• Non ci sono risultati.

All’esuberanza formale, o più semplicemente a un eccesso di fotorealismo nella rappresentazione, può corrispondere inoltre una serie di possibili delusioni del reale rispetto all’immaginato. Una seconda criticità riguarda, infatti, la valenza stessa del fotorealismo, poiché se questi rendering sono tanto realistici da permettere una maggiore accessibilità dell’architettura al pubblico, e possono potenzialmente innescare processi valutativi più complessi e condivisi, è facile che l’attenzione dei non addetti ai lavori si concentri non tanto sulle effettive qualità progettuali descritte attraverso le immagini, ma sullo spettacolo delle immagini stesse, provocando una serie di incomprensioni sulle attese e sui risultati di un progetto76. Le immagini,

inoltre, possono essere utilizzate strumentalmente da chi le produce e le veicola proprio per catalizzare l’attenzione del pubblico su determinati aspetti dei progetti, nascondendone gli aspetti di potenziale problematicità77.

Un terzo aspetto critico del fotorealismo ha a che fare con i luoghi dell’architettura e le loro infinite specificità. Oggi l’architettura si dispiega in un’amplissima e talvolta estrema varietà territoriale, e molti degli edifici più spettacolari al mondo sono realizzati, ad esempio, in luoghi condizionati da climi inospitali, come la penisola araba, o dall’inquinamento, come la Cina e il sud-est asiatico. Molti progetti, tuttavia, sono rappresentati sullo sfondo di improbabili cieli azzurri e tersi, che ricordano un paesaggio occidentale mitizzato. Questa idealizzazione del paesaggio, in sostituzione di una

3D e produzione di forme spettacolari: “If you are sitting at your desk and you are working inside Rhino and 3D model the Seagram’s Tower, and then you have to do a 3D model of, let’s say, the new tower that Gensler did in Shanghai... well the twisty tower looks better in Rhino. It just looks better when you design it in tree dimensions. The Seagram would look like a gridded box, and it is very hard to see the potential of that design because it looks conventional. Now... it is one of the best buildings ever made! So if you are a designer you are constantly en garde against overvaluing form, because Rhino will make a slippy shape look awesome”. Non per caso il progetto della Shanghai Tower di Gensler è stato recentemente insignito dell’American Architecture Prize for Architectural Design del 2016. https:// architectureprize.com/winners-2016/winner.php?id=2624

76. Cfr. l’interessante G. Rose, M. Degen, C. Melhuish, “Networks, interfaces, and computer- generated images: learning from digital visualisations of urban redevelopment projects”, Environment and Planning D: Society and Space 32-3 (2014), 386-403, sul caso di Msheireb Downtown, un progetto di 310.000 mq a Doha, Qatar.

77. Vedi ad esempio l’articolo polemico di M. Minkian contro i rendering di MVRDV del 15 febbraio 2016, in cui l’autore riflette criticamente e non senza scetticismo sul rapporto esistente tra architettura, rendering e media proprio a partire dalla lettura di un’immagine prodotta dallo studio (http://www.failedarchitecture.com/what-this-mvrdv-rendering-says- about-architecture-and-media/). Lo studio ha riposto all’articolo con un post su Archdaily del 2 marzo 2016, ribadendo la necessità strategica dei rendering e spiegando le ragioni delle proprie scelte estetiche e progettuali, avanzando l’ipotesi che il rendering possa anche essere uno strumento di creazione di entusiasmo e di coinvolgimento del pubblico per un progetto (http://www.archdaily.com/783045/in-defense-of-renders-and-trees-on-top-of-skyscrapers- mvrdv). Sempre su Archdaily, a ulteriore dimostrazione del mutuo rapporto esistente tra rendering e nuovi media, vedi anche il post di T. De Chant, citato da MVRDV, “Can We Please Stop Drawing Trees on Top of Skyscrapers?” del 23 marzo 2013.

rappresentazione effettivamente realistica, è una vera e propria negazione della realtà, e le ragioni di tale omologazione dell’immaginario possono essere molteplici, come ad esempio la necessità dei nuovi progetti di aderire al vocabolario del modernismo, o la difficoltà per developer e finanziatori a promuovere i propri investimenti facendo vedere luoghi ben diversi dalle atmosfere idealizzate dei rendering commerciali. In altri casi di segno opposto, i rendering più “visionari” estetizzano le condizioni ambientali locali e le loro caratteristiche, siano anche l’inquinamento, o un’aridità e umidità estreme: questo è certamente un modo più contestuale di rispondere alle specificità dei luoghi, ma anche un atteggiamento che tende a minimizzare, grazie alla spettacolarizzazione operata dalla fotografia, l’indifferenza per il luogo e il contesto che caratterizza una larga parte dell’architettura internazionale. L’ultima riflessione riguarda il contesto degli edifici in senso più ampio, e cioè la rappresentazione delle popolazioni e della sfera sociale di un progetto78.

