interessasse di più realizzare i disegni che gli edifici33), e che fu travolto nel
giro di pochi decenni con l’invenzione dello steel frame e la conseguente diffusione del grattacielo.
Una figura che rappresenta in pieno questo passaggio è Hughson Hawley34:
nato in Inghilterra e formatosi, manco a dirlo, come pittore di scenografie teatrali, giunse a New York per lavorare al Madison Square Theatre nel 1879, e dal 1880 al 1931 fu attivo nel campo dell’architettura, realizzando in cinquant’anni di carriera oltre 11.000 tra rendering commissionati da architetti americani e internazionali, illustrazioni per giornali e riviste, e dipinti che esibiva come artista indipendente e quotato. Hawley realizzò i rendering di molti dei primi edifici alti di New York tra cui il Waldorf-Astoria Hotel (1896), il Singer Building (1907) e il Woolworth Building di Cass Gilbert (1911), contribuendo attivamente alle radicali trasformazioni della città. Fu proprio nello studio di Gilbert che cominciò a lavorare nel 1913 come disegnatore la più celebre tra le figure di renderer in America, Hugh Ferriss. Un confronto tra i due35 mostra a colpo d’occhio le differenze tra i momenti
storici in cui hanno lavorato, e l’evoluzione della professione del renderer in America in quegli anni: da artista talentuoso ma principalmente legato alle commissioni degli architetti, ad attore sulla scena pubblica, capace di portare avanti idee convincenti sull’architettura e sulla città grazie a un linguaggio proprio e autonomo. Il soggetto della maggior parte dei rendering di Hawley, infatti, è un singolo edificio alto che si staglia sulla città, rappresentato pittoricamente e a colori, con una resa realistica sia nei materiali che nel punto di vista, che riproduceva solitamente come un passante avrebbe potuto percepire l’edificio. Ferriss, diversamente, disegnava gli edifici in modo visionario, come elementi scultorei e astratti dal contesto, quasi che la città fosse un paesaggio sublime contemplato da un’altura immaginaria. I suoi rendering di grande formato sono monocromi, il chiaroscuro ottenuto con grandi campiture nere e cancellature che enfatizzano la massa dell’architettura, più che volumi e superfici, in cui i dettagli sono subordinati al disegno generale36. Ferriss si formò come architetto, ma preferì disegnare
piuttosto che costruire, consapevole che come “delineator” (l’equivalente americano degli inglesi “renderer” e “perspectivist”) avrebbe potuto influire sullo sviluppo dell’architettura più efficacemente di molti architetti che costruivano, la cui libertà nel progetto era limitata da innumerevoli
33. K. Moon, Modeling Messages cit., 41.
34. J. Parks, “Hughson Hawley”, in New York on the Rise: architectural renderings by Hughson Hawley 1880-1931 (London: Lund humphries Publishers, 1998), 7. Catalogo della mostra tenutasi al Museum of the City of New York (1998-99).
35. Ibidem, 16.
36. Carol Willis, “Drawing Towards Metropolis”. In Hugh Ferriss, The Metropolis of Tomorrow (New York: Princeton Architectural Press, 1986), 158-187.
HUGHSON HAWSLEY, rendering del Singer Building (Ernest Flagg), 1907 HUGHSON HAWSLEY, rendering del Woolworth Building (Cass Gilbert),1911
fattori contingenti. Dal 1920 e almeno fino alla pubblicazione del suo primo volume The Metropolis of Tomorrow, che ironicamente fu pubblicato nel 1929, l’anno della grande crisi in cui la macchina edilizia americana si fermò quasi del tutto, Ferriss fu molto attivo nel dibattito pubblico, creando immagini spettacolari, emotive, in cui la forza degli edifici è amplificata da una monumentalità esagerata e da una drammatica manipolazione di luci e ombre. La ricerca di Ferriss sugli envelope e sul set back, sviluppata agli inizi degli anni venti in collaborazione con Harvey Wiley Corbett, fu molto importante per il dibattito americano sul futuro delle città37, e i risultati del
loro lavoro comune sono ancora oggi visibili nella forma degli edifici di New York City.
