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1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.2.8 Educazione al conoscere tramite l’arte

Il comportamento di ascolto e di esperienza dell’arte può aiutare le intelligenze a muovere cambiamenti, a sviluppare le intelligenze in percorsi di disponibilità all’innovazione e di capacità progettuali ambientate nella creatività. È la tesi di pedagogisti come Francesco De Bartolomeis e Marco Dallari, ma è anche un campo di riferimento per economisti della conoscenza come Pierluigi Sacco e Enzo Rullani, così come di economisti aziendali come Severino Salvemini e Giovanni Costa o di direttori di Università come Pierluigi Celli o di designer come Bruno Munari.

Ma è anche un asse di direzione della neuroestetica che con Semir Zeki sta indagando sulla formazione dell’immagine nel nostro cervello: interessante questa strada che ricerca l’intelligenza estetica in un’area del cervello più matissiana o più vicina alla pittura di Mondrian.

Come avviene questa relazione di senso tra sviluppo delle intelligenze e strategie di sviluppo economico o di sviluppo territoriale, tra potenzialità del capitale umano e arte? E soprattutto come può accadere in territori diversi, come quello dell’impresa o della pubblica amministrazione? Ed in risorse umane che non sono più dei bambini?

110 De Bartolomeis Francesco, introduzione al convegno di inaugurazione di C4 a Caldogno, 31 ottobre 2006, registrazione degli atti a cura di Elena Ciresola, conservati in Biblioteca Comunale a Caldogno (Vicenza)

La considerazione alla base di questo passaggio è su due piani: uno è dedicato all’impostazione fenomenologica della conoscenza (di cui Jerome Bruner è riferimento), l’altro è legato all’importanza delle intelligenze che possono sviluppare disponibilità al cambiamento ed innovazione tramite la creatività (di cui Bruno Munari può essere riferimento).

La creatività è vista in termini di azione euristica, sulla base delle impostazioni di Jerome Bruner, che analizza il processo creativo come una rielaborazione originale di dati già culturalmente posseduti dal soggetto. L’atto che secondo Bruner sta alla base di un’azione creativa, è quello che produce una “sorpresa produttiva”. L’autore sottolinea che non si tratta di un processo meccanico riconducibile a regole o algoritmi ma che riguarda il coinvolgimento del soggetto in un’azione di valutazione e di scelte personali. La sorpresa è il prodotto di un atto creativo.

Ogni intervento educativo che voglia far acquisire gli strumenti per costruire un sapere autentico deve considerare la caratteristica dei codici che l’allievo utilizza per ricostruire e comunicare la propria storia. In questo senso educare alla creatività significa dare la possibilità all’allievo di utilizzare la memoria del passato per scoprire e reinventare nuovi modi di comunicazione interpersonale e nuovi modi di stare al mondo.

Significa permettere che tutto ciò che viene costruito sia legato non solo “sull’affermazione del sé come individuo, ma sulla creazione di spazi culturalmente aperti in cui sia possibile vivere autenticamente [le proprie] connotazioni sociali e culturali.”111

Se Jerome Bruner fonda la sua ricerca sulle potenzialità delle intelligenze dal punto di vista pedagogico, Bruno Munari sviluppa la ricerca a partire dalla capacità progettuale del designer che realizza prodotti innovativi in funzione della qualità della vita. Bruner e Munari testimoniano che le loro

111Dallari Marco, Il linguaggio grafico pittorico nella scuola dell’infanzia, La Nuova Italia, Firenze, 1976, pag. 51

ricerche conducono, insieme, ad una teoria dello sviluppo delle intelligenze tramite la creatività.

La “sedia per visite brevi” non è solo una grande idea innovativa, ironica e una destabilizzante risposta alla frenesia della vita, ma è un manifesto della fantasia, immaginazione, creatività, parole che il designer italiano trasforma in oggetti e in percorsi nuovi di progettazione educativa.

Bruno Munari, Sedia per visite brevi, 1945, Singer riedizione Zanotta 1991

I concetti che Bruno Munari rappresenta con oggetti e con nuovi percorsi educativi sono:

- “fantasia”: tutto ciò che prima non c’era anche se irrealizzabile.112

- “invenzione”: “tutto ciò che prima non c’era ma esclusivamente pratico e senza problemi estetici”.113

- “creatività”: “tutto ciò che prima non c’era ma realizzabile in modo essenziale e globale.”114

- “immaginazione: La fantasia, l’invenzione, la creatività pensano, l’immaginazione vede.”115

112Munari Bruno, Fantasia, Laterza, Roma – Bari, 1977, pag. 9 113Munari Bruno, Fantasia, Laterza, Roma – Bari, 1977, pag. 11 114Munari Bruno, Fantasia, Laterza, Roma – Bari, 1977, pag. 13 115Munari Bruno, Fantasia, Laterza, Roma – Bari, 1977, pag. 15

Il valore delle potenzialità intellettuali, insite nelle nuove rappresentazioni dei concetti da parte di Munari, è implementato dall’appartenere ad una comunità: “Una persona creativa prende e dà continuamente cultura alla comunità, cresce con la comunità.”116

La trasformazione continua, attivata dalla creatività, non riguarda solo le idee e il pensiero ma necessita di luoghi e materiali attraverso cui costruire nuove vite.

