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C’è una relazione fondamentale nell’opera d’arte, quella tra artista e committente o collezionista.

Nella storia spesso si incontrano figure di committenti d’arte e mecenati, figure importanti per il mondo della cultura, anche perché sovente sono figure fondamentali per l’operare dell’artista. E non di rado il mecenate è anche collezionista, inteso come una persona che cerca di avere un certo tipo di opere come segno di una personale passione e cultura.

Nella storia, soprattutto dall’800 in poi, sono forti anche le tracce lasciate da altre figure, come ad esempio i mercanti d’arte e poi i galleristi d’arte. Fino a che l’artista ha prodotto su committenza- papato o clero, nobiltà, re o principi- la relazione con l’artista era diretta: l’opera richiesta era

contrattata prima, per definirne alcuni dettagli, tra cui quello del costo delle materie prime.

E’ famoso l’incarico dato a Giotto dalla curia romana e dai francescani di Assisi per l’affrescatura delle storie della vita di San Francesco nella basilica superiore di Assisi, così come è famosa questa ambiziosa operazione culturale-religiosa, poichè Giotto ad Assisi ha celebrato in modo assolutamente nuovo (nuovo ad esempio nelle ambientazioni delle scene che fanno riconoscere gli edifici di Assisi, quindi creando un ambiente vero e verificabile dai suoi contemporanei) i valori e le scelte di un uomo, Francesco, che testimoniava la forza di una religione vissuta senza la necessità del ruolo sociale ed economico. Infine non si dimentichi che l’operazione era ambiziosa anche economicamente: Giotto ebbe un contratto a fronte di un compenso molto alto per l’epoca.

Giotto, Omaggio dell’uomo semplice, affresco, 1290-1295, cm. 230X270, Basilica superiore di San Francesco d’Assisi

L’artista Giotto è ancora l’artigiano, anche se grande ed eccellente artigiano (soprattutto eccellente nel gestire una bottega famosa nell’organizzazione di ruoli e di tempistica), ma sempre nella situazione di faber di un sistema corporativo che fissa una scala di importanza nelle arti e nei mestieri e che

vede al vertice l’architettura. L’opera, l’affresco, il quadro o la scultura, narrano con immagini i testi sacri commissionati dalla Chiesa, immagini che dovevano chiarire al popolo i messaggi che nessun libro scritto avrebbe potuto tramandare ad un pubblico così vasto.

Artista e committente si relazionano con modalità analoghe a queste appena descritte fino a quando, nel ‘400, Filippo Brunelleschi imporrà la figura completamente diversa di artista-progettista, con responsabilità anche organizzativa, di scelta dei materiali, di tempi e costi, con un ruolo separato dai manovali.

È con questa nuova posizione di artista- intellettuale, non più artigiano, di Filippo Brunelleschi che si aprono le nuove definizioni di “Arti Liberali e Arti Meccaniche, Arti Maggiori e Minori”, settori della produzione culturale artistica.

L’esempio della grande novità progettuale di Brunelleschi è segno legato anche alla situazione politica di una città, Firenze, dove i pubblici concorsi permettono di mettere a confronto le idee più innovative.

Brunelleschi quindi è emblematico caso di una novità di ruolo e di una novità di progettazione: vince il concorso per la costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore di Firenze perché dimostra non solo di saper risolvere il problema di una centinatura di dimensioni enormi, che era il problema centrale, ma anche di saper organizzare tempi e modi della costruzione, di saper gestire il cantiere, di saper risparmiare sui tempi di costruzione con una rotazione nell’orario degli operai e con una serie di invenzioni di strumenti, pensati ad hoc per quella situazione.

È questa la nuova figura di artista-progettista che vive tra ‘400 e ‘500, artista che si relaziona ad un committente raffinato, preparato culturalmente, quale può essere un Medici, o uno degli Estensi, dei Gonzaga, dei Montefeltro, dei Visconti, nobili che amano circondarsi di cose preziose, di oggetti raffinati, di esperienze colte.

Un altro caso emblematico della relazione tra artista e committente è rappresentata dagli studioli, come quelli di un Federico da Montefeltro o di una Isabella d’Este, piccoli luoghi testimoni di una cultura, anche personale, ad un livello altissimo di interessi. Uno studiolo è luogo isolato, personale, non è offerto al mondo, eppure racconta, attraverso gli artisti chiamati a dipingerlo, oltre che a costruirlo, dei desideri enciclopedici dei committenti, anche solo attraverso l’inquadratura prospettica di un’anta aperta finta, che lascia vedere gli oggetti del pensiero umanista: libri, strumenti scientifici, carte.

È straordinario non solo questo risultato dell’interesse a 360 gradi, ma anche la capacità del duca di Montefeltro di chiamare e organizzare attorno a sé, in funzione del suo studiolo, le forze artistiche migliori, che vedono i disegni di Botticelli realizzati sulle tarsie da Baccio Pontelli, ma vedono anche Giusto di Gand, pittore fiammingo, dipingere la serie degli Uomini illustri, prima di Pedro Berruguete, pittore spagnolo, mentre l’architetto dalmata Luciano Laurana progetta il palazzo d’Urbino insieme a Francesco di Giorgio Martini e Maso di Bartolomeo.

