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1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.2.7 L’arte come esperienza cognitiva

L’arte è oggetto di una approfondita ricerca di Luciano Pilotti, che così la definisce90:

“L’arte è tuttavia una forma specifica di esperienza cognitiva. Una esperienza che, seguendo quanto abbiamo detto, ha due caratteristiche peculiari:

- si lega in modo non prevedibile e creativo al contesto del fruitore; - permette di rileggere il terreno di condivisione che lega produttore e

fruitore all’interno di una comune storia biologica, antropologica e

89 Emiliani Andrea, Il caso Italia, premessa a L’Italia dei musei. Indagine su un patrimonio sommerso, Electa, Milano 1991, in Roland Schaer, Il museo tempio della memoria, Electa Gallimard, Trieste 1996, pag. 139

culturale, portandoli a scoprire nell’esperienza artistica comuni radici semantiche e comunitarie.”91

Lo stesso Bruner ci aveva già abituati a leggere l’esperienza artistica attraverso un aspetto definito “integrazione dell’esperienza”92, cioè

l’aspetto che consiste nella possibilità insita nell’arte di fondere le espressioni dell’idea in una forma.

“Anche in pittura le espressioni dell’impulso e del sentimento, staccandosi dalle convenzioni stilizzate, possono inaspettatamente fondersi in una forma, e allora abbiamo lo stesso tipo di ricombinazioni che abbiamo in poesia”.93

In questo senso l’arte viene considerata non solo nella sua funzione rappresentativa, ma anche per la sua funzione sociale e referenziale.

“L’arte è soluzione dei problemi, creazione di mondi, invenzione, abilità esecutiva, uso dell’intelligenza e del sentimento, bisogno estetico, mezzo educativo, memoria storica, diletto, catarsi, sofferenza, fatica, ricerca, fantasia, comunicazione, espressione di valori, di qualità, di idee, di sentimenti, di concezioni, di ipotesi ed è tante altre cose ancora che ne fanno un luogo privilegiato di esercizio, di addestramento, di potenziamento, di manifestazione della cognizione umana. L’arte è conoscenza e comprensione del mondo”.94

Le esperienze tramite l’arte si sintetizzano attraverso la costruzione di simboli che potenzialmente aiutano la costruzione di categorie che cercheranno nuove esperienze. Questo processo inventivo, comune alla scienza, non segue però le regole della logica, perché arriva ad un’immagine “che connette realtà precedentemente sperimentate come separate, una immagine che getta un ponte tra razionalità e impulso”.95 Le diverse

esperienze vengono unite nella metafora che “congiunge esperienze dissimili

91 Pilotti Luciano, op. cit., pag. 722

92 Bruner Jerome, Il conoscere: saggi per la mano sinistra, Armando, Roma 1968, pag. 92 93 Bruner Jerome, Il conoscere: saggi per la mano sinistra, Armando, Roma 1968, pag. 93

94 Argenton Alberto, Arte e cognizione. Introduzione alla psicologia dell’arte, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996, pag. 320

trovando l’immagine o il simbolo che le unisce ad un livello di significazione emotiva più profondo”.96

Oltre alla metafora evocatrice di emozioni, l’arte ha in comune con il sapere scientifico anche l’economia, cioè quell’aspetto che consente di far distinguere la “metafora riuscita artisticamente da ciò che è soltanto floridamente artificioso e semplicemente “stravagante”.97

In questa fase di metafora economica diventa importante sia il creatore che l’osservatore, perché ogni processo che riguardi una scoperta e una sorpresa produttiva è azione euristica ed implica una comunicazione attiva. È su questo piano triangolato tra artista- opera- fruitore che si rende possibile la comunicazione.

Nel contesto dell’arte moderna e contemporanea, a causa del fattore di complessità culturale in fieri, aumenta la necessità di mettere in moto, nel mondo dell’educazione, il processo di trasformazione dell’arte in vissuto, processo che Dallari chiama “girandola ermeneutica”.

Dallari riprende questo concetto dalla teoria del “circolo ermeneutico dell’estetica”98 dello studioso Hans Robert Jauss. Secondo Jauss “l’opera di

ciascuno può diventare l’orizzonte che dischiude il senso del mondo a partire dalla visuale dell’altro”.99

Il concetto di circolo ermeneutico nasce, a sua volta, all’interno delle teorie fenomenologiche che si occupano di ermeneutica, cioè dell’arte o tecnica dell’interpretazione, esercizio trasformativo e comunicativo. Sono i filosofi Heidegger e Gadamer a sottolineare come l’esperienza ermeneutica sia riconducibile al linguaggio e alla comunicazione come fondamento del pensiero e della rappresentazione.