“L’individuo creativo è quindi in continua evoluzione e le sue possibilità creative nascono dal continuo aggiornamento e dall’allargamento della conoscenza in ogni campo. Una persona senza creatività è una persona incompleta.”117

Questa creatività, secondo Munari, va costantemente stimolata per aiutare la società ad avere una forma più aperta e libera. In questo senso l’intervento educativo è di fondamentale importanza soprattutto per i bambini più piccoli, che per formarsi hanno bisogno di sperimentare giochi e attività liberi da condizionamenti, ma soprattutto senza modelli da copiare. In questo modo l’esperienza artistica diventa esperienza creativa, esperienza di un fare che continuamente si reinventa facendo.

Il fare non si limita all’esercizio della pluralità di sensi e intelligenze, “ma accanto al momento del fare, del produrre, viene messo in risalto anche quello del vivere a contatto col mondo e con i nostri simili, dell’apprezzare i piaceri del cibo, dei vestiti, dei sani esercizi fisici; o se si vuole, del «fare» ma in un’accezione assai larga, non assorbita dall’idea del produrre un oggetto più o meno nobile.”118

È questo percorso del fare in modo creativo che può accompagnare gli adulti ad una sorpresa non solo intellettiva, ma anche produttiva, ‘sorpresa’ intesa come una nuova disponibilità delle intelligenze a lavorare in un sistema educativo e formativo dedicato al conoscere attraverso l’arte: “conoscere l’arte per conoscere”.119

116Munari Bruno, Fantasia, Laterza, Roma – Bari, 1977, pag. 121 117Munari Bruno, ibidem pag. 121

118Barilli Renato, Corso di estetica, Il Mulino, Bologna, 1989, pag. 23

1.3 DALL’EDUCAZIONE “ALL’ARTE” ALL’EDUCAZIONE “CON L’ARTE” 1.3.1 Educazione ‘con’ l’arte nella strategia scolastica

“Elemento cruciale per l’apprendimento e per la motivazione all’apprendimento è dato dalla qualità delle esperienze che insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di studio. I saperi offrono i materiali dell’imparare, ma acquistano significato (e praticabilità, anche operativa) in rapporto a come vengono collocati dentro il tessuto delle diverse forme linguistiche e delle strutture teoriche” (Roberto Maragliano, 1997)

Pur essendo un documento non recentissimo, la sintesi del lavoro, durato da metà gennaio a metà maggio 1997, curato dalla Commissione dei Saggi, Le

conoscenze fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni (Annali Pubblica Istruzione, n.78, Roma, 1997),

aveva come compito di definire quali cose insegnare e perché. Quaranta osservatori del mondo, come li definisce Roberto Maragliano, di provenienza molto eterogenea, che dovevano dare risposta al più semplice degli interrogativi: perché si mandano i ragazzi a scuola, per imparare che cosa? Leggere l’esito della documentazione è impegnativo, complesso e problematico, ma assolutamente interessante per chi insegna a scuola, come questa breve citazione esprime bene: “Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di ambienti idonei all’apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale di lezione, studio individuale, interrogazione per dar vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione dei saperi condivisi.”

Se la ricerca degli elementi portanti nell’epistemologia di ogni sapere è centrale, le didattiche disciplinari, per poter lavorare insieme, devono definire strategie comuni, condividendo i nodi concettuali disciplinari e le metodologie dell’apprendimento/insegnamento.

L’interdisciplinarietà permette e coordina il lavoro di ricerca, tra docenti e tra studenti, valorizza le relazioni tra le discipline di studio, con i loro campi di significato, organizza procedure flessibili per l’apprendimento, consentendo una taratura individuale dell’insegnamento.

Parlare di interdisciplinarietà significa parlare di “ecosistema disciplinare”120, come dice Franco Frabboni, anche in relazione ai sistemi

delle discipline, che normalmente sono in conflitto metodologico. La scuola della riforma è però chiamata a far interagire i sistemi disciplinari e didattici, per sconfiggere quel nozionismo che è ancora ben saldo nella tradizione scolastica del nostro paese.

