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Il sistema dei mezzi di comunicazione dall'Impero zarista alla Russia di Putin: un complesso rapporto tra libertà di espressione e potere

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di laurea in Politiche e Relazioni Internazionali

Tesi di laurea

Il sistema dei mezzi di comunicazione dall'Impero zarista

alla Russia di Putin: un complesso rapporto

tra libertà di espressione e potere

Relatore:

Prof.ssa Elena Dundovich

Candidato: Marco Russo

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Indice

Introduzione

………4

1.

Mezzi di comunicazione di massa in URSS e nella

Federazione Russa

…...6

1. La particolarità del caso russo………10

2. La fase pre-rivoluzionaria 1. Il consolidarsi delle pratiche di censura………...11

2. Gli effetti della censura sulla cultura giornalistica……….21

3. Durante il regime sovietico 1. Dal Comunismo di Guerra alla NEP…………...26

2. Il periodo Staliniano………40

3. Il “disgelo” di Khrushchev………....49

4. La “stagnazione” di Brezhnev………...53

5. Gorbačëv e il periodo riformista………58

6. Gli effetti della “glasnost” sul sistema dell’informazione sovietica………68

7. Un nuovo linguaggio………...75

4. Dalla caduta dell’URSS ai giorni nostri 1. Boris Eltsin e gli “oligarchi”……….80

2. L’ascesa di Vladimir Putin………87

2. Il giornalismo nell’esperienza sovietica e nella Russia

attuale: un confronto tra generazioni

………94

1. La generazione sovietica (1920-1990)………95

2. La generazione di transizione (1991-1999)………97

(3)

4. L’influenza del potere nella ricerca di un’etica

professionale……….101

5. “Zakazukha” e “Kompromat”………...104

3.

Teorie sul rapporto libertà di espressione e

democrazia

...110

1. Applicazione al caso russo………116

2. Il modello di Hallin e Mancini………..121

4.

Organizzazione del sistema dei mass-media moderni in

Russia

………...127

1. La stampa………..128

2. La radio……….130

3. Le televisioni………132

4. Internet………..134

5.

Il sistema dei partiti in Russia e il loro rapporto con i

mass-media

………..…….137

1. Azioni di controllo e de-privatizzazione dei mass-media……….148

2. Il sistema regionale………...…………153

3. Il controllo di Internet………...…156

4. La guerra al terrorismo……….………159

1. Il caso di Anna Politkovskaja………..162

6.

Conclusioni

……….…..167

7.

Bibliografia e fonti documentarie

………170

(4)

Introduzione

Il tema del rapporto tra libertà di espressione e democrazia è ancora oggi uno dei più dibattuti dai politologi e dai filosofi di tutto il mondo. L’opinione più diffusa sulla natura di questo rapporto è che, laddove la censura ed i limiti alla libertà di espressione crescano oltre certe soglie, sarà molto più facile per il potere allontanare la società da forme di governo democratiche. Questa associazione di idee, censura-autoritarismo-dittatura, è radicata in molte società moderne, che si aspettano dai mass media un’informazione libera per il pubblico e per gli stessi governi su ciò che accade a livello locale, nazionale e internazionale. Quello che analizzerò in questa tesi è ciò che accade quando in una società quel vincolo strettissimo tra la libertà di espressione e il potere politico che la guida non porta più a conclusioni a noi familiari, cioè comuni a quei principi cui cerca di fare riferimento la società occidentale. Uno stravolgimento del risultato dato dal rapporto libertà di espressione-democrazia può verificarsi, e tra le possibili conseguenze di questo cambio di prospettiva si può trovare una reinterpretazione del rapporto censura-democrazia. Per quanto la democrazia rimanga invariabilmente connotata da valori positivi, secondo alcuni il percorso da attuare per il suo raggiungimento non può essere lo stesso per tutti, e in alcune società questa linea di pensiero alternativa alla visione occidentale si manifesta più chiaramente. La società che prenderò in considerazione per questa analisi è quella russa, dato il particolare rapporto tra libertà di informazione e potere che l’ha sempre caratterizzata. Il caso della Russia risulta ricco di spunti interessanti per i tentativi dei suoi

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governanti di trovare nelle teorie occidentali continue fonti di ispirazione ai propri progetti politici e sociali. Dal periodo zarista la storia russa risulta intrecciata a quella europea indissolubilmente. Eppure la sua società non sembra aver mai trovato un equilibrio tale da permetterle di esprimersi in piena sicurezza senza venir travolta da guerre civili e rivoluzioni. Condizionata da una situazione geopolitica unica, a cavallo tra due continenti, ed esposta nei secoli ad invasioni frequenti e violente, la società russa non ha mai potuto scegliere di rinunciare alla sicurezza e all’ordine come valori primari da difendere. Frammentata da divisioni culturali interne, e minacciata continuamente dall’esterno, come un vero laboratorio politico sociale, la Russia di oggi sta ancora portando avanti la ricerca di un percorso stabile che possa favorire sia l’ordine che la democrazia. Se la Russia sarà capace in futuro di accostare alla sicurezza e all’ordine anche la libertà di espressione che la condurrà verso un ordine più democratico, è ciò che mi accingo ad analizzare con questa tesi.

(6)

1: Mezzi di comunicazione di massa in URSS e nella

Federazione Russa

Per introdurre questa analisi sui mezzi di comunicazione, ritengo indispensabile partire un concetto chiave, senza il quale la comprensione del contesto russo non risulterebbe chiara: la censura. Poiché si tratta di una pratica che può assumere molti aspetti differenti a seconda dei contesti nella quale viene inserita, chiarirò subito quale sia il suo significato. La censura è intesa come l’opera di un agente esterno indirizzata alla rimozione di materiale sensibile o offensivo prodotto dai mass media o dagli strumenti di comunicazione di cui un determinato ambiente politico e sociale dispone. I metodi attraverso i quali la censura opera sono molteplici, e per quanto sofisticati e ingannevoli per gran parte degli utilizzatori dei servizi di comunicazione che essi tentano di manipolare, sono sempre chiari ed analizzabili da chi li subisce in prima persona, giornalisti e lavoratori dei mass media prima di chiunque altro. Il giornalista russo Dmitry Babic1, parlando della censura in Russia, analizza la stessa suddividendola in tre forme principali:

Censura classica: si ha quando “Qualcuno dall’esterno del tuo giornale o media elettronico revisiona il tuo testo prima della pubblicazione; [questa pratica] in Russia era morta molto prima che l’epoca sovietica finisse, anche se ufficialmente il Glavlit2 fu chiuso soltanto nel

1

Si veda Dmitry Babic in http://russiaprofile.org/authors/dmitry_babich.html

2 Il Glavlit, acronimo di “Glavnoe Literaturnoe Upravlenie” o “Principale Centro di comando

Letterario”, era l’organo di censura ufficiale dell’Unione Sovietica, fondato nel 1922, ma potenziato a più riprese negli anni seguenti, col compito principale di gestire la complessa burocrazia della rete di controlli che aveva il compito di vagliare ogni materiale stampato e fotografico e ogni manifestazione pubblica, per evitare la possibile diffusione di valori contrastanti con la morale comunista o di informazione riservate che compromettessero la reputazione del regime.

