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Gli obiettivi e gli strumenti dell’educazione all’arte

1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.2.4 Gli obiettivi e gli strumenti dell’educazione all’arte

Se l’arte è “una delle culture dell’uomo”, come diceva Giulio Carlo Argan, se è un sistema del “pensiero visivo”, come diceva Rudolf Arnheim, deve avere necessariamente il supporto di un’educazione visiva.

L’educazione all’arte, che si evince dai paragrafi dedicati a scuola e museo, è basata sulla trama del pensiero “con gli occhi” (Alberto Giacometti), di un’anima che “non pensa mai senza un’immagine” (Aristotele), di un’educazione all’immagine che è doverosa come educazione al patrimonio culturale, per una società aperta alla multiculturalità, ma che non sempre riconosce la propria identità. E riconoscere il proprio patrimonio storico artistico nel territorio di appartenenza significa muovere la costruzione della propria identità culturale, che si riconosce nella identità sociale di quel territorio. In tutto questo sistema la scuola è motore fondamentale di sviluppo culturale.

Cosa nasconde un quadro e cosa c’è dietro l’immagine? È questo l’obiettivo dell’educazione visiva? Quali sono i modelli didattici? I campi di azione ad esempio della letteratura, della storia e dell’arte sono limitrofi? E quelli del disegno? Negli indirizzi della scuola superiore perché l’azione espressiva mediante segni non ha lo stesso peso culturale della riflessione comunicativa tramite gli stessi? Come si lavora in classe? La pratica professionale è attraversata in qualche momento da accertamenti teorici?

Queste sono domande che normalmente un insegnante si pone, ma che non sempre riesce a sviluppare in momenti di confronto, proprio ora che la scuola è chiamata a proporre e costruire, secondo regole di un’offerta formativa autonoma, domande che però vengono superate da condizioni più impegnative o urgenti, fatte della quotidianità con studenti, con classi, con colleghi.

Una possibile risposta è data dalla costruzione possibile di comunità di ricerca e studio di buone pratiche, che diventano sistemi per provare a riflettere, discutere fino a condividere i problemi dell’insegnamento e

dell’apprendimento nel campo dell’arte e dei beni culturali: un patrimonio storico-artistico unico come quello italiano lo esige.

La recente introduzione normativa61 dei ‘piani di studio personalizzati’ in

‘unità di apprendimento’ sollecita una riflessione che colga le potenzialità nell’ambito specifico dei linguaggi iconici e contribuisca alla ridefinizione degli obiettivi e dei metodi dell’insegnamento di questa specifica area. Tre sono gli obiettivi generali, condivisibili da ogni insegnante esperto di arte e di cultura dell’immagine:

- formare la consapevolezza del carattere linguistico delle immagini, dotate di proprie specificità,

- formare una competenza produttiva e ricettiva, rispetto al linguaggio delle immagini, differenziata per modalità e livelli nei vari indirizzi di scuola secondaria,

- formare la consapevolezza del valore del patrimonio costituito dalle immagini e in particolare delle immagini artistiche.

L’insegnamento dei linguaggi iconici, con la propria tradizione disciplinare, può iscriversi in un disegno più vasto, destinato a dotare tutti i cittadini di una competenza linguistica rispetto alle immagini e a promuovere la consapevolezza del valore della cultura delle immagini e del patrimonio artistico. Un insegnamento che non mira, quindi, a creare storici dell’arte e artisti.

La professionalità dell’insegnante si esplica spesso in una forte componente individualista ed autoreferenziale, motivo questo che porta spesso a leggere nella scuola processi didattici condotti in modo individuale, soprattutto nella secondaria di secondo grado. Classe e organi collegiali sono due realtà che sempre dialogano, ma non sempre vivono insieme le scelte che ogni insegnante effettua nella classe.

Una riflessione nel campo delle discipline dell’arte e dell’immagine non è facile.

Così come non è facile una condivisione della riflessione per le discipline dell’arte, del disegno, dell’educazione artistica, dell’immagine, perché sono ambientate in uno statuto epistemologico che per analogia con il linguaggio verbale ha visto l’uso di codici visivi da riconoscere, l’analisi dei testi da tradurre, la ricomposizione dei significati da costruire.

Se gli obiettivi dell’educazione all’arte sono condivisibili, quali potranno essere gli strumenti per raggiungerli? E come utilizzarli nei diversi livelli di età?

