• Non ci sono risultati.

Aspetti lessical

LE LINGUE SLAVE ORIENTAL

6. Aspetti lessical

Le tre lingue slave orientali derivano gran parte del lessico fondamentale dal fondo comune indo- europeo: questo aspetto è piuttosto evidente, ad esempio, per quanto concerne i nomi di parentela: cfr. rus. brat “fratello” con lat. frāter, ingl. brother, fr. frère, ted. bruder.

I termini astratti, religiosi e scientifici (rus. anafema “anatema”, angel “angelo”, demon “de- mone”, ikona “icona”, monastyr’ “monastero”, matematika “matematica”, filosofija “filosofia”,

grammatika “grammatica”) sono invece basati sul greco bizantino, la cui diffusione è stata media-

ta dall’influenza dello slavo-ecclesiastico. Dal greco sono state riprese anche alcune caratteristiche sintattiche, come l’uso di periodi complessi, con frasi subordinate e participi. Rispetto all’ucraino, il russo ha conservato maggiormente le caratteristiche del lessico slavo-ecclesiastico: per esempio i prestiti da questa lingua non presentano la pleofonia che tipicamente caratterizza le lingue slave orientali: cfr. rus. sreda vs. ucr. sereda “mercoledì”.

Il contatto con le lingue scandinave (all’epoca della Rus’ di Kiev) e con le lingue altaiche (nei due secoli e mezzo di dominio tataro-mongolo) hanno determinato la presenza in russo, ucraino e bielorusso di prestiti lessicali assenti nelle altre lingue slave. Le parole di origine scandinava ri- guardano soprattutto l’ambito marittimo (cfr. rus. sel’d’ e ucr. oseledeс’ “aringa”; rus. jakor’ e ucr.

jakir “ancora”); le parole di origine altaica riguardano diversi ambiti lessicali, tra cui referenti di

uso comune (rus. lošad’ “cavallo”, arbuz “cocomero”, den’gi “soldi”), e spesso si caratterizzano per il fenomeno dell’armonia vocale, ovvero per la ripetizione della stessa vocale (cfr. rus. tarakan “scarafaggio”, baklažan “melanzana”, sunduk “baule”).

Per quanto riguarda le lingue occidentali, si osserva a più riprese l’influenza del tedesco sulle lingue slave orientali: già nel XII secolo lo Stato di Novgorod aveva stretto accordi con la città di Lubecca, che faceva parte della Lega anseatica; tuttavia, è soprattutto durante l’epoca delle ri- forme di Pietro il Grande, nel XVII secolo, che si registra il maggior afflusso di prestiti da questa lingua, soprattutto per quanto riguarda il lessico militare (rus. soldat “soldato”, mundir “divisa, uniforme”, oficer “ufficiale”). La politica di apertura a Occidente attuata da Pietro il Grande porta alla penetrazione anche di prestiti dall’olandese e dall’inglese, in particolare nell’ambito della

81 Valentina Benigni

navigazione (gavan’ “porto”, matros “marinaio”, flag “bandiera’; bot “battello; barca”, mičman “sottotenente di vascello”).

Nel XIX secolo il francese si afferma in Russia come lingua di cultura: la nobiltà russa non solo scriveva in francese, ma usava questa lingua anche nella comunicazione quotidiana, come testimoniano le lettere scritte da Puškin alla moglie. I prestiti dal francese riguardano soprattutto le arti (balet “balletto”, p’esa “commedia; recita”, aktër “attore”, režissër “regista”, antrakt “in- tervallo”, afiša “manifesto; locandina”) e la moda (braslet “bracialetto”, pal’to “cappotto”, bordo “bordeaux”), nonché derivano da questa lingua anche alcuni nomi di uso comune che portano l’accento sull’ultima sillaba e rimangono indeclinati, come metro “metropolitana” e pal’to “cap- potto”. Dall’italiano invece sono stati presi in prestito termini dell’opera e del teatro (arija “aria”,

bariton “baritono”, tenor “tenore”, loža “palco”, opera “opera”, libretto “libretto”), e, in epoca

più recente, gran parte del lessico gastronomico (karpaččo “carpaccio”, lazan’ja “lasagna”, ri-

zotto “risotto”).