Fu Ferriss a firmare, nel 1929, la voce “Rendering, Architectural” nella quattordicesima edizione dell’Enciclopedia Britannica38. In questo lungo
testo in cui si mescolano teoria e pratica, consuetudini e aspirazioni, esempi storici e contemporanei (da Piranesi a Cass Gilbert), Ferriss riassume i sei principali obbiettivi del rendering, mettendo in luce come la capacità di prefigurare e verificare il lavoro degli architetti sia inscindibile dalla volontà dello stesso “delineator” di immaginare e portare un proprio contributo autonomo, e dalla consapevolezza che ad ogni immagine vada attribuito un potere di persuasione sulla società:
I primi tre [scopi] sono riconosciuti da lungo tempo: creare visualizzazioni avanzate di strutture proposte, aiutare a cristallizzare le idee nella mente dell’architetto e interpretare il significato architettonico delle strutture esistenti. Gli altri tre rimangono largamente per sviluppi futuri: servire come criterio e guida nella pianificazione urbana, assistere l’evoluzione di nuove tipologie architettoniche e rafforzare l’influenza psicologica dell’architettura sui valori umani39.
37. E’interessante citare quanto disse un critico d’arte sulla figura di Ferriss già nel 1925: “It is not so remarkable that an artist has been able to point out a way to members of a most self-sufficent profession, architecture, as that the profession has recognized the wisdom and the insight of this outsider and has profited by his vision. There was a great deal of heated opposition to the zoning law in New York, but Mr. Ferriss showed the architects that the new restriction was in reality a splendid possibility”. H. C., “The Future City”, in Art News, 23 (April 18, 1925), 7. Citato in C. Willis, “Drawing Towards Metropolis”cit., 159.
38. Hugh Ferriss, “Rendering, Architectural,” in The Encyclopaedia Britannica, 14th edition (London and New York: 1929), 146-149.
39. “To sum up, rendering has six principal objects. The first three have long been recognized: to convey advance realizations of proposed structures, to aid in crystallizing ideas in the architect’s mind and to interpret the architectural significance of existing structures. The other three remain largely for future development: to serve as criterion and guide in city planning, to assist in evolving new types of architecture and to strengthen the psychological influence of architectue on human values. Hugh Ferriss, “Rendering, Architectural,” cit., 147. Poco più avanti nel testo Ferris distingue quei casi in cui il rendering esagera alcuni aspetti di
Hugh Ferriss, tavola n°4 da “Rendering, Architectural,” in The Encyclopaedia Britannica, 14th edition. Disegni di Piranesi, Eliel Saarinen, William Walcot, T. de Postels, Cass Gilbert (in senso orario).
Il primo obbiettivo riguarda dunque una pratica consolidata, descritta nel paragrafo precedente, ed è probabilmente quella ancora oggi intesa come più comune, un fatto che ribadisce la natura comunicativa del rendering ma, tuttavia, non ci dice niente di nuovo sulle interazioni esistenti tra render e progetto. Il secondo riguarda invece una prassi più recente, e cioè l’inclusione della rappresentazione prospettica nelle prime fasi di sviluppo di un progetto. Essa, ci dice Ferriss, non è più relegata alla presentazione di un progetto al pubblico, ma è diventata uno strumento dell’architetto, una sorta di versione collaborativa, più elaborata, di più immediata comprensione per il pubblico, dello schizzo di progetto. Questa concezione del rendering come strumento progettuale può essere letta anche come un’anticipazione di un modo di progettare per immagini che contraddistingue la parte più visibile e mediatizzata dell’architettura internazionale. Per fare degli esempi, le rarefazioni pittoriche di Jean Nouvel, il recupero delle geometrie suprematiste operato da Zaha Hadid all’inizio della sua carriera attraverso la pittura, le ondulazioni scultoree dei modelli di Frank Gehry, sono tutti atti iconici autonomi della mente dell’architetto, che si trasformano in edifici reali attraverso un reiterato processo di modellazione e rendering40. Il terzo
obbiettivo riguarda gli edifici esistenti: in questo caso il disegno è stato da lungo tempo sostituito dalla fotografia, ed è noto che questo processo non è, a sua volta, esente da criticità e paradossi.
