delle condotte criminose. Vedi: V. BONINI, LE FONDAMENTA DELLA PROTEZIONE DELLA VITTIMA NEL

CONTESTO SOVRANAZIONALE, 2018.

189 C.edu, Sent. 9 Giugno 2009, Opuz c. Turchia: il caso riguarda le violenze

subite da una donna ad opera del marito affetto da malattia mentale. La donna aveva presentato numerose denunce che però non avevano ottenuto riscontro nei fatti. La Corte sul punto ha rilevato una violazione dell’art. 8 perché le autorità nazionali non avevano adottato misure idonee a far fronte alla condizione psichiatrica del marito della ricorrente, da un lato, ed a fornire alla stessa una protezione contro ulteriori atti di violenza, dall’altro, pur essendo consapevole del pericolo cui essa andava incontro. Contributo: A. COLELLA, La giurisprudenza di Strasburgo 2008-2010: gli altri diritti di

libertà (artt. 8-11 CEDU), in Riv. Trim. Dir. Proc. Pen, 2011, p. 289 e ss.

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mosse dalle ripetute violenze domestiche causate dal marito ai danni della ricorrente e della figlia, l’ultima delle quali sfociata nell’uccisione del figlio diciannovenne della donna accorso in suo aiuto. La ricorrente, invocando gli artt. 2,3 e 8 CEDU ha adito la Corte EDU sostenendo che le autorità nazionali non hanno adottato le misure adeguate e necessarie per proteggere la sua vita e quella dei suoi figli, impedendo al marito di commettere ulteriori violenze. Al contrario, il Governo italiano sostiene la non conoscenza da parte delle autorità statali del pericolo in cui la ricorrente e la sua famiglia si trovassero, in quanto i precedenti episodi di violenza segnalati dalla stessa ricorrente lasciarono presupporre dei semplici conflitti familiari; né, sempre secondo il Governo, il lasso tempo intercorso fra il deposito della denuncia e l’audizione della ricorrente ha lasciato la ricorrente esposta alle violenze del marito. La Corte, chiamata ad esprimersi in ordine alle violazioni lamentate, ha riscontrato: 1) la violazione dell’art. 2 CEDU dal momento che le autorità statali, non agendo tempestivamente ma facendo trascorrere sette mesi dalla presentazione della denuncia, hanno privato la stessa di qualunque effetto comportando l’impunità del reo e la reiterazione delle violenze; 2) la violazione dell’art. 3 CEDU, poiché le violenze perpetrate nei confronti della donna, concretizzatesi in lesioni corporali e pressioni psicologiche, sono sufficientemente gravi da essere qualificate come maltrattamenti. Alla luce di ciò, la Corte ritiene che le autorità nazionali, con la loro condotta passiva nello svolgimento delle indagini, siano venute meno al loro obbligo, sancito anche dalla Convenzione d’Istanbul, di predisporre le misure necessarie affinché tutte le forme di violenza rientranti nel campo di applicazione della Convenzione siano trattate senza ritardi ingiustificati e prendendo in considerazione i diritti della vittima

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in tutte le fasi del procedimento penale191; 3) da ultimo la Corte, alla luce della violazioni sopra indicate, ha ritenuto che le autorità italiane abbiano di fatto realizzato una discriminazione di genere ai sensi dell’ art. 14 CEDU poiché non riconoscendo, con la loro inerzia, la gravità delle violenze subite dalla ricorrente, le hanno di fatto approvate.

5.OPERAZIONI

INVESTIGATIVE

E

NECESSARIO

RISPETTO

DEI

PRINCIPI