• Non ci sono risultati.

In un periodo così carico di eventi, anche il linguaggio mutò progressivamente, per quanto ancora influenzato dal passato sovietico. Persino nel periodo “glasnost” la stampa continuava a dare grande importanza e copertura alle dichiarazioni ufficiali di membri del Partito, sempre fedele a quel compito di educazione politica ereditato da Lenin. Ma tale elemento non faceva altro che rendere sterili e poco

93

attraenti i giornali, minando al contempo la loro funzione propagandistica, costituendo dunque un fallimento sia nell’attirare i lettori, sia nel soddisfare il Partito. Nelle prime fasi dopo la nomina di Gorbačëv a Segretario Generale, nella stampa mancava ancora un vero spirito critico, vi era ancora troppa uniformità. Dal 1985 iniziò a generarsi quel cambiamento che, dal 1988, porterà i giornalisti a manifestarsi per la prima volta veramente critici verso Partito e governo, fiduciosi che Gorbačëv non avrebbe voluto, inizialmente, e poi potuto, successivamente, arrestare il processo da lui stesso messo in atto. Dopo il 1990, il mondo della stampa iniziò a differenziarsi in modo definitivo, la copertura delle notizie non aveva più limite, e le voci erano troppe per poter essere tutte zittite. I giornali cercavano di variare i contenuti per attrarre fette di mercato rimaste fino ad allora mai sfruttate: nacquero “tabloid” di ogni sorta, quotidiani di stampo fortemente liberale, altri con tendenze nazionaliste, pubblicazioni con interessi settoriali, persino il settore pornografico della stampa ebbe un certo sviluppo. Tutto questo sotto l’influenza sempre più forte dell’occidente. Nonostante per tradizione il “sensazionalismo” e il “gossip” venissero considerati una forma di giornalismo “secondario” e di minore importanza rispetto a quella politicamente e socialmente attivo tipico della tradizione sovietica, l’intrattenimento iniziò ad acquisite sempre più importanza tra il pubblico. Iniziarono a diventare di fondamentale importanza valori come l’essere i primi a riportare una notizia e a scriverla tempestivamente, lasciando da parte tutto il meticoloso e lungo lavoro di preparazione del linguaggio dell’epoca sovietica. Questo iniziò ad implicare l’uso di parole nuove, prima assenti dai giornali sovietici, e molti si lamentarono del fatto che il pubblico non potesse capire passi fondamentali di molti articoli scritti

seguendo i nuovi parametri e il nuovo lessico. Da alcuni sondaggi condotti a metà degli anni Ottanta, risultava che fasce cospicue di lettori non conoscevano il significato di parole come “colonialismo”(25%), “dittatura”(40%), “imperialismo”(50%), e, incredibilmente, considerato quanto spesso fu usata tale l’espressione dalla propaganda per screditare gli avversari di Stalin nel passato, “forze di sinistra”(66%)94. Il linguaggio “sensazionalista”, che cercava di sorprendere, fu inizialmente visto con disprezzo proprio dagli esponenti del Partito, che cercavano di camuffare la portata rivoluzionaria delle riforme messe in campo da Gorbačëv, dando a tutto un tono di apparente normalità e stabilità, come la tradizione sovietica di comunicazione aveva sempre cercato di fare. La paura di creare scandali e panico con le cosiddette “notizie straordinarie” fu inizialmente una delle ragioni per le quali nemmeno i primi giornalisti pro “glasnost” vollero subito rompere il tradizionale linguaggio sovietico: vi era ancora l’idea che le notizie dovessero essere ben “digerite”, prima di essere rese pubbliche. Solo dal 1988, lentamente, con l’abbassarsi ulteriore dei controlli, mentre il pubblico stesso si abituava ad alcune forme di linguaggio più forte, e la sua “sensibilità” diminuiva, iniziarono ad essere pubblicate le notizie per intero, senza tagli, e con tempi più rapidi. In realtà il pubblico si abituò in fretta al cambio di linguaggio, e sempre più numerosi erano coloro che cercavano ad esempio di sintonizzarsi sulle radio straniere per avere notizie certe in tempi rapidi, e in seguito sulle televisioni. La pratica era talmente diffusa, che durante il colpo di stato dell’agosto del 1991, quando il Comitato d’Emergenza tentò di prendere il controllo di stampa, televisioni e radio, per molti cittadini bastò semplicemente