La seconda serie di obbiettivi, speculare alla prima, anticipa invece alcune tematiche del rendering contemporaneo, alcune delle quali sono al centro delle indagini di questa ricerca. La prima è la possibilità che modelli tridimensionali su larga scala siano usati come strumenti di prefigurazione e verifica del progetto a scala urbana, poiché le città evolvono per parti separate e molto lentamente. Ferriss prevede qui alcune pratiche ed esperienze contemporanee che, seppur parziali, hanno la capacità di monitorare le trasformazioni urbane, come sono, ad esempio, le Accurate Visual Representations previste dal London View Management Framework, in cui si richiede che l’impatto visivo dei nuovi edifici sia preventivamente simulato con diversi gradi di accuratezza a scopo di controllo e verifica preventiva41. Un secondo esempio, questa volta proprio a New York, è la serie
un edificio a scopo pubblicitario, decretando che questo tipo di creazioni è ascrivibile a un fatto commerciale e può essere escluso da una discussione sul rendering. Questa distinzione lascerebbe fuori da questa ricerca moltissimi rendering contemporanei la cui finalità è, come hanno dichiarato anche molti delineator durante le interviste, prettamente pubblicitaria. 40. Cfr. K. Moon, Karen, Modeling Messages, cit., 76-105. Vedi anche l’intervista a Michele Pasca di Magliano, Associate Director at Zaha Hadid Architects, nella seconda parte. 41. London View Management Framework. Appendix C: Accurate Visual Representations cit., 243). “An AVR (Accurate Visual Representation) is a static or moving image that shows the
Hugh Ferriss, “The Lure of the City”. Da The Metropolis of Tomorrow, 1929
NY2030 creata dallo studio di visualizzazione Visualhouse, una collezione
di rendering di Manhattan in cui sono raffigurati i progetti, proposti o in corso, che dovrebbero modificare il profilo della città entro il 2030, e che ha scatenato un certo dibattito sugli eccessi e gli squilibri dello sviluppo immobiliare dell’isola42. Non bisogna dimenticare però anche il carattere
immaginativo di questi rendering, seppure solo tenuamente paragonabile a quello dei rendering di Ferriss: egli infatti intese The Metropolis of Tomorrow soprattutto come una pubblicazione di tendenza, capace di prefigurare uno sviluppo della città, e in questo modo di influenzarne le sorti.
La seconda tematica riguarda l’evoluzione dell’architettura, e qui Ferriss sembra avere colto pienamente il ruolo che il rendering gioca nel lavoro degli architetti più sperimentali, allora come oggi:
A volte è azzardato mettere alla prova una nuova idea in un edificio vero e proprio che, successo o fallimento che sia, deve rimanere per molti anni. Ma questa concezione può essere verificata in una serie di rendering scrupolosi. Per esempio, la moderna legge americana sullo zoning ha implicato un distacco radicale dalle forme generali degli edifici, e alcuni architetti sono andati avanti imperterriti a forzare, negli strani spazi creati da queste leggi, le immagini classiche di cui le loro menti erano riempite. Altri architetti, più cauti, hanno cercato di scoprire le tipologie di base che le leggi permettevano; per questo hanno utilizzato i rendering. Un’altra limitazione è che i progetti degli architetti sono praticamente vincolati alle idee e alle risorse finanziarie dei clienti; essi non possono in effetti costruire anticipando i preconcetti dei propri clienti. Nei rendering, invece, possono liberamente esprimere le proprie intenzioni, e questi rendering, debitamente mostrati, possono, e questo accade veramente, dare un contributo preciso all’avanzamento dell’architettura. Una terza limitazione è che nessun architetto, per quanto fortunato, ha il tempo di costruire più di un numero molto limitato di edifici nella sua vita. Potrà, invece, esprimersi in disegni e dipinti accattivanti, il cui contenuto, pensato per esistere inizialmente solo in due dimensioni, potrà a tempo debito essere realizzato in tre43.
location of a proposed development as accurately as possible; it may also illustrate the degree to which the development will be visible, its detailed form or the proposed use of materials. An AVR must be prepared following a well-defined and verifiable procedure so that it can be relied upon by assessors to represent fairly the selected visual properties of a proposed development. AVRs are produced by accurately combining images of the proposed building (typically created from a three-dimensional computer model) with a representation of its context; this usually being a photograph, a video sequence, or an image created from a second computer model built from survey data. AVRs can be presented in a number of different ways, as either still or moving images, in a variety of digital or printed formats.”