Piero della Francesca, Dittico del Duca Federico di Montefeltro e di sua moglie Battista Sforza, 1472 ca, Uffizi, Firenze, olio su tavola, 47X33 cm. ognuno

È il desiderio di questa committenza raffinata ed illuminata che chiama ad Urbino un Piero della Francesca per tradurre, nei ritratti dei duchi, il rigore

geometrico ed essenziale tipico dei trattati di Luca Pacioli e per rappresentare le passioni matematiche del duca-committente Federico da Montefeltro.

Il cambiamento del ruolo dell’artista si riflette anche nel cambiamento di ruolo della committenza. L’artista è ormai intellettuale, le sue opere sono frutto di vocazione personale, non di capacità tecnica, tale era la considerazione nel mondo medioevale; ora lavora attorno ad un’idea e testimonia l’indipendenza dal committente, affermando una identità forte e personale.

Dal mecenatismo l’artista si affranca nel momento in cui l’opera d’arte diviene bene di consumo: il ‘600 vede aumentare la schiera della committenza, tradizionalmente composta da papato, clero, aristocrazia, in quanto, in tale ruolo, si inseriscono uomini di cultura e collezionisti privati. Il romano cardinal Del Monte o il marchese Vincenzo Giustiniani sono esempi di un collezionismo erudito, un collezionismo forte dell’acquisto di numerosissime opere d’arte, legate ovviamente ai gusti personali. Se allora Del Monte sarà sostenitore di Caravaggio, Giustiniani collezionerà opere antiche in quantità da capogiro.

Nel Seicento, nel mercato dell’opera d’arte, si inserisce la figura del mediatore, che contattava gli artisti in relazione a proposte nuove da presentare ai collezionisti. Oppure il conoscitore d’arte, figura più esperta di quella del mediatore (a volte personaggi senza scrupoli), come monsignor Giovanni Battista Agucchi, segretario di Gregorio XV, figura di rilievo anche come antesignano del critico d’arte, nel suo caso di posizione accademica. Il Seicento segna la nascita di tanti testi, da utilizzare come guide pratiche per i collezionisti, perché in questo secolo la vastità della produzione aumenta l’interesse intorno al collezionismo d’arte, anche come conseguenza dell’aumentato benessere di alcune classi sociali.

Questo collezionismo cerca opere sia nell’antichità che nella contemporaneità: la collezione non nasce solo per la passione del

documento ritrovato, ma anche come intuizione del valore innovativo dell’arte del proprio tempo.

Fin dal 1580 Francesco I de’ Medici riorganizza le collezioni della Galleria degli Uffizi, con quadri e sculture. Un altro esempio, già citato, ma molto importante è quello della collezione dei duchi di Mantova che, da metà ‘500 fino ai primi dieci anni del ‘600, raccolgono opere di Mantegna, Caravaggio, Leonardo, Michelangelo, Tiziano, Tintoretto, Rubens, Correggio: collezione che purtroppo solo una recente mostra mantovana ha in parte ricomposto. In Inghilterra, sempre nel ‘600, anche le Università comprano oggetti d’arte, più che per conservare le opere, soprattutto per garantire al pubblico l’accesso alla collezione.

Il collezionismo evolve lentamente e nel ‘700 si passa, dalla conservazione per curiosità o per una ricerca raffinata di cose belle del passato o per scoprire quelle del presente, all’organizzazione delle raccolte ordinate storicamente e perimetrate dall’appartenenza ad una scuola.

“Nel frattempo due grandi collezioni sono riordinate secondo il principio del raggruppamento per scuola, ciascuna classificata in senso cronologico: la collezione di Düsseldorf, e soprattutto quella di Vienna, al cui riassetto nel castello del Belvedere provvede l’erudito Christian von Mechel fra il 1776 e il 1778. Nel suo catalogo von Mechel presenta il museo come ‘un deposito della storia visibile dell’arte’.”34

Il Collezionismo testimonia, in questa breve rassegna di storia, di essere uno dei sistemi dell’arte.

Già nell’800 si vede che la figura del collezionista apre a nuove classi ed è importante in questo ruolo la figura dell’imprenditore industriale. La classe mercantile, prima, e industriale, poi, costruisce il sistema economico dall’800 e da quel momento in poi è su questo sistema che poggia il percorso del collezionismo degli ultimi due secoli.

Mecenate e artista, collezionista e artista spesso si frequentano, spesso seguono il lavoro insieme e i collezionisti spesso comperano le opere anche attraverso la mediazione del gallerista.

La famiglia dei Rothschild, una Gertrude Stein, Leopold Zborowskij sono esempio di un collezionismo legato agli artisti che frequentano e dai quali comprano opere. Ma anche la schiera dei collezionisti russi ed americani segnano la storia delle collezioni, con legami tra chi acquista l’opera e l’artista, legame molto forte nei paesi di cultura non cattolica.

Le collezioni private hanno permesso la nascita di alcuni dei maggiori musei di arte contemporanea: è il caso dei Rockfeller per l’omonima fondazione, di Kröller-Müller per il museo di Otterloo, di Peter Ludwig per il museo di Colonia. In Italia è famoso il caso della Collezione di Peggy Guggenheim a Venezia, che ospita anche la Collezione di Gianni Mattioli di opere futuriste.