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Che Boris Eltsin non sarebbe politicamente sopravvissuto al suo secondo mandato, non era solo reso evidente dalle sue precarie condizioni psico-fisiche, ma era stabilito dalla stessa Costituzione russa. L’ultimo periodo della sua presidenza fu caratterizzato da alcuni cambiamenti nel sistema dei mass-media: la crisi economica del 1998 colpì duramente questo mercato, ma fu seguita da una rapida ripresa di quei mezzi di comunicazione che riuscirono ad adattarsi al nuovo contesto, sbarazzandosi di concorrenti troppo indeboliti per sopravvivere. Furono introdotte molte novità per “fidelizzare” i consumatori, dagli sconti, a particolari trovate commerciali, a giochi, concorsi a premi, tutto pur di invogliare il pubblico all’acquisto. Si può dire che la crisi del 1998 abbia avuto un effetto benefico sul sistema politico, riscontrabile nel fatto che gli sforzi necessari al

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mantenimento delle posizioni di potere nei media costrinsero gli “oligarchi” ad investire gran parte delle proprie energie nella cura e nel rinnovamento dei loro mezzi di comunicazione, facendo loro perdere molto potere all’interno del sistema politico104. Gli “oligarchi” ed i loro mezzi di comunicazione fino a quel momento avevano impedito a chiunque di minacciare la posizione di potere di Eltsin, figura che per la tutela dei propri interessi risultava ancora utile. In molti avevano provato a farsi notare come possibili successori del vecchio presidente, ma senza successo. Un caso emblematico fu quello di Boris Nemtsov, che dopo una rapida carriera ricca di successi come governatore della regione di Nizhny Novgorod, nel 1997 decise di lasciare il suo posto per la carica di primo vicepremier della Federazione Russa. Appena arrivato a Mosca, secondo i sondaggi poteva già contare su un grandissimo consenso per le successive elezioni presidenziali del 2000. Questo gli derivava sia dal fatto che la sua guida competente di una delle regioni più popolose del paese gli garantiva un bacino elettorale già consolidato, sia dall’avere in sé una volontà riformatrice molto apprezzata in quel momento dall’opinione pubblica. Sfortunatamente, nelle lotte di potere interne, Mosca divenne per lui un luogo ostile. Una campagna di attacchi mediatici portati principalmente dai media controllati da Neither Luzhkov, Guzinsky e Berezovsky, miranti a farlo apparire all’opinione pubblica come incompetente, corrotto ed immorale, pur senza portare prove di alcun tipo, riuscì a rendere per lui fatale la crisi economica che travolse il governo l’anno seguente105

. Non vi era nulla di personale in quegli attacchi da parte di alcuni degli “oligarchi”. Essi

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Jukka Pietiläinen, “The Regional Newspaper in Post-Soviet Russia”, op. cit., p.132

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semplicemente valutarono, assieme ad influenti figure vicine al presidente, che non fosse il momento giusto per lasciar intendere all’opinione pubblica che un successore ad Eltsin fosse già pronto. La scelta di un successore infatti fu una questione molto complessa, e in gran parte dipendente dalla dinamiche interne alla “famiglia” il circolo di consiglieri molto vicini al presidente, e di cui facevano parte anche alcuni suoi parenti106, dal quale solitamente erano provenuti gli sconvolgimenti politici e le candidature ad alcune poltrone di prestigio nei governi di quegli anni107. All’interno della “famiglia”, alcuni oligarchi come Berezovsky erano più influenti di altri, e quando infine si arrivò alla scelta di Vladimir Putin come successore di Eltsin, furono loro stessi a favorirne l’ascesa e a crearne un’immagine pubblica108. Il passaggio da Eltsin a Putin fu in definitiva opera degli sforzi coordinati della “famiglia”, il cui obiettivo era quello di trovare una figura affidabile e che desse garanzie su almeno due punti chiave. Si trattava per prima cosa di supportare in modo chiaro lo sforzo bellico russo in Cecenia, senza tenere una linea morbida con i separatisti, come accadde per esempio ad un altro candidato alla successione, Sergei Stepashin, che non ebbe la forza di affrontare il problema e rilasciò addirittura una sconcertante dichiarazione “We can afford to lose Dagestan!”. Putin portò avanti una linea di spietata intransigenza con i “terroristi”, e seppe sfruttarla soprattutto grazie al supporto dei media controllati dagli “oligarchi” della “famiglia”. Non

