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L’educazione all’arte nella scuola italiana

1.2 L’ARTE NELL’EDUCAZIONE 1 L’arte nell’educazione

1.2.2 L’educazione all’arte nella scuola italiana

Ma è vero che la scuola italiana non ‘ama’ gli artisti?

L’arte e l’immagine sono materie e discipline che hanno nella scuola italiana obiettivi diversi in relazione alla tipologia degli studi e all’età degli alunni.

Un breve excursus storico di normativa e di riforme permette un ingresso ed una prima risposta alla domanda.

I programmi didattici (nei periodi che vanno dal ’79, per la media inferiore, dall’85, per l’elementare, fino ai piani Brocca del ‘90, dai progetti sperimentali per la secondaria fino ad arrivare alle odierne trasformazioni di riforme sempre bloccate e sempre in fieri) testimoniano la ricerca di un’impostazione che unisca competenze di produzione e lettura di immagini con conoscenza dei fatti artistici. Ad esempio, nei programmi per la scuola media inferiore, nel 1979, come elemento centrale, si leggeva: “l'educazione artistica concorre alla formazione umana maturando le capacità di comunicare, chiarire e esprimere il proprio mondo interiore mediante i linguaggi propri della figurazione e anche mediante tecniche nuove; sviluppa le capacità percettive; favorisce la lettura e la fruizione delle opere d'arte e l'apprezzamento dell'ambiente nei suoi aspetti estetici, avvia ad un giudizio critico e alla partecipazione alla vita del territorio considerato sotto il profilo di bene culturale.”53

Queste potenzialità vengono trattate con grande attenzione nei piani di studio della commissione Brocca e nei documenti intorno al 2000 in funzione della nuova riforma della scuola secondaria, che sembra nel 2009 sul nastro di partenza. Quelle indicazione programmatiche ed anche i nuovi libri di

52 Antonio Paolucci, http://www.sbas.firenze.it/didattica/index.html 53 D.M. 9 febbraio 1979

testo raccontano lo sforzo che si è fatto e si sta facendo nel costruire una didattica dell’immagine e dell’arte in un sistema educativo nuovo.

L’attenzione alla comprensione dell’opera d’arte, alla sua contestualizzazione in ambiti pluri-disciplinari, alla ricerca di significati legati non solo alla storiografia e alla critica, diventa basilare in queste nuove impostazioni dei manuali scolastici, dove centrale è la relazione tra l’opera e chi apprende.

Ma perché l’arte non rimanga confinata solo in “tutte le opere pubblicate nei libri di storia dell’arte”( Achille Bonito Oliva, 2005), c’è l’esigenza di un insegnante artefice e creatore di un sapere sempre nuovo, dove è centrale lo studente che impara e sperimenta l’educazione alla cultura, nel caso dell’arte necessariamente fatta di relazione diretta con l’opera.

Nella scuola italiana l’attività d’aula è impostata sulla tradizione gentiliana di un’offerta didattica consistente soprattutto nella lezione frontale del docente e di una ricaduta educativa verificabile nella risposta in termini individuali, qualitativi e quantitativi dell’allievo.

La centralità dell’alunno nell’azione didattica è perno fondamentale delle azioni innovative a cominciare dalle norme programmatorie emanate dal ‘79 in poi, con il decreto ministeriale del 9 febbraio 1979, relativo ai programmi per la scuola media inferiore (oggi definita secondaria di primo grado nell’ultima riforma), passando poi a quelli per la scuola elementare (oggi scuole primaria) del 1985, fino ai piani della commissione Brocca del ‘92, concludendosi con la legge 59 del 1997 sull’Autonomia delle Istituzioni Scolastiche.

Anche il nome della disciplina subisce modifiche: ‘educazione artistica’ nei programmi del 1979, ‘educazione all’immagine’54 in quelli per la scuola

elementare del 1985, fino a diventare ‘arte e immagine’55 nella riforma del

54D.P.R. 12 febbraio 1985, n 104, in Educazione all’Immagine 55 Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59

2003 della scuola primaria e secondaria di primo grado, attuata a partire dal decreto 59 del 19 febbraio 2004.

