gemelle che, una volta crollate, sono state per lungo tempo percepite pro- prio come un’assenza nello skyline37.
È dunque grazie alla reiterazione dell’immagine da parte dei media popolari e di innumerevoli fotografi amatoriali, e non in un selezionato gruppo di im- magini d’autore, che lo skyline si è configurato nel corso del tempo come la forma simbolica della città moderna, e l’espressione di uno stile di vita urbano seducente e desiderabile. Lo skyline è una tentazione irrinunciabile per ogni città che aspira al rango di città globale, e le infinite fotografie scattate da viag- giatori e turisti rappresentano una forma ormai tradizionale di souvenir, che costituisce un meccanismo di appropriazione e identificazione del pubblico con la figura della città. In un’epoca in cui ognuno possiede una macchina fotografica ed è in grado di pubblicare istantaneamente online le proprie im- magini, lo skyline è sempre più un potentissimo magnete fotografico.
L’immagine dello skyline è divenuta talmente pervasiva nel rappresentare la città moderna, che da Manhattan ha cominciato a diffondersi in tutto il mondo. Molte città americane hanno sviluppato un proprio downtown di grattacieli, replicando con il proprio skyline la spettacolare verticalità di New York. Già nel 1930 erano almeno una ventina le città americane caratterizzate da un profilo di grattacieli, non solo Chicago e Detroit ma anche Baltimore, Cincinnati, Cleveland, Minneapolis, Pittsburgh e Seattle. Con la Grande Depressione, la Seconda Guerra Mondiale, e la diffusione di un modello suburbano di sviluppo delle città, per circa trent’anni non si costruirono nuovi grattacieli, ma con il boom dagli anni ‘60 ci fu una ripresa e una nuova diffusione di skyline che riguardò quasi ogni città che superasse il mezzo milione di abitanti e che, seppure con qualche flessione, non si è più fermata38.
37. Su questa funzione malinconica della fotografia in relazione all’assenza, secondo cui qualcosa può essere posseduto solo a patto di essere perduto per sempre, cfr. G. Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale (Torino: Einaudi, Torino 1977). A proposito delle torri, è interessante citare quanto disse Vincent Scully dopo il loro
abbattimento: “È noto che pochi di noi amassero veramente le torri del World Trade Center... Quando sono state colpite tutte le associazioni sono cambiate. All’improvviso, invece di sembrare disordinatamente alte, sembrarono strazianti. Adesso le amo”. (“As you know, very few of us really liked the World Trade Towers... When they got hit all associations changed. All of a sudden, instead of looking inordinately tall, they looked heartbreaking. Now I love them”). Citato in B. Flowers, Skyscraper: The Politics and Power of Building New York City in the Twentieth Century (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 2009), 181.
Houston, città che vanta il più imponente skyline d’America dopo New York e Chicago39, fu il luogo di un evento emblematico dell’identità tra
skyline e spettacolo urbano. Nel 1986 la città fu teatro, letteralmente, di un concerto del musicista francese Jean Michel Jarre messo in scena per com- memorare il centocinquantesimo anniversario della fondazione dello stato del Texas. Per una sera, l’intero skyline della città divenne la scenografia dell’evento, in cui gli edifici furono utilizzati come schermi per proiettare immagini di enormi dimensioni e illuminati da laser, luci colorate e fuochi d’artificio “visibili da 50 miglia”40.
Se Rendez-vous Houston fu un evento eccezionale che radunò oltre un milio- ne di spettatori, oggi è possibile assistere a qualcosa di simile ogni sera lungo il waterfront di Hong Kong e Singapore, dove è lo skyline stesso ad essere lo spettacolo41: gli edifici più importanti sono animati da musica e luci in mo-
vimento, e sembrano comportarsi come i personaggi di una messa in scena teatrale, promossa come una delle maggiori attrazioni turistiche di queste cit- tà. Questi spettacoli hanno luogo nelle baie delle due ex colonie britanniche, che competono sia in termini di attrattività finanziaria che di turismo e i cui
waterfront densamente popolati di grattacieli identificano l’intera città42.
A partire dagli anni ‘90, come è noto, molte città asiatiche di paesi emergen- ti - la Cina ma anche la Malesia, l’Indonesia, Taiwan e le città indiane, e più recentemente le nuove città del Golfo persico che perseguono una logica di capitalizzazione - hanno realizzato via via gli edifici più alti del mondo, iden- tificando nell’emergere dello skyline il simbolo del proprio sviluppo e l’affer- mazione della propria prosperità, operando ciò che, in omaggio al romanzo di John Dos Passos, è stato opportunamente definito “Manhattan Transfer”43.