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Si veda l’articolo “Yeltsin daughter helped plot cabinet sacking” http://www.independent.ie/world-news/yeltsin-daughter-helped-plot-cabinet-sacking-

26194411.html

107

Si veda l’articolo “The Family reportedly lining up Yeltsin’s successor…” http://www.jamestown.org/single/?tx_ttnews%5Btt_news%5D=12391&tx_ttnews%5BbackPid% 5D=213&no_cache=1#.U5Ya7vl_uvM

108

Si veda l’articolo “Vladimir Putin: 'the godfather of a mafia clan'” http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/vladimir-putin/9100388/Vladimir-Putin-the- godfather-of-a-mafia-clan.html

casualmente, la sostituzione di Sergei Stepashin con Vladimir Putin da parte di Eltsin, coincise proprio con l’inizio degli attacchi ceceni contro il Dagestan109.

Il secondo fattore sicuramente determinante nello scegliere Putin, fu la sua promessa di non scendere a compromessi di alcun tipo a svantaggio degli interesse privati di Eltsin e dei suoi familiari, un accordo di tale importanza che già nel 1999, pochi mesi prima delle elezioni, quando Eltsin rassegnò le proprie dimissioni lasciando che Putin diventasse presidente ad interim della Federazione Russa, fu rispettato con il primo Decreto da lui firmato: “Sulle garanzie riguardanti il precedente presidente della Federazione Russa e per i membri della sua famiglia”, che metteva al sicuro Eltsin ed il suo ambiguo operato da qualunque possibile indagine e persecuzione futura110. Partito da una posizione di netto vantaggio rispetto a tutti gli avversari di quel periodo, con i media pronti a spalleggiarlo, Vladimir Putin ebbe vittoria facile, ma si rivelò ben presto un’arma a doppio taglio per quel sistema di media e potere che gli “oligarchi” stavano ancora cercando di mantenere intatto puntando sulla sua presidenza come un investimento favorevole ai propri interessi. I loro calcoli si rivelarono totalmente sbagliati e Putin non si rivelò manipolabile come il suo predecessore. Nonostante alcune sue dichiarazioni puramente propagandistiche sulla necessità di una stampa libera per mantenere sana la democrazia, la prima occasione in cui rivelò la vera natura del suo pensiero sui media fu la sconvolgente dichiarazione rilasciata il 26 ottobre del 2000 in cui annunciò che non avrebbe più tollerato le critiche provenienti dai media controllati dagli “oligarchi”,

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Richard Sakwa , “Chechnya: From Past to Future”, Anthem Press, London, 2005, p.158

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e in cui attaccò direttamente il suo vecchio sostenitore Berezovsky, divenuto ormai uno scomodo avversario da eliminare111. Per gran parte degli osservatori occidentali, era chiaro che la stagione di maggiore libertà dei media Russia sarebbe finita a breve ed i provvedimenti che limitavano tale libertà non tardarono ad arrivare. Ad aprire la strada ad una serie di misure considerate repressive della libertà di espressione fu la famosa “Information Security Doctrine”112. Secondo Aleksei Simonov, che guidava a quel tempo la “Glasnost Defense Foundation”113, l’avvento al potere di Putin non avrebbe potuto portare ad un miglioramento della libertà di accesso all’informazione, dato che il suo atteggiamento verso la libera circolazione delle informazioni e verso la libertà di stampa "have been molded by a career in the secret services, with their traditional secretiveness, fear of open information and (what really counts) fear of acknowledging that information should not be divided into what is given to the leaders and what should be fed to the masses"114. Sostenendo che lo stato fosse il miglior e il più affidabile fornitore di notizie, Putin dichiarò guerra ad un mondo dell’informazione secondo lui fuori controllo. La cosa più sorprendente per gli osservatori occidentali, al di la del fatto che, dal loro punto di vista, un potenziale nuovo dittatore si sarebbe potuto insediare nuovamente alla guida del paese, fu però il notevole sostegno popolare che sembrò giustificare