94

“cambiare canale” e accedere ai servizi di informazione di altri paesi. Un’altra importante caratteristica sviluppatasi nella seconda metà degli anni Ottanta fu una nuova capacità critica sul passato sovietico, riassunta dagli osservatori occidentali nella formula “filling in the blank spots”. Le posizioni della stampa sul passato sovietico che lo stesso Partito aveva talvolta cercato di far dimenticare, furono di assoluta riscoperta e reinterpretazione, passando dalle posizioni più critiche contro il regime stalinista, o di altri Segretari Generali, alla riabilitazione di personaggi eliminati dal regime, come Bucharin e Trotsky. Furono riabilitate le vittime delle purghe staliniste e di molte altre persecuzioni sovietiche, mentre venivano riletti alla luce di nuove prove critiche le grandi manovre di governo che in realtà furono genocidi, atti disumani o totali fallimenti. Le critiche colpirono anche la concezione economica sovietica, passata e presente, cercando di far finalmente luce sui reali dati della crescita e del progresso fino ad allora tanto decantato dal Partito, spazzando via quel mare di statistiche truccate e informazioni falsificate su cui fino ad allora si era ragionato95. Rimaneva però ancora molto forte la tradizione sovietica relativa alla negazione dei disastri e dei crimini. Questa eredità era ancora dovuta alla paura di “accerchiamento” percepita dai mezzi di comunicazione oltre che dal Partito: mostrare segni di debolezza al mondo esterno, era ancora sentita come una pratica pericolosa per la sicurezza del paese. Come il disastro di Černobyl' dimostra, nel 1986 la stampa non era ancora pronta a parlare liberamente di tali argomenti. Il suo “battesimo del fuoco”, per così dire, si ebbe soltanto nel 1988, nella copertura del Terremoto armeno. In tale occasione alcuni sostengono che la divulgazione e l’acquisizione di notizie,

95

testimonianze e analisi giornalistiche sia stata sincera, come quella di qualunque altro media occidentale. Certamente, dopo il 1990 e la riforma della stampa, effettivamente anche questo tabù sovietico iniziò a svanire rapidamente. Altro argomento che ebbe una forte evoluzione fu quello della copertura delle notizie estere. L’atteggiamento della stampa sovietica verso i paesi non allineati era sempre stato sarcastico, critico, sicuramente carico di pregiudizi, e le notizie raccolte in tali paesi venivano sempre reinterpretate a fini propagandistici. Al contrario, il linguaggio con cui ci si riferiva ai paesi alleati era di amicizia e rispetto. Tale caratteristica della stampa rimase invariata fino al crollo definitivo del controllo statale sull’informazione. Ancora nel 1988-89, sull’invasione dell’Afghanistan vi era l’impossibilità di pubblicare dati certi, la censura era ancora più forte della “glasnost”. I lettori mandavano spesso lettere ai giornali per sapere le cifre dei morti e dei feriti, per avere certezze di qualche tipo sui risultati bellici, ma la censura impediva anche solo la pubblicazione di tali domande. Dopo il 1990, la situazione si rovesciò: molti giornali indipendenti iniziarono a basarsi su agenzie occidentali per ottenere le notizie che non riuscivano a procurarsi da soli. Le trasposizioni di notizie, non prevedevano solo la traduzione dall’Inglese al Russo, ma anche la composizione della notizia nel suo formato occidentale, con l’abbandono progressivo dello stile sovietico96

. L’ultima osservazione sul linguaggio dei media va rivolta allo strumento televisivo, che alla fine dell’epoca di Gorbačëv aveva ormai una certa autorevolezza e diffusione. La manifestazione più potente di questo media avvenne poco prima della caduta dell’URSS, in occasione degli eventi relativi

96

al colpo di stato del 1991, detto “putsch di agosto”. Nonostante il Comitato d’Emergenza si fosse impadronito delle televisioni, il linguaggio visivo col quale il personale tecnico e giornalistico fu costretto a trasmettere il loro comunicato, si ritorse contro gli stessi golpisti. Questo portò ad una sconfitta mediatica che permise invece a Boris Yeltsin di scatenare contro di loro tutta la potenza mediatica della televisione, confermando così la sua posizione di superiorità anche sullo stesso Gorbačëv97.