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1990…E’ impossibile controllare le 80-100 pagine di ogni giornale moderno prima che vada in stampa. Nessun ufficio al mondo può farlo, così questa censura è stata efficace soltanto fino alla metà del ventesimo secolo.”3

Censura editoriale: “Alcuni autori potrebbero sostenere che questo è il più comune e talvolta il peggiore tipo di censura, perché è attivo. Non solo non puoi scrivere quello che pensi o quello che sai, ma DEVI scrivere quello che vuole il tuo editore. Il tuo successo professionale è misurato dalla tua abilità di soddisfare i gusti dell’editore, e qualche volta i suoi pregiudizi. Per esempio, in uno dei giornali dove lavoravo, una volta dovemmo fermare tutto il lavoro e scrivere cose sgradevoli su un aeroporto dove il nostro editore capo non aveva gradito il servizio. Quando il giornale viene comprato da qualche compagnia, solitamente l’editore ritorna alla ragione, ma successivamente è il loro tipo di censura a stabilirsi.”4

Censura istituzionalizzata indiretta: “Se scrivi una certa cosa, non sarai messo in prigione, ma sarai espulso dall’ Unione dei Giornalisti (sovietica od occidentale), o ti sarà proibito l’accreditamento all’ufficio del presidente. Puoi avere problemi a conservare il tuo lavoro o a trovarne un altro. Questo tipo di censura me la ricordo nel periodo sovietico, e ne vedo parecchia in Occidente adesso. Un buon esempio fu quando due giornalisti tedeschi furono puniti dai loro colleghi per aver chiamato il bombardamento della Yugoslavia un crimine senza senso. Quello che rimane, sono le difficoltà ad accreditarsi, e i problemi per il pubblicatore. Sotto Putin, questo terzo

3 G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the

War Against Terrorism: A Historical Perspective.", in “European Journal of Communication”, volume 21, n.2, 2006, SAGE Publications Ltd, p.192

4

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tipo di censura è diventata più diffusa in Russia, ma non è stata peggiore che nella maggioranza dei paesi occidentali”.5

L’esempio della censura indiretta è utile per proseguire nell’analisi di un altro fenomeno collegato invece a quella esterna: l’auto-censura. Si tratta di un fenomeno che si realizza quando all’interno degli stessi mezzi di comunicazione vi è una scelta di controllare preventivamente un contenuto sensibile. Non vi sono costrizioni dirette da fuori contro il mezzo di comunicazione, ma è chiaramente dimostrato come in un ambiente esterno che pratica regolarmente forme di censura, si possano sviluppare più facilmente le forme di auto-censura interne. Molti giornalisti infatti hanno dichiarato che spesso la tendenza a bloccare i propri contenuti non solo non è originata da pressioni esterne dirette all’azienda dove lavorano, ma nemmeno derivata da ordini di superiori all’interno dell’azienda stessa. Occorre comprendere che questa pratica non è soltanto un fenomeno politico, ma soprattutto è un fenomeno culturale, col tempo agevolato nella sua ripetizione proprio dal fatto di essere integrati in una società che la utilizza diffusamente. Questo perché, come dichiara Larry Kilman, direttore delle comunicazioni al World Association of Newspapers (WAN), rispondendo ad una domanda relativa alla questione del rapporto tra censura e auto-censura: “si, certamente la censura conduce all’auto-censura, perché essa porta i reporters a domandarsi che cosa è permesso, e che cosa non lo è”6

. Il problema di questo autocontrollo e di come esso si sviluppi è oggi molto più dibattuto. Il motivo è che tra le forme di censura è sicuramente quella più difficile da individuare e da sradicare per i suoi legami talvolta profondi con la

5

G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., p.192

6

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società. Non si tratta di un problema estraneo ai mezzi di comunicazione occidentali, e come gli ultimi anni ci dimostrano, a scatenarla sono tematiche di particolare interesse pubblico. Argomenti che per i loro contenuti hanno la forza di risvegliare comportamenti faziosi all’interno di media che tentano di rimanere neutrali e liberi. Le campagne governative di molti paesi NATO, Stati Uniti in particolare, attuate per giustificare le misure di limitazione dei diritti in funzione della lotta al terrorismo, nel nome dell’interesse nazionale, hanno spesso avuto supporto dai mass media nazionali, dimostratisi in molte occasioni compiacenti alla volontà dei governi e tutt’altro che turbati dalle richieste pur indirette di censurare alcuni contenuti sensibili. Anche la Russia ha avuto negli ultimi anni la sua guerra al terrorismo e anche in Russia l’interesse nazionale ha richiesto da parte dei media il sacrificio della verità sull’altare della patria. Culturalmente, la minaccia di essere bollati come anti-patriottici, di andare contro l’interesse nazionale, è un forte deterrente alla neutralità dell’informazione. Queste situazioni di stress sociale possono far perdere ai giornalisti la cognizione di quali siano invece i reali doveri dei mass media verso la società, di quale sia l’interesse pubblico generale, contrapposto all’interesse nazionale propagandato in quel preciso momento storico. In queste circostanze, il problema risiede in fattori culturali che sono interni a tutti gli esponenti della società stessa, compresi i giornalisti. Per mantenere il proprio impegno verso l’interesse pubblico, essi si troveranno talvolta a lottare contro sé stessi. Pavel Gutiontov, parlando a proposito del fenomeno dell’auto-censura, dichiara: “La cosa triste è che sia la stessa stampa a intuire prontamente ciò che le autorità vorrebbero fosse pubblicato…Il censore interno sta diventando ancora una volta il censore

(10)

principale…Dobbiamo fare un sacco di lavoro nello sradicare il nostro schiavo interiore da noi stessi, dalle nostre sale di montaggio, dalla televisione”.

1.1: La particolarità del caso russo

“La questione fondamentale per ogni stagione della storia umana non è <<Esiste la censura?>> ma piuttosto, <<Sotto quale tipo di censura stiamo vivendo ora?>>”7

.Quello che spesso nelle analisi del secolo scorso, circa la nascita e lo sviluppo di sistemi di censura più o meno articolati, è stato considerato un fattore non rilevante nello studio di questi fenomeni, sembra esserne ormai una componente culturale. Nella citazione precedente traspare una consapevolezza di questa origine della censura come fenomeno interno alla società prima ancora che alla forma di stato o di governo che la guida. La componente culturale ha un’importanza tale da risultare spesso decisiva nelle scelte politiche di un governo di limitare la libertà di espressione. Perché sia compresa, essa deve essere studiata in un contesto storico. Qualche forma di censura è sempre presente nelle società, anche in quelle moderne occidentali. Il fattore più rilevante in quest’analisi però è proprio il modo in cui la necessità di vincoli alla libertà di espressione passi dal livello sociale al livello politico, col verificarsi di fenomeni censori programmati e ripetuti da parte di chi detiene il potere. Per comprendere questo passaggio occorre chiarire quindi che ci sono precise variabili da cui dipende la censura: dipende dalla cultura giornalistica, è legata profondamente agli aspetti culturali

7

G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., p.195

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dell’ambiente dove viene praticata, è inoltre fortemente influenzata dall’essenza stessa delle istituzioni di un paese, ed infine è interconnessa ad un contesto storico formato da eventi di importanza variabile all’interno dei quali trova una sua giustificazione. Proprio per il fatto che la storia di nessun paese è mai stata uguale a quella di un altro, per questo stesso motivo la censura ha avuto e avrà sviluppi diversi in diversi paesi. La Russia, ad esempio, ha una storia assai particolare, che la distingue profondamente dai paesi europei con i quali ha sempre convissuto, ma dai quali la sua società è sempre stata poco compresa su molti aspetti considerati dall’occidente come fondamentali, primo tra tutti appunto il rapporto tra mezzi di comunicazione e poteri dello stato.