L’ucraino, per motivi storici, ha subito maggiormente l’influenza del polacco e del lituano, oltre che ovviamente del russo. Nell’ultimo secolo, tuttavia, la lingua da cui sono stati ereditati il maggior numero di prestiti in tutte e tre le lingue slave orientali è l’inglese: il suo uso si è diffuso in diversi ambiti, tra cui l’economia e il commercio (rus. brend “brand, marchio”, diler “dealer, venditore”, nou-xau “know-how”), lo sport (rus. doping “doping”, fitnes “fitness”, futbol “foot- ball, calcio”), l’informatica e la comunicazione (rus. brauzer “browser”, drajver “driver”, noutbuk “notebook, portatile”), la moda (rus. džinsy “jeans”, šorty “shorts, pantaloni corti”, šuzy “scarpe” termine gergale accanto al russo obuv’).

Come si può notare dagli esempi riportati, russo, ucraino e bielorusso tendono a riprodurre nella grafia cirillica la pronuncia della parola straniera, limitando le combinazioni di lettere a quei suoni che sono assenti nella loro lingua (ad esempio la sequenza ДЖ, traslitterata (dž), permette di riprodurre in russo il suono [ʤ] che viene indicato da J nella parola inglese jazz, che infatti viene resa in caratteri cirillici come džaz).

Generalmente i prestiti vengono adattati al sistema della lingua ricevente: i nomi pertanto ri- cevono il genere e vengono assegnati a una delle declinazioni esistenti. I prestiti verbali vengono coniugati in base alla forma che assumono all’infinito (ingl. to click > rus. klik-at’ “cliccare”) e possono ricevere affissi che ne determinano l’aspetto: rus. realiz-ova-t’ (pfv) realiz-ov-yva-t’

(ipfv), entrambi col significato di “realizzare”, derivati dal francese realisation “realizzazione”; gli

aggettivi assumono sia la desinenza che uno dei suffissi solitamente attivi nella lingua ricevente: rus. viral’-n-yj “virale” < ingl. viral “virale”, nel senso di “popolare sul web”.

Talvolta il termine straniero entra nella lingua sotto forma di calco. Il calco è un particolare tipo di prestito in cui gli elementi che compongono la forma nella lingua di partenza vengono, per così dire, “trasposti” uno per uno nella lingua di arrivo: dall’inglese social network si forma in russo

social’naja set’ lett. “sociale rete”, che poi viene frequentemente ridotto nel composto socset’,

secondo il modello descritto sopra.

<scheda web: I prestiti dal russo all’italiano>

Un aspetto interessante che emerge dal confronto del lessico italiano con quello delle lingue slave orientali riguarda la diversa organizzazione di alcuni ambiti di significato. Per esempio, per quanto riguarda i termini che indicano le parti del corpo, si osserva in russo la presenza di singole parole per designare quelli che in italiano sono due distinti significati: ruka indica sia il “braccio” che la “mano” e noga sia la “gamba” che il “piede”.

Per quanto concerne i nomi dei colori, il russo distribuisce lo spazio semantico coperto in ita- liano da blu/azzurro/celeste tra due termini: sinij e goluboj (il primo per le tonalità più scure e il secondo per le tonalità più chiare). Anche ucraino e bielorusso presentano due termini, ma per le tonalità più chiare si servono di un prestito dal polacco (ucr. blakytnyj e biel. blakitny).

82 Le lingue slave orientali

Mentre i nomi dei mesi in russo ricalcano quelli latini, in bielorusso e ucraino seguono ancora il folklore precristiano e descrivono fenomeni naturali e climatici: ad esempio il nome per “novem- bre” è listapad in bielorusso e lystopad in ucraino, una parola composta che letteralmente significa “caduta delle foglie”.

