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TORTURA: INTRODUZIONE

5.3. GLI OBBLIGHI SOSTANZIALI POSIT

La previsione di obblighi negativi non è sufficiente a garantire una tutela adeguata ed efficiente agli individui. Di conseguenza, la giurisprudenza di Strasburgo ha elaborato una serie di obblighi positivi di fare in grado di prevenire, ed in caso di violazione reprimere, le condotte inumane e degradanti lesive dell’integrità psico-fisica di persone determinate.

120 D.RANALLI, DIRITTO ALLA VERITA’ E LOTTA ALL’IMPUNITA’: qualche

riflessione sulla decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo sulla sentenza di Abu Omar, RASSEGNA PENITENZIARIA E CRIMINOLOGICA, 2015, p. 1 e ss. http://www.rassegnapenitenziaria.it

121 C.edu, sent. 23 Febbraio 2016, Nasr e Ghali c. Italia: la sentenza riguarda

il noto caso dell’imam islamico Osama Mustafa Hassan Nasr, noto come Abu Omar accusato di avere contatti con cellule integraliste islamiche. Fu sequestrato a Milano dagli agenti dei servizi segreti italiani su richiesta della CIA americana che lo traferì dapprima in Germania e poi in Egitto, al fine di sottoporlo a detenzione segreta e ad interrogatori che richiedevano l’impiego di sevizie e torture. www.penalecontemporaneo.it

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L’obbligo positivo prescritto agli Stati membri ex art. 3 riguarda principalmente il trattamento penitenziario da riservare alle persone che subiscono una restrizione della libertà personale.122 Pertanto, dato l’ampio raggio di azione della norma in esame, lo

status di soggetto, ristretto nella propria libertà personale e

detenuto in strutture carcerarie, assume una nuova rilevanza: la disposizione garantisce una tutela rispetto a condotte violente poste in essere dalle forze dell’ordine, ma richiede anche che il trattamento penitenziario predisponga condizioni carcerarie tali da non ledere la dignità umana e in grado di non cagionare sofferenze fisiche e psichiche ulteriori rispetto a quelle scaturenti dalla restrizione della propria libertà personale. In base ad una valutazione generale, la disposizione in analisi offre una tutela ampia e variegata che, con specifico riferimento al carcere, impedisce l’esecuzione di pene mediante l’utilizzo di modalità che integrano un trattamento inumano o degradante. Gli elementi in relazione ai quali l’irrogazione di una pena detentiva può violare il divieto prescritto dall’art.3 CEDU sono: le condizioni di detenzione, l’adozione di regimi carcerari speciali e la durata della pena.

Negli ultimi anni, la Corte ha dimostrato una maggiore attenzione nei confronti di questi temi; numerose sono le sentenze di condanna per violazione dell’art. 3 CEDU.

Tra le condizioni detentive che ogni Stato membro deve assicurare ai propri detenuti, al fine di non realizzare un trattamento penitenziario inumano e degradante, vi è in primis l’assegnazione ad ogni detenuto di uno spazio vitale adeguato. La Corte s’è soffermata sul tema prendendo in esame il fenomeno del sovraffollamento carcerario che, incidendo sulle

122 Contributo: M. MONTAGNA, ART. 3 CEDU E SOVRAFFOLLAMENTO

CARCERARIO. LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO ED IL CASO DELL’ITALIA, Rivista di diritti pubblico italiano,

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condizioni di vita in carcere, mette a repentaglio la possibilità di accedere ad un percorso di risocializzazione. Con riferimento al tema della sovrappopolazione carceraria, tuttavia, è necessario prendere in considerazione una distinzione sostanziale: da un alto, vi sono casi in cui l’assenza di uno spazio personale adeguato è tanto grave da integrare una violazione ex art. 3 CEDU123; dall’altro lato, vi sono casi in cui la violazione viene

riscontrata sulla base di una valutazione complessiva delle condizioni detentive, che prende in considerazione diversi fattori quali l’areazione disponibile, la possibilità di usare i servizi igienici in modo riservato, l’accesso alla luce e all’aria naturali, le temperature interne e il rispetto delle esigenze sanitarie basilari. Ne deriva che il sovraffollamento viola l’art. 3 CEDU poiché le condizioni disumane e degradanti che da esso discendono ledono il bene giuridico della dignità umana che deve invece essere elevato a criterio-guida nella fase dell’esecuzione della pena124.

