• Non ci sono risultati.

1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.3.3 Formazione e intelligenze

La grande novità di queste relazioni tra sviluppi di ricerche in ambiti diversi della conoscenza è legata allo studio dei processi che la mente compie nelle azioni svolte. Sono i processi laboratoriali quelli su cui si fonda la grande novità degli studi sulla mente: le operazioni mentali fatte con le mani aiutano a costruire concretamente la coscienza delle rappresentazioni di ciò che si è e di ciò che si vuole.

La “mano intelligente”, teorizzata da Richard Sennet, imposta il percorso della comprensione proprio tramite il dialogo evolutivo tra la mano e il cervello.

“Due secoli or sono, Kant ebbe a osservare en passant:”La mano è la finestra della mente.”125

La “mano intelligente” permette proprio quella coordinazione che, nel laboratorio con l’arte, è ritenuta basilare: quella tra mano, occhio e mente. “Tale unità ha informato, nel diciassettesimo secolo, gli ideali dell’Illuminismo, ha fondato, nel diciannovesimo, la difesa del lavoro manuale teorizzata da Ruskin. […] La concentrazione rappresenta il coronamento di una certa direzione dell’evoluzione tecnica della mano.”126

La relazione tra mano e cervello vive di esperienza laboratoriale: è un fondamentale principio di questa ricerca.

“Il concetto di esperienza è forse troppo vago nella nostra lingua, ma non in tedesco: il tedesco lo scinde in due parole, Erlebnis e Erfahrung. La prima indica un evento, un’azione o una relazione che provocano un’impressione interiore; la seconda un evento o una relazione che aprono il soggetto verso l’esterno e richiedono abilità tecniche più che sensibilità. Il pensiero pragmatista ha insistito sulla necessità di non scindere questi due significati.[…] Ma il lavoro artigiano, quale è presentato in questo libro, pone l’accento sulla sfera della Erfahrung. Il lavoro artigiano concentra l’attenzione sugli oggetti in quanto tali e su pratiche impersonali; è mosso dalla curiosità, sa temperare l’ossessività; apre il lavoratore verso l’esterno. Nel nostro laboratorio filosofico, voglio portare avanti questa impostazione con argomenti di più ampio respiro; voglio sottolineare il valore della esperienza intesa come un mestiere.”127

Il laboratorio di cui si parla in questa ricerca è quello artistico, che può essere letto in analogia con quello filosofico di Sennet. Ma cosa comporta dunque questo concetto di esperienza come mestiere?

“Comporta di focalizzare l’attenzione sulla forma e sul procedimento, ovvero sulle tecniche dell’esperienza. […] L’idea di esperienza come mestiere contesta il tipo di soggettività che si sofferma sul mero processo

125 Sennet Richard, L’uomo artigiano, Feltrinelli Milano, 2008, pag. 147 126 Sennet Richard, op. cit. pag. 173

del sentire. […] La tesi presentata in questo libro sostiene che l’arte di fabbricare oggetti fisici fornisce spunti anche sulle tecniche che possono conformare i rapporti con gli altri. Tanto le difficoltà quanto le possibilità del fabbricare bene le cose valgono anche per la costruzione dei rapporti umani. Sfide materiali come imparare a lavorare con la resistenza o a gestire l’ambiguità sono istruttive per comprendere le resistenze che le persone nutrono le une nei confronti delle altre e i confini incerti tra le persone.”128

L’idea di costruire esperienze tramite l’arte diventa, con l’aiuto di Sennet, un modo per concepire i processi e i metodi come un mestiere, mestiere che sviluppa azioni che possono servire anche in altri campi. Ecco il passaggio interpretativo che la metafora dell’arte può dare come significato delle azioni intraprese: se ne riparlerà nel terzo capitolo.

Nello studiare lo sviluppo delle intelligenze multiple è necessario il richiamo alla recente pubblicazione di Howard Gardner, “Five minds for the future”, uscito ad aprile 2007, dove uno dei riferimenti concreti utili a questa ricerca è la grande importanza attribuita alla mente etica, oltre a quella creativa, perché la concezione ed i comportamenti etici richiedono la capacità di andare oltre l’esperienza individuale e oltre il semplice rispetto degli altri, così che, “una volta sviluppata la mente etica, si diventa imparziali spettatori della squadra, dell’organizzazione, della cittadinanza, del mondo129”, mettendo davanti al rispetto individuale le idee in cui si crede.

La mente etica è più rivolta alla comunità.

L’uso di intelligenze multiple significa prima di tutto rendersi conto che si possiedono tutte e che si possono utilizzare tutte, da quella logico- matematica a quella estetica, da quella emotiva a quella etica, ricordando, come dice Gardner, che “un orientamento etico inizia a casa.”