È ovvio che, per il professionista dell’area dell’arte e del disegno, l’opera d’arte, l’immagine e la sua interpretazione siano gli elementi fondamentali dello studio iconografico e iconologico.

L’iconologia, come metodo di interpretazione storica che superi gli aspetti puramente descrittivi e classificatori dell’analisi dei motivi e dell’iconografia, progetta un organizzato itinerario decostruttivo dell’immagine, attraverso il campo dell’identificazione dei motivi simbolici della cultura visiva. Il metodo panofskyano, come dice Omar Calabrese, “unisce al tradizionale lavoro iconografico di descrizione delle forme pittoriche o plastiche quello di interpretare le medesime forme come simboliche, cioè dotate di un significato articolato in diversi livelli e utile per l’interpretazione tanto del soggetto e del contenuto dell’opera in sé, quanto dei suoi rapporti con un’intera cultura”62.

Interessante il percorso sul linguaggio dell’arte che lo stesso Omar Calabrese propone a testimonianza dell’interesse anche nel campo semiotico delle discipline dell’immagine e dell’arte. “L’iconologia si configura dunque come strutturazione dei significati dell’opera d’arte e con ciò appare certamente preliminare a una semiotica dell’arte”63.

Come già analizzato precedentemente, l’arte, appartenendo al campo dell’immagine, ha bisogno di “un approccio estetico, così come l’approccio estetico all’opera d’arte ha bisogno di un livello di conoscenza e di

62 Calabrese Omar, Il linguaggio dell’arte, Bompiani, Milano 1985, pag. 22 63 Calabrese Omar, op.cit., pag. 26

alfabetizzazione superiore e differente a quello che serve per la semplice conoscenza.” Così Marco Dallari (2002) afferma che la pedagogia estetica è necessaria come metodo per relazionarsi all’oggetto artistico attraverso i sensi, tutti i sensi, volendosi ricondurre così all’etimologia della parola estetica, nel suo significato più completo (non solo di ricerca del bello). È questo il percorso della comprensione, come dice Edgar Morin, con il significato di “apprendere insieme, com-prehendere, cogliere insieme (il testo e il suo contesto, le parti e il tutto, il molteplice e l’uno). La comprensione intellettuale passa attraverso l’intelligibilità e la spiegazione”64.

Per comprendere un’opera allora è conditio sine qua non la ricerca storica, quella culturale o quella dei significati? Sono le condizioni di un apprendere insieme alla Morin?

Francesco De Bartolomeis, ad esempio, direbbe che non è importante “capire l’arte. Non è sicuro che questo proposito abbia senso. Sono molti gli artisti a dirlo: nell’arte non c’è niente da capire”65.

È invece fondamentale imparare a leggere le immagini, imparare a riconoscere i codici visivi, imparare a comunicare e ricevere con immagini, perché questa alfabetizzazione, mai come oggi, è necessaria. E’ necessario imparare a vedere.

Perchè il mondo delle immagini è importante?

Oggi le immagini sono ridiventate sacre nel senso simbolico, perché la comunicazione visiva viene subìta spesso passivamente, e se ne rimane travolti perché non si comprende il significato, a causa dell’assenza di un’educazione all’immagine o del mestiere di vedere: la comunicazione da sola non produce comprensione.

Diventa allora importante pensare con gli occhi come metodo di un’intelligenza che si esprime con forme e oggetti, attraverso la coscienza di

64 Morin Edgar, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, pag. 98

65 De Bartolomeis Francesco, L’arte contemporanea e noi. L’amore è figurativo o astratto?, la Nuova Italia, Firenze, 1994, pag. 19

un pensiero visivo. Un pensiero visivo, che oggi è sempre più disponibile a farsi comprendere, visto che anche gli artisti, talvolta, sentono la necessità di spiegare le loro scelte anche con le parole, come fa Georgia O’ Keeffe: “Il significato di una parola non ha per me la stessa precisione di quello di un colore. Colori e forme hanno la capacità di affermare in un modo più definito rispetto alle parole. […] Spesso mi è stato detto cosa dipingere. E spesso sono rimasta allibita di fronte alle parole, scritte e parlate, con cui mi si diceva cosa ho dipinto. Intraprendo questo sforzo di scrittura poiché nessuno, oltre a me, può sapere come nascono i miei quadri.”66