111 Si veda l’articolo “...warns oligarchs about state’s cudgel“

http://www.rferl.org/content/article/1142270.html

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Si veda documento presente sul sito http://www.mid.ru/bdomp/ns- osndoc.nsf/1e5f0de28fe77fdcc32575d900298676/2deaa9ee15ddd24bc32575d9002c442b!Open Document

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Si veda il sito http://www.gdf.ru/

114 Si veda la dichiarazione rilasciata il 14 settembre 2000 al “Noviye Izvestia” e presente

nell’articolo “Putin signs Information Security Doctrine“ sul sito http://www.jamestown.org/single/?tx_ttnews%5Btt_news%5D=22353&tx_ttnews%5BbackPid% 5D=214&no_cache

Putin nei suoi atteggiamenti autoritari e spietati contro “oligarchi” e mezzi di informazione. Quei sondaggi che negli anni Novanta mostravano una popolazione favorevole all’obiettività dei giornalisti, ma che al contempo registravano un’ostilità sempre maggiore verso gli “oligarchi”, finirono col diventare totalmente favorevoli a quegli interventi che Putin mise in atto per sequestrare agli “oligarchi” i loro mezzi di comunicazione, mettendoli in gran parte sotto il controllo statale o di aziende a loro volta controllate dallo stato. Il caso più esemplificativo fu l’attacco contro la rete NTV di Vladimir Guzinsky, che fu eliminato improvvisamente dalla guida della stessa, dopo che la sua rete criticò apertamente Putin nei mesi successivi alla sua elezione. Per lui scattò un meccanismo di “giustizia ad orologeria” devastante, che in meno di un anno portò la sua rete nelle mani di Gazprom e quindi dello stato, mentre il governo, accusato di aver pianificato politicamente la manovra, negava ogni coinvolgimento. Nell’opinione pubblica, la vicenda di NTV non fu considerata come una limitazione della libertà di espressione: solo il 4% condannò la vicenda in tale ottica115. Dove prima i privati avevano una posizione di superiorità sullo stato, adesso la situazione si stava totalmente ribaltando a favore del secondo. In verità, occorre specificare che il sistema dei media dell’epoca degli “oligarchi” non fu mai un sistema sano, e a Putin bastò colpirlo con forza una sola volta durante i primi anni di presidenza per vedere tutta la sua struttura collassare conseguentemente. Il successivo pluralismo, tra fenomeni di nuova “auto censura” dei giornalisti, e disincentivi forti alle critiche anti governative, fu più che altro basato sulla relativa tolleranza da parte

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dello stato verso i mezzi di comunicazione, e non sulla forza di questi ultimi di farsi ascoltare veramente.

La volontà del governo in questo senso non permise però mai di avere un pieno controllo sul sistema, all’interno del quale rimanevano alcune forze indipendenti, ne permise di ripristinare anacronistiche forme di propaganda provenienti dal passato, e generò anzi un disinteresse da parte del popolo. Si può dire che dopo l’avvento di Putin e delle sue riforme, il nuovo sistema iniziò a vedere un complesso sviluppo di media indipendenti in un ambiente però caratterizzato da una minore libertà di espressione116.

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2: Il giornalismo nell’esperienza sovietica e nella Russia