Ecco cosa pensa Gardner della scuola in relazione allo sviluppo delle intelligenze: “Il mio esempio preferito di una comunità etica è una piccola

128 Sennet Richard, op. cit., pag. 275

città di nome Reggio Emilia nel Nord Italia. Oltre a provvedere a servizi di alta qualità e benefici culturali per i propri cittadini, la città provvede ad eccellenti centri per l’infanzia e pre-scolari. I bambini sentono che la comunità si prende cura di loro. Così quando crescono restituiscono questo riguardo prendendosi cura degli altri. Diventano buoni lavoratori e buoni cittadini.”

Lo studio delle intelligenze è un campo delle ricerche che Gardner conduce da molti anni, fin dal 1983 con l’uscita di “Frames of Mind”, anche se la scuola di Harvard, in cui insegna, non è l’unica a produrre ricerche e sperimentazioni in questo campo.

É molto interessante comunque, per il contesto di questa ricerca, avere presenti le caratteristiche delle intelligenze che Gardner propone proprio nel recente “Five minds for the future”, tradotto nel 2007 dalla Feltrinelli con “Cinque chiavi per il futuro”. In questo saggio Gardner descrive quali abilità cognitive saranno fondamentali negli anni a venire, scegliendo cinque chiavi per aprire il futuro:

- la mente disciplinata, che dà la padronanza delle maggiori teorie e interpretazioni del mondo (comprese scienza, matematica, storia); - la mente sintetizzatrice, che offre la capacità di integrare idee e

conoscenze di diverse aree disciplinari in un insieme coerente;

- la mente creativa, che apre alla capacità di affrontare la soluzione di problemi nuovi;

- la mente rispettosa, che produce la consapevolezza delle differenze tra uomini e culture diverse;

- la mente etica, cioè la consapevole accettazione della propria responsabilità personale e generale.

Gardner peraltro usa spesso le sue ipotesi proprio nel settore degli adulti e in modo particolare rispetto alla professionalità manageriale:

“Le prime tre (caratteristiche dell’intelligenza) sono le stesse di cui parlo da molto tempo ai top manager di tutto il mondo: la mente disciplinata, la mente sintetizzatrice e la mente creativa. Questi primi tre tipi d'intelligenza sono fondamentali per districarsi nel diluvio d'informazioni che ci

sommergono e per distinguerci dalle macchine con delle proposte originali. Le ultime due, la mente rispettosa e la mente etica, hanno più a che fare con la sfera dell'umanità. Nell' ultimo decennio la mia ricerca si è focalizzata soprattutto su queste due”. (Howard Gardner, intervista di Elena Comelli, Milano, 5 settembre 2008)

L’attenzione ai paradigmi e ai sistemi di produrre conoscenza è fondamentale per chi voglia impostare metodi nuovi di formazione attraverso processi che devono innescarsi su questi sistemi.

La formazione sviluppa in modo privilegiato alcune intelligenze, ma sempre in modo reticolare, mai legandosi ad una sola tipologia, come invece spesso fa la scuola nelle modalità educative che sceglie.

È per questa reticolarità fondamentale che Enzo Rullani imposta la ‘sua’ fabbrica della conoscenza come un sistema che ha le sue lavorazioni- ovviamente immateriali- che trasformano la materia prima- ovvero la conoscenza di origine- in un semilavorato- la conoscenza connettiva- che può propagarsi fino ai diversi luoghi e momenti dell’uso.

È importante ricordare questo legame tra processi della conoscenza e la produzione di valore della conoscenza che può trasformare l’economia post- fordista, perché nella storia del capitalismo industriale queste attività sono state svolte in modi differenti, dando luogo così, a regimi cognitivi differenti. Il fordismo, per affermare il suo modo di produrre, ha inventato la sua fabbrica della conoscenza, che rompeva con l’economia cognitiva del capitalismo liberale. Negli ultimi anni, esso ha ceduto il passo a regimi diversi, come quelli che hanno alimentato la crescita dei sistemi territoriali e del capitalismo comunicativo postfordista.

La conoscenza può produrre valore, aiutando quella ‘fabbrica dell’immateriale’ che Enzo Rullani definisce fondamentale per il ‘capitalismo comunicativo postfordista’, a partire dal fatto che un’idea può essere frutto del genio o della fortuna, ma il circuito che la trasforma in valore e in vantaggio competitivo non si improvvisa. Questo circuito risulta frutto di una elaborata costruzione organizzativa, che mette insieme

professionalità, competenze e soggetti diversi. C’è un’idea di base a questa circolarità, che trae forza dalla cooperazione e dalla produzione di canali di comunicazione efficaci: l’idea che la forma di questo circuito è prodotto da una squadra che deve lavorare in rete, facendo partecipare alla progettazione e alla produzione anche gli utilizzatori finali.

Se si mette, in un piano cartesiano, sull’asse delle ordinate il processo conoscitivo e su quello delle ascisse la produzione di valore della conoscenza si avrà un primo riferimento teorico assunto da questa ricerca: la trasformazione delle modalità d’uso delle intelligenze può produrre una nuova conoscenza connettiva, che ha un grande vantaggio competitivo perché è risultato di più attori e di più processi conoscitivi.