L’idea che città meno sviluppate si trasformino in world class city ridefinendo la propria immagine con torri e skyline è alla base di molte politiche di trasfor-
(1992), 180-200. Dello stesso autore confronta anche il volume di analisi comparativa dei downtown di numerose città americane: L. R. Ford, America’s New Downtowns: Revitalization Or Reinvention?, (Baltimore and London: The Johns Hopkins University Press, 2003). 39. Cfr. il sito Emporis.com, il cui database raccoglie i dati di quasi 500.000 edifici nel mondo, ed è ormai ampiamente citato come fonte autorevole in materia di dati e statistiche sugli edifici nel mondo: http://www.emporis.com/statistics/most-skyscraper-cities-worldwide.
40. Rendez-vous Houston: A City in Concert, 5 aprile 1986. Cfr. la pagina pubblicitaria
dell’evento su Billboard, 98-16 (1986), 82. Le immagini dello spettacolo appaiono anche in Lotus 75, 1993, numero dedicato alla “città di notte”.
41. Da dicembre del 2014 il primato del più grande spettacolo permanente di luce e suoni è detenuto dalla città di Nanchang, nel sud-est della Cina, con 293 edifici illuminati (http:// www.guinnessworldrecords.com/world-records/largest-permanent-light-and-sound-show/). 42. A conferma di quanto questo nuovo tipo di spettacolo urbano sia legato a una idea sempre più diffusa di città globale, è interessante notare che entrambi gli spettacoli sono realizzati dalla stessa multinazionale australiana, la Laservision, che ha sede a Sydney, Hong Kong, Singapore, Macau e Emirati Arabi.
43. Anthony D. King, “Worlds in the city: Manhattan transfer and the ascendance of spectacular space”, in Planning Perspective, 11, 1996: 97-114.
1 61 6 11 78 57 49 38 93 41 19 90 75 14 15 7 5 77 96 86
Gli skyline di venti diverse città a confronto
La mappa e la tabella rappresentano la classifica delle prime cento città del mondo con più grattacieli, consultata sul sito www.emporis.com nel novembre del 2015
1 Hong Kong 1,268 2 New York City 683
3 Tokyo 411 4 Chicago 302 5 Dubai 253 6 Shanghai 239 7 Toronto 234 8 Guangzhou 203 9 Singapore 173 10 Shenzhen 167 11 Bangkok 161 12 Seoul 159 13 Osaka 151 14 Moscow 146 15 Chongqing 139 16 Istanbul 119 17 Busan 114 18 Jakarta 106 19 Sydney 106 20 Kuala Lumpur 103 21 Chengdu 103 22 Panama City 95 23 Mumbai 95 24 Tianjin 92 25 Miami 88 26 Beijing 86 27 Shenyang 86 28 Houston 85 29 Melbourne 82 30 Mexico City 81 31 Incheon 76 32 São Paulo 75 33 San Francisco 74 34 Hangzhou 72 35 Nanjing 68 36 Xiamen 67 37 Hanoi 65 38 Honolulu 63 39 Makati 63 40 Dalian 58 41 Los Angeles 58 42 Ho Chi Minh City 56 43 Atlanta 56 44 Changsha 54 45 Abu Dhabi 54 46 Tel Aviv - Yaffo 53 47 Calgary 53 48 Rio de Janeiro 53 49 London 52 50 Brisbane 52 51 Las Vegas 51 52 Vancouver 50 53 Philadelphia 49 54 Boston 48 55 Wuhan 47 56 Suzhou 46 57 Seattle 45 58 Buenos Aires 43 59 Goiânia 43 60 Ankara 42 61 Gold Coast City 41 62 Macau 41 63 Dallas 41 64 Hefei 41 65 Kaohsiung City 40 66 Kobe 39 67 Yokohama 37 68 Wuxi 36 69 Caracas 35 70 Doha 35 71 Denver 33 72 Montréal 33 73 Shijiazhuang 32 74 Daegu 31 75 Frankfurt am Main 30 76 San Diego 29 77 Cairo 29 78 Taipei 28 79 Recife 28 80 Paris 27 81 Kunming 27 82 Minneapolis 27 83 Qingdao 26 84 Kyiv 26 85 Pittsburgh 26 86 Benidorm 26 87 Detroit 26 88 Harbin 25 89 Guiyang 25 90 Manila 24 91 Nagoya 24 92 Mississauga 23 93 Courbevoie 22 94 Nanning 21 95 Mandaluyong 21 96 Rotterdam 20 97 Jinan 20 98 New Orleans 20 99 Nanchang 20 100 Baltimore 19
La City of London da City Hall, Londra, 2014 Dubai Business Bay, Dubai, 2017
mazione urbana, un imperativo che prescinde dalla violenza e dalle ricadute sociali di questi processi. Nel recente Rule by Aesthetics44 dedicato alle tra-
sformazioni radicali in atto a Delhi, l’antropologo D. Asher Ghertner mostra in modo sorprendentemente chiaro che le politiche urbane della città indiana sono portate avanti sulla base di un’immagine seducente di nuova città che può rendere Delhi paragonabile alle grandi città occidentali. Un’immagine accuratamente creata dalle società di real estate, dai media e dai consulenti internazionali, che non è il risultato delle idee o delle azioni di un numero discreto di attori appartenenti alle istituzioni e ai gruppi di interesse locali, ma emerge come forma diffusa di consenso sull’aspetto (look) di una world-