42. vedi intervista a Loretta Romero e Ben Keen di Visualhouse.
Ferriss è consapevole che il rendering, nel prefigurare l’architettura, la condiziona. Le prospettive diventano un mezzo per costruire una carriera architettonica, liberando l’immaginazione del progettista dalle costrizioni della pratica, e contribuendo al dibattito indipendentemente dall’architettura effettivamente realizzata. Ed è infatti l’ultimo dei sei obbiettivi delineati da Ferriss a compendiare quanto detto finora, e cioè la capacità del rendering di essere capito da tutti e di costruire un immaginario che influenza il rapporto tra architettura e società. Ferriss si riferisce qui soprattutto a raffigurazioni di edifici esistenti, ma nel farlo ribadisce ancora una volta il potere interpretativo del rendering, e il ruolo che le immagini hanno nel portare avanti il discorso dell’architettura:
Oltre alle funzioni fin qui menzionate, il rendering ha un ruolo da giocare in ciò che senza dubbio è l’interesse principale dell’architettura - l’influenza psicologica che esercita sulla vita umana. [...] Le forme più significative potranno essere ripetutamente delineate e interpretate in disegni e quadri, grazie all’azione dei quali potranno essere diffusamente mostrati, pubblicati e, per così dire, trasmessi. Il rendering, in pratica, alleandosi con le forze consapevoli e oggettive dell’architettura, servirà, per parafrasi, a chiarirne il laconico messaggio44.
building which, whether a success or a failure, must stand for many years. But the conception may be quite thoroughly tested in a series of conscientious renderings. For example, the modern American zoning laws involved a radical departure in the general forms of buildings, and into the strange spaces created by these laws some architects proceeded without pause to force the classical images with which their minds were filled. More cautious architects sought to discover the basic structural types that the laws admitted; for this purpose, renderings were employed. Another limitation is that the projects of architects are pratically bound by ideas and the finacial resources of their clients; they cannot actually build in advance of their clients’ prepossessions. In renderings, however, they may freely express their real intentions, and these renderings, when duly exhibited can, and in fact do, make a distinct contribution to the progress of architectural design. A third limitation is that no practising architect, however fortunate, has time to build more than a very few influencial buildings during his lifetime. He may, however, record himself in soundly fashioned drawings and paintings whose content, though at first exisitng in only two dimensions, may, in due time, be realized in three”. Hugh Ferris, “Rendering, Architectural” cit., 147.
44. “In addition to the functions thus far mentioned, rendering has a rôle to play in what is doubtless the greatest concern of architecture–the psychological influence it exerts on human life.[...] the more significant forms may be repetedly delineated and interpreted in drawings and paintings by whose agency they may be widely exhibited, published and, so to speak, broadcast. Rendering, in short, by allying itself with the conscious and objective forces in architectural work, may serve, by paraphrase, to bring home the laconic message of architecture.” Hugh Ferris, “Rendering, Architectural” cit., 147.
Quello del Guggenheim di Helsinki45 è un caso ideale per cominciare un
discorso sul ruolo del rendering nell’architettura contemporanea, sulla sua pervasività e sulla eterogeneità delle sue fonti. Indetto in forma aperta nel 2014 e terminato nel 2015, il concorso per la nuova sede finlandese della fondazione americana ha visto la partecipazione record di oltre 1.715 studi da tutto il mondo, il più alto numero mai registrato per un’iniziativa di questo tipo: tutte le proposte sono raccolte in una galleria online, che costituisce un inesauribile catalogo di immagini di architettura e uno specchio di come essa sia rappresentata oggi nei concorsi46.
A un primo esame emerge chiaramente che quasi tutte comprendono il rendering in una varietà di declinazioni, dall’astrazione fino al più completo fotorealismo, e che molte utilizzano il rendering fotorealistico come principale forma di illustrazione del progetto. E’ la stessa norma di presentazione dei progetti a indicare l’importanza che queste immagini hanno, se non per la vittoria, per la selezione: il bando per la prima fase di concorso richiedeva, infatti, di produrre almeno due vedute prospettiche dell’esterno, da punti di vista stabiliti, e due scorci interni degli spazi pubblici e delle gallerie, mentre la consegna di un modello fisico era prevista solo per la seconda fase47.