L’aspetto più significativo del provvedimento legislativo è ambientato nella vocazione alla flessibilità e ai bisogni dell’utenza, come si vede qui di seguito: “Il sistema educativo di istruzione e formazione, così come prefigurato dalla legge di delega n. 53/2003 e dal decreto legislativo, attraverso il Profilo, le Indicazioni nazionali, il Piano dell’offerta formativa, i Piani di studio personalizzati (d’ora in poi denominati Piani di studio) e la risposta alle prevalenti richieste delle famiglie, si caratterizza per la sua flessibilità e capacità di recepire ed interpretare i bisogni, le vocazioni e le istanze, sia dei singoli che delle diverse realtà nelle quali le istituzioni scolastiche si trovano ad operare.”56

Già nel 1985 si legge, nella “Premessa dei programmi” dell’allora scuola elementare, che le «immagini hanno un forte potere cognitivo ed emotivo, veicolano apprendimenti più complessi dell’area linguistica e logico- matematica», così come nel 1992, nei piani di studio elaborati dalla commissione Brocca per il triennio della scuola secondaria di secondo grado, si trova, tra le finalità di storia dell’arte, “fornire le competenze necessarie a comprendere la natura, i significati e i complessi valori storici, culturali ed estetici dell’opera d’arte” e “incrementare le capacità di raccordo con altri ambiti disciplinari, rilevando come nell’opera d’arte confluiscano emblematicamente aspetti e componenti dei diversi campi del sapere (umanistico, scientifico e tecnologico)”.

Questa richiesta di raccordo con altri ambiti non è isolata e anche in altre discipline, come la letteratura italiana, viene esplicitato quando si dichiara la possibilità di arrivare alla “consapevolezza della specificità e complessità del fenomeno letterario, come espressione della civiltà e, in connessione con le altre manifestazioni artistiche, come forma di conoscenza del reale anche attraverso le vie del simbolico e dell’immaginario”.

Una certa dose di impianto storicistico è sempre sotteso ai nuovi sforzi identitari delle discipline, soprattutto quando si vanno a leggere le indicazioni per le secondarie di secondo grado, ma ciò che è veramente nuovo fin dal 1985 è la ricerca di scelte programmatorie flessibili che i programmi gentiliani ancora rendono difficili nelle abitudini scolastiche: la scuola delle norme di Giovanni Gentile del 1923 attua con rigore un programma fisso che solo attraverso sperimentazioni costanti, dagli anni 80 in poi, rimuove queste condizioni nel nome di scelte legate ad un’impostazione curricolare di programmazioni che si adattano alle diverse situazioni in cui si opera.

Da una parte, nella scuola primaria e secondaria di primo grado si può osservare come le norme, anche in questi riferimenti ‘storici’, ricerchino i sistemi della comunicazione visiva, dove le abilità di base siano

- vedere-osservare - leggere le immagini

- produrre (scrivere) con le immagini - parlare.

Dall’altra parte, nella scuola secondaria di secondo grado, si evidenzia come, in un sistema curricolare molto più complesso a causa dell’enorme numero di indirizzi, il sistema delle competenze da attivare sia irrigidito da una sotto-specializzazione disciplinare, arte e/o musica, storia dell’arte, disegno, che prevede finalità comuni, ma con forti componenti recettive dell’immagine e deboli componenti produttive.

Non a caso il disegno diventa la disciplina del liceo scientifico ad indirizzo tecnologico, mentre la storia dell’arte è la disciplina del liceo classico, con una differenza fortemente legata all’impianto storico dei due licei.

Gli anni ’90 hanno significato una continua riflessione nel campo disciplinare dell’arte e della comunicazione visiva: continue ricerche hanno testimoniato approfondimenti in ambito linguistico, semiologico o critico dell’arte e

dell’immagine, che hanno avuto immediate ripercussioni sulle strutture e contenuti dei libri di testo.

Nella scuola, oggi, la flessibilità curricolare e la relazione insegnamento/ apprendimento sono i parametri di riferimento dei sistemi educativi e formativi. La riforma dal 2004 ad oggi, con nuove azioni in fieri (insieme ai progetti dell’autonomia, la riorganizzazione gestionale della scuola, l’innalzamento dell’obbligo scolastico, la ridefinizione dei saperi disciplinari e di quelli didattici, la dimensione vasta delle offerte formative) dimostra che la scuola partecipa ad un processo di cambiamento impegnativo rispetto ad una società complessa, quale è l’attuale.

Infine una breve nota relativa alle specializzazione universitarie indica che l’appartenenza della disciplina dell’arte si muove in un campo estremamente articolato, che va dall’area letteraria, della conservazione, del design all’accademia o ai beni culturali, trovando così modalità molto diverse per le facoltà di affrontare la conoscenza disciplinare dell’arte.