class city. Un principio estetico si è dunque sostituito ai processi urbanistici
tradizionali e sembra configurarsi come una forma di potere e conoscenza che non opera sulla base di idee e concetti, ma sul visibile e sensibile, una forma di visione collettiva basata su criteri dati per assodati e condivisa dai diversi pubblici della città, i cui membri sono chiamati a esserne parte. La nuova immagine identitaria di un luogo antico come Delhi è pervasiva al punto di trovare consenso sia nell’elite indiana, che viaggia e conosce direttamente la modernità delle world class cities, sia nei gruppi più emarginati della popola- zione che vivono nei quartieri più derelitti. Nonostante molti di loro sappiano che le proprie abitazioni saranno espropriate e demolite per fare posto a una nuova e luccicante Delhi, essi considerano l’emergere della nuova città come motivo di orgoglio e di speranza collettiva.
Processi imitativi come quello appena descritto, facilmente comprensibili nelle premesse, si sono configurati come un vero e proprio laboratorio spe- rimentale di iconicità e gigantismo, assumendo talvolta forme grottesche e i tratti di un provincialismo di duplice natura, sia perché è la replica di un mo- dello economico e culturale importato e dominante, sia perché la maggior parte dei grattacieli nel mondo è realizzata da un gruppo limitato di proget- tisti di area prevalentemente americana e inglese45. Da questo processo non
sono escluse le città europee, che solo recentemente hanno cominciato ad avere skyline variamente esuberanti, ed è lecito chiedersi se il nuovo profilo di città come Londra e Milano sia il frutto tardivo dell’influenza americana, o piuttosto una diretta conseguenza degli eccessi di Dubai.
Negli ultimi quindici anni è Londra la città europea che ha modificato più vistosamente il proprio skyline. Dal nuovo millennio sono stati costruiti nu- merosi edifici alti e fortemente iconici - dal “Gherkin” di Norman Foster, la cui costruzione è stata approvata nel 2000, fino allo Shard, completato nel 2012 come edificio più alto d’Europa, disegnato da Renzo Piano. Altri
44. D. A. Ghertner, Rule by Aesthetics (New York: Oxford University Press, 2015). 45. Cfr. L. Sklair, “The Transnational Capitalist Class and Contemporary Architecture in Globalizing Cities” in Lotus, 138, (2009), 4-18.
Londra: mappa delle viste protette (in alto), mappa di punti di valutazione nel centro della città (in basso) immagini tratte da: London View Management Framework, Greater London Authority, London 2012
G.F. Bordino, Schema delle strade di Sisto V, 1588
sono in costruzione nella City e nel centro, e nei prossimi anni è previsto un incremento radicale, con 236 torri proposte e 113 già approvate46. Que-
sto boom di edifici alti ha portato al di fuori dall’ambito amministrativo il dibattito sull’opportunità di crescita in verticale di Londra47, divenendo un
argomento ampiamente trattato in ambito progettuale così come dai media generalisti in termini di immagine, vivibilità e competitività della città. Nel marzo del 2014 l’Observer e the Architects’ Journal hanno cominciato un ampio dibattito pubblico sullo skyline, coinvolgendo anche il sindaco Boris Johnson, che è tuttora in corso. E all’euforia del mercato corrisponde, inol- tre, un movimento di opinione, forse un po’ tardivo, contrario alla realizza- zione delle torri, che recentemente ha dato vita alla “skyline campaign”. Si tratta di una carta sottoscrita da numerosi architetti, personaggi del mondo culturale londinese e intere istituzioni, finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tipo di sviluppi e a mettere in atto una serie di azioni di contrasto a singoli progetti48.