La trasmissione di un messaggio implica quindi una trasformazione, un’esperienza ermeneutica tra i soggetti in rapporto comunicativo.

96Bruner Jerome, Il conoscere: saggi per la mano sinistra, Armando, Roma 1968, pag. 95 97Bruner Jerome, Il conoscere: saggi per la mano sinistra, Armando, Roma 1968, pag. 96 98Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 29 99Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 29

Trasformazione che implica comprensione e ascolto, intesi come decodificazione del messaggio, “decostruzione del testo”.100

“L’idea di ermeneutica come ascolto è proprio la valorizzazione di una distanza temporale e spaziale che esiste sempre fra emittente e ricevente. Una distanza che riempie ogni testo di mistero.101

È in questo senso che Dallari afferma la superiorità, rispetto alla spiegazione, dell’idea di comprensione che ha origine dal fatto che il soggetto ha le sue radici nel contesto della vita e della cultura, delle relazioni e del mondo da cui non si può scindere.

L’uomo partecipa, come l’arte, del fluire del circolo ermeneutico e in questo circolo non esiste un centro ma un fluire, non esistono spiegazioni ma comprensioni, continui arricchimenti, trasformazioni costruttive. “C’è l’incontro di due orizzonti, che si fonde in un orizzonte nuovo”.102

Solo con questa impostazione circolare è possibile ipotizzare un processo conoscitivo tramite l’arte, che è il fondamento delle ricerche di Dallari nel rapporto tra estetica e pedagogia, visto come un rapporto che può far costruire atteggiamenti consapevoli fatti di riconoscimenti, stupori, condivisioni, trasformazioni che possono “estendersi a tutto il rapporto con ogni possibile altro da sé”.103

L’idea di Dallari è insita in questa ricerca di una pedagogia che, attingendo dalle categorie fenomenologiche di intenzionalità e intersoggettività, promuove un farsi culturale, storico e personale, “in una dimensione di divenire”104.

Questa nuova condizione di estetica è ricercata da Luciano Anceschi, che antepone a tutto l’idea dell’opera d’arte come in fieri, come “ricerca”105 e

l’idea di poiesi come potere creativo dell’uomo. In questo senso l’opera d’arte è un processo in cui sono coinvolti allo stesso modo artista e fruitore

100Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 30 101Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 31 102Borgna Eugenio, Le intermittenze del cuore, Feltrinelli, Milano 2003, pag. 44

103Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 23 104Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 10 105Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 12

in un rapporto di “collaborazione”106. Ecco svelato l’anello che congiunge il

processo artistico a quello educativo: se la scoperta e la sorpresa bruneriana dell’arte coinvolgono ugualmente chi produce l’opera e chi la guarda, il circuito conoscitivo permette all’opera di essere ‘ascoltata’ in modi diversi, ma soprattutto permette continue trasformazioni nella comprensione dell’opera d’arte e del suo significato.

“Il processo poietico all’interno del quale l’arte si genera e che è al contempo il motore più potente e più importante di questo processo, fa sì che critica e didattica possano marciare all’unisono, volani di questo motore che permette a ciascuno, anche il più umile e il più piccolo soggetto coinvolto di questo processo, di attivare quel fenomeno che Anceschi definiva ‘collaborazione con la poesia’”. 107

“Scopriamo così che l’arte, mentre sollecita la nostra sensibilità, forma il nostro modo di immaginare e di pensare, crea conoscenza del mondo e influenza il modo in cui ciascuno vede e interpreta, conosce il mondo stesso. Così bambini ai quali sono state mostrate e commentate opere della Pop Art, immetteranno nei disegni dei loro paesaggi l’elemento metropolitano delle insegne, degli oggetti, della dimensione industriale, perché avranno imparato a vedere e pensare il mondo secondo un nuovo paradigma.

Perché la conoscenza, non dimentichiamolo, è proprio il rapporto tra i due processi che chiamiamo pensare e sentire. Dal loro incontro nasce ciò che chiamiamo sapere. Un sapere che è sempre lo stesso anche se viene indagato con strumenti e atteggiamenti diversi dall’estetica e dalla logica.”108

“Ricorrere all’arte, alla poesia, ai loro simboli e alle loro metafore per parlare di noi e del mondo significa allora capire che non c’è niente da capire, ma tanto da scoprire e “comprendere” e che il bello del mondo non

106Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 15 107Dallari Marco, L’esperienza pedagogica dell’arte, La Nuova Italia, Firenze 1998, pag. 14- 15

108Dallari Marco, L’arte per i bambini, in Cristina Francucci, Paola Vassalli (a cura di), Educare all’Arte, Electa, Milano 2005, pag. 23

sono i conti che tornano, le regole e le uguaglianze, ma proprio le sorprese e la scoperta delle differenze.”109

Il recente saggio di Paul Dumouchel, Emozioni, saggio sul corpo e il sociale, 2008, traccia una teoria delle emozioni sulla base di una precisa proposta di teoria emozionale del legame sociale e può divenire asse di riferimento all’ipotesi di formazione esperienziale che ha come base di partenza l’arte come esperienza cognitiva.

