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sistema partitico, ma anche per il sistema dei mezzi di comunicazione. In tale contesto la fase storica dell’evoluzione dei media in Russia che coincide con l’inizio del primo mandato di Putin si è distinta per interventi statali di importanza crescente, tanto da arrivare ad un processo di inversione di quella corsa alle privatizzazioni che aveva caratterizzato l’epoca Eltsin. L’intero sistema politico prima definito “policentrico”, con Putin diventa “monocentrico”, e si assiste da parte del presidente alla creazione della cosiddetta “verticale del potere”, un controllo diretto da parte dei vertici governativi sul parlamento, sul sistema giudiziario13, sull’economia e ovviamente sui mezzi di comunicazione14. Cavalcando il sentimento di disprezzo diffuso nella popolazione russa per il modo in cui erano stata svendute le ricchezze del regime sovietico durante il periodo degli “oligarchi”, Putin ebbe gioco facile nel far passare come corretta la propria visione degli eventi. Fece intuire chiaramente che molte di quelle acquisizioni avvenute nel periodo delle privatizzazioni fossero totalmente illecite, e andassero corrette il prima possibile da parte di uno stato che si stava sforzando di apparire come l’unica difesa per la popolazione russa dalle ingiustizie provocate dal capitalismo selvaggio. Questo pensiero si tradusse in breve tempo nelle “purghe” con le quali Putin decise di eliminare molti di quegli “oligarchi” che non vollero piegarsi alle sue condizioni. Queste condizioni prevedevano solitamente uno

13

Alexei Trochev, “Judging Russia”, Cambridge University Press, 2008, p.222

14

SI veda articolo di Olga Khvostunova “A Brief History of the Russian Media” sul sito http://www.interpretermag.com/a-brief-history-of-the-russian-media/

“scambio” reciproco di favori, con lo stato pronto a chiudere un occhio sulle eventuali irregolarità e illegalità commesse dagli “oligarchi” nel passato, in cambio di un supporto e un allineamento esplicito al governo e alle sue politiche da parte degli stessi. Rifiutare tali condizioni significava esporsi a meccanismi di “giustizia ad orologeria” che non lasciavano scampo, solitamente portati avanti tramite accuse di evasione fiscale risalenti al periodo delle privatizzazioni. Fu così che furono eliminati Vladimir Gusinsky, Boris Berezovsky, e Mikhail Khodorkovsky. Anche se sono in molti a sostenere che il sistema degli “oligarchi”, ed in generale delle élites di potere, sia radicato nella cultura russa sin dall’epoca degli zar, dove gruppi di “boiari” (aristocratici) di grande influenza potevano manipolare fortemente le scelte politiche dei governanti, e sia dunque ancora presente oggi sotto Vladimir Putin15, è indubbio che le statalizzazioni abbiano avuto un grande impatto nel sistema politico ed economico del paese. Ma se da una parte possono risultare comprensibili interventi statali miranti ad impadronirsi di risorse strategiche per il paese, come petrolio e gas, non sono affatto condivisibili (in un’ottica democratica) quelle operazioni di acquisto di mezzi di comunicazione che hanno caratterizzato la presidenza di Putin. Il fatto che siano stati trattati dal governo come una risorsa di sua proprietà, è il segnale più evidente della mancanza di intenti democratici da parte di Putin. Hallin e Mancini, nella loro analisi sui sistemi di mass media, tracciano alcuni modelli esemplificativi del rapporto tra mezzi di comunicazione pubblici e partiti politici, tra i quali il modello governativo sembra essere quello che meglio

15

Si veda articolo di Andrew Weiss “Russia’s Oligarchy, Alive and Well” sul sito http://www.nytimes.com/2013/12/31/opinion/russias-oligarchy-alive-and-well.html?_r=1&

rappresenta l’attuale situazione reale in Russia: esso è caratterizzato dal diretto controllo da parte del governo dell’intero sistema16. Le prime e più famose de-privatizzazioni riguardano sicuramente il sistema televisivo, destinato a diventare il principale media di “controllo” del paese, e in particolare la rete ORT (“Televisione Pubblica Russa”). ORT era il principale canale televisivo russo dopo la caduta del regime sovietico. Come molti altri mezzi di comunicazione dell’epoca, attraversò una difficile fase di mancanza di risorse causata dagli alti costi di gestione per le trasmissioni e da una situazione finanziaria già in partenza disastrosa. Questo portò ad un’inevitabile privatizzazione, con la proprietà distribuita tra agenzie statali che ne controllavano il 51% e privati, tra cui numerose banche, che ne controllavano il restante 49%. Tra questi privati Boris Berezovsky fu il più deciso a fare del controllo mediatico il suo principale strumento di accumulazione di potere politico. Entrando nella “famiglia” e supportando attivamente Eltsin e lo stesso Putin fino alle elezioni del 2000, l’”oligarca” arrivò ad ottenere il 49% di ORT, e a gestirla come si trattasse esclusivamente di una propria risorsa. I contrasti con Putin però incominciarono non appena il neo eletto presidente chiarì la sua posizione sul rapporto con gli “oligarchi”. Il primo attacco a Putin dalla rete ORT fu condotto da un programma chiamato “Sergey Dorenko's Program”. Sergey Dorenko, il conduttore del programma, giornalista televisivo apertamente schierato al fianco di Berezovsky (era soprannominato “Berezovsky's Bulldog”)17