Se questa è la logica, allora ci si addentra in un altro tema caro al dibattito sulla riforma, perché la scuola ha un suo spazio di ricerca, che deve stabilire il rapporto “tra modalità di apprendimento e la serie dei contenuti interessanti il suo stesso sviluppo”121.

La sfida per la scuola è di far emergere la relazione tra stili di apprendimento, individuali e di gruppo, e proposte della cultura, organizzando il sapere scolastico.

Un ambiente interessante per sperimentare questa sfida della scuola, dal punto di vista dell’interdisciplinarietà, è il territorio, che permette incontri tra i saperi, con le specificità d’aula e le proposte culturali del territorio, con proprie specificità identitarie. Come? Sperimentando azioni sul territorio che permettano di verificare le operazioni d’aula, definendo meglio alcune direzioni di senso delle discipline scolastiche.

L’arte, soprattutto quella verificabile direttamente nel territorio di appartenenza, può diventare strumento strategico per un’educazione interdisciplinare. Ecco perché si utilizza attenzione nel definire strategie per l’educazione CON l’arte e non solo ALL’arte, perché si cerca di lavorare

120Frabboni Franco, Le conoscenze fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei

prossimi decenni, Annali Pubblica Istruzione, n. 78, Roma, 1997, pag. 39

attraversando il campo dell’arte che è disponibile a mettersi in gioco offrendo visuali diverse della realtà, sempre per mezzo di rappresentazioni dell’idea. Con questo non si vuole eliminare l’obiettivo di conoscere Giotto, ad esempio, ma si vuole far crescere l’attenzione per Giotto tramite motivazioni diverse, oppure si vuole ‘usare’ Giotto per comprendere una certa storia o per riconoscere alcune società lontane: l’arte infatti può essere uno strumento utile per affrontare conoscenze diverse, insieme a discipline diverse. Il vero asset di queste scelte, basate su una trama fatta di nodi concettuali e di metodi, è il coordinamento delle azioni che si fonda sull’interdisciplinarietà.

Perché l’interdisciplinarietà è un dovere? Perché la cultura è ambiente eterogeneo, perché vive di tanti momenti, ma anche perché la scuola può dimostrare il senso delle operazioni che chiede agli studenti attraverso itinerari aperti, che testimoniano e dimostrano valenze culturali di saperi diversi. Allora l’individuazione dei nuclei fondanti delle diverse discipline e la selezione dei contenuti in base ad essi consentono di risolvere anche due problemi difficili con cui ci si può scontrare nella progettazione interdisciplinare.

“Il primo è il problema tra contemporaneità e storicità (se i nuclei sono scelti da noi diventano il filo conduttore con cui ripercorrere e dare senso al passato). Il secondo è la dicotomia tra statuto accademico e statuto didattico-pedagogico delle discipline: assumendo come motori delle varie educazioni i nuclei e come selettori i contenuti, si attribuisce ai moduli, nei quali nuclei e contenuti si fonderanno nel concreto dell’azione didattica, una capacità di assegnare ai curricoli un senso molto più chiaro di quanto non possa fare un’esposizione sequenziale e (falsamente) esaustiva di qualsiasi disciplina”122.

Se i nuclei fondanti vengono posti come “concetti fondamentali strutturanti”123 essi determinano la selezione dei contenuti principali di

insegnamento.

I nuclei fondanti, in questa dimensione, rappresentano dei formatori di identità per gli studenti, così come l’ambiente dove gli studenti si trovano condiziona l’individuazione dei nuclei fondanti stessi. Questa considerazione è determinante nell’attivare le scelte didattiche nei contesti disciplinari, perché solo la condivisione degli scenari dell’apprendimento e dell’insegnamento permette di costruire itinerari educativi, convinti, ad esempio, del fatto che “le conoscenze che servono non devono essere tutte tenute a mente, ma possono essere lasciate dormienti su supporti esterni, per risvegliarle solo quando servono: l’essenziale è che la banca dati sia disponibile, che il suo utente sappia che esiste, e, soprattutto, che sia in grado di servirsene”124.

Se allora l’insieme di arte-territorio-scuola può costruire un nuovo e importante circuito educativo, acquista un valore nuovo l’uso che si può fare della conoscenza dell’arte, perché attraverso essa si possono riconoscere culture, si possono costruire azioni in campi disciplinari diversi, si possono sviluppare i riconoscimenti del proprio territorio e così facendo anche della propria identità territoriale. In questa ottica l’arte si può proporre come un campo disponibile trasversalmente a più saperi, così da essere non solo l’oggetto del processo di conoscenza, ma diventare il pretesto di conoscenze diverse e di azioni interdisciplinari.