La vista di alcuni edifici chiave come la cattedrale di St.Paul e il palazzo di Westminster, peraltro, era protetta già dal piano di sviluppo di Londra del 1976, ma nel 2007 la municipalità ha adottato il “London View Mana- gement Framework”, che prevede di “designare, proteggere e gestire” 27 vedute di Londra e dei suoi principali landmark e di creare 13 “corridoi vi- sivi” in cui lo sguardo non può essere ostruito da nuovi edifici alti49. Questo
tipo di quadro normativo su base visiva è illustrato con una serie di schemi, planimetrie, simulazioni e rendering delle aree di trasformazione più inten- sa, andando a precisare le regole urbanistiche generali e prefigurandone le nuove aree di sviluppo.
46. New London Architecture [NLA] London’s Growing Up! - NLA Insight Study, London, 2014; studio pubblicato per accompagnare la mostra London’s Growing Up!, London’s Center for the Built Environment, 3 aprile - 12 giugno 2014. Consultato sul sito http://www. newlondonarchitecture.org/docs/tb_b1-1.pdf.
47. Greater London Authority, Interim Strategic Planning Guidance on Tall Buildings, Strategic Views and the Skyline in London, London, 2001.
48. E’ il caso del Paddington Pole di Renzo Piano, abbassato da 72 a 14 piani. Cfr. la pagina di presentazione della campagna sul sito skylinecampaign.org (http://www.skylinecampaign. org/about/) “The Skyline Campaign aims to stop the devastation of London by badly designed tall buildings in the wrong location. The Campaign was launched in March 2014 with support from The Observer and the Architects’ Journal and a statement signed by over 80 public figures, experts and community groups. We believe most of the towers now being built or proposed for Central London will damage permanently the city’s beloved character and unique identity, its public spaces, protected views and skylines. Towers do not provide an answer to London’s real housing and employment needs. Genuine public consultation is scarce, effective planning guidance inadequate, and real benefits to Londoners minimal”. 49. Mayor of London, London View Management Framework. Supplementary Planning Guidance, Greater London Authority, London 2012, Consultato al sito: https://www.london.gov. uk/what-we-do/planning/implementing-london-plan/supplementary-planning-guidance/london- view-management
È opportuno ricordare che questo tipo di approccio basato sulla veduta urbana e sul collegamento visuale dei monumenti non è un’ invenzione mo- derna ma trova un antecedente importante nel piano urbanistico di Sisto V50, che nel 1585 avviò una radicale trasformazione di Roma sul piano in-
frastrutturale, riformulandone la rete viaria con una serie di assi che colle- gavano i luoghi sacri, in primo luogo la Strada Felice che corre da Piazza del Popolo al Laterano, e utilizzando obelischi e colonne per segnare i punti di riferimento della nuova città. Questo approccio tanto caratteristico della città barocca è ben schematizzato, e sorprende l’affinità con alcune delle immagini prodotte dall’attuale amministrazione londinese e un’incisione di Giovanni Francesco Bordino del 1588 in cui il tracciato stradale dell’opera urbanistica di Sisto V è ridotto a un semplice sistema di collegamento tra luoghi sacri e monumenti. Queste immagini inducono a cogliere l’affinità esistente tra i pellegrinaggi religiosi della Roma barocca e quelli, ingigantiti, turistici e commerciali del mondo globalizzato51.
Anche a Parigi, città tradizionalmente orizzontale il cui profilo è identificato da architetture e monumenti storici e non da torri per uffici, che sono concen- trate quasi interamente alla Défense, è stata la proposta di realizzazione di una nuova torre che segnerebbe radicalmente lo skyline a riaccendere il dibattito sullo statuto della città, e sulla necessità di trasformarsi unendo conservazione e apertura alla modernità. La Tour Triangle, una torre triangolare di 180 metri progettata dagli svizzeri Herzog & de Meuron che verrà realizzata vicino alla Porte de Versailles, sarà il primo grattacielo ad essere costruito a Parigi dal 1973, anno in cui la Tour Montparnasse cominciò a dividere l’opinione dei parigini. Il dibattito innescato dalla nuova torre ha visto opporsi il sindaco della città e l’assessore all’urbanistica, sostenitori del progetto in nome di un rinnovamento necessario per una città schiacciata sul suo passato, e le prote- ste di un nutrito gruppo di storici, conservatori e cittadini, arrivando ad essere dibattuto anche all’Assemblea Nazionale52.
