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L’arte come strumento per la formazione

1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.3.4 L’arte come strumento per la formazione

Per molto tempo la possibilità di insegnare l’arte è rimasta legata ai contenuti, alle regole, alle categorie rintracciate dai critici e dagli storici, se non all’idea che tale possibilità non esista proprio perché legata esclusivamente alla vocazione del singolo e a un approccio assolutamente spontaneo. Ma grazie al contributo degli studiosi, che hanno attinto alle categorie fenomenologiche di intenzionalità e intersoggettività, si può arrivare a riportare il problema pedagogico all’interno di un farsi culturale, storico e personale, che sia “in una dimensione di divenire”130.

Per questo è necessario “smontare il messaggio”131, cum-prehendere, come

dice Edgar Morin, per arrivare alla partecipazione della sintassi e della grammatica propri dell’arte e non solo, quindi dei suoi contenuti, spesso già inquinati da categorie e giudizi adulti. Così facendo si favorisce l’ingresso di nuovi sguardi, in maniera sempre più consapevole, non solo nell’arte e nella storia dell’arte, ma in tutta la storia del proprio tempo, consentendo anche di apprendere e usare le tecniche espressive interne alle logiche culturali di quel tempo, che non sono solamente artistiche, ma sono anche linguistiche,

130Dallari Marco, Guardare intorno, La Nuova Italia, Firenze, 1986, pag. 10 131Dallari Marco, op.cit., pag. 30

cinematografiche, televisive, comportamentali, “culturali”.132 Questo tipo di

discorso è importante soprattutto per i giovani, in quanto i giovani, oggi, tendono a cercare simboli e modelli nella cultura di massa, come sapere barattabile e condivisibile.

A queste motivazioni è legata la scelta delle opere d’arte nel repertorio contemporaneo dell’arte: si usa un campo non ancora saturo di giudizi, analisi, definizioni e correnti. L’arte del passato, quindi, risulterebbe troppo investita da una “codificata condivisibilità dei significati”133 e quindi carica

di spiegazioni.

Perché saper navigare nelle complessità del contemporaneo, non è solo una necessità, ma è fondamentale, come già, in modo lungimirante, un parlamentare europeo, Alexander Langer aveva indicato quarant’anni fa: “Solo chi è in grado di leggere ed interpretare i segni dei tempi è anche capace di comprendere se stesso, i suoi simili, il mondo in cui viviamo, e di intervenire su di essi in modo efficace e al passo coi tempi. Chi oggi pensasse di poter trascurare questi segni non solo si precluderebbe ogni possibilità di creare una qualsiasi cultura autentica e perciò valida, ma rimarrebbe probabilmente spettatore inerte del proprio tempo, viaggiatore straniero nelle terre del presente.” 134

Ma questa navigazione nel contemporaneo è presente in culture che sempre più devono confrontarsi con territori diversi di appartenenza. Per questo è importante vivere le esperienze in contesti dove sia esplicito e chiaro il senso di appartenenza. Per questo oggi diventa fondamentale la costruzione di un identità in qualsiasi campo (territoriale, aziendale, ecc.) proprio perché siamo in un contesto sempre più multiculturale, così come diventa importante ricercare la propria tradizione e il proprio patrimonio culturale.

132Dallari Marco, op.cit., pag. 30

133Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze, 1998, pag. 27

134Langer Alexander, Il viaggiatore legger. Scritti 1961-1995, Sellerio editore Palermo 1996, pag. 38, Articolo tradotto da Die Brücke, novembre 1967

Il senso di appartenenza ad un territorio può venire aiutato dall’arte, come si vedrà nei capitoli successivi.

La formazione con l’arte contemporanea è un viaggio emozionante, che non è, però, una novità.

Viaggiare per necessità o per curiosità è un tema che da sempre percorre le nostre storie. Ma non sempre il viaggio è significativo. Tutti i secoli offrono esempi di viaggi e di viaggiatori che sollecitano nuove conoscenze di un mondo che spesso sorprende. Un breve esempio testimonia la qualità di una conoscenza legata al viaggio. Nel Settecento vi è una vera e propria moda del Grand Tour, una sorta di “pellegrinaggio culturale che incanta la nobiltà e gli intellettuali europei e che verrà raccontato di giorno in giorno o con successive squisite adulterazioni”.135 I viaggi degli intellettuali durano dai

due ai cinque anni, con il senso di una ricchissima esperienza ed avventura. L’Italia diventa un territorio di moda, per Montaigne o per Goethe.

Un giudizio di Piovene è riportato ne “I secoli della Meraviglia”:

”Tra i grandi viaggi in Italia quello del signore di Montaigne è, a mio parere, il più bello. […] Del vero viaggiatore ha una qualità rara. […] Gli manca la prosopopea, e soprattutto quella intellettuale.”136

Montaigne viaggia in Italia per 17 mesi e otto giorni.

Anche un famoso collezionista italiano, Giuseppe Panza di Biumo racconta i propri viaggi: “viaggiavo […] con l'emozione della scoperta". "Nel 1954 avevo fatto un viaggio negli States, rimanendo affascinato dall'energia vitale di quel grande Paese che si manifestava anche in una cultura nuova, sulla quale il passato non pesava, tutto veniva costruito da chi era protagonista".

Un italiano che vive una realtà nuova, non basata sulla storia dei greci e dei romani, si innamora di novità che solo in quel paesaggio esprimevano un senso chiaro: Panza di Biumo ama l’arte minimalista americana, perchè interagisce con rigore e geometria nelle dimensioni libere di un paesaggio

135Colli Dante, Garuti Alfonso, Martinelli Braglia Graziella, I secoli della meraviglia, Il Seicento e il

Settecento, Artioli Editore, Modena 1999, pag. 176

immensamente verde e vuoto. E dal don’t touch (non toccare) si passa al

touch (toccare) per la vita dell’opera. È una scoperta nuova.

L’arte usata come strumento di scoperta e di rappresentazione di idee può permettere un nuovo viaggio, non per vedere paesaggi nuovi, ma per avere occhi nuovi, intelligenze disponibili a guardare e pensare le cose in modo diverso.