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ART 2 CEDU: LE DECISIONI DI FINE-VITA

ALL’ESPULSIONE

4.4 ART 2 CEDU: LE DECISIONI DI FINE-VITA

Prendendo le mosse da un’impostazione di pensiero pro-life, può discendere astrattamente ex art. 2 CEDU in capo agli Stati membri, l’obbligo di reprimere penalmente l’interruzione di un trattamento di sostegno vitale cagionando così la morte del paziente; ma i giudici di Strasburgo non hanno sposato questa impostazione ritenendo al contrario che tale condotta non violi l’art. 2 CEDU, e che pertanto da esse non ne discende l’obbligo di incriminazione della cd. eutanasia passiva. Ovviamente, la Corte nell’assumere le sue decisioni si muove secondo una logica pro-choice in base alla quale ciò che rileva è il consenso del soggetto interessato. Alla luce di ciò, ne deriva che il dato

100 C.edu, Grande Camera, Sent. 17 Gennaio 2002, Calvelli e Ciglio c. Italia: il

caso riguardava il decesso di un neonato avvenuto due giorni dopo il parto a seguito di un ricovero in terapia intensiva per insufficienza respiratoria e neurologica a causa della posizione in cui lo avevano posizionato i sanitari addetti durante il parto.

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letterale dell’art. 2 CEDU ingiunge alle autorità statali l’obbligo di reprimere la cd. involuntary euthanasia, anche laddove la condotta sia motivata dalla volontà di porre fine alle sofferenze di una persona affetta da un male incurabile.

Prestando attenzione alla giurisprudenza di Strasburgo è possibile, infatti, elaborare delle linee-guida che sembrano propendere per una tutela assoluta del rifiuto alla prosecuzione delle cure, anche nel caso in cui questo causi la morte del soggetto che ha espresso il rifiuto. Degna di nota a questo proposito, è la decisione Ada Rossi e altri c. Italia101 con cui la Corte afferma un principio di più ampia portata quale quello del diritto di morire102 del paziente: per cui nessun trattamento terapeutico può essere imposto in assenza del consenso di un paziente adulto e pienamente capace di intendere e di volere o del suo rappresentante legale nel caso sia incapace. È proprio il consenso del paziente che secondo i giudici di Strasburgo attribuisce legittimità all’eutanasia passiva, sia espresso direttamente sia ricostruito in maniera attendibile o espresso dal proprio rappresentante legale.

Al contrario, la Corte non ha ancora assunto una posizione univoca circa la compatibilità della Convenzione con il tema della cd. active euthanasia. Tuttavia, è chiaro se chiamata ad

101 C.edu, Dec. 22 Dicembre 2008, Ada Rossi e altri c. Italia: resa sul ricorso

proposto da sei persone in stato vegetativo permanente (rappresentate dai loro tutori), da sei associazioni composte da parenti e amici di persone che versavano nella medesima condizione e da un’associazione a difesa dei diritti umani, che lamentavano gli effetti per loro potenzialmente pregiudizievoli della decisione della Corte d’Appello di Milano sul caso Englaro. Essi infatti ritenevano che l’interruzione del trattamento salvavita somministrato ad Eluana Englaro avrebbe violato l’art. 2 CEDU. In proposito cfr: A. COLELLA, La giurisprudenza di Strasburgo 2008-2010: il diritto alla

vita. Contributo: S. ZIRULIA, DIRITTO ALLA VITA.

102Sent. 22Dicembre2008, C.edu, Ada Rossi e altri c. Italia: Pare dunque che,

in questa occasione, la Corte abbia superato le posizioni rigide espresse nel precedente Pretty c. Regno Unito del 29 Aprile 2002 in cui s’era espressa sull’impossibilità di analizzare la questione alla luce dell’art. 2 CEDU, non essendo possibile ricavare da tale norma (preposta a tutela del diritto alla vita) uno speculare e diametralmente opposto diritto a morire.

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esprimersi in merito a tale questione essa dia rilievo all’assenza di un’omogeneità di soluzioni nell’area dei Paesi appartenenti al Consiglio d’Europa.

4.4.1

(segue)

L’ABORTO

Anche la giurisprudenza europea, trattando il delicato tema dell’aborto, evidenzia come la C.edu non assuma una posizione radicale sul tema. L’art. 2 CEDU, a differenza della Convenzione americana dei diritti umani ex art. 4, che tutela il diritto alla vita dal momento del concepimento, non specifica il significato dei concetti di “vita” e di “ogni persona”. La Corte e.d.u. ritiene che tutte le posizioni assunte dagli Stati membri nei casi di interruzione volontaria della gravidanza siano compatibili con la Convenzione, dal momento che è necessario riconoscere un ampio margine di apprezzamento in materia, sebbene il diritto interno assicuri alla donna, che rischi di subire un pregiudizio dalla prosecuzione della gravidanza, di porre termine a quest’ultima nella piena legalità103.

La Corte dunque nel valutare i possibili esiti di un bilanciamento tra i diritti della donna e la tutela del nascituro, afferma che

103 Si tratta di una posizione innovativa cui la Corte è giunta con la sentenza

Vo c. Francia: si tratta di un ricorso presentato da una gestante vietnamita

alla 24 settimana di gestazione, recatasi in uno studio medico per controllo. Tuttavia, la sua cartella venne scambiata con quella di un'altra donna, sua omonima, recatasi nel medesimo studio per la rimozione della spirale. Il medico procedette erroneamente alla pratica di rimozione che provocò la rottura del sacco amniotico con rilascio del liquido che portò ad un successivo quanto necessario raschiamento. La Corte non ritenne che vi fosse una responsabilità in capo al medico, dal momento che il fatto non costituisce reato poiché: il non nato non è tutelato ex art. 2 CEDU; una sua eventuale tutela è comunque limitata dai diritti e interessi della madre; individuare il momento del concepimento è rimesso al marginale apprezzamento degli Stati. C.edu, Grande Camera, Sent. 8 Luglio 2004, Vo c.

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quest’ultima non possa spingersi fino al punto di ledere il diritto alla vita della gestante. 104

5.

ART.

3

CEDU-PROIBIZIONE

DELLA