1.2: La fase prerivoluzionaria

1.2.1: Il consolidarsi delle pratiche di censura

Contrariamente al pensiero comune secondo cui è col regime comunista che sono nate in Russia le più autoritarie forme di controllo dell’informazione di massa, c’è una storia ben documentata e ben più antica da prendere in considerazione prima di analizzare la censura e il giornalismo degli ultimi secoli di storia di questo paese. Si può dire che il primo impulso alla diffusione di un quotidiano si deve allo sforzo dello zar Pietro il Grande (Mosca, 30 maggio 1672 – San Pietroburgo, 8 febbraio 1725), che fece ruotare tutto l’operato politico del suo regno attorno all’idea di modernizzazione, ovvero alla necessità di una serie di riforme che portassero la Russia più vicino agli standard europei dell’epoca, sfruttando i suggerimenti dei suoi

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numerosi consiglieri occidentali. Prima dello zar Pietro il Grande, e più precisamente dal 1621, era in circolazione un giornale scritto a mano, pubblicato irregolarmente a Mosca, di ristrettissima diffusione, il “Vestovye pisma” o “Kuranty” (dal francese “courant”, cioè “corrente”) che, come indicato dal nome, conteneva solo comunicazioni o informazioni su eventi correnti, di attualità, molto spesso traduzioni o estratti di quotidiani europei8. La sua diffusione era limitata soltanto allo zar e alla sua corte, ne era pubblicata una sola copia, e veniva letto ad alta voce durante pubbliche riunioni, senza avere dunque un vero pubblico di lettori. Dopo le letture pubbliche, il Kuranty tornava al Dipartimento Ambasciatorio9, uno degli organi più importanti dello stato, responsabile della diplomazia e dei rapporti con gli stati esteri, dove diplomatici e burocrati facevano una cernita delle informazioni più rilevanti, se necessario si occupavano delle traduzioni, e pubblicavano una nuova versione del quotidiano sapendo che gli unici fruitori sarebbero stati esponenti dell’elitè dello stato russo10. La fine del “Kuranty” corrisponde all’ascesa di Pietro il Grande e alla sua intenzione di uniformare anche il nascente giornalismo agli standard europei, poiché proprio in quegli anni iniziava a diffondersi nel continente una prima ondata di quotidiani stampati e non più scritti a mano. Osservando il perfezionamento delle tecniche di stampa, il 15 dicembre 1702 lo zar firmò il decreto “Sulla stampa dei quotidiani al fine di fornire informazioni su eventi stranieri e domestici”, col quale nacque da lì a breve il “Vedemosti” (“Bollettino), quotidiano stampato dapprima a Mosca con circolazione

8

Si veda “The first issue of Vedemosti published”, http://www.prlib.ru/enus/history/pages/item.aspx?itemid=522

9

Si veda Посольский приказ, http://slovari.yandex.ru/~книги/БСЭ/Посольский%20приказ

10

Si veda “The first Russian newspapaer (part1)”, http://www.russian-moscow.com/the-first-russian-newspapers-part-1/

(13)

e pubblicazione irregolari, ma diffuso anche al di fuori dei palazzi di governo, che spaziava su un ampia gamma di argomenti collegati alle politiche e alle riforme di Pietro il Grande (fatti militari, politici, commercio, costruzioni di città, scuole, industrie), dal 1711 pubblicato anche a San Pietroburgo11 e che, data la grande variabilità degli argomenti trattati e l’irregolarità delle pubblicazioni, talvolta si esauriva in breve tempo, altre volte rimaneva quasi totalmente invenduto. Sfortunatamente, l’avvicinamento agli standard dei quotidiani europei riguardava più che altro la tecnica che la sostanza e l’idea stessa di giornalismo che si andava sviluppando. Il controllo delle autorità sui contenuti del “Vedemosti” può essere chiaramente compreso analizzando le modalità con cui lo zar stesso curava ogni aspetto del suo giornale: in gran parte delle pubblicazioni era Pietro stesso ad intervenire per controllare il materiale di cui si sarebbe scritto, le prove con cui si sarebbe dovuta dimostrare la veridicità o meno di un evento, la qualità delle traduzioni, addirittura la qualità della carta e gli accorgimenti estetici necessari affinchè tutto, nel giornale, potesse meglio celebrare le grandi imprese dello zar12 . Ogni aspetto era studiato meticolosamente per aumentare il consenso verso il governo e non era lasciato il minimo spazio alle critiche contro l’autorità né ci si curava in alcun modo dell’interesse pubblico, cioè dell’interesse della maggior parte della popolazione.

Per capire quali furono le modalità attraverso cui si svilupparono le prime forme di giornalismo, è molto esplicativa l’affermazione di

11 Si veda “First Russian Newspaper, Vedomosti (News), 1703 1727”

http://www.theeuropeanlibrary.org/tel4/collection/a0391

12

Si veda “The First Russian Newspapers (part 2)” http://www.russian-moscow.com/the-first-russian-newspapers-part-2/

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Dmitry Strovsky13: “Così, fin dal primo momento, la stampa ricoprì un ruolo politicamente orientato piuttosto esprimere idee di pluralismo. Sanzionare il pluralismo dall’alto, come era dimostrato nelle pratiche russe, ebbe come conseguenza uno stretto controllo sul contenuto della stampa e sui giornalisti.”14

Nonostante il “Vedemosti” continuasse a diffondersi e ad aumentare le vendite sotto il controllo delle autorità, la necessità di pluralità e alternative crebbe molto più forte all’interno della società russa di quegli anni, accompagnata dal desiderio dei privati di trasformare la stampa in un’attività imprenditoriale come le altre, e nel 1783 fu stata infine riconosciuta alla stampa la libertà di operare come qualunque altra impresa commerciale. E fu con la nascita della stampa privata che nel governo sorse fortissima la necessità di disporre di efficaci strumenti di censura. Ad un controllo non sistematico e regolato legge per legge dei primi anni, si passò dal 1804 ad un sistema di controllo e censura vero e proprio, nella mani del Ministero dell’Educazione, con possibilità di intervento conferite anche dal Ministero della Polizia, mentre venivano creati gruppi di esperti da consultare per ottenere un migliore controllo sui mezzi di informazione15. Dal 1862 l’attività censoria fu attribuita al Ministero degli Interni, nel 1865 alla censura preliminare si aggiunse una censura correttiva, e numerosi comitati censori iniziarono a svilupparsi in ogni città per garantire una efficace rete di controllo. Dal 1865 la situazione legislativa sulla censura rimase pressoché invariata. Nel frattempo la società attraversò un

13

Si veda http://www.semesteratsea.org/faculty-and-staff/dmitry-strovsky/

14

G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op .cit., p.196

15

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, pp.1-2, presente sul sito

(15)

periodo di grandi cambiamenti, grande fermento politico, ma anche grande crisi, fino alla rivolta del 1905, quando fu abolita la censura preventiva. Le restanti forme di controllo e “comitati censori”, pur nascondendosi dietro altri nomi come “comitati sulla stampa”, continuarono ad operare con grande impegno, fino al cambio di regime dettato dalla rivoluzione del 191716. Della censura nel periodo zarista, è interessante analizzare quali furono le principali preoccupazioni dei governi sulla scelte degli argomenti o temi per i quali fosse necessario il divieto o la limitazione delle pubblicazioni. Nel periodo successivo allo spostamento dell’apparato di controllo della censura dal Ministero dell’Educazione al Ministero dell’Interno, per essere precisi dal 1860, il principale organo di controllo fu il Direttorato della Censura, ma le linee di politica generali erano di competenza del Consiglio del Ministero, e la loro esecuzione nel dettaglio era in mano al Presidente del Comitato della Censura di San Pietroburgo. Dal 1865 la struttura di controllo si consolidò quindi attorno al Direttorato e al Ministero dell’Interno , che tramite le loro circolari indirizzate ai censori locali, organizzarono un apparato di controllo che durò fino al 190517. La mole di circolari prodotte era raggruppabile in tre grandi categorie: 1) le circolari di divieto che riguardavano i divieti di pubblicazioni e circolazione di libri e quotidiani, anche stranieri, il divieto di discutere di alcuni argomenti in pubblico, e i divieti parziali di alcune opere. Solitamente le proibizioni riguardavano tematiche politiche o di “sanità pubblica”18; 2) le circolari riguardanti l’amministrazione, poiché date le ampie

