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ART 2 CEDU: USO DELLA FORZA E DELLE ARM

ALL’ESPULSIONE

4.2. ART 2 CEDU: USO DELLA FORZA E DELLE ARM

L’art. 2 comma 2 CEDU non elenca i casi in cui è possibile infliggere intenzionalmente la morte, ma quelli in cui è consentito ricorrere legittimamente alla forza che può involontariamente causare la stessa. Si tratta dei casi di:

a) difesa contro una violenza illegale;

b) necessità di effettuare un arresto legittimo o di impedire l’evasione di una persona legalmente detenuta;

c) repressione legittima di una violenza o di un’insurrezione.

Già nel precedente storico Mc Cann e altri c. Regno Unito del 1995, i giudici di Strasburgo hanno elaborato alcuni importanti principi che costituiscono ormai uno jus receptum e che completano il dato della disposizione convenzionale in sé abbastanza scarno e spesso soggetto a diverse interpretazioni. Pertanto, in base a questo jus receptum ne discende che:

• l’elenco delle eccezioni ex art. 2 comma 2 deve considerarsi tassativo e la relativa descrizione deve essere soggetta ad un’interpretazione restrittiva al solo scopo di rendere effettiva la tutela della vita;

• il requisito dell’assoluta necessità deve essere inteso in modo molto più stringente: tale requisito può essere derogato solo in casi eccezionali in cui gli Stati siano in condizioni di dover effettuare, in tempi stringenti e rispetto a situazioni su cui abbiano un controllo minimo, delle valutazioni di pura opportunità strategica ed in quanto tali svincolate dal sindacato della CEDU;

• accanto all’assoluta necessità si colloca, per mezzo dell’interpretazione, il requisito aggiuntivo della stretta

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proporzionalità dell’uso della forza in relazione agli scopi previsti dalla norma (la quale per esempio prescrive, nell’ipotesi in cui si debba impedire l’evasione di una persona detenuta o procedere a un arresto, la gradazione della forza in relazione alla gravità del crimine commesso). In apparente contrasto con la visione pro-vita finora analizzata è il principio per cui la stretta proporzionalità deve essere valutata ex ante, in base a quanto si possa ragionevolmente prevedere in fase di realizzazione della condotta. Infatti, per quanto tale principio risulti discordante rispetto a quello dell’assoluta necessità, il suo scopo ultimo è evitare di comprimere eccessivamente l’azione delle forze statali. Ciò, difatti, rischia di compromettere la tutela dei diritti fondamentali esposti al pericolo, inclusa la vita stessa degli agenti statali o di terzi minacciati.

4.2.1 ART. 2 CEDU: LIMITI ALL’USO DELLE

ARMI E DELLA FORZA LETALE PER GLI

AGENTI DELLE FORZE DELL’ORDINE

I primi destinatari dei precetti ex art. 2 comma 2 lett. a, b, c CEDU sono gli agenti delle forze dell’ordine impegnati sul piano delle operazioni di law enforcement.

La disposizione ex lett. a) art. 2 comma 2 CEDU rappresenta un’ipotesi di legittima difesa delle autorità statali funzionali alla tutela della vita e dell’incolumità propria ed altrui. La norma fa riferimento a tutti questi casi in cui, nel corso di operazioni di polizia si arrivi a cagionare volontariamente o meno la morte di

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una o più persone. È ovvio che, trattandosi di situazioni in cui le decisioni cruciali devono essere assunte in tempi rapidi, la giurisprudenza di Strasburgo incentra la sua attenzione sulla valutazione ex ante della stretta proporzionalità:

i. riconoscendo l’esimente della legittima difesa, come ha fatto nel precedente storico McCann c. Regno Unito del 1995. In quell’occasione la Corte e.d.u. ha affermato che i soldati inglesi non erano correttamente informati sulle reali intenzioni dei sospetti terroristi inglesi, che non erano quelle di far esplodere un ordigno bensì di effettuare un sopralluogo. Perciò, se da un lato la Corte ha escluso una violazione da parte degli stessi soldati degli obblighi negativi ex art. 2 CEDU, dal momento che l’uccisione dei terroristi è stata giustificata dalla ragionevole convinzione che volessero innescare un ordigno, al contempo ne riconosce la violazione per l’inadeguatezza dell’operazione svolta dai medesimi soldati83.

ii. attribuendo una certa rilevanza alla valutazione soggettiva che il singolo agente compie servendosi di evidenze di carattere oggettivo, come nel noto caso

