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LUXIGON, rendering di Shenzhen CDB, Cina (MVRDV), 2008

nella fotografia professionale si cerca invece di evitare. Un chiaro esempio di come gli elementi del vocabolario fotografico siano utilizzati per ricreare il fotorealismo è rappresentato dal lens flare, un effetto di riflessione di luce incidente nell’obiettivo della macchina fotografica, diffuso nei rendering. Poiché la camera utilizzata per produrre una CGI non è reale ma virtuale, non esistono ragioni tecniche che causino il lens flare. Tuttavia questo effetto è frequentemente utilizzato proprio per rendere l’immagine più simile a una fotografia, contribuendo alla creazione di un’atmosfera “lens based”, fotografica e cinematografica. Il pubblico è, infatti, abituato a CGI e animazioni di altissima qualità tecnica. I film di animazione fotorealistici sono molto diffusi, e con l’avvento degli smartphone e del gaming le nuove generazioni sono sempre più abituate a stabilire una relazione con lo spazio architettonico attraverso immagini. Molti architetti dichiarano di detestare il rendering come modo di rappresentare l’architettura, perché considerato troppo prosaico e vicino all’immaginario pubblicitario e dell’intrattenimento: tuttavia sono in molti a riconoscere che la diffusione di queste immagini è oggi talmente consolidata da essere un elemento indispensabile sotto diversi aspetti, tutti estremamente importanti, del lavoro di un architetto56.

Una terza ragione, infine, è legata alla committenza. I clienti degli architetti si sono abituati a questo genere di immagini e le pretendono, poiché in esse si condensano moltissime informazioni sul progetto e sui suoi usi. E’ comprensibile che un investitore voglia vedere il proprio progetto con tutti i materiali come se fosse già costruito, anche perché le CGI tendono a enfatizzare la resa fotografica dei materiali, soprattutto i rivestimenti di facciata e i diversi tipi di vetro con le proprie caratteristiche espressive di trasparenza e riflessione. L’estremo realismo di queste visualizzazioni è diventato uno strumento che dà a una proposta maggiori possibilità di essere realizzata: un progetto che sulla carta ha un certo valore, agli occhi dei non addetti ai lavori è più credibile e verificabile quando è rappresentato come se fosse già costruito, e anche gli architetti sembrano essere più affidabili

56. Sulla percezione della credibilità dei diversi modi di rappresentare i progetti di architettura vedi N. Bates-Brkljac, “Assessing perceived credibility of traditional and computer generated architectural representations”, Design Studies 30-4 (2009), 415-437. Questo interessante studio, attraverso una serie di test effettuati su diversi tipi di pubblico, mostra che le immagini generate da computer sono percepite come più credibili rispetto a quelle tradizionalmente disegnate a mano. Lo studio, inoltre, analizza come la risposta del pubblico più generalista e quella degli addetti ai lavori ma non architetti sia omogenea, e di segno opposto rispetto a quella degli architetti, mostrando quanto sia proprio il livello di astrazione di un’immagine a essere discriminante. Più precisamente lo studio indica che il tipo di immagine percepito dal pubblico come più credibile è il montaggio del modello tridimensionale di un nuovo edificio in una fotografia del luogo, poiché a questa rappresentazione è attribuito un maggior livello di realismo. Trattandosi di uno studio del 2008, e considerando i progressi avvenuti da allora nella rappresentazione fotorealistica di interi paesaggi, si può ipotizzare che lo stesso tipo di verifica ripetuta oggi attenuerebbe la differenza tra CGI integrale e fotomontaggio.

BLOOMIMAGES, rendering di Elbphilharmonie, Hamburg (Herzog & de Meuron), 2006 LUXIGON, rendering di The Cloud, Yongsan, Corea (MVRDV), 2011

agli occhi di un cliente.

Il rendering fotorealistico si configura dunque come un’immagine strategica, utilizzata non solo dagli architetti per vincere un concorso o discutere convincentemente con un cliente, ma anche strumentalmente dai committenti per interagire con le amministrazioni, con possibili finanziatori, e per vendere il progetto agli utenti finali, e dai politici per interagire con i cittadini e gli elettori. Molti degli architetti intervistati hanno citato casi di concorsi persi perché il proprio studio non aveva presentato rendering sufficientemente realistici, o perché il tipo di immagine non rispondeva alle esigenze strategiche o politiche della committenza.

Nel tentare di definire l’ampio panorama dei rendering fotorealistici si possono delineare tre categorie. Trattandosi di uno schema teorico, e in virtù dell’ambiguità delle immagini, è possibile che ogni rendering contenga aspetti che lo riconducono a più di una categoria.

Il primo tipo di fotorealismo è il più visionario ed è costituito da immagini molto espressive e spettacolari, realizzate soprattutto per i concorsi. Visivamente deve molto alla fotografia di architettura, ma riprende anche il linguaggio di una certa cinematografia di animazione e di fantascienza57.

Sono immagini prodotte in stretta collaborazione con gli architetti, e che si mantengono in continuità con altri metodi di rappresentazione (disegno,

collage, maquette) utilizzati in passato per promuovere la visione di un

architetto e la sua idea di architettura. Questi rendering sono connotati da un certo grado di astrazione, poiché si tratta di rappresentazioni in cui è evocata, più che descritta, l’atmosfera di un progetto ancora in fase embrionale. Sono immagini decisive per un progetto, perché possono condizionare il giudizio di una giuria di concorso o di un cliente, e attrarre consenso sociale e politico, o provocare feroci contestazioni.

Sono diversi i casi di rendering che hanno catalizzato una tale attenzione del pubblico da sopravanzare nell’immaginario collettivo i progetti stessi, assumendo una serie di significati sociali e politici rilevanti. Un esempio è quello dell’Elbphilharmonie di Amburgo, di Herzog & de Meuron, la cui

57. Cfr. le pagine di “Atlante” di Eric de Combes de Broches di Luxigon, criticamente il più attivo nel panorama dei “renderisti”, in Candide. Journal for Architectural Knowledge 9 (2015), pp. 125-132. Tra le immagini è esplicitamente citato come referenza il lavoro di Douglas Trumbull, responsabile degli effetti speciali in film come “2001: A Space Odissey” di Stanley Kubrick (1968), “Close Encounters of the Third Kind” di Steven Spielberg (1977), “Blade Runner” di Ridley Scott (1982).