16 Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship,

1865-1904”, op. cit., pp.3-4

17

Ivi pp.4-5

18

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competenze della censura, questa controllava anche agenzie di controllo interne ed estere, qualunque iniziativa di stampa all’interno del vasto impero zarista, qualunque attività di scambio o vendita libri, e le operazioni di regolazione del diritto d’autore, che erano di competenza esclusiva degli organi di censura19; 3) le circolari relative alla malamministrazione, quasi una sottocategoria delle circolari relative all’amministrazione, ma riguardanti i problemi interni all’apparato di controllo della censura. Gli organi predisposti al coordinamento della censura, essendo coinvolti in operazioni complesse e delicate, commettevano spesso errori e contenevano vaste fasce di inefficienza, soprattutto ai livelli più bassi dell’apparato di controllo. Queste categoria di circolari metteva in risalto gli errori, le lacune e i limiti del sistema di censura, affinché i suoi organi fossero a conoscenza dei problemi e potessero rendere partecipi i propri ufficiali dei rischi che correvano, e al contempo avevano la funzione di stimolare un miglioramento del sistema affinché fosse possibile raggiungere una maggiore efficienza nel controllo e nella legislazione, che permettesse di non commettere nuovamente gli stessi errori20. All’interno del Direttorato vi erano delle linee guida generali di censura che venivano seguite, e che possono essere riassunte nel seguente ordine di importanza: 1) la protezione di interessi nazionali, diplomatici, economici, militari e anche la tutela della dignità e della sicurezza della famiglia imperiale. L’accesso ad informazioni relative a qualunque movimento o discorso dei membri della famiglia imperiale era ammesso solo dopo l’autorizzazione del Ministero della Corte Imperiale, così come lo erano i documenti contenenti

19

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, op. cit., p.6

20

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dichiarazioni aventi come oggetto i suoi membri. Com’è intuibile, particolare riguardo veniva dato alla protezione dello zar e della famiglia regnante, i cui movimenti tendevano ad essere nascosti e i loro spostamenti attentamente programmati e tenuti a conoscenza di una ristretta cerchia di persone. La propagazione di informazioni relative agli affari di stato era prevedibilmente proibita. E così tutti gli accordi internazionali con stati europei ed asiatici, soprattutto nei periodi di più grande fermento e sviluppi delle relazioni estere russe, furono accuratamente tenuti segreti o le informazioni a loro riguardo manipolate in modo da poter essere rese sicure e successivamente affidate ai mezzi di comunicazione dell’epoca in modo che non potessero in alcun modo nuocere alla reputazione del governo o dello zar. Infine particolare attenzione era data alla sfera militare: fondamentale era il controllo dell’informazione, soprattutto durante i delicati momenti in cui l’impero scelse la guerra come strumento per risolvere le sue controversie internazionali (per esempio contro i turchi nel 1877 e contro il Giappone nel 1904), e i divieti colpirono argomenti come gli stanziamenti di fondi per le varie imprese belliche e i movimenti delle truppe, mentre al contrario erano diffuse notizie di carattere propagandistico su progressi militari favorevoli all’impero21

; 2) particolare impegno si doveva dedicare poi al contrasto a idee sovversive o comunque lesive dell’autorità ed integrità della stato e della religione. Particolarmente precoce è stata la percezione delle idee socialiste e dell’ideale della lotta di classe come una grave minaccia all’ordine costituito, e già dal 1860 i censori furono attivati nella proibizione di opere riguardanti tali argomenti, e

21

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, op .cit., pp.6-7

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nella distruzione di qualunque testo avesse trovato diffusione prima o avesse eluso le strette maglie della sorveglianza. Ma mentre la stampa di materiale in lingua russa subì una forte battura di arresto, le pubblicazione estere continuarono a diffondersi ed a costituire una minaccia, richiedendo il continuo aggiornamento delle apposite liste di volumi proibiti. Non si trattava solo di libri e giornali di carattere politico, ma anche di pubblicazioni riguardanti tematiche nazionali fatte circolare da gruppi appartenenti a minoranze che, all’interno dell’impero, avevano contrasti più o meno aperti con le autorità centrali (ebrei, polacchi, armeni, etc), e spesso contenevano forti critiche ai processi di russificazione applicati dal governo russo nei territori non strettamente di nazionalità russa, come potevano essere i paesi baltici, l’Ucraina, la Polonia. Infine anche il dissenso religioso fini per costituire materia sensibile per la censura. Soprattutto per iniziativa del Santissimo Sinodo22, vennero emesse circolari che vietavano opere collegate a correnti religiose divergenti dalle posizioni ufficiali della Chiesa ortodossa in Russia. Un famoso bersaglio della censura religiosa fu anche Lev Tolstoj, che nel 1901 ricevette dal Sinodo la scomunica, per le sue particolari idee politico-morali che facevano anche riferimento anche ad una religione diversa da quella ufficiale23. A renderlo ancora più indesiderato dalla Chiesa ortodossa era il fatto che la casa editrice attraverso la quale Tolsoj pubblicava le sue opere, la Posrednik, era assai abile nel praticare produzioni di massa ed economiche grazie alla quali molte più persone potevano entrare in contatto con le idee dell’autore, rese ancora più efficaci e “sovversive” dalla sua semplicità nello spiegare

22

Si veda “The Russian Church “ http://www.historylearningsite.co.uk/russian_church.htm

23

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concetti complessi. I provvedimenti di cui fu oggetto mirarono, oltre a bloccare le sue opere, a screditare pubblicamente anche la sua figura, e la scomunica ebbe certamente queste intenzioni, pur mancando di successo per la fama che l’autore aveva già acquistato presso l’opinione pubblica24

; 3) il divieto di discussioni pubbliche riguardanti politiche e iniziative del governo, soprattutto durante il periodo nel quale erano sotto osservazione ed in discussione e non ancora approvate. Collegati a quelli della prima categoria, questi divieti non avevano però come stimolo aggiuntivo alla loro emissione il rischio della sicurezza pubblica, risultando dunque non così prioritari e urgenti per importanza. Anche per questi divieti l’atteggiamento di superiorità del governo nei confronti della società, cioè la presunzione del primo di poter governare senza essere in alcun modo ostacolato, è chiaramente visibile. Alle autorità locali era espressamente detto che si riteneva che la stampa non dovesse in alcun caso preoccuparsi di materie di esclusiva competenza governativa. Così le circolari applicative della censure protessero dal pubblico dibattito provvedimenti governativi i cui effetti avevano ampia influenza sulla popolazione, senza che ci fosse alcun controllo da parte dei sudditi interessati da politiche quali la divisione delle terre e dei possedimenti contadini, le riforme amministrative, l’introduzione di nuove tasse o la modifica di quelle vecchie, la pubblicazione di nuove leggi25; 4) anche la cancellazione di notizie era un compito affidato agli apparati censori. Venivano cancellate le notizie e le prove di qualunque evento capace di produrre effetti negativi su governo e “salute pubblica”. Avvenimenti come rivolte, sollevazioni o proteste studentesche,

24

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, op. cit., p.8

25

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diventavano notizie protette e pubblicabili solo previa approvazione degli organismi di censura. La stessa cosa accadeva per disastri naturali o artificiali, epidemie, carestie26; 5) il controllo sull’accesso alle informazioni relative a tematiche complesse da parte di un pubblico non culturalmente adeguato, per prevenire un crollo di fiducia nell’ordine stabilito nelle fasce meno colte della popolazione. Vi erano controlli su libri e giornali, sia alla fonte, manipolando i costi dei volumi affinché non potessero essere alla portata delle fasce più deboli della popolazioni, e riducendo dunque la diffusione del loro contenuto solo alle élite in grado di comprenderne il significato, sia nella distribuzione finale, con divieti di consultazione di alcuni libri presenti nelle librerie e nelle sale di lettura da parte di alcune fasce della popolazione. Il Ministro dell’Interno si occupava di stilare liste di libri per orientare i censori in questo genere di operazioni. Seguivano infine controlli a tappeto dei volumi a disposizione delle librerie da parte del personale preposto alle ispezioni27; 6) il divieto di pubblicare per difendere la salute pubblica. Strettamente legato alla diffusione di prodotti medici, questo divieto era mosso da intenti benevoli e paternalistici vero la popolazione, senza curarsi della loro approvazione o insoddisfazione. Dal 1840 si cominciò a stabilire che circa le medicine e le prestazioni dei dottori non dovessero circolare altre informazioni se non quelle più basilari, eliminando pareri o dichiarazioni riguardi efficacia o inefficacia delle stesse. Spesso queste forme di censura non erano in pratica applicate, ma alla fine del secolo in Consiglio Medico arrivò ad agire preventivamente rispetto alla censura, bloccando esso stesso la diffusione di queste