L’arte va ‘ascoltata’ con tutti i sensi, perché le nostre intelligenze possono usare tutte le capacità di relazione con il mondo a partire dai sensi, con l’aiuto di un percorso di alfabetizzazione che non è solo di tipo visivo ma anche pratico. Non è insomma solo quel “quality Instinct” (2007) di Maxell L. Anderson, direttore dell’Indianapolis Museum of Art, che sviluppa l’occhio per l’arte o istinto alla qualità (come prerogativa della leadership di successo), attraverso un percorso che insegna a riconoscere le caratteristiche di base di un capolavoro, dove ci si equipaggia per godere dell’arte ma anche per valutare tutto ciò che è visivo, si tratti di pittura, di design, di manufatto, da scegliere o da vendere. Attraverso un breve ma intenso viaggio nella storia dei capolavori dell’arte, Anderson approfondisce l’idea di affinare un “istinto alla qualità”, ricerca la possibilità di alfabetizzare lo sguardo e di imparare a riconoscere le differenze qualitative degli oggetti d’arte, così come degli altri prodotti che si vedono sul mercato.

Ma questa è visione: importante e necessaria, ma non può essere lasciata sola.

Perché solo l’abito che l’esperienza ti fa indossare permette tras-formazioni nei comportamenti: ecco perché si parla di esperienza e non solo di visione dell’arte. Le formazioni sono la costruzione di forme nuove di azioni: ecco il senso dello scrivere tras-formazioni e non trasformazioni.

Dove avvengono le tras-formazioni? Nei laboratori risponde Francesco De Bartolomeis:

“La didattica è nemica dell’arte e di chi vuole capirla e praticarla. I percorsi conosciutivi e produttivi non sono lineari ma sistemici, reticolari con molte incognite e irregolarità. Chi pratica l’arte per scopi educativi generali non può non comportarsi come gli artisti, e questo ci pone di fronte a una molteplicità imprevedibile di procedimenti. La didattica manca di strumenti capaci di fronteggiare la variabilità, di mettersi su percorsi creativi che includono intuizione, coincidenze, caso.

Certo l’arte per la varietà delle sue tipologie, per i contenuti dei simboli che accoglie, per le caratterizzazioni stilistiche che produce ha grandi potenzialità quanto a sviluppare le intelligenze. Accolgo il plurale perché indica che i benefici di una cultura attiva dell’arte interessano campi molto diversi. Sono in questione quindi poteri mentali con capacità di transfer, cosa che assegna all’arte un ruolo importante nella creazione di condizioni favorevoli quale sia l’area di problemi a cui gli strumenti mentali vengono applicati.

L’arte apre la mente, moltiplica i punti di vista, sovverte stereotipie percettive e rappresentative, incrementa in quantità e in qualità le variabili con cui costruire sistemi, modelli, dà abilità progettuali e tecniche, è esperienza di enigmi che portano poesia. Molte le testimonianze di artisti - tra gli altri Kandinsky e Klee - di un valore X senza cui si resta alle soglie dell’arte. L’arte si addentra in strati di profondità fino ad allora restati nel buio cieco ma mai destinati a illuminarsi permanentemente. […]

Nella pratica educativa è operante la connessione esperienza dell’arte- sviluppo delle intelligenze? È significativo: l’arte, anche come produzione personale, ha un ruolo importante nella scuola dell’infanzia mentre scade progressivamente di valore nei gradi ulteriori dell’educazione.

L’arte ha una funzione necessaria se riesce a configurarsi come ricerca, se collega progettualità, conoscenze di materiali, abilità tecniche e affinamento emotivo, e insieme stabilisce rapporti con altri campi di conoscenza e di attività. Ma ecco presentarsi la complicazione di domande

che generano altre domande. Non possiamo non chiederci: quali condizioni, competenze, mezzi, procedimenti occorrono perché, anche al di fuori del campo professionale, ci sia vera ricerca artistica.

È corretto parlare di metodo laboratoriale in un’ottica di multidisciplinarità e di collaborazione, ma la sottolineatura deve circostanziarsi come risposta esplicativa, al di della dichiarazione di buoni propositi. Per tentare di costruire una vera risposta che spieghi, distingua, orienti, occorre individuare e precisare una varietà di elementi concepiti come attrezzature materiali e intellettuali capaci di operare, di produrre.” 110