Nel sito, la galleria dei progetti si presenta come un catalogo di rendering molto espressivi e di grande effetto, di solito realizzati da studi specializzati in visualizzazione, in collaborazione con gli architetti. Queste immagini imitano le fotografie, ma sono caratterizzate da un certo grado di astrazione, essendo rappresentazioni che evocano l’atmosfera di un progetto, ancora in una fase embrionale, più che descriverlo. Anche nelle sei proposte finaliste ci sono rendering che presentano diversi gradi di fotorealismo, incluso il progetto vincitore, quello dello studio parigino Moreau Kusunoki Architects48. L’immagine di riferimento del progetto, infatti, cui è dedicata
45. http://designguggenheimhelsinki.org/
46. Cfr. il caso studio dedicato al concorso, nella seconda parte.
47. https://issuu.com/srgf/docs/competition.conditions.lr/1?e=15988582/11913287 pag. 75-78. 48. Il progetto vincitore alterna a rendering molto espressivi una serie di disegni stilizzati e molto dettagliati tipici di una certa recente cultura architettonica giapponese, come quelli che caratterizzano le ricerche di Junya Ishigami o dello studio Bow Wow. La precisione e l’unità del tratto uniformano i più minuti dettagli del progetto e del contesto circostante in una serie di vedute a volo d’uccello estremamente descrittive, in cui l’architettura tende a confondersi
2
La città dei rendering
un’intera tavola della prima fase di concorso dello studio franco-giapponese, è una veduta del museo dal mare, nella quale la silhouette scura dell’edificio si distingue appena da uno scenario di ghiaccio, nuvole e nebbie, i cui cupi toni scandinavi sono resi leggermente più caldi dalle luci colorate che trapelano dall’interno del museo. Una veduta per nulla descrittiva del progetto, dunque, ma che comunica qualcosa di intangibile, un’atmosfera sovraccarica. Volendo azzardare una “decostruzione” dell’immagine attraverso altre immagini, vengono in mente esempi diversi: gli stati d’animo della pittura romantica e le nebbie dei paesaggi di Caspar Friedrich David, ma anche le fotografie eroiche dello skyline di New York immerso nella nebbia; la tragica sequenza a pelo d’acqua del “lamento delle nebbie” in La
corazzata Potëmkin di Ejzenštejn, e gli effetti speciali di alcuni celebri film di
fantascienza che sembrano ispirare il cromatismo delle luci artificiali - tutti riferimenti che attribuiscono all’immagine un alone di mistero e un vago senso di attesa.
Il secondo rendering dei vincitori è, invece, evidentemente più descrittivo, poiché gli edifici sono mostrati sullo sfondo della città in una luce chiara e brillante, da un punto leggermente rialzato. Nel cercare un’analogia con la pittura, questo rendering di Helsinki ricalca compositivamente la
Veduta di San Pietro di Gaspar Van Wittel, un autore la cui opera mette
in relazione le rappresentazioni prospettiche dei progetti in un paesaggio pittorico - tipiche dei rendering - con le origini dei cityscapes e della pittura di paesaggio in Olanda nel Seicento, e un secolo dopo con il Grand Tour e la nascita del Capriccio in Italia. Inoltre, nella resa dei materiali, nel punto di vista rialzato, in alcuni dettagli ricorrenti (la scultura-ragno Maman di Louise Bourgeoise), l’immagine assomiglia anche alle fotografie del Guggenheim di Bilbao scattate dal grande ponte sul fiume Nervion, più vicine cioè alle convenzioni della “veduta”, piuttosto che a quelle della fotografia professionale di architettura.
Il rendering contemporaneo deve quindi essere inteso come una collezione di riferimenti disparati, il risultato di una libera reinterpretazione di fonti iconografiche diverse, tra cui la fotografia, il cinema e la pittura, che confluiscono sulla “tela” virtuale dei visualizer creando nuovi scenari. Una