26

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, op. cit., pp.8-9

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informazioni. Si arrivò a censurare anche libri di ricette e di cucina, e manuali con ricette di salute prodotti in casa. Alle compagnie assicurative non fu più permesso di divulgare informazioni sui beneficiari delle loro polizze. Per proteggere la privacy degli individui, si arrivò infine a limitare la divulgazione di notizie riguardanti scandali, suicidi, assassinii28.

Un elemento da considerare dopo aver analizzato il peso che il Direttorato aveva nello stilare le linee guida in materia di censura, è il fatto che comunque molto spesso l’iniziativa censoria arrivava da strutture governative esterne al Direttorato, come il Ministero della Corte Imperiale, il Ministero della Guerra, il Santissimo Sinodo, il Senato. La principale funzione del Direttorato rimaneva il controllo dei mezzi di stampa, e anche se non era sua responsabilità il rilasciare autorizzazioni per editori o proprietari di mezzi di stampa, la sua funzione di controllo era assoluta, ed in questa aveva la responsabilità del controllo dei permessi, dei mezzi di stampa, delle pubblicazioni già in circolazione, della destinazione delle future pubblicazioni29.

1.2.2: Gli effetti della censura sulla cultura giornalistica Già dopo un breve esame dei primi anni di storia dei mezzi di comunicazione russi, si può intuire come vi fossero già in nuce le premesse per la nascita di una mentalità giornalistica non indipendente. Il rispetto per il potere si manifestava in una censura

28

Paul Foote, “Censorship Practice in Russia: Circulars of the Directorate of Censorship, 1865-1904”, op. cit., p.9

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fatti di controllo e soprattutto autocontrollo. La peculiarità principale tra Russia e altri paese europei consiste nella sua tradizione autoritaria, presente all’interno della società prima ancora che nei livelli di governo più alti. Ma l’affermazione della tradizione autoritaria va considerata almeno in parte come conseguenza di condizioni di vita estremamente dure che la popolazione russa ha dovuto sopportare nel corso dei secoli. In tale contesto risultava avere una grande importanza la ricerca di stabilità, di protezione, di regole, date dalla presenza di un forte leader su cui poter fare riferimento. L’estensione della Russia su un vastissimo territorio, aperto sia ad est che a ovest a molteplici minacce da parte di altri popoli, difficile da tenere unito e compatto sotto un'unica guida senza che si frantumasse per conseguenza di un vuoto di potere su un’area così estesa, ha posto le fondamenta per un struttura politica gerarchica che potesse difenderlo, una struttura che trovava forza nel sapere che il suo vertice aveva il controllo e la responsabilità di tutto, ma che al contempo, in conseguenza di questo, tentava di tenere in stato di subordinazione coloro che gli erano sottoposti. Nemmeno i tentativi dei vari zar illuminati che nel corso dei secoli hanno cercato di “europeizzare” il paese, hanno avuto in questo senso un esito positivo: una delle ragioni per le quali le idee europee sulle politiche di organizzazione della società, e sui rapporti di questa col potere non hanno mai trovato riscontro in Russia, è dovuto ad un atteggiamento ambivalente dei governanti russi verso ciò che era considerato straniero. Mentre da un lato le élite di governo cercavano in ogni modo di impadronirsi delle tecnologie e delle innovazioni europee dalle quali erano attratti, al contempo percepivano che al fianco di quelle conoscenze, si infiltravano nella società russa idee e valori che ne minavano le

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fondamenta, perché percepiti come estranei al contesto culturale. Da qui il problema dei governi zaristi di controllare la diffusione di idee considerate pericolose, di limitare il loro impatto nella società, cercando di controllare soprattutto l’unico strumento col quale, a quel tempo, potevano diffondersi: la carta stampata30.

Per il sovrapporsi di tutti questi fattori, la stampa ha iniziato da subito a svilupparsi secondo la volontà del potere, e con chiare priorità politiche, mentre in Europa si stava caratterizzando come importante attività economica che stimolava la concorrenza tra privati. Data la molteplicità di attori privati che cercavano di controllare il mercato della stampa, la competizione a livello di contenuti era tutta incentrata sulla ricerca della notizia che potesse maggiormente interessare ad un pubblico pagante, un pubblico di consumatori da attirare. La ricerca del profitto prevedeva assenza di costrizioni dall’alto, libertà nella scelta degli argomenti e l’assenza di una missione politica in ciò che veniva scritto, che si traduceva in una certa neutralità nei confronti del potere, che diventava in quest’ottica una fonte di notizie come potevano esserlo altri argomenti di interesse pubblico. Quella della libertà editoriale fu invece un’opzione che i governi zaristi non presero mai volentieri in considerazione, imponendo una standardizzazione dei contenuti tutt’altro che piacevole, non solo per i lettori, ma spesso per tutta la categoria dei giornalisti: costretti ad affrontare argomenti poco stimolanti e privi della libertà di esprimersi su materie per loro più interessanti, era raro che mostrassero particolare creatività. Senza sfumature, le notizie dovevano essere riportate come buone se favorevoli al potere, o cattive, se avverse, e i

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., pp.195-196

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media erano ovviamente tenuti a prendere due sole posizioni riguardo a qualunque notizia politicamente rilevante: favorevoli o contrari31. Questa modalità estremamente semplificativa e paternalistica di riportare le notizie, se da un lato era scelta anche perché poteva fare presa con efficacia su un pubblico ignorante, e poco avvezzo all’informazione, risultava quasi offensiva per le fasce più colte della popolazione. Anche per questo non si ebbe mai quella crescita di pubblico abituato a leggere regolarmente i giornali, come avvenne invece in gran parte d’Europa. Persino tra gli emigranti russi in altri paesi dove la stampa era più sviluppata, rimase per molto tempo radicata questa disaffezione per la lettura dei quotidiani. Solo alla fine del XIX secolo i numeri aumentarono leggermente, ma senza mai raggiungere livelli elevati. E da un sondaggio dell’ editore del primo giornale russo in America, il “Russkoye Slovo”32, condotto pochi anni dopo il 1910, anno di fondazione del quotidiano, emerse che dei 312 lettori che avevano risposto alle domande, solo 16 avevano letto regolarmente un quotidiano in Russia, 10 leggevano saltuariamente, mentre dal momento della loro permanenza in America tutti erano lettori di quotidiani russi33. A causa della censura, in Russia per i lettori non era possibile rilasciare un parere onesto sulla qualità delle letture, che ne mettesse in luce i problemi e i meriti. In tal modo sia per il potere che per gli stessi giornalisti risultava impossibile un’evoluzione che potesse comportare una maturazione dello strumento di comunicazione in questione. La storia della stampa in Russia segue dunque un percorso differente da quello occidentale,

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., p.197

32

Si veda http://www.inforeklama.com/partners/newspapers/nrs/info.htm

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Jukka Pietiläinen, “The Regional Newspaper in Post-Soviet Russia”, Tampere University Press, 2002, p.99