Se fino a pochi anni fa nei rendering le persone erano visualizzate in modo scarsamente fotorealistico, attraverso silhouette o con figurine trasparenti, oggi il fotorealismo permette di mostrare efficacemente i luoghi abitati e in uso. Decidere chi sarà effettivamente visibile in un’immagine, e chi invece sarà assente, diventa pertanto un fatto non solo strategico per il progetto, ma anche sociale, e politico, soprattutto nel caso di grandi trasformazioni pubbliche. Per citare un caso citato da uno degli architetti intervistati, a Parigi è stato recentemente assegnato a un gruppo di progettisti e investitori il primo premio di un concorso indetto dall’amministrazione cittadina per il XVII arrondissement, vicino alla périférique79. Il progetto è stato presentato

con una serie di rendering fotorealistici molto suggestivi che mostrano l’edificio in uso, in cui, a uno sguardo più attento, si nota l’assenza quasi totale di arabi e neri e arabi, nonostante si tratti evidentemente di un’area periferica della città abitata da una popolazione multiculturale.

78. Cfr. S. Houdart. “Copying, Cutting and Pasting Social Spheres: Computer Designers’ Participation in Architectural Projects”. Science Studies, 21-1 (2008), 47-63.

Le riflessioni presentate in questo capitolo, svolte sulla base di una bibliografia interdisciplinare e di una serie di interviste con i architetti e visualizer professionisti, dimostrano che i rendering sono oggi uno strumento di rappresentazione per certi versi più rilevante della stessa fotografia di architettura, perché uniscono la capacità di costruire l’immaginario dell’architettura e di anticiparne le tendenze, a una diffusione capillare nei concorsi e nei media di ogni tipo. I rendering sono oggi tanto efficaci proprio a ragione del fotorealismo: poiché un’idea di verità è generalmente associata alla fotografia, queste immagini tendono ed essere considerate come documenti del reale, sebbene rappresentino qualcosa ancora da venire, o che potrebbe non essere mai realizzato, e nonostante non siano affatto elementi neutrali, ma dispositivi comunicativi che portano con sé contenuti propri. Il realismo dei rendering, come accade per ogni linguaggio, è un sofisticato veicolo di aspetti strategici - culturali, politici, ideologici - i quali si rivelano soltanto a un’osservazione più consapevole proprio a causa dell’apparente verosimiglianza di queste immagini. Può essere allora opportuno, in conclusione, superare la nozione di fotorealismo e i significati a essa associati introducendo quella di iperrealismo, che mi pare ben definisca il rendering nelle diverse interpretazioni qui di seguito brevemente accennate, le quali potranno in futuro essere un punto di partenza per nuovi approfondimenti.

In pittura, l’iperrealismo è un movimento nato in ambito americano alla metà degli anni Sessanta, sotto la cui etichetta erano raccolti artisti che utilizzavano le immagini fotografiche per realizzare le proprie opere pittoriche, spesso di grandi dimensioni, che si presentavano al pubblico come grandi trompe

l’oeil capaci di confondere il dipinto con l’oggetto reale - in questo caso una

fotografia, con tutte le conseguenze implicate da questo doppio livello di trasformazione della realtà in immagine80.

L’iperrealismo è stato in passato aspramente criticato come movimento reazionario e anti-intellettuale, ma il confronto con il rendering qui è opportuno sia perché i nomi di diversi artisti citati come riferimenti nei paragrafi precedenti ricorrono inevitabilmente nella metodologia degli iperrealisti, coloro che utilizzavano la camera ottica e i fiamminghi in particolare, sia perché i pittori iperrealisti producono immagini che, pur apparentemente realistiche - come apparentemente può esserlo una

80. O. Letze (a cura di), Photorealism. 50 Years of Hyperrealistic Painting (Ostfildern: Hatje Cantz, 2013).