Giuliani e Gaggio c. Italia del 2011 che tratta

dell’uccisione di Carlo Giuliani per mano di un agente dell’arma dei Carabinieri durante il G8 genovese del 2001. Con questa sentenza la Corte ha riconosciuto indispensabile il ricorso alla forza letale per scongiurare il pericolo percepito come reale e imminente per la propria vita e quella dei propri colleghi da parte del soggetto agente: al momento dello sparo egli si trovava su una jeep accerchiata dai manifestanti, che mediante

83 C.edu, Grande Camera, Sent. 27 Settembre, 1995, McCann e altri c. Regno

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sassi e spranghe hanno realizzato la rottura dei finestrini, cagionando così lesioni a danno degli altri militari a bordo. I giudici di Strasburgo, presupponendo che il ricorso alla forza letale da parte degli agenti di polizia debba essere sorretto dall’honest and reasonable belief84 del soggetto agente, giustificano la loro decisione alla luce della duplice circostanza per cui l’agente non disponesse di altri strumenti di difesa se non lo scudo antisommossa e la pistola e soprattutto che, prima di sparare, lo stesso avesse mostrato l’arma intimando ai manifestanti di desistere.

In entrambi i casi, la valutazione della Corte e.d.u. sui requisiti oggettivi e soggettivi legittimanti il ricorso alla forza letale è caratterizzata da toni particolarmente rigorosi.

Sempre dall’ art. 2 CEDU i giudici di Strasburgo hanno desunto l’obbligo positivo, per gli ufficiali di polizia, di pianificare e controllare le operazioni così da ridurre al minimo le possibilità di ricorso alla forza letale; a sua volta da tale obbligo discende necessariamente quello di addestrare i propri sottoposti a confrontarsi e fronteggiare le situazioni più disparate senza perciò compromettere inutilmente l’incolumità fisica propria e altrui85.

Dal proseguo della norma ex lett. b) si evince che l’uso della forza letale non trova giustificazione nella necessità di realizzare un arresto o impedire un’evasione soprattutto laddove sia evidente che la persona di cui s’intende effettuare l’arresto non rappresenta un pericolo per la vita e l’incolumità. La Corte motiva la posizione assunta sulla distinzione tra il concetto di

84 Principio già affermato nella precedente sentenza McCann e altri c. Regno

Unito, CONTRIBUTO: A. COLELLA, La giurisprudenza di Strasburgo 2008-

2010: il diritto alla vita (art. 2 CEDU), 2011, p. 201 e ss.

85 Tale addestramento deve conformarsi agli standard internazionali fissati

negli UN Basic Principles on the Use of Force and Firearms by Law

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necessità, che consente di determinare se l’uso della forza letale rappresenti l’unico mezzo possibile per conseguire l’arresto, e il concetto di proporzionalità che implica l’inevitabile rinuncia all’arresto laddove non sussista un pericolo per l’incolumità e la vita degli agenti di polizia o di altre persone.

Infine, ex lett. c) relativo al riconoscimento di un uso legittimo della forza e delle armi per sedare, secundum lege, una sommossa o un’insurrezione, la Convenzione non fornisce alcuna definizione di tali concetti e dal canto suo la giurisprudenza di Strasburgo si limita a riscontrarne la sussistenza o meno caso per caso. Quindi la prima preoccupazione della Corte e.d.u. è accertare che gli agenti di polizia abbiano conformato il proprio comportamento alle prescrizioni di legge. Inoltre, al fine di rendere affettiva la tutela del diritto sancito ex art. 2 CEDU, sottolinea la necessità che il legislatore nazionale adotti delle misure legislative e di controllo atte a garantire un’efficiente prevenzione e repressione delle condotte lesive della medesima norma anche laddove esse siano perpetrare non da agenti dello Stato ma da cittadini privati. A chiusura dell’analisi normativa appena effettuata è opportuno sottolineare che è onere del ricorrente provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la morte di un individuo sia consequenziale alla condotta di un agente statale. Solo successivamente lo Stato può provare che l’uso della forza letale sia avvenuto entro i limiti ex art. 2 CEDU. Nonostante ciò, la rigidità dell’onere probatorio è oggetto di attenuazione a favore del soggetto ricorrente che può desumere la prova basandosi o su presunzioni di fatto o su indizi gravi, precisi e concordanti. Basta infatti che il ricorrente sottoponga al vaglio della Corte e.d.u. una situazione in cui gli elementi di fatto sono in tutto o in parte conosciuti dalle autorità, perché l’onere della prova sia trasferito in capo allo Stato cui spetta fornire una spiegazione

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convincente dall’accaduto. Tale inversione può avvenire sulla base del principio di vicinanza della prova ma anche in caso di rifiuto da parte dello Stato di collaborare alla ricostruzione dei fatti, generando così una presunzione di responsabilità a suo carico.

4.3 ART. 2 CEDU E GLI OBBLIGHI POSITIVI DI