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portando allo sviluppo di caratteristiche uniche. Iniziò a svilupparsi una differente forma di creatività giornalistica, il cui obiettivo era incoraggiare i lettori ad avere fiducia nel governo e a sviluppare un rispetto per lo stato. Anche in un giornale come il “Vedemosti”, controllato direttamente dagli organi di censura del governo zarista, menti brillanti, dotate di particolare creatività e di una particolare sensibilità politica, potevano creare contenuti di grande qualità per i lettori. A proposito della partecipazione al “Vedemosti” di intellettuali come Mikhail Lomonosov34 e Nikolai Novikov35 , Effie Ambler afferma che l’entità del loro contributo fu notevole nonostante la censura: “Fecero molto per stabilite alcune caratteristiche del giornalismo russo destinate a durare a lungo: la sua forte natura letteraria; la sua relativamente grande importanza alla vita culturale; il suo forte del dovere nella missione di illuminare ed elevare le masse; la sua preferenza per l’analisi e l’interpretazione piuttosto che per le notizie in quanto tali; e la sua stretta attenzione per gli sviluppi politici, sociali e culturali nei paesi europei occidentali.”36

Per quanto rari, su alcuni giornali si svilupparono anche dibattiti di natura politica ed economica. La loro diffusione era però ridottissima, e non toccarono altro che una ristretta minoranza della popolazione, senza lasciare alcun segno distintivo all’interno della società nel suo complesso. Attraverso la sempre più organizzata macchina della censura riuscivano a passare senza essere colpiti soltanto alcuni testi premiati da rari sprazzi di benevolenza delle autorità, e anche quando la censura preventiva, cioè quella applicata in fase di

34 Si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/lomonosov/ 35

Si veda http://www.answers.com/topic/novikov-nikolai-ivanovich

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., p.196

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pubblicazione, fu ufficialmente abolita nel 1905 da Nicola II, ormai era troppo tardi: nonostante il proliferare del pluralismo nei media e i dibattiti di carattere politico, ormai la stampa e i giornalisti formatisi nei decenni precedenti avevano radici ben radicate nell’autoritarismo. Molti studiosi hanno ipotizzato spesso che la situazione dei mezzi di comunicazione e della libertà di espressione sarebbe potuta migliorare ancora in tale fase storica, ma solo in conseguenza di un cambio generazionale e a patto che le limitazioni alla libertà di stampa e la censura fossero rimaste su livelli di intensità minore, come quelli successivi al 1905. Ma il breve risveglio della libertà di espressione si interruppe già nel 1914, con le inevitabili misure repressive e di censura causate dall’entrata in guerra del paese per motivi di sicurezza. Questa fu la principale ragione per cui non fu più possibile sanare la spaccatura presente tra gli intellettuali, giornalisti compresi, sul rapporto col potere, così ben sintetizzata da una frase di Vladimir Pozner: “All’incirca attorno all’ultimo quarto del diciottesimo secolo in Russia, nacque e continuò a svilupparsi una tradizione secondo la quale uno scrittore poteva solamente combattere il sistema o servirlo. La rivoluzione del 1917 non cambiò questa tradizione.”37

1.3: Durante il regime sovietico

1.3.1: Dal Comunismo di Guerra alla NEP

Come ampiamente dimostrato dalla storiografia, il periodo rivoluzionario, soprattutto nelle sue fasi iniziali e nel suo sviluppo di medio periodo, è stato il più spietato per quanto riguarda la

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., p.198

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repressione della libera circolazione di idee. Il rafforzamento dei metodi autoritari era questa volta amplificato dall’importanza data dal regime alla missione ideologica del socialismo. L’ideologia infatti doveva essere accettata integralmente, doveva essere universale, presente non solo nei rapporti formali, ma anche informali. Mentre nel passato, per quanto la censura impedisse agli individui di esprimersi liberamente in pubblico, non si era mai arrivati a tentativi di controllo che penetrassero nella sfera privata di ogni singolo individuo e cercassero di modificare la sua percezione del mondo, nel periodo della rivoluzione quest’idea di regolare ogni aspetto della vita degli individui era fondamento dell’ideologia, un passo necessario per portare le masse al comunismo reale. Una base per capire il tipo di giornalismo che si andava delineando sono le osservazioni di Lenin circa il ruolo dei media per la vittoria del comunismo, e le azioni intraprese dai bolscevichi già nelle prime fasi rivoluzionari.

Per Lenin, libertà di stampa significava libertà dall’influenza dei borghesi, degli aristocratici e della religione. Il monopolio della stampa da parte dei bolscevichi fu quindi attuato già nel 1917, subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre. I capisaldi della legislazione sulla stampa, risalgono tutti a questo periodo. Il primo e più importante di tutti, è il Decreto sulla Stampa, approvato dal Soviet dei Commissari del Popolo il 27 Ottobre 1917, durante il primo giorno del governo rivoluzionario, e pubblicato sulla “Pravda” il giorno seguente. L’obiettivo di Lenin in quel momento era mettere al bando ogni giornale nemico dei bolscevichi o pericoloso per il neonato governo rivoluzionario. Questa doveva essere una misura provvisoria di breve durata adatta ad una situazione di emergenza, ma finì per diventare la pietra angolare di tutta la successiva legislazione sovietica sulla

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stampa. Il decreto fu seguito l’8 Novembre 1917 da un altro che introduceva il monopolio dello stato sulla pubblicità, impedendo ai privati proprietari di giornali di avere entrate che permettessero alla loro attività di sopravvivere. Non era concepibile che fosse lasciata alcuna libertà di comunicare agli avversari della rivoluzione38. Per realizzare la società comunista, secondo Lenin, non occorrevano trasparenza, libertà di espressione o imparzialità: al contrario, era necessario inserire i concetti ideologici della nuova dottrina politica in ogni messaggio inviato alle masse. Dalla notizia più banale, al contenuto politico più pregnante, tutto doveva possedere per il lettore un incitamento di sostegno all’ideologia. Sostenere la posizione di controllo del Partito comunista e le virtù della classe lavoratrice che doveva sempre più prendere coscienza di sé e della sua missione erano il fondamento del lavoro “politicamente corretto” di ogni media. Era così che si comunicavano e si rafforzavano i valori rivoluzionari nella società sovietica39.

Contrariamente alle aspettative dello stesso Lenin, e nonostante già dallo stesso giorno del Decreto sulla Stampa le tipogradie fossero state prese d’assalto dai bolscevichi e sequestrate, le sollevazioni di chi era contrario ad un simile provvedimento furono ampie e diffuse. Tralasciando le critiche di carattere ideologico che ancora riuscivano ad essere espresse in quelle prime concitate fasi rivoluzionarie, e che ritenevano le teorie di Lenin sulla stampa una delirante retromarcia rispetto alle teorie dello stesso Marx (che aveva sempre ritenuto la libertà di espressione e di stampa un bene primario da difendere), le

38 John Murray, “The Russian Press From Brezhnev To Yeltsin”,Aldershot, Edward Elgar Publishing

Limited, 1994, pp.1-3

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit., pp.198-199

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maggiori perplessità provennero proprio dagli stessi bolscevichi. Nonostante Lenin e Trotsky riuscissero a tenere a bada il malcontento con un famoso discorso presso il Comitato Esecutivo Centrale Pan-Russo40, le sollevazioni e le proteste di menscevichi, editori, giornalisti e intellettuali non si placarono fino al successivo decreto sul monopolio di stato che fu emanato quando ogni resistenza era ormai stroncata41.

A questi decreti ne seguì un terzo il 19 Dicembre 1917 che istituiva un Tribunale sulla Stampa con poteri di investigare sui presunti crimini dei giornali ai danni delle persone. Si trattava ovviamente di trovare un pretesto ulteriore per combattere con più forza ogni pubblicazione avversa al regime. Il tribunale operò fino al maggio dell’anno successivo, quando le sue funzioni passarono ai tribunali rivoluzionari, sparsi sul territorio, e guidati da bolscevichi, che avevano il potere di chiudere giornali e imprigionare tutti coloro che erano responsabili di pubblicazioni illegali42.