123 C.edu, Sent. 16 Luglio 2009, Sulejmanovic c. Italia: il caso riguardava un

cittadino della Bosnia-Erzegovina detenuto nel carcere romano di Rebibbia per scontare una pena di un anno e nove mesi di reclusione per una serie di condanne. Il ricorrente si lamentava di aver dovuto condividere la cella con altri cinque persone, ognuna delle quali poteva disporre di una superficie pari a 2,70 m. Il ricorrente lamentava pertanto una violazione dell’art. 3 CEDU nonché dei parametri stabiliti dal Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti (CPT) che fissa in 7 m quadrati la superficie auspicabile da ciascun detenuto nel periodo di reclusione. www.giustizia.it

124 C.edu, Sez. II, Sent. 8 Gennaio 2013, Torregiani e altri c. Italia: Con questa

sentenza la Corte ha esaminato e deciso una serie di ricorsi relativi alle condizioni di detenzione vissute da sette detenuti negli istituti penitenziari di Piacenza e Busto Arsizio durante periodi che vanno dal 2006 al 2011. Ciascuno di esse lamentava di essere stato vittima di un trattamento inumano per il fatto che, essendo stato ristretto insieme ad almeno altri due detenuti in delle celle che misuravano 9 mq, aveva avuto a disposizione uno spazio personale pari a una superficie di soli 3 mq la cui vivibilità era ulteriormente limitata dal mobilio presente in cella. I ricorrenti che erano stati ristretti nel carcere di Piacenza lamentavano il fatto che, oltre a subire una lesione per la mancanza di spazio personale, le condizioni di vita in carcere erano rese ancora più degradanti da ulteriori fattori: da una parte la presenza di sbarre metalliche apposte alle finestre determinava un'insufficiente illuminazione e areazione naturale, dall'altra, a causa di una

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In secondo luogo, al fine di attuare una tutela effettiva dei diritti umani anche nelle fasi di irrogazione ed esecuzione della pena, i giudici europei hanno affrontato il tema dell’ammissibilità dell’ergastolo che, in quanto pena perpetua, pone problemi di compatibilità con l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte di Strasburgo, in realtà, ha affermato che la mancanza di temporaneità nella pena dell’ergastolo non è sufficiente per rilevare un’incompatibilità con l’art. 3 della Convenzione laddove sia garantita almeno astrattamente la possibilità di liberazione anticipata125. Al contrario, si ha un contrasto con l’art. 3 CEDU nel caso in cui si tratti di un ergastolo inteso come pena realmente perpetua126, ossia senza alcuna possibilità per il condannato, trascorso un certo periodo di detenzione in carcere, di beneficiare della liberazione anticipata o condizionale e laddove tale pena risulti

prolungata assenza di acqua calda nell'istituto, era stata sensibilmente limitata la possibilità di accedere alle docce. Allo stesso modo, anche i detenuti del carcere di Busto Arsizio denunciavano un ridotto accesso alle docce e l'insufficienza di acqua calda.

125 C.edu, Grande Camera, Sent. 12 Febbraio 2008, Kafkaris c. Cipro: il

ricorrente, giudicato responsabile di tre omicidi, venne condannato all’ergastolo obbligatorio, cioè applicato automaticamente, senza possibilità per il giudice di valutare le circostanze attenuanti ai fini della determinazione della pena che: per il regolamento penitenziario ammontava a 20 anni di reclusione, mentre per il codice penale vigente si trattava di una detenzione sine die, poco dopo il regolamento penitenziario fu abrogato e di conseguenza la pena detentiva si tramutò in una privazione della libertà personale a vita. Tuttavia, nel caso di specie la Corte non riscontrò una violazione ex art. 3 CEDU poiché l’ordinamento cipriota contemplava un’ipotesi di liberazione disposta dal presidente della Repubblica. Contributo: D. RANALLI, L’ergastolo nella giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’uomo TRA ASTRATTO “DIRITTO ALLA

SPERANZA” E CONCRETO ACCESSO ALLA LIBERAZIONE CONDIZIONALE, n. 1- 2015, p. 292 e ss., in http://www.rassegnapenitenziaria.it

126 Contributo: F. VIGANO’, ERGASTOLO SENZA SPERANZA DI LIBERAZIONE

CONDIZIONALE E ART. 3 CEDU: (POCHE) LUCI E (MOLTE) OMBRE IN DUE RECENTI SENTENZE DELLA CORTE DI STRASBURGO,2012, p. 1 e ss.

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manifestatamente sproporzionata rispetto al reato di cui il ricorrente è accusato. 127

Un capitolo a parte infine, riguarda il profilo della compatibilità dei regimi carcerari speciali, in particolare per quanto riguarda l’Italia del carcere duro ex art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario, con la CEDU. La giurisprudenza di Strasburgo, tuttavia, ritiene che tali regimi non comportino una violazione dell’art. 3, dal momento che non raggiungono la soglia di gravità necessaria per configurare un trattamento inumano e degradante128.