Per valutare la diffusione a scala globale dell’immagine dello skyline, è utile commentare la classifica delle città con il maggior numero di grattacieli stilata dal sito Emporis.com53. Secondo questo database la città in cui attualmente si
trovano più grattacieli, e quindi lo skyline più imponente, è Hong Kong, che
50. Cfr. Sigfried Gideon, Spazio, Tempo ed Architettura, lo sviluppo di una nuova tradizione (Milano: Ulrico Hoepli Editore, 1954), 71-100. Ed.originale Space, Time and Architecture: The Growth of a New Tradition (Cambridge: Harvard University Press, 1941)
51. Londra è stata la città più visitata al mondo nel 2015 con 18,82 milioni di visitatori. (https://newsroom.mastercard.com/wp-content/uploads/2015/06/MasterCard-GDCI-2015- Final-Report1.pdf)
52. http://www.theguardian.com/world/2014/dec/20/paris-eiffel-pompidou-triangle-skyline- squabble.
53. vedi nota 39. La classifica qui descritta riguarda le prime 100 città del mondo per numero di grattacieli ed è stata consultata nel novembre 2015.
con 1268 edifici precede New York (683), con circa il doppio grattacieli. La terza è Tokyo (411), generalmente esclusa dall’immaginario delle città verti- cali, la quarta Chicago (302), la quinta Dubai (253), seguono Shanghai (239), Toronto (234), Guangzhou (203), Singapore (173), Shenzhen (167). Il sito definisce “grattacielo” un edificio di almeno 100 metri, una definizione basata su una media delle molte esistenti, e intesa come un compromesso metrico che può essere applicato nelle diverse parti del mondo. Collocando su un pla- nisfero i dati delle prime cento città, emerge a colpo d’occhio la distribuzione geografica dei grattacieli, e quindi dei corrispondenti skyline, principalmente tra Asia Orientale e Nord America, e a seguire Sud Est Asiatico e Europa, Medio Oriente, Sud America. La grande diffusione di questa tipologia in Asia è dovuta alla diversa destinazione d’uso rispetto all’origine, perché mentre in ambito americano ed europeo il grattacielo è quasi sempre un edificio per uffici, in oriente torri e grattacieli sono prevalentemente destinati a funzioni residenziali, in relazione alla più alta densità abitativa delle città asiatiche. È interessante notare che la città di Hong Kong, un modello per molte città cinesi, guidi la classifica con quasi il doppio dei grattacieli di New York, e che Dubai, il cui skyline esiste da pochi anni, occupi il quinto posto subito dopo uno skyline storico come quello di Chicago, la città dove il grattacielo nacque oltre 130 anni fa.
Quello che però la maggior parte di queste città non possono rifare attraver- so il grattacielo, è quella straordinaria cultura urbana che rende ancora oggi New York City la capitale del mondo occidentale. Ritornando alle immagini e all’articolo citati all’inizio, è sorprendente rileggere con quanto anticipo Schuyler leghi l’invenzione dello skyline alle caratteristiche costitutive del grattacielo, alla competizione nel costruire verso l’alto e alla regolamenta- zione: “È abbastanza inutile discutere con i progettisti che pensano sia pro- ficuo partecipare a questa corsa verso l’empireo. Soltanto una normativa li fermerà. Il grattacielo è tanto chiaramente e «antisocialmente» un ogget- to, che è ugualmente futile implorare gli architetti per un insieme, come si potrebbe ottenere di concerto se il limite di altezza fosse una buona volta definitivamente fissato. [...] [Lo skyline] non è una veduta architettonica, ma qualcosa che assomiglia terribilmente al business»54. Il commento di
Schuyler alla vocazione “antisociale” del grattacielo è legato a una preoccu- pazione per l’immagine complessiva della città, in un momento in cui New York cominciava a sviluppare un’identità urbana specifica, e si confrontava
54. Montgomery Schuyler, “The Sky-Line of New York, 1881-1897” cit. “It is quite idle to argue with projectors who think there is profit in urging the competition still further towards the empyrean. Nothing but a statute will stop them. The sky-scraper is so manifestly “unneighborly” an object that it is equally futile to plead with the architects for ensemble, such as might be attained by concert if the limit of altitude were once definitely fixed. [...] It is not an architectural vision, but it does, most tremendously, ‘look like business.’”.
con la monumentalità e i panorami pittoreschi delle capitali europee. Que- ste considerazioni possono essere rilette, a distanza di quasi 120 anni, pro- prio nei termini dell’influenza che New York ha avuto su molti altri luoghi del mondo, e su “l’antisocialità” che caratterizza il downtown di molte città: se l’immagine dello skyline di Manhattan è stata replicata molte volte, non altrettanto è accaduto alla vivacità della vita urbana ai suoi piedi. Ciò che in- tendo dire è che, a differenza di quanto avvenuto nei secoli passati, lo skyli-