I primi anni di rivoluzione furono dunque un periodo durissimo per la stampa in generale, anche quella dei rivoluzionari subito dopo l’Ottobre, quando i bolscevichi iniziarono a distruggere tutto ciò non fosse bolscevico, nazionalizzarono le scorte di carta, i macchinari e gli edifici dove era prodotta la “stampa borghese”. La mancanza di materiali utili alla stamperie, acuita dalla mala gestione dei primi rivoluzionari, non fece altro che aggravare la situazione, impedendo la circolazione degli stessi giornali di propaganda. Anche la carenza di personale specializzato, sia nella stampa, che nel giornalismo, sommata all’assenza di un sistema di distribuzione efficiente, dopo la

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Si veda http://encyclopedia2.thefreedictionary.com/All-Russian+Central+Executive+Committee

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John Murray, “The Russian Press From Brezhnev To Yeltsin”, op cit., p.4

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distruzione di quello precedente, impedì ai media di avere un ruolo significativo nelle prime fasi rivoluzionarie, soprattutto nel primo anno. La necessità di pianificare un nuovo ed efficiente sistema di stampa e distribuzione totalmente pilotati dal potere, controllato passo per passo, fu già di per sé un cambiamento radicale rispetto alla stampa pre-rivoluzionaria: le decisioni del partito condizionavano i media con i loro progetti politici, cioè diffondere informazioni di carattere propagandistico all’interno della società43.

Anche trovare una forma di linguaggio corretta per comunicare le idee rivoluzionarie fu tutt’altro che semplice, soprattutto per la situazione di instabilità e debolezza del regime. Nei primi anni, ad esempio, dal linguaggio e dalla retorica di stampo militare usate nei testi rivoluzionari per descrivere la situazione sociale ed economica si poteva intuire la gravità di un momento storico in cui i primi giornalisti sovietici, come tutto il regime, si sentivano assediati dal resto del mondo. Poiché mantenere il potere in condizioni tanto difficili richiedeva misure talvolta disumane, non sorprende come i contro-rivoluzionari paragonassero le misure del nuovo regime a ciò che di peggio era riuscita a produrre l’epoca zarista. L’associazione dei bolscevichi col vecchio regime era molto diffusa nella stampa avversa ai rivoluzionari. Questo linguaggio militare della stampa durò per tutto il periodo conosciuto come Comunismo di Guerra, fino al 1921, quando Lenin riconobbe i propri errori iniziali nella gestione rivoluzionaria e decise di dare il via alla NEP. In quel momento, alle ormai terrorizzate masse di contadini, alle quali i rivoluzionari avevano sequestrato tutto, lasciandole vivere in campagne devastate dalla guerra ed in balia della carestia in un’economia al collasso, non

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si poteva che somministrare un messaggio di unità e solidità. La stampa iniziò a propagandare l’unità del partito, la coesione del popolo, la forza dell’ideologia. Non vi era quasi copertura degli eventi devastanti innescati dagli anni di comunismo di guerra, e già la catastrofica carestia del 1921 fu trattata dalla stampa con poche parole, per paura di poter scatenare una contro-rivoluzione dando un messaggio di debolezza. Solo con la NEP, la situazione si stabilizzò a tal punto da permettere un’evoluzione nella comunicazione e nella gestione dei media44.

Da quel momento si puntò a tecniche giornalistiche che divennero quasi subito universali per facilitare la “visione di classe” nella masse di lettori: per esempio fu imposto il divieto di scrivere con punti di vista individuali, preferendo sempre quelli “collettivi”: i commenti personali erano evitati anche dagli stessi giornalisti, le loro individualità schiacciate nel tentativo di fornire un’unica autorevole voce al lettore, che doveva essere percepita come quella di milioni di compagni. In tal modo ogni notizia diventava inattaccabile, perché nessuno poteva essere legittimato a criticare la maggioranza del popolo. Come nel periodo zarista la creatività del giornalismo sovietico poteva farsi sentire solo attraverso modalità consentite dal regime. Il desiderio dei mezzi di comunicazione di essere vicini alla massa, portò all’ossessione di creare storie che parlassero di persone ordinarie che riuscivano a superare le difficoltà grazie alla loro perseveranza, al loro coraggio, e all’aiuto dei compagni. Come accadeva durante il regime zarista, i giornalisti potevano scegliere di servire il potere o di combatterlo, senza vie di mezzo. A cambiare furono soltanto alcune limitazioni per la stampa, che nel periodo

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rivoluzionario fu costretta ad utilizzare come chiave di lettura universale la lotta di classe e il dominio del partito comunista, col dovere di illuminare le masse. Censura e autocensura dei giornalisti furono inevitabili, perché il partito si aspettava da loro un valido aiuto politico. Fare il giornalista, era come fare politica attiva, equivaleva a schierarsi in prima linea45.

E’ stimato che, almeno nei primi dieci anni di regime sovietico, il tempo dedicato alla lettura sia stato in media assai inferiore a quello degli ultimi dieci anni di regime zarista. Vi furono poi fasi successive di aggiustamento in cui il regime sperimentò varie soluzioni per rendere più efficiente la stampa: nel 1922 si tentò di rendere i giornali economicamente auto-sufficienti, ma come conseguenza si ebbe un tracollo delle vendite. Dal 1923 tornarono i sussidi, e il numero di giornali crebbe nuovamente come la loro circolazione. I problemi di esaurimento delle scorte di carta per la stampa furono risolti in parte con la grande diffusione di “giornali a muro”46

che avevano anche un’importante funzione di aggregazione delle masse attorno a contenuti politici e sociali: le letture di tali giornali erano infatti pubbliche, e permettevano il contatto simultaneo di più lettori di fronte al luogo sul quale era posto il giornale, che era preferibilmente un punto di passaggio obbligatorio per gli abitanti o i lavoratori della zona. Questi giornali collettivi erano attentamente supervisionati dal partito ed oltre ad essere i principali portatori delle idee rivoluzionarie dell’epoca, erano veramente causa di molteplici e significativi esempi di spontaneità organizzativa nel popolo, che senza alcuna costrizione si ritrovava davanti ad essi a parlare dei principi marxisti e leninisti,

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G. Simons e D. Strovsky, "Censorship in Contemporary Russian Journalism in the Age of the War Against Terrorism: A Historical Perspective.", op. cit, pp.198-199

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come gli organi di partito auspicavano. Ma l’obiettivo di coinvolgere tutti gli strati della popolazione fu raggiunto solo quando si decise di dare alle stampe anche giornali locali e giornali diretti ai lavoratori, alla popolazione rurale, e infine alle minoranze nazionali. Tramite un attento controllo centrale, già nel 1934 la diffusione dei giornali era arrivata a livelli significativi, e nel 1940, alla vigilia della guerra, si toccò il picco massimo di circolazione dei giornali nel periodo pre-bellico47.