, criticò duramente la condotta di Putin durante i drammatici eventi della tragedia del sottomarino Kursk. Da quel

16

Hallin, Mancini “Comparing media systems: three models of media and politics”, op. cit., p.30

17

Si veda http://www.themoscowtimes.com/business/article/abramovich-buys-49-of- ort/255503.html

primo attacco, si arrivò ad un confronto diretto tra Putin e Berezovsky, dove tra i due si chiarirono da subito le reciproche posizioni, e da parte del governo furono fatte numerose pressioni sull’oligarca affinché cedesse totalmente la propria quota, per quanto mai ammesse pubblicamente nemmeno dopo le rivelazioni di Berezovsky. Per mettere in difficoltà l’”oligarca”, il governo intervenne direttamente su ORT, di cui era comunque il proprietario di maggioranza, nominando Konstantin Ernst nuovo direttore generale, e facendo chiudere per suo tramite il programma televisivo di Dorenko. Questi reagì dapprima affidando il suo 49% ad un gruppo di fiducia composto da 14 giornalisti ed intellettuali (tra cui Dorenko), dichiarando di voler creare un’opposizione ed un’informazione libera non minacciata dal governo18. Successivamente il governo fece scattare la classica “giustizia ad orologeria” per eliminare legalmente l’”oligarca”, tramite il “caso Aeroflot”. Dopo essere fuggito all’estero, l’anno successivo, probabilmente in seguito ad un accordo, Berezovky passò la sua quota di ORT a Roman Abramovich19 che, fedele a Putin, la passò immediatamente allo stato20.

Dal 2002 ORT è conosciuta come Channel-One. I primi anni del mandato di Vladimir Putin sono costellati di casi simili a questo, basti ricordare il già citato caso della holding Media-Most, che controllava mezzi di comunicazione come NTV (“Televisione Nazionale”), la radio “Ekho Moskvy”, il quotidiano “Segodnya”, e altri di proprietà dell’”oligarca” Gusinsky, arrestato poi per appropriazione indebita e

18 SI veda http://www.sptimes.ru/story/12466?page=1#top 19 Si veda http://www.themoscowtimes.com/business/article/abramovich-buys-49-of- ort/255503.html 20 Si veda http://www.themoscowtimes.com/business/article/abramovich-ready-to-sell-ort- stake/252666.html

costretto a vendere i suoi media a Gazprom, controllata dal governo21. Alcuni osservatori sostengono che il processo di de-privatizzazione o statalizzazione dei mezzi di comunicazione avvenuto negli anni del primo mandato presidenziale di Putin abbia raggiunto cifre significative, con agenzie statali che hanno ottenuto il controllo finanziario o gestionale di oltre il 70% delle organizzazioni di media elettronici, l’80% della stampa regionale, e il 20% della stampa nazionale22. Associando a questi dati sul controllo dei mezzi di comunicazione quelli riguardanti il consumo dei mezzi di comunicazione statali da parte della popolazione, il quadro diventa drammatico: nel 2012, durante le ultime elezioni presidenziali, ancora il 73% della popolazione utilizzava come principali mezzi di informazione i media controllati dallo stato. L’effetto combinato di queste due particolari situazioni, porta ad un legame particolare col sistema partitico, per cui il “partito di potere” United Russia risulta il maggior beneficiario dell’attuale sistema dei mezzi di comunicazione in Russia mentre gli altri partiti, soprattutto durante le campagne elettorali, tendono ad essere marginalizzati. Questo dato può essere però letto in modo diverso guardando all’anno precedente, dove la percentuale era dell’87%. Occorre infatti specificare che per quanto anche molti studiosi, e molte organizzazioni internazionali come Reporters Without Borders, e Freedom House, considerino il sistema di mezzi di comunicazione russi come “non libero”, il contesto generale sembra essere di miglioramento rispetto al passato23. Nonostante il “parallelismo politico” (variabile del modello Hallin e

21

Si veda documento “Attacks on the Press 2000: Russia” sul sito http://cpj.org/2001/03/attacks- on-the-press-2000-russia.php

22

Hallin, Mancini “Comparing media systems: three models of media and politics”, op. cit., p.134

23

Si veda documento “Russian Analytical Digest No 123: The Russian Media Landscape”, pp.2-3, presente sul sito http://www.css.ethz.ch/publications/pdfs/RAD-123.pdf

Mancini) rimanga forte, appare chiaro che i fermenti sociali degli ultimi anni stiano portando ad una percezione da parte della popolazione di una “seconda stagnazione” nel sistema politico e mediatico russo. Questi elementi potrebbero portare, se non controllati efficacemente dal governo, a richieste sempre più pressanti di novità da parte dei cittadini, e dunque alla ricerca di nuove fonti di informazioni in grado di soddisfare tali richieste24.