In russo esistono due forme per indicare “dove”: gde, per riferirsi alla posizione (in frasi tipo Dove

sei?) e kuda per riferirsi alla direzione (in frasi tipo Dove vai?). Quest’ultima forma ci permette di

introdurre una divergenza piuttosto rilevante tra il russo e l’italiano, che riguarda l’articolazione dei verbi di moto. Questi presentano in russo una serie di distinzioni assenti in italiano: in primo luogo, i verbi vengono distinti in base al tipo di mezzo utilizzato per lo spostamento (idti “spostarsi a piedi”,

exat’ “spostarsi con un mezzo”, letet’ “spostarsi in volo; volare”, plyt’ “spostarsi via acqua”, quindi

anche “nuotare”, “navigare”). Ognuno di questi verbi, inoltre, si presenta in coppia con un altro verbo dallo stesso identico significato (idti/xodit’; exat’/ezdit’, ecc.): questa distinzione permette di indicare se si sta parlando di uno spostamento singolo verso un determinato obiettivo (19) oppure di uno spostamento compiuto regolarmente andando e tornando da un determinato luogo (20):

(19) Rebënok idët v školu

Bambino va (nel momento in cui viene pronunciata la frase) a scuola “Il bambino va / sta andando a scuola”

(20) Rebënok xodit v školu

Bambino va (abitualmente) a scuola

“Il bambino va a / frequenta la scuola”

Siccome entrambi i verbi sono imperfettivi, l’esistenza della categoria dell’aspetto implica che a questi si associ una terza forma per esprimere l’aspetto perfettivo (es. idti/xodit’ (ipfv) vs. pojti

(pfv)): questo breve quadro serve solo a dare un’idea approssimativa del gran numero di forme

verbali tra cui deve districarsi uno studente italiano che voglia esprimere il movimento in russo. Di contro, in russo manca la distinzione espressa in italiano dalla coppia andare e venire, che fornisce informazioni sulla posizione del parlante rispetto all’interlocutore nel momento in cui ha luogo l’azione, in frasi come:

(21) a. Stasera vado al cinema b. Stasera vengo al cinema

In (21a) si presuppone che l’ascoltatore sia escluso dall’azione, mentre in (21b) che vi sia incluso. In russo non c’è modo di esprimere questa informazione mediante il verbo, infatti una frase come (22): (22) Večerom poidu v kino

può equivalere in base al contesto sia a (21a) che a (21b). Per tale motivo gli apprendenti russo- foni di italiano trovano difficoltà a usare correttamente andare e venire, come mostra il seguente esempio tratto da una conversazione tra studenti del tandem (la studentessa italiana L ha invitato la studentessa russa A a cena a casa sua):

(23) L: Ma vieni in metro o in autobus?

A: Mi sa che vado con la metro, con autobus a Roma non si sa mai

L: Ok! Comunque in questo caso bisogna utilizzare il verbo venire (Vengo con la metro). (Tandem)

83 Valentina Benigni

Come si può osservare, L corregge la forma verbale utilizzata da A (vado invece di vengo), anche se non le spiega perché il verbo venire vada preferito ad andare.

Un’altra distinzione assente in russo è quella tra conoscere e sapere, entrambi resi dal verbo

znat’, che si tratti di conoscenza attiva, risultato di uno studio, o passiva, legata a informazioni

ricevute. Inoltre, questo verbo può essere utilizzato anche per riferirsi alla conoscenza delle perso- ne. La mancata differenziazione dei significati associati ai due verbi in italiano porta spesso a usi incerti da parte degli apprendenti russofoni, come mostrato in (24):

(24) ho scoperto aspetti della cultura italiana che non sapevo (Tandem)

Infine, in italiano è presente una distinzione di uso tra le preposizioni di tempo tra e dopo, che identificano un riferimento temporale successivo al momento in cui viene pronunciata la frase (arrivo tra cinque minuti) o al momento di cui si sta parlando (sono arrivato dopo cinque minuti); anche in russo sono presenti più preposizioni di tempo che identificano un riferimento successivo (posle, čerez, spustja), tuttavia queste non si differenziano sulla base del criterio che distingue tra e dopo; pertanto, l’apprendente russofono spesso mostra un uso incerto delle due preposizioni del- l’italiano, estendendo tra ai contesti di dopo (l’esempio (25) è tratto da una composizione scritta in cui lo studente racconta la trama di un film):

(25) Tra certo tempo i ragazzi si incontrano per caso (Tandem)