Un’importante analisi circa l’evoluzione dei media in Russia è quella che ipotizza quali avrebbero potuto essere gli sviluppi della stampa qualora fosse fallita la Rivoluzione d’Ottobre e non si fosse attuate una dittatura socialista. E’ opinione diffusa infatti, nonostante tutti i limiti del regime zarista, all’inizio del XX secolo, ed in particolare dopo la riforma e l’ammorbidimento dei controlli nel 1905, che lo sviluppo della stampa stesse in qualche modo seguendo uno sviluppo pluralistico, con vari gruppi di interesse che esprimevano proprie opinioni su differenti giornali, dando l’idea di una società che avrebbe potuto, col tempo, sviluppare la capacità di accogliere al proprio interno molteplici diversità. Molti giornali successivi al 1905 incoraggiavano i propri lettori a crearsi un’opinione individuale, incentivandoli ad una partecipazione più attiva su tematiche politiche. Parte di quel senso del dovere che caratterizzava la professione del giornalista in occidente, che spingeva alla ricerca dell’informazione obiettiva con un senso di pubblica utilità, si stava diffondendo anche in Russia, pur con tutti i limiti che, a dire il vero, anche nei paesi occidentali, ancora si potevano trovare. Con lo sviluppo della stampa commerciale all’inizio del XX secolo, anche in Russia tutto ciò stava

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contribuendo ad una modernizzazione del paese, come avveniva in Occidente, offrendo informazioni e punti di vista, creando un pluralismo che cercava di cogliere i gusti di tutti, riservando spazio alle prime forme di pubblicità che permettevano di far progredire con più fluidità i meccanismo del commercio48.

Con il nuovo corso dato ai media dalla Rivoluzione d’Ottobre, si impedì la creazione di uno spazio neutrale dove stato e società potessero confrontarsi attuando una comunicazione a doppio senso e costruttiva: la stampa controllata dal partito comunista era l’unica voce, e il più delle volte, ignorando i gusti e le opinioni della massa, risultava poco comprensibile per un pubblico non educato al suo ascolto. Spesso essa non aveva nemmeno quel carattere di propaganda unificata priva di personalismi che gli organi di partito auspicavano, perché a seconda del metodo di comunicare dell’autore e del target al quale si rivolgevano alcune pubblicazioni, si creavano particolare preferenze nei lettori. Si passava così da articoli che spiegavano e analizzavano importanti comunicati politici dei leader, a rubriche di ben altro spessore come “Vita del partito” e “Vita dei lavoratori”. Tra il 1925 e il 1933 si ebbero i primi significativi cambiamenti riguardanti il formato dei giornali, le loro dimensioni, lo stile con cui erano scritti. Nei contenuti non si riscontravano però cambiamenti. Da un certo punto di vista, nella forma utilizzata dai nuovi giornali sovietici, si potevano riscontrare similitudini con quella utilizzata in America negli stessi anni. Ad esempio, erano presentate con stili e metodi “obiettivi” ed “imparziali” le notizie della agenzie di stampa”, le analisi economiche, i commenti editoriali, le brevi sezioni satiriche su argomenti quotidiani. Si osservava però sempre una tendenza

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eccessiva ad assumere atteggiamenti didattici, accompagnata da esortazioni ossessive e continue, che avevano solide radici nell’ideologia, e che risultavano inizialmente strane e bizzarre anche agli stessi lettori russi. Un altro aspetto in cui il giornale sovietico assomigliava sempre più a quello americano era l’impaginazione, che passò dallo stile semplice dei giornali della NEP, allo stile “Pravda” dopo il 1933, che nell’impaginazione di testi e foto, era organizzato come i giornali americani di grande tiratura del tempo. Occorre aggiungere che nel periodo della NEP la presenza di giornali privati era ancora consistente soprattutto a Mosca e San Pietroburgo, e che essi furono gradualmente aboliti fino a scomparire nel 1931. Per ciò che riguarda il linguaggio, si conservò gran parte di quello stile militaresco considerato noioso sia da editori che lettori dell’epoca, nonostante un ampio dibattito sulla necessità di modifiche fiorì già dal 1920. In particolare, emerse evidente la volontà di non volersi mai avvicinare a quel linguaggio “sensazionalistico” sempre più utilizzato dai giornali occidentali. Si trovarono però notevoli spunti da giornali come il Daily Mail49 (al tempo diretto da Lord Northcliffe), politicamente vicino ai conservatori, dai toni populisti, semplice da leggere, con chiare finalità di intrattenimento, rappresentate dai numerosi concorsi a premi proposti, e dalla raccolta di storie umane in esso presentate, in cui i lettori potevano calarsi piacevolmente. Secondo i giornalisti sovietici, così come i giornali occidentali spiegavano ai lavoratori quali fossero i problemi delle loro vite in ottica ideologicamente borghese, così quelli sovietici avrebbero dovuto spiegare ai propri lavoratori come capire la stessa cosa, in un’ottica non più borghese, ma “corretta”. I primi editori sovietici

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dovettero domandarsi cosa costituisse “notizia”. Si trattava di una riflessione molto difficile, perché ostacolata da pressioni esterne molto frequenti. Ciò era dovuto al fatto che il potere e le istituzioni sovietiche dei quegli anni chiedevano altro ai giornalisti: i burocrati dell’era NEP creavano dipartimenti di pubbliche relazioni, e i dirigenti sovietici chiedevano ai giornalisti di entrare in contatto con le masse, i vertici del partito facevano pressini affinché fossero creati canali privilegiati di sfogo che permettessero critiche controllate da parte dei lavoratori sulle inefficienze del sistema produttivo e organizzativo. In risposta al clima di quel periodo, i giornali finirono per procacciarsi da soli le notizie, visitando le fabbriche, intervistando lavoratori e dirigenti per proprio conto, e scavalcando gli stessi dipartimenti di pubbliche relazioni. Nella sostanza, mentre i politici davano le linee guida allo sviluppo del giornalismo di massa, erano poi i giornalisti stessi a creare soluzioni specifiche per quelle teorie50.

Il giornalismo russo cercò quindi una strada che fosse un punto di incontro tra controllo burocratico del partito, e desiderio di rendere le masse partecipi, di dar loro una voce. A tal fine tra le altre innovazioni della stampa sovietica, oltre ai “giornali a muro”, furono istituite figure come i “rabselkor”, lavoratori o contadini che facevano da corrispondenti per i giornali, ed erano organizzati in una vera e propria rete di controllo del territorio. Queste figure erano indispensabili ai giornali; oltre a fornire notizie, i “rabselkor” partecipavano ai dibattiti su questioni economiche locali, creando delle guide tecniche o dei “forum” dove tutti potevano confrontarsi e scambiare esperienze con altri lavoratori. Per i giornalisti era impossibile parlare di tali specifiche materie senza commettere errori grossolani che sarebbero

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stati notati dai lettori, ed era per questo che necessitavano del coinvolgimento degli operatori dei settori direttamente interessati nella stesura di questi articoli. Dal 1921 si incoraggiò così la formazione di questa rete di corrispondenti, che passò da poche centinaia di migliaia, ai cinque milioni del 1960, quando ormai lavoravano anche per stampa, radio e televisioni. In quest’ottica non stupisce il fatto che il personale di un giornale fosse relativamente esiguo, e che la maggior parte dei suoi articoli, (almeno la metà), dovesse provenire non da giornalisti, ma da membri esterni ad esso, fossero essi intellettuali, dirigenti di imprese, operai o burocrati. Gli editori andavano orgogliosi del fatto che la maggior parte del materiale utilizzato provenisse da lavoratori esterni al giornale stesso perché era per loro una riprova della democrazia interna al mondo della stampa. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, i giornali ricercavano piuttosto materiale proveniente da specialisti di un settore con posizioni di responsabilità, e non da lavoratori qualunque, ed era inoltre diffusa la ben poco trasparente e democratica pratica del “riscrivere”, se non addirittura inventare, materiali provenienti da presunti lavoratori del popolo, in realtà creati a tavolino per funzioni propagandistiche. Da parte dei giornalisti professionisti c’era, in verità, un atteggiamento di sufficienza e fastidio verso i corrispondenti del mondo contadino ed operaio, atteggiamento duramente criticato dal Partito che, invece, incentivava i lavoratori a diventare corrispondenti con incarichi speciali per la stampa. Si è talvolta detto che, nella pratica, questa caratteristica della stampa sovietica costringeva i giornalisti a dedicare più tempo alle attività di supporto ai corrispondenti esterni ed alle attività ad essi collegate, chiamate

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